venerdì 14 settembre 2012

Lombardi: Benedetto XVI informato sulle violenze accadute a Tripoli. Tutto il viaggio è un messaggio di pace, presenza conta ancor più delle parole

Il Papa "è informato dai suoi collaboratori su quello che accade a Tripoli", "così come nei giorni passati è stato ben informato". Lo ha spiegato il direttore della Sala stampa vaticana, Federico Lombardi, rispondendo alle domande dei giornalisti presenti a Beirut in un briefing a conclusione della prima giornata del viaggio di Benedetto XVI in Libano. Oggi nella città di Tripoli, 70 km a nord di Beirut, scontri provocati dal film anti-islamico ''L'innocenza dei musulmani'' hanno provocato un morto e 25 feriti. Il gesuita ha sottolineato che, come emerso dalla conversazione avuta sull'aereo con un gruppo di cronisti, il Papa "sa bene" della situazione nella quale è venuto "e proprio per questa situazione ha detto di voler venire in qualità di messaggero di pace ed ha ribadito di non aver avuto alcuna intenzione di farsi fermare dalle incertezze. Ci sono situazioni di conflitto e di tensione - ha proseguito padre Lombardi - ma è esattamente per questo che il Papa ritiene di dover annunciare la pace e dire ai cristiani - come ha detto questa sera - di non avere paura". Sebbene non abbia fatto "commenti specifici" sulle violenze, "tutto il viaggio è un messaggio di pace in una situazione in cui c'è questa tensione e violenza". La ''presenza del Papa qui oggi sta molto nel solo fatto di esserci''. Per padre Lombardi, la ''forza del suo essere qui in questi giorni più che le pur importanti parole, è la presenza''. ''Un profeta non ha armi, non ha una politica'', ha aggiunto.

TMNews, Asca

Padre Lombardi: il messaggio del Papa è già la sua sola presenza qui in un momento difficile

Esortazione Apostolica 'Ecclesia in Medio Oriente' (3). Non c’è testimonianza senza la Parola di Dio, la liturgia, la vita sacramentale e la preghiera

Non c’è testimonianza senza Parola di Dio, liturgia, vita sacramentale, e preghiera. Lo ribadisce la terza parte dell’Esortazione che chiama la Chiesa a rinnovare la sua missione di evangelizzazione e di carità, come pure ad impegnarsi maggiormente nella catechesi e nella formazione cristiana. Una testimonianza che richiede “non solamente una formazione cristiana adeguata all’intelligibilità delle verità di fede, ma anche la coerenza di una vita conforme a questa stessa fede, così da poter rispondere alle esigenze dei nostri contemporanei”. L’esortazione riconosce l’importanza delle scuole di esegesi orientali, e raccomanda una vera pastorale biblica “Spiegando la Bibbia in modo semplice e accessibile, si contribuirà a dissipare molti pregiudizi o idee erronee su di essa, da cui derivano controversie inutili e umilianti”. Di qui, il suggerimento di proclamare un Anno Biblico, a seconda delle condizioni pastorali di ogni Paese della regione, e di farlo seguire, se opportuno, da una Settimana annuale della Bibbia, e magari dal promuovere ìlectiones divinae'. Infine, il Papa incoraggia lo sviluppo di nuove strutture della comunicazione e la formazione, non solo tecnica, ma anche dottrinale ed etica, di personale specializzato in questo settore, nevralgico per l’evangelizzazione. La liturgia e la vita sacramentale occupano un posto importante per questo “sarebbe opportuno, ove necessario, intraprendere un rinnovamento dei testi e delle celebrazioni liturgiche, per quanto possibile, in collaborazione con le Chiese che non sono in piena comunione, ma che sono co-depositarie delle stesse tradizioni liturgiche”. In particolare per il sacramento del Battesimo, l’Esortazione auspica “un accordo ecumenico sul suo mutuo riconoscimento”. La missione evangelizzatrice della Chiesa trova nella preghiera la sua sorgente, per questo l’Esortazione chiede ai cristiani di “pregare senza sosta, senza scoraggiarsi, anche nelle situazioni umane dolorose”. Anche i pellegrinaggi vanno rivalutati in quanto “possono essere un’autentica 'sequela Christi' nei luoghi santi”, senza restrizioni. Lo spirito missionario della Chiesa in Medio Oriente va rinnovato con “la formazione e l’invio di uomini e donne fieri della loro fede”. In questo campo i movimenti ecclesiali devono poter dare il loro contributo. Il documento, poi, ricorda che l’evangelizzazione è una missione essenziale della Chiesa e che quindi anche i cattolici del Medio Oriente devono rinnovare il loro spirito missionario, sfida quanto mai urgente in un contesto multiculturale e pluri-religioso. Un forte stimolo, in questo senso, potrà derivare dall’Anno della fede. E ancora: il Papa si sofferma sulla carità e ricorda che, sull’esempio di Cristo, la Chiesa deve farsi vicina ai più deboli, agli emarginati, ai sofferenti, ai poveri. L’Esortazione ricorda, poi, il “lavoro impressionante” della Chiesa nel campo educativo, sociale e caritativo nella regione che dimostra come anche nel Medio Oriente esista “la possibilità di vivere nel rispetto e nella collaborazione, attraverso un’educazione alla tolleranza e una ricerca continua di qualità umana”. Il documento termina con l’incoraggiamento di Benedetto XVI, “non temere, piccolo gregge” (Lc 12, 32), lanciato a tutti i Pastori e i fedeli cristiani in Medio Oriente affinché mantengano “viva, con coraggio, la fiamma dell’amore divino nella Chiesa e nei loro ambienti di vita e di attività”. La necessità di mantenere “integra la missione della Chiesa, l’urgenza del momento presente e di tante situazioni drammatiche, richiedono di unirsi per testimoniare insieme Cristo morto e risorto” unendo in Cristo tutti gli uomini e tutto l’universo.

SIR, Korazym.org, Radio Vaticana

Esortazione Apostolica 'Ecclesia in Medio Oriente' (2). La comunione che interpella tutti: patriarchi, vescovi, sacerdoti, consacrati, laici e donne

La seconda parte è dedicata alla comunione nella Chiesa Cattolica che interpella tutti, patriarchi, vescovi, presbiteri, diaconi, seminaristi, consacrati e laici. Patriarchi e capi delle chiese sono invitati a rafforzare “la comunione nel Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente e ai sinodi delle proprie Chiese e ad una reale solidarietà in una sana gestione del personale e dei beni ecclesiastici”. ''Il celibato sacerdotale - recita il documento - è un dono inestimabile di Dio alla sua Chiesa, che occorre accogliere con riconoscenza, tanto in Oriente quanto in Occidente, poichè rappresenta un segno profetico sempre attuale. Ricordiamo, inoltre, il ministero dei presbiteri sposati che sono una componente antica delle tradizioni orientali''. ''Vorrei rivolgere - prosegue il Pontefice - il mio incoraggiamento anche a questi presbiteri che, con le loro famiglie, sono chiamati alla santità nel fedele esercizio del loro ministero e nelle loro condizioni di vita a volte difficili. A tutti ribadisco che la bellezza della vostra vita sacerdotale susciterà senza dubbio nuove vocazioni che toccherà a voi coltivare''. “Il sorgere delle vocazioni dev’essere favorito da una adeguata pastorale. Essa deve essere sostenuta dalla preghiera in famiglia, in parrocchia, in seno ai movimenti ecclesiali e nelle strutture educative. Le persone che rispondono all’appello del Signore hanno bisogno di crescere in luoghi di formazione specifici e di essere accompagnate da formatori idonei ed esemplari. Questi ultimi li educheranno alla preghiera, alla comunione, alla testimonianza e alla coscienza missionaria”. A loro volta i laici sono invitati a testimoniare la loro fede con una condotta esemplare in famiglia e nella società, nel lavoro, nella politica e nella cultura, superando “le divisioni e ogni interpretazione soggettivistica della vita cristiana”. L’Esortazione invita le famiglie cristiane nel Medio Oriente a rinnovarsi “con la forza della Parola di Dio e dei Sacramenti, per essere ancor più la Chiesa domestica”. Una parola il Papa la dedica alle donne: "Vorrei assicurare a tutte le donne che la Chiesa Cattolica, collocandosi nella fedeltà al disegno divino, promuove la dignità personale della donna e la sua uguaglianza con l'uomo, di fronte alle forme più varie di discriminazione alle quali è sottomessa per il semplice fatto di essere donna. Tali pratiche feriscono la vita di comunione e di testimonianza. Esse offendono gravemente non solo la donna, ma anche e soprattutto Dio, il Creatore". "Nella salute, nel lavoro umanitario e nella vita apostolica, ritengo che le donne debbano impegnarsi ed essere più coinvolte nella vita pubblica ed ecclesiale. Esse apporteranno così la loro propria parte all'edificazione di una società più fraterna e di una Chiesa resa più bella dalla comunione reale tra i battezzati". "Inoltre - prosegue Benedetto XVI - nelle vertenze giuridiche che, purtroppo, possono opporre l'uomo e la donna soprattutto in questioni di ordine matrimoniale, la voce della donna deve essere ascoltata e presa in considerazione con rispetto, al pari di quella dell'uomo, per far cessare certe ingiustizie. In questo senso, bisognerebbe incoraggiare un'applicazione più sana e più giusta del diritto della Chiesa". E ancora: "Bisogna assolutamente aver cura che le vertenze giuridiche relative a questioni matrimoniali non conducano all'apostasia. Inoltre, i cristiani dei paesi della regione devono avere la possibilità di applicare nel campo matrimoniale e negli altri campi il loro diritto proprio, senza restrizione". Ai giovani e ai bambini Benedetto XVI si rivolge direttamente: “Non abbiate paura o vergogna di testimoniare l’amicizia con Gesù nella sfera familiare e pubblica. Fatelo tuttavia rispettando gli altri credenti, ebrei e musulmani”.

SIR, Asca, TMNews

Esortazione Apostolica 'Ecclesia in Medio Oriente' (1). Comunione, ecumenismo, dialogo con ebrei e musulmani, libertà religiosa e esodo dei cristiani

L’Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente” è il risultato dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, tenuta a Roma dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema “La Chiesa in Medio Oriente: comunione e testimonianza”. Il documento, firmato da Benedetto XVI, oggi ad Harissa, primo atto del suo viaggio apostolico in Libano, tratta della Chiesa in Medio Oriente sotto l’aspetto della comunione e della testimonianza. Esso è diviso in tre parti: la prima, "Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere" (1 Ts 1, 2), situa il tema sinodale nel “complesso” contesto sociale ed ecclesiale del Medio Oriente; la seconda, "la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola" (At 4, 32)", tratta della comunione all’interno della Chiesa Cattolica, mentre la terza, "Noi annunciamo...Cristo crocifisso...potenza di Dio e sapienza di Dio" (1 Cor 1, 23-24), fornisce “idee portanti” per una ripresa dell’evangelizzazione nella Terra Santa.
Dopo aver fatto cenno, nell’Introduzione, al contesto mediorientale, e ricordato i quattro pilastri su cui si fondava la prima comunità di Gerusalemme, ovvero l’insegnamento degli Apostoli, il servizio della carità, la frazione del pane e la preghiera personale e comunitaria, nella prima parte del documento Benedetto scrive subito che la comunione “è un dono di Dio che interpella la nostra libertà e attende la nostra risposta”. E aggiunge: “È proprio a motivo della sua origine divina che la comunione ha una portata universale”. Per i cristiani la comunione è “un imperativo”, ma – scrive il Papa – “non rimane meno aperta ai nostri fratelli giudei e musulmani, e a tutte le persone, che anch’esse, in forme diverse, sono ordinate al Popolo di Dio”.Il Medioriente è una terra che ha bisogno di unità. E la prima responsabilità è quella dei credenti, la cui unità “si nutre” dell’annuncio della Parola, della carità, dell’Eucarestia e della preghiera personale e comunitaria. “Come è triste – scrive il Papa – vedere questa terra benedetta soffrire nei suoi figli che si sbranano tra loro con accanimento, e muoiono!”. C’è bisogno di pace, una pace “così desiderabile che è diventata un saluto in Medioriente”. “La pace – scrive il Papa - non è solamente un patto o un trattato che favorisce una vita tranquilla, e la sua definizione non può essere ridotta alla semplice assenza di guerra. La pace significa secondo la sua etimologia ebraica: essere completo, essere intatto, compiere una cosa per ristabilire l’integrità”. Ma, aggiunge il Papa, “il cristiano sa che la politica terrena della pace non sarà efficace se la giustizia in Dio e tra gli uomini non ne è l’autentica base, e se questa stessa giustizia non lotta contro il peccato che è all’origine della divisione. Perciò la Chiesa desidera superare tutte le distinzioni di razza, di sesso e di livello sociale sapendo che tutti non sono che uno in Cristo, il quale è tutto in tutti”. Non fa riferimenti precisi, Benedetto XVI, perché “le posizioni della Santa Sede sui differenti conflitti che affliggono la Regione e quella sullo Statuto di Gerusalemme e sui Luoghi Santi sono largamente conosciute”. Sull’ecumenismo l’Esortazione ribadisce l’insegnamento del Concilio Vaticano II mettendo in risalto l’importanza dell’“ecumenismo spirituale”, fondato sulla fede che si nutre della preghiera e della conversione. Il consolidamento della comunione nella Chiesa Cattolica la aprirà a praticare maggiormente l’ecumenismo spirituale “nelle parrocchie, nei monasteri e nei conventi, nelle istituzioni scolastiche ed universitarie, e nei seminari” e a parlare “con una sola voce sulle grandi questioni morali a proposito della famiglia, della sessualità, della bioetica, della libertà, della giustizia e della pace”. L’Esortazione chiede anche la promozione di una pastorale ecumenica d’insieme “per regolare i matrimoni tra fedeli cattolici e ortodossi”, per trovare accordi “per una traduzione comune del Padre Nostro”, per promuovere lo studio delle diverse tradizioni spirituali, per implementare la collaborazione nel campo della carità e dei valori della vita umana, della giustizia e della pace. In Medio Oriente, inoltre, si impone il dialogo con gli ebrei e i musulmani. Dal testo emerge che tra i cristiani e gli ebrei esistono numerosi legami. Purtroppo nella storia i rapporti tra le due comunità sono stati segnati da incomprensioni e diffidenze reciproche, inescusabili e condannabili le persecuzioni”. Questo legame deve aprire i fedeli delle due religioni “a una nuova responsabilità gli uni per gli altri, gli uni con gli altri”: "Possano gli ebrei, i cristiani e i musulmani - scrive Benedetto XVI - riscoprire uno dei desideri divini, quello dell'unità e dell'armonia della famiglia umana. Possano gli ebrei, i cristiani e i musulmani scorgere nell'altro credente un fratello da rispettare e da amare per dare in primo luogo sulle loro terre la bella testimonianza della serenità e della convivialità tra figli di Abramo''. Con gli ebrei, dice il Papa, sono state “innumerevoli e reiterate le incomprensioni e le diffidenze reciproche”. E poi, sono “inescusabili e altamente condannabili le persecuzioni insidiose o violente del passato”. E nonostante “queste tristi situazioni”, le due religioni si sono così reciprocamente influenzate da contribuire “alla nascita e alla fioritura di una civiltà e di una cultura chiamata comunemente giudeo-cristiana”, come “se questi due mondi che si dicono differenti o contrari per diversi motivi avessero deciso di unirsi per offrire all’umanità un nobile legame”. Un legame “che unisce mentre separa”, poiché i due popoli “hanno ricevuto la stessa benedizione e promesse d’eternità” che permettono di avanzare con fiducia verso la fraternità”. Circa il rapporto tra cristiani e musulmani l’Esortazione ribadisce che esso è regolato dall’insegnamento del Concilio Vaticano II: quando Islam e cristianesimo si sono incontrati, spesso ci si è basati sulla controversia dottrinale, differenze che “sono servite come preteste agli uni e agli altri per giustificare, in nome della religione, pratiche di intolleranza, di discriminazione di emarginazione e persecuzione”. Ma musulmani e cristiani condividono la stessa vita quotidiana in Medio Oriente, lì dove la presenza dei cristiani, ci tiene a sottolineare il Papa, non è accidentale né nuova, ma storica. E lì i cristiani “si sono lasciati interpellare dalla religiosità dei musulmani, ed hanno proseguito, secondo i propri mezzi e nella misura del possibile, a vivere e promuovere i valori evangelici nella cultura circostante. Il risultato è una particolare simbiosi”. In fondo, la cultura mediorientale si può avvalere dei contributi ebraico, cristiano e musulmano. "I cattolici del Medio Oriente, che in maggior parte sono cittadini nativi del loro paese, hanno il dovere e il diritto di partecipare pienamente alla vita della nazione, lavorando alla costruzione della loro patria. Devono godere di piena cittadinanza e non essere trattati come cittadini o credenti inferiori". ''Come in passato - ha ricordato -, quando, pionieri della rinascita araba, erano parte integrante della vita culturale, economica e scientifica delle varie civilta' della regione, desiderano oggi, ancora e sempre, condividere le loro esperienze con i musulmani, fornendo il loro specifico contributo". "E' a motivo di Gesù che i cristiani sono sensibili alla dignità della persona umana e alla libertà religiosa che ne consegue", scrive Benedetto XVI. ''I cristiani - prosegue Papa Ratzinger - riservano particolare attenzione ai diritti fondamentali della persona umana. Affermare tuttavia che questi diritti non sono che diritti cristiani dell'uomo non è giusto. Sono semplicemente diritti connessi alla dignità di ogni persona umana e di ogni cittadino, a prescindere dalle origini, dalle convinzioni religiose e dalle scelte politiche''. Culmine di tutte le libertà è la libertà religiosa, un diritto “sacro e inalienabile”, che comporta sia “la libertà individuale e collettiva di seguire la propria coscienza in materia religiosa, sia la libertà di culto”, che include “la libertà di scegliere la religione che si crede essere vera e di manifestare pubblicamente la propria credenza”. Il Papa chiede che si possa manifestare la propria religione senza mettere in pericolo la propria vita e la libertà personale, ricorda che “la libertà religiosa è radicata nella dignità della persona, garantisce la libertà morale e favorisce il rispetto reciproco”. E a questo tema, il Papa sensibilizza anche gli ebrei, che “hanno sofferto a lungo ostilità spesso letali” e che “non possono dimenticare i benefici della libertà religiosa”; e i musulmani, che “condividono con i cristiani la convinzione che in materia religiosa nessuna costrizione è consentita, tanto meno con la forza”. Una costrizione che può assumere diverse e insidiose forme sul piano personale e sociale,culturale, amministrativo e politico,e che “è contraria alla volontà di Dio”, perché “è una fonte di strumentalizzazione politico-religiosa, di discriminazione e di violenza che può condurre alla morte. Dio vuole la vita, non la morte. Egli proibisce l’omicidio, anche quello dell’omicida”. ''La tolleranza religiosa esiste in diversi paesi, ma essa non impegna molto perchè rimane limitata nel suo raggio di azione. E' necessario passare dalla tolleranza alla libertà religiosa. Questo passaggio non è una porta aperta al relativismo, come alcuni affermano. Questo passo da compiere - prosegue il Pontefice - non è una crepa aperta nella fede religiosa, ma una riconsiderazione del rapporto antropologico con la religione e con Dio. Non è una violazione delle verità fondanti della fede, perché, nonostante le divergenze umane e religiose, un raggio di verità illumina tutti gli uomini”. Tutta l’attività diplomatica della Santa Sede sotto Benedetto XVI si è sviluppata sul concetto di verità. Una verità che “si può sviluppare soltanto nella relazione con l’altro che apre a Dio, il quale vuole esprimere la propria alterità attraverso e nei miei fratelli umani”. “Non è opportuno affermare in maniera esclusiva: 'io possiedo la verità'. La verità non è possesso di alcuno, ma è sempre un dono che ci chiama a un cammino di assimilazione sempre più profonda alla verità. La verità può essere conosciuta e vissuta solo nella libertà, perciò all’altro non possiamo imporre la verità; solo nell’incontro di amore la verità si dischiude”. "Possa questa regione mostrare che vivere insieme non è un'utopia e che la diffi denza e il pregiudizio non sono una fatalità. Le religioni possono mettersi insieme per servire il bene comune e contribuire allo sviluppo di ogni persona e alla edificazione della società", scrive ancora il Papa. Il dialogo è vissuto ogni giorno in Medioriente. Si viveva quasi naturalmente il dialogo con l’Islam, si vive – da tempi più recenti – il dialogo ebraico-cristiano, e intanto intellettuali, teologi delle tre grandi religione aprono tavoli insieme, fanno incontri e ricerche varie “che occorre favorire”. "Come il resto del mondo, il Medio Oriente conosce due realtà opposte: la laicità, con le sue forme talvolta estreme, e il fondamentalismo violento che rivendica un'origine religiosa". “È con grande sospetto che alcuni responsabili politici e religiosi medio-orientali, di tutte le comunità, considerano la laicità come atea o immorale”. Ma se nella sua forme estrema la laicità, “diventata secolarismo, nega al cittadino l’espressione pubblica della sua religione e pretende che solo lo Stato possa legiferare sulla sua forma pubblica”, esiste anche una “sana laicità”, che, "al contrario, significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire la politica con gli apporti della religione, mantenendo la necessaria distanza, la chiara distinzione e l'indispensabile collaborazione tra le due. Nessuna società può svilupparsi in maniera sana senza affermare il reciproco rispetto tra politica e religione, evitando la tentazione costante della commistione o dell'opposizione". Una laicità sana, dice il Papa, “garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose”. "Le incertezze economico-politiche, l'abilità manipolatrice di certuni ed una comprensione insufficiente della religione, tra l'altro, costituiscono la base del fondamentalismo religioso. Quest'ultimo affligge tutte le comunità religiose, e rifiuta il vivere insieme secolare. Esso vuole prendere il potere, a volte con violenza, sulla coscienza di ciascuno e sulla religione per ragioni politiche". "Lancio un accorato appello a tutti i responsabili religiosi ebrei, cristiani e musulmani della regione - scrive Benedetto XVI - affinché cerchino col loro esempio e il loro insegnamento di adoperarsi in ogni modo al fine di sradicare questa minaccia che tocca indistintamente e mortalmente i credenti di tutte le religioni". E l’attenzione va anche verso l’Esodo dei cristiani, perché la regione “senza o con pochi cristiani non è più il Medio Oriente, giacché i cristiani partecipano con gli altri credenti all’identità così particolare della regione. Gli uni sono responsabili degli altri davanti a Dio”. Il Papa chiede di evitare “una politica o una strategia che privilegi una sola comunità e che tenderebbe verso un Medio Oriente monocromo che non rifletterebbe per niente la sua ricca realtà umana e storica”. “Per necessità, stanchezza o disperazione – scrive il Papa dei cattolici nativi del Medio Oriente si decidono per la scelta drammatica di lasciare la terra dei loro antenati, la loro famiglia e la loro comunità di fede, altri, al contrario pieni di speranza, fanno la scelta di restare nel loro paese e nella loro comunità. Li incoraggio a consolidare questa bella fedeltà ed a rimanere saldi nella fede”. Ma c’è un problema inverso, e riguarda i pastori delle Chiese latine, che “devono gestire l’arrivo massiccio e la presenza nei paesi ad economia forte della regione di lavoratori di ogni sorta provenienti dall’Africa, dall’Estremo Oriente e dal subcontinente indiano. Queste popolazioni costituite da uomini e donne spesso soli o da intere famiglie, affrontano una doppia precarietà. Sono stranieri nel paese dove lavorano, e sperimentano troppo spesso delle situazioni di discriminazione e d’ingiustizia”.

Asca, SIR, Korazym.org

Il Papa: esaltare la Croce vuol dire comunicare alla totalità dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo. È porre un atto di fede, amore e speranza!

“La felice coabitazione dell’Islam e del Cristianesimo, due religioni che hanno contribuito a formare delle grandi culture – ha detto - fa l’originalità della vita sociale, politica, e religiosa nel Libano. Non ci si può che rallegrare di questa realtà che bisogna assolutamente incoraggiare. Affido questo desiderio ai responsabili religiosi del vostro Paese”: con queste parole ha esordito Benedetto XVI nel discorso che ha preceduto la firma dell’Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”. “È provvidenziale che questo atto abbia luogo proprio nel giorno della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335”, ha osservato il Papa, perché “la comunione e la testimonianza cristiane” sono “fondate sul Mistero pasquale, sulla crocifissione, la morte e la risurrezione di Cristo”. Esiste “un legame inseparabile tra la Croce e la Risurrezione che non può essere dimenticato dal cristiano”. Senza questo legame, “esaltare la Croce significherebbe giustificare la sofferenza e la morte non vedendo in esse che una fine fatale”. Per un cristiano, “esaltare la Croce vuol dire comunicare alla totalità dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo. È porre un atto di fede! Esaltare la Croce, nella prospettiva della Risurrezione, è desiderare di vivere e manifestare la totalità di questo amore. È porre un atto d’amore! Esaltare la Croce porta ad impegnarsi ad essere araldi della comunione fraterna ed ecclesiale, fonte della vera testimonianza cristiana. È porre un atto di speranza!”. “Considerando la situazione attuale delle Chiese nel Medio Oriente - ha ricordato il Pontefice -, i padri sinodali hanno potuto riflettere sulle gioie e le pene, i timori e le speranze dei discepoli di Cristo che vivono in questi luoghi. Tutta la Chiesa ha potuto così ascoltare il grido ansioso e percepire lo sguardo disperato di tanti uomini e donne che si trovano in situazioni umane e materiali ardue, che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine, e che vogliono seguire Cristo - Colui che dà senso alla loro esistenza - ma che ne sono spesso impediti”. "Come non rendere grazie a Dio in ogni momento per tutti voi cari cristiani del Medio Oriente! Come non lodarlo per il vostro coraggio nella fede? Come non ringraziarlo - ha proseguito - per la fiamma del suo amore infinito che voi continuate a mantenere viva e ardente in questi luoghi che sono stati i primi ad accogliere il suo Figlio incarnato? Come non cantargli la nostra riconoscenza per gli slanci di comunione ecclesiale e fraterna, per la solidarietà umana manifestata senza sosta verso tutti i figli di Dio?". "'Ecclesia in Medio Oriente' permette di ripensare il presente per considerare il futuro con lo stesso sguardo di Cristo. Essa, con i suoi orientamenti biblici e pastorali, con il suo invito a un approfondimento spirituale ed ecclesiologico, con il rinnovamento liturgico e catechistico raccomandato, con i suoi appelli al dialogo, vuole tracciare una via per ritrovare l'essenziale: la sequela Christi, in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la Croce gloriosa. E' proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria dell'amore sull'odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell'umiltà sull'orgoglio, dell'unità sulla divisione". Il Santo Padre ha invitato tutti “a non avere paura, a rimanere nella verità e a coltivare la purezza della fede”. Questo è “il linguaggio della Croce gloriosa! Questa è la follia della Croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro”. Non si tratta “di un linguaggio puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano sempre più a Cristo, atti che aiutano le diverse Chiese a riflettere la bellezza della prima comunità dei credenti”; “atti simili - ha sottolineato Benedetto XVI - a quelli dell’imperatore Costantino che ha saputo testimoniare e far uscire i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente la loro fede nel Cristo crocifisso, morto e risorto per la salvezza di tutti”. Il documento “offre elementi che possono aiutare per un esame di coscienza personale e comunitario, per una valutazione obiettiva dell’impegno e del desiderio di santità di ogni discepolo di Cristo”, apre “all’autentico dialogo interreligioso basato sulla fede in Dio Uno e Creatore. Essa vuole anche contribuire a un ecumenismo pieno di fervore umano, spirituale e caritativo, nella verità e nell’amore evangelici”. "In tutte le sue parti, l’Esortazione vorrebbe aiutare ciascun discepolo del Signore a vivere pienamente e a trasmettere realmente ciò che è diventato attraverso il Battesimo: un figlio della Luce, un essere illuminato da Dio, una lampada nuova nell’oscurità inquietante del mondo affinché dalle tenebre facciano risplendere la luce". L’Esortazione “vuole contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo. La comunione è allora un’autentica adesione a Cristo, e la testimonianza è un’irradiazione del Mistero pasquale che conferisce un senso pieno alla Croce gloriosa”. “Chiese in Medio Oriente - ha affermato il Papa -, non temete, perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo! Non temete, perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale!”. “È con questi sentimenti di speranza e di incoraggiamento a essere protagonisti attivi della fede attraverso la comunione e la testimonianza, che domenica consegnerò l’Esortazione post-sinodale ‘Ecclesia in Medio Oriente’ ai miei venerati fratelli patriarchi, arcivescovi e Vescovi, a tutti i sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai fedeli laici”, ha aggiunto. “Possa Dio concedere a tutti i popoli del Medio Oriente di vivere nella pace, nella fraternità e nella libertà religiosa! Dio vi benedica tutti!”, ha concluso il Pontefice.

Radio Vaticana, SIR, TMNews


VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO (III) - il testo integrale del discorso del Papa

Mons. Eterović al Papa: dalla comunione e dal lavoro del Sinodo per il Medio Oriente un'alba nuova, carica di speranza anche per i cristiani

“Un’alba nuova, carica di speranza anche per i cristiani”: è quanto ha mostrato il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, svoltosi in Vaticano nell'ottobre 2010, che ha avuto per tema “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza” e del quale oggi Benedetto XVI ha firmato e promulgato l’Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente", primo importante atto del suo viaggio in Libano. Dalla cattedrale greco-melkita di san Paolo di Harissa è stato mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, a salutare Benedetto XVI ricordando i lavori sinodali: “Dalla comunione e dal lavoro dell’Assemblea sinodale si è potuto mostrare con evidenza, in mezzo a non poche difficoltà, lo spuntare di un’alba nuova, carica di speranza anche per i cristiani”. “Nello scambio dei doni - ha proseguito il segretario generale del Sinodo dei vescovi - abbiamo conosciuto di nuovo Gesù Cristo sotto il segno della croce, riconoscendolo in tante esperienze di marginalizzazione, di disuguaglianza, di dolore, di sofferenza, di violenza e persino di guerra”. “Nella grazia dello Spirito Santo - ha concluso - abbiamo però tenuto sempre presente che la croce è la via della glorificazione non solamente del Signore bensì di tutti coloro che lo seguono portando con lui ogni giorno la propria croce”.

SIR

Saluto al Papa di mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, in occasione della firma dell'Esortazione Apostolica "Ecclesia in Medio Oriente"

Visita del Papa alla Basilica di St Paul e firma dell'Esortazione Apostolica 'Ecclesia in Medio Oriente'. Il saluto del Patriarca Gregorios III Laham

Nel pomeriggio, Papa Benedetto XVI ha compiuto la visita alla Basilica Greco-Melkita di St Paul, durante la quale ha firmato l’Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente". Il Santo Padre è statp accolto dal Patriarca Greco-Melkita, Sua Beatitudine Gregorios III, sul sagrato della Basilica. Il tempio può contenere 450 persone circa. Erano presenti il presidente del Libano e la sua consorte, i patriarchi e vescovi del Libano, i membri del Consiglio Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, una delegazione ortodossa e una delegazioe musulmana. Il patriarca Gregorios III Laham ha rivolto al Papa alcune parole di benvenuto. "Oggi - ha detto - ci porta la luce dell'Oriente, 'Orientale lumen', contenuta nell'Esortazione Apostolica post-sinodale. Da parte nostra, accogliamo questo documento con affetto e riconoscenza. Per questo motivo, a nostra volta, desideriamo offrirle, Santità, la conferma mutua di questa fede, che è la sua e dei nostri amati fratelli in Occidente". Il patriarca ha poi dato il benvenuto al Pontefice anche "a nome dei patriarchi e dei vescovi delle Chiese Cattoliche orientali, che hanno risposto al suo invito, partecipando numerosi all'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi". Un'assise, ha aggiunto, "che è stata il segno del suo affetto e della sua sollecitudine. Lei porta un messaggio a questo 'Libano-messaggio', come l'ha ben definito il suo predecessore Giovanni Paolo II, amico del Libano, dei Paesi arabi e del mondo intero". Dopo aver ricordato come Papa Ratzinger abbia voluto apporre la sua firma sul documento post-sinodale proprio in Libano, il patriarca ha sottolineato che essa si rivolge a tutti i cristiani dell'Oriente arabo. "È un documento - ha detto - che li aiuta a chiarire il senso della loro esistenza, del loro ruolo, della loro missione, del loro servizio, della loro testimonianza, in questo mondo arabo a maggioranza musulmana. Questa missione si riassume nell'invito a essere luce, sale e lievito. Permette ai cristiani di sapere che sono il piccolo gregge che non ha paura e non indietreggia di fronte alla grandezza del compito, di essere per e con il grande gregge". L'essenza di questa esortazione apostolica post-sinodale, ha proseguito, è contenuta nei suoi testi, soprattutto quando fa riferimento all'unità all'interno per una testimonianza all'esterno (ad intra e ad extra). Si tratta di una visione cristiana, che può però essere considerato allo stesso tempo anche musulmana, un invito a vivere nell'interazione con tutte le componenti e le comunità del mondo arabo.Quindi il patriarca ha espresso la propria gioia nel "proclamare in questa occasione la comunione piena, ferma e costante del nostro patriarcato con la Chiesa di Roma, che presiede nella carità. Vorremmo inoltre sottolineare l'importanza dell'unità dei cristiani, tema centrale dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi. Possano - ha auspicato - le nostre Chiese, forti e coerenti, operare insieme, e mostrare a tutti, con la loro sinergia, i valori del messaggio sempre nuovo del Vangelo, valori che lei ha espresso nelle sue encicliche sulle virtù teologali: valore dell'amore di Dio ('Deus caritas est'), della speranza ('Spe salvi') e della fede nella verità ('Caritas in veritate')". Concludendo, il patriarca ha sottolineato come il mondo abbia bisogno di "una Chiesa che respiri con i suoi due polmoni, con tutta la sua vitalità, affinché la fede resti pura, serena, bella e capace di rinnovare il mondo, perché il mondo creda, perché vi regni la civiltà della fede, della speranza e dalla carità: la civiltà di Dio - ha concluso - sulla terra degli uomini".

Il Sismografo, Asca, L'Osservatore Romano

Il Papa in Libano. Card. Bagnasco: testimonia la sua limpidità disarmata e disarmante, non si tira indietro. Sarà per tutti un momento di grazia

“Anche questo viaggio testimonia la limpidità, estremamente disarmata e disarmante, di Papa Benedetto XVI che non si tira indietro né rispetto alle questioni più spinose dal punto di vista dottrinale e morale, né rispetto alle situazioni più complicate e difficili”, come in Medio Oriente “in questo momento”. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della CEI, a margine della presentazione delle iniziative diocesane per l’anno pastorale, in merito al viaggio del Papa in Libano. Il Papa, ha proseguito, “si presenta come il Signore si è presentato: senza particolari apparati, con semplicemente la forza della verità e la mitezza della verità, che il suo volto, la sua parola il suo tono continuamente esprimono. Sicuramente sarà per tutti un momento di grazia”.

SIR

Il presidente Sleiman al Papa: gratitudine per il suo amore autentico verso il Libano. Il Paese rimarrà fedele ai valori radicati nella fede

"Oggi la comunità libanese con tutti i suoi membri e tutte le confessioni religiose le dà un cordiale benvenuto Santità, esprimendo gratitudine per il suo amore autentico verso il Libano, da lei definito come un tesoro prezioso per la sua diversità e per il suo pluralismo". Con queste parole il presidente Michel Sleiman ha accolto sul suolo libanese Benedetto XVI. "Scegliendo di visitare il Libano - ha aggiunto nel discorso di benvenuto pronunciato in lingua araba - lei vorrebbe portare un messaggio di pace e di amore per la nostra intera regione, per i suoi popoli e per i suoi Paesi, con l’Esortazione Apostolica post-sinodale dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi". Da qui l’auspicio, che il viaggio porti "benedizioni al popolo libanese e a tutte le popolazioni della regione, in particolare ai cristiani d’Oriente, profondamente radicati fin dall’antichità in questa terra splendida". Il presidente ha quindi proseguito, ricordando come queste popolazioni abbiano posto i pilastri della Repubblica su un patto nazionale, che garantisce l’equa partecipazione delle comunità nella gestione degli affari politici. "Il preambolo della costituzione libanese - ha detto - ci ha spinto ad affermare che non è vi è alcuna legittimità per qualsiasi autorità che contraddica il nostro patto di convivenza. Nonostante la sua originalità e apertura, e forse a causa di questa apertura, il territorio libanese è stato in diversi periodi della sua storia oggetto di avidità, terreno di scontro per guerre e vittima di varie forme di aggressione, che hanno portato distruzione e causato spargimento di sangue, esodi e ingiustizie". Tuttavia "il Libano ha sempre dimostrato capacità di resistere e di fare sacrifici, in difesa della sua sovranità, della sua libertà e della sua unità". Quindi il capo dello Stato ha sottolineato come il viaggio del Papa coincida con la festa liturgica dell’Esaltazione della Santa Croce, "che incarna il simbolismo del sacrificio assoluto nella speranza nella risurrezione" e giunga poche settimane dopo la conclusione del mese di Ramadan, sacro per i musulmani, "caratterizzato dal digiuno e da valori di compassione, tolleranza e solidarietà umana". Infine il presidente Suleiman ha espresso la speranza che la visita di Benedetto XVI nel Paese dei cedri "sia manifestazione di luce e di splendore per il Paese e per l’intera regione. Rinnoviamo a vostra Santità la promessa del Libano - ha concluso - di rimanere fedele a se stesso nel testimoniare i suoi valori radicati nella fede".

L'Osservatore Romano

Il Papa: in Libano come pellegrino di pace, amico di Dio e degli uomini. La ragione deve prevalere su passione unilaterale per favorire il bene comune

L'aereo dell'Aitalia, volo A320, partito da Ciampino alle 9.38 e che porta Benedetto XVI in Libano è atterrato 12.42 (13.42 locali) nell'Aeroporto Internazionale di Beirut "Rafiq Hariri". Hanno atteso il Papa il presidente del Libano, Michel Suleiman, il primo ministro Najib Mikati e il presidente del Parlamento Nabih Berri. Erano presentiinoltre i Capi delle Chiese Cattoliche libanesi, di altre Chiese cristiane ed esponenti della comunità musulmana e protestante. Hanno accolto il Papa numerosi fideli e pellegirni e tra loro due bambini, un maschio e una femmina, con dei fiori e abbigliamento tipico del Paese. Quindici anni dopo il viaggio di Giovanni Paolo II, è dunque risuonato all’aeroporto di Beirut l’inno vaticano, accompagnato da quello libanese. Così come in tutte le vie principali di Beirut sventolano bandiere vaticane assieme a quelle libanesi.
Nel suo discorso, rivolgendosi al presidente della Repubblica, il Papa ha fatto riferimento alla presenza della “maestosa statua di San Marone” presso la Basilica di San Pietro, che “ricorda il Libano in modo permanente nel luogo stesso in cui fu sepolto l’apostolo Pietro. Essa manifesta un patrimonio spirituale secolare, confermando la venerazione dei libanesi per il primo degli apostoli e i suoi successori. È per evidenziare la loro grande devozione a Simon Pietro, che i patriarchi maroniti aggiungono al loro nome quello di Boutros. È bello vedere che dal santuario petrino, San Marone intercede continuamente per il vostro Paese e per l’intero Medio Oriente”. Parlando, poi, della firma e della consegna dell’Esortazione Apostolica, il Pontefice ha sottolineato che “si tratta di un importante evento ecclesiale”. Dopo aver ringraziato tutti i patriarchi cattolici presenti, i vescovi del Libano e quelli convenuti da altri Paesi per ricevere dalle mani del Papa questo documento, il Santo Padre ha salutato “con affetto paterno tutti i cristiani del Medio Oriente”. “Destinata al mondo intero - ha chiarito Benedetto XVI -, l’Esortazione si propone di essere per loro una tabella di marcia per gli anni a venire”. Il Papa si è detto anche contento di “incontrare in questi giorni numerose rappresentanze delle comunità cattoliche” del Paese, “di poter celebrare e pregare insieme. La loro presenza, il loro impegno e la loro testimonianza sono un contributo riconosciuto e molto apprezzato nella vita quotidiana di tutti gli abitanti” del Libano. “La vostra presenza, cari amici, dimostra la stima e la collaborazione che desiderate promuovere tra tutti nel rispetto reciproco. Vi ringrazio per i vostri sforzi e sono sicuro che continuerete a ricercare vie di unità e di concordia”, ha affermato il Pontefice salutando i patriarchi e vescovi ortodossi e i rappresentanti delle diverse comunità religiose del Libano. “Non dimentico - ha aggiunto - gli eventi tristi e dolorosi che hanno afflitto il vostro bel Paese per lunghi anni. La felice convivenza tutta libanese deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che all’interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese, tutte parti dell’unica Chiesa Cattolica, in uno spirito di comunione fraterna con gli altri cristiani, e, al tempo stesso, la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni”. Non mancano, certo, difficoltà: “Voi sapete come me che questo equilibrio, che viene presentato ovunque come un esempio, è estremamente delicato. Esso rischia a volte di rompersi allorquando è teso come un arco, o sottoposto a pressioni che sono troppo spesso di parte, interessate, contrarie ed estranee all’armonia e alla dolcezza libanesi. È qui che bisogna dar prova di reale moderazione e grande saggezza. E la ragione deve prevalere sulla passione unilaterale per favorire il bene comune di tutti”. Il Santo Padre ha ricordato un ulteriore motivo del suo viaggio: “Vengo anche per dire quanto sia importante la presenza di Dio nella vita di ognuno e come il modo di vivere insieme, questa convivenza di cui il vostro Paese vuole dare testimonianza, sarà profonda solo se si basa su uno sguardo accogliente e un atteggiamento di benevolenza verso l’altro, se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli”. In realtà, “il famoso equilibrio libanese che vuole continuare ad essere una realtà, può prolungarsi grazie alla buona volontà e all’impegno di tutti i libanesi. Solo allora sarà un modello per gli abitanti di tutta la regione, e per il mondo intero”. Non si tratta di “un’opera solamente umana, ma di un dono di Dio che occorre domandare con insistenza, preservare a tutti i costi e consolidare con determinazione”. “I legami tra il Libano e il Successore di Pietro - ha evidenziato Benedetto XVI - sono storici e profondi”. Perciò, ha precisato “vengo in Libano come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico degli uomini”. “'Vi do la mia pace', dice Cristo”, ha affermato in arabo il Papa. “Al di là del vostro Paese, vengo oggi idealmente anche in tutti i Paesi del Medio Oriente come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo”. “Le vostre gioie e i vostri dolori - ha dichiarato - sono continuamente presenti nella preghiera del Papa e chiedo a Dio di accompagnarvi e di consolarvi. Posso assicurarvi che prego particolarmente per tutti coloro che soffrono in questa regione, e sono molti. La statua di San Marone mi ricorda ciò che vivete e sopportate”. "So che il vostro Paese mi prepara una bella accoglienza, un’accoglienza calorosa, l’accoglienza che si riserva a un fratello amato e rispettato", "che Dio vi benedica tutti", ha concluso.
Dopo la cerimonia di benvenuto, il Papa si è recato in auto alla nunziatura apostolica di Harissa, a 37 chilometri di distanza. Il percorso, tranne i primi due chilometri, è stato abbastanza veloce. Tuttavia si è potuto avere un anticipo di quella che sarà la festa libanese di questi giorni: in uniforme blu, un nutrito gruppo di studenti musulmani di tutte le età, le studentesse
con il caratteristico chador,, sventolava bandiere in segno di festa al passaggio del corteo.


Il Sismografo, Radio Vaticana, SIR

VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO (II) - il testo integrale del discorso del Papa

L'incontro del Papa con i giornalisti: dialogo con l’Islam, primavera araba, la situazione e il sostegno dei cristiani in Siria e in Medio Oriente

In volo verso il Libano per il suo 24° viaggio apostolico internazionale, il Papa si è intrattenuto con i giornalisti al seguito, per la consueta conferenza stampa. Una conversazione che ha spaziato su temi di forti, dal dialogo con l’Islam, alla primavera araba, ai timori per la situazione dei cristiani in Siria e nell’area mediorientale, al sostegno che a loro può venire dalle Chiese e dai cattolici dell’Occidente. ''Nessuno mi ha mai consigliato di rinunciare a questo viaggio e io non ho mai contemplato questa ipotesi, perché so che quando la situazione si fa più complicata è ancora più necessario offrire un segno di fraternità, di incoraggiamento e di solidarietà”. Così, Benedetto XVI ha riassunto, rispondendo alle domande dei giornalisti in francese e in italiano, i sentimenti con cui affronta questo viaggio apostolico in Libano, il cui obiettivo, ha aggiunto, in un Paese che già rappresenta un messaggio di incontro interreligioso, è, dunque “invitare al dialogo, alla pace contro la violenza, procedere insieme per trovare la soluzione dei problemi”. Rispondendo ad una domanda sull’imperativo del dialogo con l’Islam, oggi in un momento di crescita degli estremismi, il Papa non ha mancato di sottolineare che “il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione”. ''Ogni uomo - ha aggiunto - è un'immagine di Dio e noi dobbiamo rispettare nell'altro non solo la sua alterità ma nell'alterità l'essenza comune, d'essere un'immagine di Dio, l'altro come immagine di Dio. Dunque il messaggio fondamentale è contro la violenza che e' una falsificazione come i fondamentalismi; è nell'educazione, l'illuminazione e purificazione delle coscienze, tolleranti capaci di dialogo alla riconciliazione e alla pace''. Dunque, “l’impegno della Chiesa e delle religioni”, ha osservato, “è quello di compiere una purificazione da queste tentazioni, illuminare le coscienze e fare in modo che ognuno abbia un’immagine chiara di Dio”. Quindi l’invito forte al rispetto reciproco in quanto ciascuno è “immagine di Dio”. Altrettanto incisivo da parte del Papa il richiamo alla tolleranza, senza la quale, ha detto, non c’è vera libertà. A proposito della primavera araba e del rischio sopravvivenza dei cristiani, minoranza in quelle aree, Benedetto XVI ha voluto sottolineare infatti che un desiderio di maggiore democrazia, libertà, cooperazione, è di per sé positivo, è un “progresso”, ma può crescere solo nella condivisione, nel vivere insieme con determinate regole. Dobbiamo fare tutto il possibile, sono state le sue parole, perché “il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione e non dimentichi la tolleranza, la riconciliazione, elementi fondamentali della libertà stessa”. Riguardo poi alla situazione in Siria, il Papa ha sottolineato che occorre promuovere tutti i gesti possibili, anche materiali, per favorire la fine della guerra e della violenza. E’ “grande” il pericolo che i cristiani si allontanino da queste terre, ha osservato il Papa, anche se, ha aggiunto, fuggono anche musulmani. “Aiuto essenziale sarebbe dunque la fine delle violenze”. Ruolo della Chiesa è, lo ha ripetuto più volte il Papa, la diffusione del messaggio della pace, l’impegno a chiarire che la violenza non risolve i problemi, e importante in questo senso è anche il compito dei giornalisti. Quindi l’appello: “Invece di importare le armi, che è un peccato grave, dovremmo importare le idee, la pace, la creatività, accettare gli altri nelle diversità, rendere visibile il rispetto reciproco delle religioni, il rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come elemento fondamentale per tutte le religioni”. Sollecitato da una domanda sui passi concreti dell’Occidente a sostegno dei fratelli mediorientali, il Papa ha affermato che tutti devono contribuire. ”Occorre - ha specificato - influire sull’opinione pubblica”,“invitare i politici a impegnarsi realmente, con tutte le forze e con tutte le possibilità per la pace”. “Gesti visibili di solidarietà, giorni di preghiera pubblica, possono avere effetti reali”. In un certo senso, “il nostro, ha concluso il Pontefice, “è un lavoro di ammonizione, di educazione, di purificazione molto necessario.

Radio Vaticana, Asca

VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO (IV) - il testo integrale dell'intervista al Papa

A Beirut massima allerta e sicurezza rafforzata. Ministro Interni: la situazione sotto controllo, il Libano è sicuro. Le misure per l'arrivo del Papa

Le forze di sicurezza libanesi sono in stato di massima allerta in vista dell'arrivo di Papa Benedetto XVI a Beirut. "La situazione è sotto controllo e il Libano è sicuro", ha assicurato il ministro degli Interni, Marwan Charbel, ammettando comunque che nel paese c'è "un'atmosfera pesante" a causa della crisi siriana e delle proteste contro il film 'blasfemo' sulla vita del profeta Maometto prodotto negli Stati Uniti. Come spiegano i media libanesi, per assicurare che il viaggio del Pontefice si svolga senza problemi, le autorità hanno predisposto un piano speciale di sicurezza, che coinvolge tutti gli apparati, statali e municipali. Migliaia di agenti sono schierati nella capitale. Le forze di sicurezza "opereranno in coordinamento con le agenzie private del Vaticano", ha spiegato Chabel, che ha anche parlato di un coordinamento con agenti dell'intelligence italiana, arrivati sul posto nei giorni scorsi. Il Papa atterrerà presso l'aeroporto internazionale Rafiq Hariri di Beirut e si sposterà verso il santuario di Nostra Signora di Harissa. Tutte le strade che dovrà attraversare sono state chiuse al traffico e alla sosta, così come, già dal 7 settembre, è stato interdetto il traffico aereo sopra al luogo in cui il Pontefice soggiornerà. E' stato inoltre adottato un provvedimento straordinario che revoca il permesso ai privati cittadini di portare armi in varie regioni del paese, fatta eccezione per le guardie del corpo di politici e religiosi. Gli sciiti di Hezbollah, principale forza della coalizione di governo libanese, hanno tappezzato l'aeroporto internazionale di Beirut e le vie limitrofe di striscioni che danno il benvenuto a Papa Benedetto XVI. "Hezbollah dà il benvenuto al Papa nella patria della coesistenza", si legge, in francese e in arabo, su alcuni degli striscioni.

Adnkronos/Aki

I vescovi di Aleppo, costretti a rinunciare all’incontro con Benedetto XVI: la vostra voce arrivi ai popoli e raggiunga chi ha il potere di decidere

Aleppo è da più di due mesi al centro degli scontri armati tra i ribelli e l’esercito siriano. Il Consiglio dei sei vescovi cattolici della seconda metropoli della Siria ha dovuto rinunciare a malincuore a recarsi all’incontro con il Papa in Libano per rimanere al fianco dei propri fedeli. Ma dalla città devastata dal conflitto hanno lanciato un appello a Benedetto XVI, chiedendo al Papa di richiamare la comunità internazionale all’urgenza di trovare una soluzione pacifica e porre fine a un conflitto “che sta distruggendo il Paese e seminando dovunque miseria e desolazione”. Nel loro appello, inviato all’agenzia Fides, i vescovi di Aleppo (greco-cattolico, siro-cattolico, armeno-cattolico, maronita, caldeo e latino) pregano ardentemente Benedetto XVI di sottoporre ai capi delle nazioni e agli organismi internazionali due richieste: “Esigere che cessino definitivamente i combattimenti sul suolo della Siria”, per poi “incoraggiare e appoggiare le parti in conflitto affinché giungano a un dialogo serio e efficace in vista di una riconciliazione nazionale”. I vescovi di Aleppo descrivono la condizione vissuta dal popolo siriano in termini angosciati: “Il Paese si distrugge, il numero delle vittime si moltiplica, e quello dei feriti aumenta di giorno in giorno. Molte abitazioni sono distrutte, e i poveri vedono le proprie risorse diminuire progressivamente. Tutto ciò fa precipitare le famiglie in uno stato di disperazione e spinge molte di esse a emigrare”. L’appello si conclude con il ringraziamento a Benedetto XVI “per tutte le iniziative che voi prendete al servizio della pace”, e con l’augurio “che la vostra voce arrivi alle orecchie dei popoli e raggiunga quelli che hanno il potere di decidere”.

Fides

Patriarchi delle Chiese cristiane in Siria: in Libano per stringerci attorno al Papa, pellegrino di pace. Nunzio: un faro per tutto il Medio Oriente

“Con tutto il cuore chiediamo ai fedeli cristiani della Siria di non abbandonare il nostro amato paese, nonostante la violenza, le sofferenze, lo sfollamento”: è quanto chiedono i patriarchi delle Chiese cristiane in Siria, da questa mattina in Libano per “stringersi attorno a Benedetto XVI, pellegrino di pace in Medio Oriente”. In un messaggio reso noto tramite l’agenzia Fides, i leader cristiani, dando il benvenuto a Benedetto XVI, rimarcano il tema più caro alle Chiese locali: la presenza delle comunità cristiane in Medio Oriente. A condividere il messaggio sono quattro leader con sede a Damasco: il patriarca greco-cattolico Gregorio III Laham, il patriarca greco-ortodosso Ignatius IV Hazim, il patriarca siro-cattolico Ignatius III Younan e il patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas. In particolare oggi in Siria c’è il pericolo di un esodo dei fedeli, molti dei quali sono già fortemente colpiti dalla povertà, sono stati costretti a lasciare le loro case per gli scontri armati, e vivono da sfollati interni o nei paesi limitrofi. In queste tragiche ore, i Patriarchi chiedono ai fedeli: “Abbiate pazienza, non fuggite”, invitando a “sopportare il dolore”, per amore di Cristo. I leader cristiani in Siria deplorano l’atteggiamento di alcune Cancellerie occidentali che, esplicitamente o in modo implicito, stanno offrendo ai fedeli siriani l’opportunità di emigrare, notando che questo “costituisce una tentazione”, ma che non è la soluzione per i cristiani in Siria. Il rischio, notano, è una “libanizzazione del conflitto siriano” (oltre il 50% dei cristiani fuggì dal Libano, al tempo della guerra) o lo scenario iracheno (negli ultimi anni le comunità cristiane locali, sotto la pressione del terrorismo, sono notevolmente diminuite). I patriarchi sostengono con forza il recente appello del Santo Padre al dialogo e alla riconciliazione in Siria, definite dal Papa “prioritarie per tutte le parti implicate” e auspicano che il viaggio di Benedetto XVI possa lasciare “una profonda traccia di pace”. Come riferito a Fides, simbolo potente della solidarietà e dell’amore verso il Papa è, in particolare, la presenza del patriarca siro-ortodosso Zakka I Iwas che, nonostante la malattia e le cure di dialisi di cui necessita, ha voluto comunque essere presente accanto a Benedetto XVI. "Il viaggio del Papa in Libano sarà un faro per tutto il Medio oriente, soprattutto per i cristiani della Siria. Mi auguro che la presenza del Pontefice incoraggi la comunità internazionale ad aiutare le parti in conflitto ad abbandonare le armi e sedersi sul tavolo dei negoziati per porre fine a questa carneficina". È la speranza di mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, a poche ore dall'arrivo di Benedetto XVI in Libano. "Il Papa - sottolinea Zenari - segue da mesi la situazione siriana e non ha mai smesso di far sentire la sua voce negli incontri pubblici. Egli conosce quali sono i desideri dei cristiani siriani e dei loro vescovi, che da oltre un anno tentano di testimoniare la pace nel Paese piegato dagli odi confessionali ed etnici". Il nunzio spiega che per le condizioni critiche vissute dal Paese il viaggio non ha avuto molta risonanza fra la popolazione, che in molte zone non ha accesso a giornali e televisioni. Tuttavia, parrocchie e diocesi stanno facendo di tutto per richiamare i fedeli a questo importante appuntamento. "La situazione ad Aleppo e in alcune zone di Damasco è drammatica - afferma il prelato - combattimenti fra ribelli ed esercito avvengono in ogni angolo del Paese". L'insicurezza delle strade e degli aeroporti civili, utilizzati da Assad come piste per i suoi aerei da guerra e tenuti sotto tiro dall'artiglieria del Free Syrian Army, non permetterà ai vescovi siriani di salutare di persona il pontefice. "I vescovi di Aleppo - racconta Zenari - hanno inviato una lettera di benvenuto, dove spiegano la loro situazione. Ma saranno presenti con la preghiera".

Fides, AsiaNews

Telegramma del Papa: in Libano pellegrino di pace e unità. Italia affronti con serenità e fiducia sfide odierne. La risposta del presidente Napolitano

''Nel lasciare il suolo italiano per recarmi in Libano pellegrino di pace e di unità per consegnare alle comunità cattoliche del medio Oriente l'Esortazione Apostolica post-sinodale, che aiuterà i cristiani di quella regione ad essere testimoni di comunione e di speranza, mi è particolarmente gradito rivolgere a lei signor Presidente il mio deferente saluto, che accompagno con preghiera intensa e pensiero benedicente, affinchè il popolo italiano possa affrontare con serenità e fiducia le sfide dei nostri giorni'': è quanto scrive Papa Benedetto XVI nel telegramma inviato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al momento di partire in volo per il Libano. ''Santità - si legge nel messaggio di risposta del presidente Napolitano - desidero farle pervenire il mio più sincero ringraziamento per il messaggio che ha voluto cortesemente indirizzarmi in occasione della sua partenza per il viaggio apostolico in Libano. Si tratta di una visita attesa non solo dalla comunità cristiana, ma da tutta la società
civile libanese e alla quale guarda con grande speranza l'intero Medio Oriente. Essa infatti - continua il capo dello Stato - contribuirà a rafforzare la volontà del popolo libanese di procedere sulla via della libertà religiosa e della pacifica convivenza e recherà un importante messaggio di pace e speranza per tutta la regione, quanto mai necessario in un periodo drammatico come l'attuale. Mi è gradita l'occasione, Santità, per rinnovarle i sensi della mia profonda stima e considerazione''. Tre telegrammi rivolti a Italia, Grecia e Cipro, i Paesi che l’aereo papale sta sorvolando per arrivare oggi in Libano per il suo 24° viaggio apostolico sono stati inviati da Benedetto XVI ai rispettivi capi di Stato. Nel telegramma rivolto al presidente della Grecia, Karolos Papoulias, il Papa invita il Paese “a trovare, in questo periodo poco facile, i cammini di stabilità, condivisione e fraternità”. Al presidente di Cipro, Demetris Christofias, Benedetto XVI assicura preghiere e ricorda la sua visita a Cipro, inviando “benedizioni di pace e prosperità”.


Asc, SIR

VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO (I)

Messaggio del Presidente Napoitano a Sua Santità Benedetto XVI in occasione del viaggio apostolico in Libano

Il Papa è partito per il Libano, iniziato il 24° viaggio apostolico internazionale del Pontificato. Buon viaggio, Santo Padre!

L'airbus A320 dell’Alitalia, volo papale con il consueto codice AZ4000, che porta il Papa in Libano, meta del 24° viaggio apostolico internazionale del Pontificato, dove arriverà all’aeroporto internazionale "Rafiq Hariri" di Beirut alle 12.45 circa (ora di Roma), è decollato dall'aeroporto di Ciampino alle 9.38, sotto una pioggia intensa. L'aereo papale sorvolerà gli spazi aerei della Grecia e di Cipro. Al momento del congedo il Papa ha ricevuto il saluto e augurio di "buon viaggio" dal vescovo della diocesi di Albano, mons. Marcello Semeraro, e in rappresentanza del Governo italiano, dal Ministro per gli Affari Europei, Enzo Moavero. "Sua Santità Benedetto XVI è stato accompagnato sotto bordo da Roberto Colaninno, presidente di Alitalia" afferma una nota dell'azienda. "L’equipaggio è composto da 3 piloti (un comandante coordinatore, un comandante titolare e un primo ufficiale) e da 7 assistenti di volo, scelti tra quanti si sono distinti per professionalità e impegno nel corso della loro carriera professionale. Con il viaggio a Beirut prosegue la collaborazione tra Santa Sede e Alitalia che negli ultimi anni ha accompagnato Papa Benedetto XVI in Africa (Camerun, Angola e Benin), Terra Santa, a Praga, Malta, Lisbona, Cipro, nel Regno Unito (Edimburgo e Londra), a Santiago de Compostela, Zagabria, Madrid, Berlino, e in America Latina (Messico e Cuba). Alitalia è onorata di essere la Compagnia prescelta dalla Santa Sede per i viaggi apostolici di Sua Santità all’estero e di mettere al servizio della delegazione pontificia l’affidabilità e la qualità dei propri servizi".

Il Sismografo, AgenParl

Il Papa in Libano. Il seguito papale, i giornalisti, i fotografi e gli operatori: le 89 persone che accompagnano nel volo verso Beirut Benedetto XVI

Firmerà e consegnerà l’Esortazione Apostolica "Ecclesia in Medio Oriente", frutto dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi che si è tenuto nel 2010; ma Benedetto XVI si recherà in Libano, da oggi a domenica, per parlare soprattutto di pace e di dialogo, come anticipato nell’Angelus di domenica scorsa: “Il mio viaggio apostolico in Libano, e per estensione nell'intero Medio Oriente, si pone sotto il segno della pace, prendendo la parola di Cristo: "Vi do la mia pace”. Un pellegrinaggio, insomma, che si preannuncia storico, sotto l’aspetto simbolico e dei contenuti, in un’area martoriata da decenni e sottoposta in questi mesi alla tensione della vicina guerra civile siriana. Sull’airbus A320 dell’Alitalia, volo papale con il consueto codice AZ4000, che partirà alle 9.30, ci saranno il seguito papale, i giornalisti ammessi, un funzionario della Sala stampa vaticana e uno dell’Alitalia. In tutto, viaggeranno con il Santo Padre ottantanove persone. Il seguito papale è composto da quattro cardinali, due vescovi, otto sacerdoti e diciotto laici. A capo ci sarà il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. Inoltre viaggeranno con il Papa i porporati: Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Jean-louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Gli arcivescovi saranno: Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato e Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei vescovi. Tra i sacerdoti, saranno del seguito i monsignori: Guido Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, Georg Gänswein, Segretario Particolare di Sua Santità, Alfred Xuereb, della Segreteria Particolare di Sua Santità, Jean-marie Speich, Officiale della Segreteria di Stato, Konrad Krajewski e Marco Agostini, Cerimonieri Pontifici. A curare i rapporti con i media, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, del CTV e della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, e il funzionario della Sala Stampa, Vik van Brantegem. Il responsabile dell’organizzazione del viaggio sarà, come di consueto, Alberto Gasbarri, coadiuvato da Paolo Corvini. Saranno presenti sul volo anche Giovanni Maria Vian, direttore de L'Osservatore Romano, Patrizio Polisca, medico personale del Papa, Giampiero Vetturini, direttore dei Servizi sanitari S.C.V. e Sandro Mariotti, dell’Anticamera pontificia. La sicurezza del Santo Padre sarà garantita dal comandante Domenico Giani, del Corpo della Gendarmeria (insieme al commissario Costanzo Alessandrini, al vice commissario Mauro De Horatis, all’ispettore Luigi Trombetta, al gendarme Alessio Tanturri), oltre che dal Ten. Col. Christoph Graf e dal Serg. Magg. Daniel Koch della Guardia Svizzera pontificia. Dal momento dell’atterraggio faranno parte del seguito anche il Patriarca di Antiochia dei Maroniti e presidente dell’Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici nel Libano, Béchara Boutros Raï, l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, nunzio apostolico in Libano e mons. Paolo Borgia, Consigliere della Nunziatura Apostolica. Per i media della Santa Sede, faranno parte del seguito il fotografo de L’Osservatore Romano, Francesco Sforza, due tecnici della Radio Vaticana, Umberto Civitarese e Vittorio Rossi, due operatori del Centro Televisivo Vaticano, Cesare Cuppone e Walter Capriotti. Funzionario dall’Alitalia sarà Stefania Izzo, responsabile per i trasferimenti aerei. Sarà presente sul volo anche Matteo Bruni, funzionario della Sala Stampa della Santa Sede. Cinquantaquattro i giornalisti accreditati che viaggeranno con Benedetto XVI, di cui diciassette per testate italiane e quattro per conto di media vaticani. Tra questi ultimi, ci saranno Santo Messina e Barbara Castelli per il CTV, Mario Ponzi e Simone Risoluti per L’Osservatore Romano. Gli altri giornalisti rappresentano le più importanti testate giornalistiche mondiali. Tra tutti, sei sono photoreporter: Ciro Fusco per Ansa Foto, Francesco Monteforte per AFP Photo, Stefano Rellandini per Reuters Photo, Alessandra Tarantino per AP Photo, Alessia Giuliani per Catholic Press Photo e Paul Haring per CNS. Per le testate televisive lavoreranno sedici giornalisti, di cui sette corrispondenti, otto cameramen e un producer. Tra i corrispondenti, Valentina Alazraki Crastich per Televisa, Alessandra Buzzetti per Mediaset Tg5, Philippine De Saint-Pierre per Kto, Guido Todeschini per Telepace, Cristiana Caricato per Tv2000, Jürgen Erbacher per Zdf e Phoebe Natanson per Abc News. I cameramen saranno: Stefano Belardini per Eu Pool Tv, Paolo Santalucia per AP-Reuters Pool Tv, Jaime Lopez López per Televisa, Arnaud Jacques per France 2, Antonio Santillo per Mediaset Tg5, Philippe Mouret per Kto, Alessandro Speri per Telepace e Andrea Tramontano per Tv 2000. Unica producer: Patricia Thomas per AP-Reuters Pool Tv. I redattori di giornali, agenzie, periodici e siti internet saranno ventotto. Per i quotidiani saranno presenti in tredici: John Allen Jr. del National Catholic Reporter, Marco Ansaldo de La Repubblica, Paul Badde di Die Welt, Giacomo Galeazzi de La Stampa, Juan Gonzalez Boo di Abc, Jean Marie Guénois di Le Figaro, Hiroshi Ishida di The Asahi Shimbun, Stéphanie Le Bars di Le Monde, Carlo Marroni de Il Sole 24 Ore, Darío Menor Torres de La Razón, Frédéric Mounier de La Croix, Giacomo Muolo di Avvenire, Gian Guido Vecchi Schluderer del Corriere Della Sera. Nove gli inviati delle agenzie di stampa: Alexey Bukalov della Itar Tass, Giovanna Chirri dell’Ansa, Jean Louis De La Vaissiere De Laverne dell’AFP, Charles De Pechpeyrou C. de G. di I.Media, Hanns Jochen Kaffsack di DPA, Phil Pullella della Thomson Reuters, Francis Rocca di CNS, Johannes Schidelko di CIC e Victor Simpson di AP. Per i periodici, invece, i giornalisti saranno due: Albert Link Albert per Bild e Eva Canzio Kallinger per Focus. Tre i corrispondenti radiofonici: Paloma Garcia Ovejero per Cadena Cope, Francesca Paltracca per Rai Gr Informazione Religiosa e Aura Vistas Miguel per Radio Renascença. Unica giornalista inviata per internet, Angela Ambrogetti per Korazym.org. Dopo un volo di 3 ore e 15 minuti, 2196 km percorsi, l'aereo papale atterrerà alle ore 13.45 (12.45 in Italia) all’aeroporto internazionale “Rafiq Hariri” di Beirut, dopo aver attraversato Italia, Grecia e Cipro. Domenica pomeriggio, l’A320 della Mea riporterà a Roma il Santo Padre, il seguito e i giornalisti ammessi, con partenza alle 19.00 (18.00 in Italia) dall’aeroporto internazionale di Beirut alla volta dell’aeroporto di Ciampino a Roma.

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