domenica 22 aprile 2012

Il Vaticano respinge la richiesta del leader dell'Iniziativa dei parroci austriaci di incontrare il Papa: problema pastorale dell'Episcopato locale

La disobbedienza resta fuori dalle Mura Leonine. Il Vaticano respinge la richiesta, avanzata dal leader dell'Iniziativa dei parroci, d'incontrare Papa Benedetto XVI. Sfuma così l'ipotesi di un faccia a faccia tra il Santo Padre e mons. Helmut Schuller, già vicario generale di Vienna e oggi ideatore dell'Appello alla disobbedienza che invoca riforme strutturali nella Chiesa. Svolte come l'ordinazione di uomini sposati, il sacerdozio femminile, l'Eucarestia ai divorziati risposati e la gestione diretta delle parrocchie da parte dei laici, in caso di emergenza. Quanto sta accadendo Oltrealpe è un un "problema pastorale che deve essere trattato direttamente dalla Conferenza episcopale austriaca", ha chiarito il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Impegnata nel rush finale per il rientro dei lefebvriani nella Chiesa, Roma non intende aprire un tavolo di trattative con i ribelli. Il confronto si può giocare, certo, ma lontano dalla Santa Sede. Vienna resta l'unica scenografia possibile. E non è da escludere che, alla fine, si possa arrivare a una qualche sperimentazione pastorale, come già accade, sempre in Austria, in tema di Comunione ai divorziati risposati. Nei giorni scorsi Michael Prüller, portavoce del presidente della Conferenza Episcopale austriaca, Christoph Schönborn (nella foto con Benedetto XVI), che di recente ha ammesso un omosessuale convinvente in un consiglio pastorale parrocchiale, ha smentito a Vatican Insider le voci su una lettera di fuoco, trasmessa da Roma ai vescovi locali. Il documento esiste, ma non conterrebbe niente di più che il resoconto dell'incontro tra l'episcopato austriaco e il Vaticano, svoltosi a gennaio. Da Roma nessuna pressione, affichè siano adottate misure restrittive: "La lettera non prevede alcuna direttiva su come va affrontata l'Iniziativa dei parroci, viene ripetuta l'importanza del fatto che non ci può essere un appello alla disobbedienza". Un concetto messo in chiaro dallo stesso Benedetto XVI nell'omelia del Giovedì Santo, dove il Papa ha citato i novatores. Senza, però, comminare o adottare scomuniche o censure. D'altrocanto ha ragione il teologo austriaco Paul Zulehner (DerStandard.at, 18 aprile): sui divorziati risposati, "il conflitto non è tra Schüller e Schönborn, ma tra Schönborn e il Papa". E, forse, il distinguo non è solo su Eucarestia e seconde nozze.

Giovanni Panettiere, Blog.quotidiano.net

Il Papa: nel mondo segnato da male e sofferenza, dolore e paura, il Risorto dona pace anche oggi. Saluto ai bambini in missione di pace dell'Unitalsi

Nei saluti in varie lingue, al termine del Regina Caeli, in francese il Papa ha affermato: “La Risurrezione del Signore ha riempito i nostri cuori di luce e di gioia. Apparso ai suoi discepoli il Risorto ha donato loro la sua pace. Nel nostro mondo segnato dal male e dalla sofferenza, dal dolore e dalla paura, egli ci dona la sua pace ancora oggi, e ci apre alla vita e al bene. Ci invita ugualmente a divenire suoi testimoni fino all’estremità della terra”. In polacco, ha detto: “Mi unisco spiritualmente ai partecipanti al pellegrinaggio dell’arcidiocesi di Cracovia in Terra Santa. Li ringrazio per le preghiere secondo le intenzioni mie e di tutta la Chiesa”. Poi ha esortato: “Ogni giorno della nostra vita seguiamo Cristo con fede, speranza e amore. L’esperienza della sua presenza ci santifichi e ci colmi di pace”. Infine, ha salutato “con affetto” i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo “Bambini in missione di pace”, dell’Unitalsi, accompagnato dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno. In risposta al saluto i bambini hanno lasciato volare in cielo palloncini di tutti i colori e il Pontefice ha dichiarato: “Grazie per la vostra gioia”. Il Santo Padre ha saluto, poi, tra gli altri, la Missione cattolica italiana di Zurigo e la delegazione di Pordenone, per la quale ha benedetto la statua del Beato Marco d’Aviano.

SIR

Il Papa: grazie a Dio per la nuova Beata in Messico, che porto sempre nel cuore. Giovani si formino nei valori oltre che nelle conoscenze scientifiche

Dopo il Regina Cæli, il Santo Padre ha ricordato che “ieri, in Messico, è stata proclamata Beata María Inés Teresa del Santissimo Sacramento, fondatrice delle Missionarie Clarisse del Santissimo Sacramento” ha reso “grazie a Dio per questa esemplare figlia della terra messicana, che da poco ho avuto la gioia di visitare e che porto sempre nel cuore”. "Oggi in Italia si celebra la Giornata dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che quest'anno ha per tema: 'Il futuro del Paese nel cuore dei giovani'. E' importante che i giovani si formino nei valori, oltre che nelle conoscenze scientifiche e tecniche", ha detto Benedetto XVI. "Per questo - ha aggiunto - Padre Gemelli ha fondato l'Università Cattolica, alla quale auguro di essere al passo con i tempi, ma anche sempre fedele alle sue origini".

SIR, TMNews

Il Papa: la risurrezione non cancella i segni della crocifissione. Come i discepoli di Emmaus incontriamo il Signore nella Celebrazione eucaristica

A mezzogiorno di oggi, III Domenica di Pasqua, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Cæli con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Il Signore è mutato. Non vive più come prima. La sua esistenza… non è comprensibile. Eppure è corporea, comprende… tutta quanta la sua vita vissuta, il destino attraversato, la sua passione e la sua morte. Tutto è realtà. Sia pure mutata, ma sempre tangibile realtà”. Il Papa ha ripreso le parole di Romano Guardini per commentare il Vangelo dell'odiena domenica, nel quale Gesù risorto “si presenta in mezzo ai discepoli, i quali, increduli e impauriti, pensano di vedere un fantasma”. “Poiché la risurrezione non cancella i segni della crocifissione – ha sottolineato il Papa -, Gesù mostra agli apostoli le mani e i piedi. E per convincerli, chiede persino qualcosa da mangiare. Così i discepoli ‘gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro’”. San Gregorio Magno, ha ricordato il Pontefice, “commenta che ‘il pesce arrostito al fuoco non significa altro che la passione di Gesù Mediatore tra Dio e gli uomini. Egli, infatti, si degnò di nascondersi nelle acque del genere umano, accettò di essere stretto nel laccio della nostra morte e fu come posto al fuoco per i dolori subiti al tempo della passione’”. Grazie a “questi segni molto realistici”, ha chiarito il Santo Padre, “i discepoli superano il dubbio iniziale e si aprono al dono della fede; e questa fede permette loro di capire le cose scritte sul Cristo ‘nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi’”. Il Vangelo, infatti, dice che Gesù “aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: ‘Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati… Di questo voi siete testimoni’”. Il Salvatore, ha osservato Benedetto XVI, “ci assicura della sua presenza reale tra noi, per mezzo della Parola e dell’Eucaristia. Come, perciò, i discepoli di Emmaus riconobbero Gesù nello spezzare il pane, così anche noi incontriamo il Signore nella Celebrazione Eucaristica”. Il Papa, a tale proposito, ha riportato una spiegazione di San Tommaso d’Aquino: “È necessario riconoscere secondo la fede cattolica, che tutto il Cristo è presente in questo Sacramento… perché mai la divinità ha lasciato il corpo che ha assunto”. “Nel tempo pasquale – ha sostenuto il Pontefice - la Chiesa, solitamente, amministra la Prima Comunione ai bambini”. Pertanto, ha esortato i parroci, i genitori e i catechisti “a preparare bene questa festa della fede, con grande fervore ma anche con sobrietà” perché “questo giorno rimane giustamente impresso nella memoria come il primo momento in cui… si è percepita l’importanza dell’incontro personale con Gesù”. Di qui l’auspicio: “La Madre di Dio ci aiuti ad ascoltare con attenzione la Parola del Signore e a partecipare degnamente alla mensa del sacrificio eucaristico, per diventare testimoni dell’umanità nuova”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI

Nel libro di Marco Roncalli nuovi retroscena sulla morte prematura di Giovanni Paolo I: chi lo ha eletto sapeva che sarebbe morto presto

Sia chiaro fin da subito. "Giovanni Paolo I: Albino Luciani" (Edizioni San Paolo), l'ultima immane fatica letteraria (quasi ottocento pagine) di Marco Roncalli, pronipote di Papa Giovanni XXIII, non è la risposta al saggista britannico David Yallop il quale, nel 1997, con il suo "In nome di Dio", mise su carta la tesi secondo la quale Papa Luciani venne ucciso in Vaticano con una dose eccessiva di calmanti "perché voleva cambiare la Chiesa". No, il libro di Roncalli è a tutti gli effetti la prima biografia completa e documentata della vita di Luciani, una biografia che tuttavia riserva sorprese proprio laddove, ricostruendo la morte del successore di Paolo VI avvenuta nella notte tra il 28 e il 29 settembre del 1978, supera le versioni concordanti offerte dai due segretari di Luciani, don Diego Lorenzi e mons. John Magee. La tesi di Roncalli è una: un decesso naturale ha colpito il Pontefice il quale, fin da piccolo, ha dovuto lottare contro le malattie, un fisico spossato che lo costrinse ad apprendere la notizia della morte di Papa Montini (il 6 agosto 1978) in un letto d'ospedale, alla casa di riposo Stella Maris agli Alberioni, vicino a Chioggia. Come è possibile che nel successivo conclave i cardinali elettori elessero uno appena uscito da una casa di cura? "È questa una domanda alla quale non so rispondere" dice a Il Giornale Roncalli, aggiungendo però che "quello fu più che altro un periodo di riposo. Venne tenuto sotto osservazione a quanto pare per problemi di circolazione alle gambe minimizzati però dal suo medico Antonio Da Ros. Di certo c'è che venne eletto nonostante molti cardinali, specie italiani, sapessero che non scoppiava di salute". Scriverà in proposito il card. Jacques Martin nelle sue memorie: "Si può forse pensare che i cardinali che l'hanno eletto non ne sapessero nulla? E, se lo sapevano, come hanno potuto affidare a un malato di cuore l'incarico supremo del Pontificato? È il mistero della sua elezione, ben più grande di quello della sua morte". Un mistero che anche Luciani faticava a comprendere: "Cosa avete fatto? Che Dio vi perdoni", disse ai cardinali poco dopo l'elezione. È il medico personale di Luciani, Da Ros, ad affidare a Roncalli un appunto inedito nel quale sostiene che egli entrò in conclave con un pregresso di alcuni interventi chirurgici, sommati a una generale cagionevolezza, oltre al precedente dell'embolia avuta a un occhio durante un viaggio in aereo di ritorno dal Brasile, senza dimenticare una predisposizione genetica a improvvisi malori, comune ad altri membri della sua famiglia mancati prematuramente: una sorella e due zie, poco più che sessantenni, morirono senza alcuna avvisaglia. Nel libro c'è anche molto altro. L'ex superiore generale dei Saveriani, padre Gabriele Ferrari, chiamato nel 1978 a sostituire l'allora card. Luciani in una omelia, ha raccontato che questi gli confidò: "Da qualche tempo non sto bene e faccio molta fatica a predicare". Così dicendo, si toccò il petto con la mano e soggiunse: "Da tempo ho un gran male qui". "Quando sentii i dettagli della sua morte improvvisa - racconta Ferrari a Roncalli - mi venne in mente quel gesto e quelle parole e mi venne spontaneo collegare quella morte improvvisa nella notte con i sintomi cui Luciani aveva fatto cenno cinque mesi prima, che di tutta evidenza rivelavano un problema di angina pectoris". Tra le persone che si inquietarono dopo aver visto Luciani in quei giorni anche Giulio Andreotti. Fu lui, che con i ministri Gaetano Stammati e Tina Anselmi accolse il Papa al Laterano nel salone della Firma dei Trattati, a riferire: "Il suo aspetto ci fece colpo. Era terreo, quasi disfatto, tutto diverso dal sorridente ottimista della prima settimana. Pensammo che fossero le fatiche cui era sottoposto. Durante la Messa notammo il pallore crescente e un sudore che gli imperlava la fronte di continuo". E secondo la testimonianza di Joseph Geraud, medico prima di entrare nei Sulpiziani e presente all'incontro come canonico di San Giovanni in Laterano: "Se fossi stato il medico del Papa gli avrei ordinato di mettersi immediatamente a letto". Per lui quelle di Luciani "erano le mani di un condannato a morte". Anche il card. Fiorenzo Angelini, pure presente, ha sostenuto: "Avevo notato le caviglie molto gonfie del Papa. Un illustre clinico mi fece osservare il rischio grave che, in quelle condizioni, il Papa correva". Anche in conclave il tema della salute si riaffacciò: Luciani, incontrando il card. Sin, gli riferì che la sua salute non era delle migliori. Della salute del neopontefice avrebbe parlato anche suor Vincenza, la religiosa che lo accudiva e l'avrebbe trovato morto dopo 33 giorni di Pontificato. Il 29 agosto 1978, in volo da Venezia a Roma, seduta sull'aereo vicino al biografo Camillo Bassotto, avrebbe parlato con lui, fra l'altro, della salute del Pontefice. Aveva con sé una piccola valigia con tutte le medicine che era solito prendere il Patriarca. Era preoccupata: "Temo che il Santo Padre non resisterà a lungo. La sua pressione non reggerà all'affanno di tanti impegni e di tante preoccupazioni", furono le parole raccolte da Bassotto che non svelò mai la fonte delle sue notizie. Si trattava, l'ha scoperto Roncalli dopo tanti anni, di don Carlo Bolzan che per alcuni giorni aiutò Luciani a sistemare nell'appartamento pontificio casse di libri e documenti giunti da Venezia. Fu il 14 settembre che, disse don Bolzab, vide Luciani in appartamento "sofferente e preoccupato".

Paolo Rodari, Il Giornale

Il Papa ad Arezzo e Sansepolcro. Matteo e Giada, canzone per Benedetto: i due minicantori di 12 anni intoneranno una laude di Petrarca in Cattedrale

Il Papa avrà occhi ma soprattutto orecchie solo per loro. Loro, la voce della Madonna del Conforto. Una piccola storia nella grande storia: quella di due bambini che domenica 13 maggio canteranno per il Papa. Da soli, senza accompagnamento di strumenti e nel silenzio incantato della cappella più importante della fede aretina. Si chiamano Giada Santucci e Matteo Tavini. Abitano ad Arezzo e fanno parte del coro Piccoli cantori del Convitto diretto dal maestro Angelo Mafucci. Il coro è già noto in città anche per la partecipazione a liturgie solenni nelle principali chiese cittadine, è stato si può dire, “adottato” fin dalla sua nascita, dal Calcit, includendolo spesso nei programmi delle sue più importanti manifestazioni. I due piccoli cantori hanno dodici anni di età e studiano al Convitto Nazionale di Arezzo, dove frequentano la Scuola di musica dell’Associazione Amici del Convitto ed in particolare il corso di canto tenuto proprio da Angelo Mafucci. Il loro grande momento arriverà quando le telecamere della Rai si spegneranno, quando la mondovisione sarà sfumata nei canali di tutto il mondo, quando i pellegrini riprenderanno a piedi la via dei pullman o dei treni speciali. Subito dopo la Messa insomma, in quel momento che il Papa ha voluto ritagliarsi per gustarsi la Cattedrale (foto) e insieme per mettersi in ginocchio davanti alla Madonna del Conforto, un po' come aveva fatto Giovanni Paolo II, il suo predecessore, nel 1993. Una visita semi-privata: non ci saranno fedeli, solo il vescovo, alcuni sacerdoti, le suore Carmelitane e un piccolo gruppo tra giornalisti e reporter. Visiterà l'Arca di San Donato, primo pellegrino a ripercorrere quello che un tempo era un percorso quasi obbligato per chiunque avesse un briciolo di fede, e poi la Cappella della Madonna del Conforto. In questi giorni don Alvaro Bardelli la sta facendo rimettere a lucido, tutti i grandi lumi sono stati smontati, lustrati e riappesi, un po' come si fa nelle case per l'"acqua santa". Anche nel vano che ospita l'immagine della Madonna di Provenzano ieri si lavorava di olio di gomito, per ripulire tutto. Loro faranno il resto. Giada e Matteo insieme eseguiranno con la pura voce, senza il sostegno di alcun strumento musicale, la laude alla Madonna di Francesco Petrarca “Virgine bella che del sol vestita”, musicata dal polifonista cinquecentesco Bartolomeo Tromboncino. E' la stessa laude che i bambini, su invito dell’arcivescovo Riccardo Fontana, hanno eseguito in Cattedrale a febbraio, alla vigilia della festa della Madonna del Conforto. Giada e Matteo si fanno forza insieme: in fondo sono nati entrambi nel mese di maggio dell’anno 2000, l’anno del Giubileo, a distanza di soli tre giorni l’una dall’altro, Matteo il 16 maggio e Giada il 13. Sì, proprio il 13 maggio: i dodici anni li compirà proprio davanti al Papa, per un compleanno davvero difficile da dimenticare. In un angolo il loro maestro Angelo Mafucci, conoscendolo più emozionato di loro, dall'altro l'arcivescovo Riccardo Fontana: e al centro quell'uomo vestito di bianco, l'età più o meno quella di un nonno o forse nel loro caso addirittura di un bisnonno, in ginocchio ad ascoltarli.

La Nazione