mercoledì 12 settembre 2012

Il Papa a Loreto. Conferenza stampa di presentazione della visita: previste 5mila persone solo nella piazza del Santuario per la Messa della mattina

La notizia è stata resa pubblica questa mattina in una conferenza stampa a palazzo Raffaello, ad Ancona, presso la sede della Regione Marche. L'evento è stato presentato in primis dal delegato pontificio di Loreto mons. Giovanni Tonucci, sono poi intervenuti il Governatore Gian Mario Spacca e il sindaco di Loreto Paolo Nicoletti. Il prossimo 4 ottobre dunque, in occasione del 50° anniversario dello storico pellegrinaggio apostolico del Beato Giovanni XXIII a Loreto ed Assisi il 4 ottobre 1962, il Santo Padre sarà a Loreto. Il programma prevede l'arrivo di Benedetto XVI in elicottero presso il centro Giovanni Paolo II, in località Montorso alle 10.00. Sarà accolto e accompagnato in auto presso il Santuario Lauretano e alle 11.00 celebrerà la Santa Messa, che si terrà in piazza della Madonna (foto) e che sarà trasmessa in eurovisione, insieme al segretario di Stato card. Tarcisio Bertone, a mons. Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, e a mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Dopo la Messa, il Santo Padre tornerà al centro Giovanni Paolo II dove si intratterrà con i cardinali e i vescovi presenti. Intorno alle 16.45 il Papa saluterà e ringrazierà gli organizzatori dell'evento, congedandosi dalle autorità. La partenza per tornare a Roma è prevista per le 17.00. Questo evento, che cade nel giorno della festa di San Francesco d'Assisi, rappresenta un momento importante per la storia della Chiesa e dei suoi fedeli perché celebra il pellegrinaggio in treno da Roma a Loreto fatto da Papa Giovanni XXIII nell'ottobre del 1962, al fine di chiedere protezione alla Madonna e San Francesco per il suo Concilio: il Concilio vaticano II, da lui indetto. Un evento che suscita grande interesse teologico, “la Chiesa riflette sulla Chiesa – ha dichiarato mons. Tonucci – ripetendo il gesto di Papa Roncalli, questo pellegrinaggio vuole rinnovare l’impegno a riflettere sulla nuova evangelizzazione”. Forte anche il valore storico dell’avvenimento: “Il viaggio verso le Marche di Papa Roncalli fu la prima uscita fuori dai confini del Lazio di un Pontefice dopo l’Unità d’Italia, inaugurando una nuova stagione e un nuovo stile dei successori di Pietro. E’ un’occasione simbolica per ribadire la volontà di mantenere rapporti fecondi e piena collaborazione tra istituzioni laiche e religiose”. Tonucci ha ricordato come Papa Ratzinger sia venuto in pellegrinaggio a Loreto ben 7 volte da cardinale e questa sarà la seconda come Papa. Questo testimonia la sua convinzione, spirituale e teologica, sul culto della Madonna e il legame che c'è tra la città di Loreto, il suo santuario e la Chiesa, ne è una riprova. Nessun fanatismo per un momento come questo, sarà un momento per esprimere solo l'affetto dei fedeli e dei cittadini, infatti il delegato pontificio ha invitato i fedeli e i pellegrini alla partecipazione. In particolare i residenti che abitano nelle vie principali che conducono alla piazza del Santuario, sono stati esortati ad abbellire i balconi con decorazione tradizionali, quali ad esempio le coperte buone della casa. Il sindaco Nicoletti ha espresso grande gioia a nome della città “che vede riconfermato il legame intimo con il Santo Padre”. Il Governatore regionale Spacca ha ribadito l'importanza dell'evento e ha precisato che, sotto il profilo tecnico e gestionale, non sarà considerato un "grande evento", ma saranno impegnati molti uomini perché richiamerà una moltitudine di persone: se ne prevedono 5mila nella sola piazza della Madonna di Loreto.

Ancona Today, Ancona Notizie

Il Papa in Libano. Pax Christi: un giorno di digiuno per la pace durante il viaggio. Un richiamo per la coscienza di ognuno, credente e non credente

Pax Christi, raccogliendo la proposta di padre Paolo Dall’Oglio, fondatore del monastero di Deir Mar Musa in Siria, e della Rete Corpi Civili di Pace, invita oggi ad un digiuno per la pace in occasione dell’imminente viaggio del Papa in Libano (14-16 settembre). “Quando si è in difficoltà davanti alla violenza e non si hanno parole adatte - afferma Pax Christi Italia -, non si vedono vie d’uscita e si rischia la rassegnazione di fronte alla guerra e alla violenza. Anche un segno, seppur piccolo e simbolico come un giorno di digiuno, può aiutare ad essere più vicini alla tragedia della Siria”. “Non possiamo immaginare - prosegue la nota - che questo sia un viaggio come in tanti altri luoghi. La presenza del Papa in quella terra (Libano, Siria, Iraq, Iran, Palestina-Israele) così martoriata da tanto tempo possa davvero essere un richiamo per tutti”. Pax Christi accoglie l’invito del Papa all’Angelus di domenica scorsa: “Non ci si può rassegnare alla violenza!” e propone un giorno di digiuno (a scelta) nei giorni del viaggio in Libano. “Certo molto altro c’è da fare per la pace, in Siria e non solo - conclude Pax Christi -. Abbiamo cercato di farlo denunciando il grande business delle armi o proponendo riflessioni e gesti concreti di educazione alla pace, al dialogo e alla nonviolenza. Questo digiuno vuole essere solo un richiamo per la coscienza di ognuno, credente o non credente”.

SIR

Bertone: un cristiano, tanto più un sacerdote e un vescovo, non deve conformarsi al mondo per la paura di essere criticato o perchè dicano bene di lui

Stamani, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum a Roma, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI) ha presieduto la Messa per i partecipanti al Convegno dei nuovi vescovi ordinati negli ultimi dodici mesi. "Un cristiano, tanto più un sacerdote e un vescovo, non deve conformarsi al mondo per la paura di essere criticato o per il desiderio che tutti dicano bene di lui”: il card. Bertone commenta il passo delle Beatitudini proposto dalla liturgia odierna laddove Gesù dice: "Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti" (Lc 6, 26). “Se la gente ci critica perché non viviamo fedelmente la nostra vocazione e la nostra missione – spiega il porporato - certamente dobbiamo esaminarci e cambiare. Ma se siamo criticati perché non seguiamo i criteri del mondo e le mode del momento, dobbiamo rimanere serenamente fermi nella nostra fedeltà al Vangelo e all’insegnamento autentico della Chiesa. Così la felicità promessa dal Signore sarà in noi già fin d’ora”. Parole chiare, fondate sulle Beatitudini riproposte nel Vangelo proclamato durante la Celebrazione liturgica. Riferendosi sempre alla Parola di Dio appena letta, il segretario di Stato ha anche delineato lo stile di San Paolo nell’intervenire "nelle questioni dei cristiani di Corinto, per indicare loro principi e criteri ispiratori. Fra le varie domande - ha spiegato - ne erano pervenute all’apostolo alcune circa il matrimonio e la scelta dello stato di vita perle diverse categorie di persone". Così, sono le parole del segretario di Stato, "dal contesto della Lettera si desume che a Corinto un gruppo di cristiani fosse orientato per una linea di assoluta intransigenza in ambito coniugale, in contrapposizione a un altro gruppo invece permissivo. Secondo i rappresentanti del rigorismo di stampo ascetico, il matrimonio era poco conveniente per i battezzati. Paolo allora interviene per aiutare i cristiani a fare una scelta dello stato di vita ispirata dalla vera libertà evangelica, che ha il suo fondamento nel rapporto con il Signore". "Innanzitutto - ha aggiunto il porporato - egli elimina i pregiudizi derivanti dalle paure e distorsioni dell’ambiente, affermando che nessuno stato di vita, matrimonio o verginità, è di per sé salvifico. Chi salva è il Signore. Perciò quello che conta è la fedeltà nei confronti di Dio, da vivere in ogni condizione". Ecco che "dalle indicazioni di San Paolo si possono enucleare tre principi fondamentali, che diventano criteri per una scelta consapevole e responsabile". E "il primo principio - ha affermato il cardinale - è quello del dono o carisma che ognuno riceve dal Signore. Una persona può sposarsi se ha ricevuto il dono spirituale corrispondente, e può fareuna scelta verginale e celibataria se riceve quest’altro dono". "Il secondo principio - ha proseguito - è quello della chiamata di Dio. Da qui si comprende che la questione non è quella di inventarci, ma di rispondere a ciò che siamo per iniziativa e volontà divina". Infine, ha precisato, "il terzo principio è quello della fede nel Signore risorto". Per il cardinale, dunque,"non è una svalutazione del presente e dei valori terreni, ma si tratta di collocare il presente e ogni realtà umana nella prospettiva dell’eterno". Infatti "le nostre tristezze e le nostre gioie, ogni nostra esperienza e situazione è come ri-dimensionata, nel senso che è attratta in una nuova dimensione da un polo di insuperabile forza, che tutto illumina e trasfigura. Questo polo è Gesù Cristo, il suo mistero pasquale". È, in sintesi, "un forte invito a vivere nella speranza e a comunicarla, come vescovi, al popolo cristiano". "In questo percorso di fedeltà a Cristo e al suo Vangelo - ha concluso il card. Bertone sempre rivolto ai vescovi di recente ordinazione - la Vergine Santa è il nostro modello" e se ne può sperimentare "la forza e la dolcezza". È una realtà, ha specificato, che "vi invita a immergervi dentro al consenso mariano; vi invita a porre il vostro ministero dentro l’obbedienza mariana. Maria si è lasciata colmare dalla presenza divina, con piena docilità, e l’obbedienza della fede l’ha resa feconda, capace di generare lo stesso Figlio di Dio nella nostra natura umana. Qui sta il fulcro della nostra vita sacerdotale ed episcopale: l’obbedienza della fede, mediante la quale trasferiamo laproprietà di noi stessi da noi stessi a Cristo nel servizio generoso e fedele della sua Chiesa". Questa è anche "la grandezza e la bellezza del nostro essere pastori e guide". Il cardinale segretario di Stato, che ha avuto parole di particolare gratitudine per il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, e per i suoi collaboratori per aver promosso questaimportante iniziativa, ha assicurato a tutti i partecipanti la vicinanza spirituale e la benedizione del Pontefice.

Radio Vaticana, L'Osservatore Romano

Lombardi: il rispetto profondo per credenze, testi e simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli

Sulla vicenda delle violenze innescate da un film prodotto negli Stati Uniti e considerato offensivo per l'Islam, è intervenuto con una dichiarazione il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi (nella foto con Benedetto XVI). “Il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni – ha detto - è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli. Le conseguenze gravissime delle ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani sono ancora una volta evidenti in questi giorni, per le reazioni che suscitano, anche con risultati tragici, che a loro volta approfondiscono tensione ed odio, scatenando una violenza del tutto inaccettabile. Il messaggio di dialogo e di rispetto per tutti i credenti delle diverse religioni che il Santo Padre si accinge a portare nel prossimo viaggio in Libano – conclude padre Lombardi - indica la via che tutti dovrebbero percorrere per costruire insieme la convivenza comune delle religioni e dei popoli nella pace”.

Radio Vaticana

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA, PADRE FEDERICO LOMBARDI

Benedetto XVI: tra due giorni sarò in Libano, domando a Dio di dare a questa regione la pace così desiderata nel rispetto delle legittime differenze

Appello del Papa, pronunciato in francese, a conclusione dell'Udienza generale in Vaticano, alla vigilia del viaggio che compirà in Libano da venerdì a domenica. "Cari pellegrini tra due giorni sarò in volo per il Libano. Mi felicito di questo viaggio che mi permetterà di incontrare molte componenti della comunità libanese, autorità civili e religiose, cattolici dei diversi riti e altri cristiani, musulmani e drusi". Il Papa ha esortato "tutti i cristiani del Medio Oriente ad essere costruttori di pace e attori di riconciliazione. Domandiamo a Dio di fortificare la fede dei cristiani del Libano e del Medio Oriente e riempirli di speranza. Incoraggio l'insieme della Chiesa alla solidarietà affinché possano continuare e testimoiare Dio in questa terra". Il Papa ha sottolineato che "la storia del Medio Oriente ci insegna il ruolo importante e spesso fondamentale svolto dalle diverse comunità cristiane nel dialogo interrlieigoso e interculturale. Domando a Dio di dare a questa regione del mondo la pace così desiderata nel rispetto delle legittime differenze. Che Dio benedica il Libano e il Medio Oriente". Anche nei saluti in italiano Benedetto XVI ha fatto riferimento al viaggio: “Vorrei invitare tutti ad accompagnare con la preghiera il mio imminente viaggio apostolico in Libano, durante il quale consegnerò l’Esortazione postsinodale sul Medio Oriente. Possa questa visita incoraggiare i cristiani e favorire la pace e la fraternità in tutta quella Regione”.

TMNews, Radio Vaticana

Il Papa: il male in definitiva non vince il bene, il buio non offusca lo splendore di Dio. Come cristiani non possiamo mai essere pessimisti

Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI, proveniente in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo, ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa, continuando il ciclo sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sul Libro dell’Apocalisse. “Mentre nella prima parte – ha detto - la preghiera è orientata verso l’interno della vita ecclesiale, l’attenzione nella seconda è rivolta al mondo intero; la Chiesa, infatti, cammina nella storia, ne è parte secondo il progetto di Dio. L’assemblea che, ascoltando il messaggio di Giovanni presentato dal lettore, ha riscoperto il proprio compito di collaborare allo sviluppo del Regno di Dio come 'sacerdoti di Dio e di Cristo', si apre ora sul mondo degli uomini". Emergono "due modi di vivere in rapporto dialettico tra loro: il primo lo potremmo definire il 'sistema di Cristo', a cui l’assemblea è felice di appartenere, e il secondo il 'sistema terrestre anti-Regno e anti-alleanza messo in atto dall’influsso del Maligno', il quale, ingannando gli uomini, vuole realizzare un mondo opposto a quello voluto da Cristo e da Dio. L’assemblea deve allora saper leggere in profondità la storia che sta vivendo, imparando a discernere con la fede gli avvenimenti per collaborare, con la sua azione, allo sviluppo del regno di Dio. E questa opera di lettura e di discernimento, come pure di azione, è legata alla preghiera". "L’assemblea viene invitata a salire in Cielo per guardare la realtà con gli occhi di Dio; e qui ritroviamo tre simboli, punti di riferimento da cui partire per leggere la storia". “Il primo simbolo è il trono, sul quale sta seduto un personaggio che Giovanni non descrive, perché supera qualsiasi rappresentazione umana; può solo accennare al senso di bellezza e gioia che prova trovandosi davanti a Lui. Questo personaggio misterioso è Dio, Dio onnipotente che non è rimasto chiuso nel suo cielo, ma si è fatto vicino all’uomo, entrando in alleanza con lui; Dio che fa sentire nella storia, in modo misterioso ma reale, la sua voce simboleggiata dai lampi e dai tuoni. Vi sono vari elementi che appaiono attorno al trono di Dio, come i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi, che rendono lode incessantemente all’unico Signore della storia". Il secondo, ha proseguito Benedetto XVI, "è il libro, che contiene il piano di Dio sugli avvenimenti e sugli uomini; è chiuso ermeticamente da sette sigilli e nessuno è in grado di leggerlo. Di fronte a questa incapacità dell’uomo di scrutare il progetto di Dio, Giovanni sente una profonda tristezza che lo porta al pianto. Ma c’è un rimedio allo smarrimento dell’uomo di fronte al mistero della storia: qualcuno è in grado di aprire il libro e di illuminarlo". Qui appare il terzo simbolo, "Cristo, l’Agnello immolato nel Sacrificio della Croce, ma che è in piedi, segno della sua Risurrezione. Ed è proprio l’Agnello, il Cristo morto e Risorto, che progressivamente apre i sigilli e svela il piano di Dio, il senso profondo della storia”. Papa Benedetto ha spiegato quindi cosa dicono questi simboli: “Ci ci ricordano qual è la strada per saper leggere i fatti della storia e della nostra stessa vita. Alzando lo sguardo al Cielo di Dio, nel rapporto costante con Cristo, aprendo a Lui il nostro cuore e la nostra mente nella preghiera personale e comunitaria, noi impariamo a vedere le cose in modo nuovo e a coglierne il senso più vero. La preghiera è come una finestra aperta che ci permette di tenere lo sguardo rivolto verso Dio, non solo per ricordarci la meta verso cui siamo diretti, ma anche per lasciare che la volontà di Dio illumini il nostro cammino terreno e ci aiuti a viverlo con intensità e impegno”. Ma “in che modo – si è chiesto il Papa - il Signore guida la comunità cristiana ad una lettura più profonda della storia? Anzitutto invitandola a considerare con realismo il presente che stiamo vivendo. L’Agnello apre allora i primi quattro sigilli del libro e la Chiesa vede il mondo in cui è inserita, un mondo in cui vi sono vari elementi negativi. Vi sono i mali che l’uomo compie, come la violenza, che nasce dal desiderio di possedere, di prevalere gli uni sugli altri, tanto da giungere ad uccidersi (secondo sigillo); oppure l’ingiustizia, perché gli uomini non rispettano le leggi che si sono date (terzo sigillo). A questi si aggiungono i mali che l’uomo deve subire, come la morte, la fame, la malattia (quarto sigillo). Davanti a queste realtà, spesso drammatiche, la comunità ecclesiale è invitata a non perdere mai la speranza, a credere fermamente che l’apparente onnipotenza del Maligno si scontra con la vera onnipotenza che è quella di Dio. E il primo sigillo che scioglie l’Agnello contiene proprio questo messaggio". "Nella storia dell’uomo è entrata la forza di Dio, che non solo è in grado di bilanciare il male, ma addirittura di vincerlo"; "Dio si è fatto così vicino da scendere nell’oscurità della morte per illuminarla con lo splendore della sua vita divina; ha preso su di sé il male del mondo per purificarlo col fuoco del suo amore”. Poi un’altra domanda: “Come crescere in questa lettura cristiana della realtà? L’Apocalisse ci dice che la preghiera alimenta in ciascuno di noi e nelle nostre comunità questa visione di luce e di profonda speranza: ci invita a non lasciarci vincere dal male, ma a vincere il male con il bene, a guardare al Cristo Crocifisso e Risorto che ci associa alla sua vittoria. La Chiesa vive nella storia, non si chiude in se stessa, ma affronta con coraggio il suo cammino in mezzo a difficoltà e sofferenze, affermando con forza che il male alla fine non vince il bene, il buio non offusca lo splendore di Dio". Per il Papa, "come cristiani non possiamo mai essere pessimisti; sappiamo bene che nel cammino della nostra vita incontriamo spesso violenza, menzogna, odio, persecuzione, ma questo non ci scoraggia. Soprattutto la preghiera ci educa a vedere i segni di Dio, la sua presenza e azione, anzi ad essere noi stessi luci di bene, che diffondono speranza e indicano che la vittoria è di Dio". "Invocare dal Signore con insistenza che il suo Regno venga, che l’uomo abbia il cuore docile alla signoria di Dio, che sia la sua volontà ad orientare la nostra vita e quella del mondo". Nella visione dell’Apocalisse "vediamo che davanti al trono di Dio, un angelo tiene in mano un turibolo d’oro in cui mette continuamente i grani di incenso, cioè la nostra preghiera, il cui soave odore viene offerto insieme alle preghiere perché salga al cospetto di Dio. E’ un simbolismo che ci dice come tutte le nostre preghiere - con tutti i limiti, la fatica, la povertà, l’aridità, le imperfezioni che possono avere - vengono quasi purificate e raggiungono il cuore di Dio. Dobbiamo essere certi, cioè, che non esistono preghiere superflue, inutili; nessuna va perduta. Ed esse trovano risposta, anche se a volte misteriosa, perché Dio è Amore e Misericordia infinita". "Dio non è insensibile alle nostre suppliche, interviene e fa sentire la sua potenza e la sua voce sulla terra, fa tremare e sconvolge il sistema del Maligno. Spesso, di fronte al male si ha la sensazione di non poter fare nulla, ma è proprio la nostra preghiera la risposta prima e più efficace che possiamo dare e che rende più forte il nostro quotidiano impegno nel diffondere il bene. La potenza di Dio rende feconda la nostra debolezza”. L' affermazione di Gesù "Ecco, io vengo presto", "non indica solo la prospettiva futura alla fine dei tempi, ma anche quella presente: Gesù viene, pone la sua dimora in chi crede in Lui e lo accoglie". Questa la conclusione della catechesi: “L’Apocalisse, pur nella complessità dei simboli, ci coinvolge in una preghiera molto ricca, per cui anche noi ascoltiamo, lodiamo, ringraziamo, contempliamo il Signore, gli chiediamo perdono. La sua struttura di grande preghiera liturgica comunitaria è anche un forte richiamo a riscoprire la carica straordinaria e trasformante che ha l’Eucaristia; in particolare vorrei invitare con forza ad essere fedeli alla Santa Messa domenicale nel Giorno del Signore, la domenica, vero centro della settimana! La ricchezza della preghiera nell’Apocalisse ci fa pensare a un diamante, che ha una serie affascinante di sfaccettature, ma la cui preziosità risiede nella purezza dell’unico nucleo centrale. Le suggestive forme di preghiera che incontriamo nell’Apocalisse fanno brillare allora la preziosità unica e indicibile di Gesù Cristo”.

Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa


Il Papa festeggia gli anniversari di nascita delle prime diocesi del continente americano, a Panama, in Perù e in Colombia, con dei legati pontifici

La Chiesa Cattolica nel Continente Americano ha tanti motivi per festeggiare. Durante questo 2012 tre importanti circoscrizioni ecclesiastiche della regione festeggeranno i loro anniversari con “giubilei” speciali o “anni santi”. Sono: Santa María la Antigua a Panama, Cusco in Perù e Bogotà in Colombia. E Benedetto XVI parteciperà concretamente a queste celebrazioni. La prima diocesi in terra ferma del continente è stata creata da Papa Leone X il 9 settembre 1513 con il nome di Santa María la Antigua, in onore di una immagine della Madonna che fu portata da Siviglia in America. Nel 2013 questa diocesi compirà 500 anni. In occasione di quest’anniversario, la Chiesa Cattolica di Panama ha convocato un giubileo che comincerà il prossimo 28 novembre con una cerimonia alla quale parteciperà l’inviato del Papa, il porporato canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Questa celebrazione ha spinto il governo del paese a cercare di ottenere una visita del Papa, approfittando del viaggio apostolico in Brasile in programma a luglio 2013 per la Giornata Mondiale della Gioventù di Río de Janeiro. Negli stessi mesi, l’arcidiocesi peruviana di Cusco festeggerà il 475° anniversario della sua fondazione. Creata da Papa Paolo III il 8 gennaio 1537, è stata la prima diocesi sudamericana. Questa regione ecclesiastica del Perù ha cominciato il suo giubileo nel gennaio scorso, ma le manifestazioni centrali si svolgeranno dal 24 al 28 ottobre. Il rappresentante di Benedetto XVI per questa festa sarà il card. Eduardo Vela Chiriboga, arcivescovo emerito di Quito (Ecuador). Oltre a questi due giubilei, ce ne sarà un’altro in occasione dei 450 anni di vita dell’arcidiocesi di Bogotà, capitale della Colombia; questo giubileo è cominciato lo scorso 8 settembre ed è stato inaugurato dall’arcivescovo Rubén Salazar Gómez. Non si sa ancora se ci sarà un inviato speciale in rappresentanza del Pontefice.

Andrés Beltramo Álvarez, Vatican Insider

Il Papa in Libano. Caccia: le attese e gli scenari che lo accoglieranno. Un Paese dove le diverse identità vogliono convivere nel rispetto reciproco

“Aspettando il Papa, il Libano torna a avvertire la grandezza e la bellezza della sua vocazione nazionale: quella di un Paese dove le diverse identità vogliono convivere nel rispetto reciproco”. L’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, nunzio apostolico a Beirut, inquadra in questa cornice il crescendo di segni positivi innescato in tutto il Paese dalla imminente viaggio di Benedetto XVI (14-16 settembre), ancor prima del suo inizio. Il rappresentante pontificio nel Paese dei cedri tratteggia per Fides la “grande attesa” vissuta dai cristiani, ma anche quella di tutte le altre componenti della variegata società libanese, documentata in particolare dai tanti “segni di apprezzamento arrivati da sunniti, sciiti, drusi, alawiti”. Mentre spuntano dovunque le immagini del Papa insieme a bandiere libanesi e vaticane, sulle prime pagine dei giornali campeggia lo slogan del viaggio: “Vi do la mia pace”. Una frase evangelica che, sottolinea mons. Caccia, “corrisponde pienamente alle attese delle genti di queste parti”. Accanto a questi segni esteriori, l’arcivescovo dà conto della realtà di preghiera e invocazione a Dio che sale capillarmente da tutto il Libano: “È in corso nelle chiese del Paese una novena speciale per preparare la visita del Papa. Si sono svolte cinque grandi veglie comunitarie in cinque zone diverse del territorio nazionale, insieme a molteplici iniziative di incontro e riflessione comune tra cristiani e musulmani. Ad esse si unirà la veglia in programma la sera di mercoledì a Beirut, quando due processioni partiranno dai quartieri cristiani e altre due dai quartieri musulmani per convergere nel parco dedicato alla Vergine Maria”. Il viaggio del Papa cade in un momento delicato, in cui il fragile equilibrio politico del Paese è messo alla prova da ciò che accade in Siria e dal disagio sociale esasperato dalla crisi economica. Mons. Caccia indica gli antidoti a ogni interpretazione riduttiva in chiave politica dei gesti e delle parole che verranno da Benedetto XVI: “Potrà forse esserci qualcuno che cercherà di accaparrare un aspetto o un altro della visita papale. Ma sarà vantaggioso per tutti tenere presente l’orizzonte ampio della visita del Papa, che guarda a tutte le problematiche di tutto il Medio Oriente e non solo alla situazione politica libanese. L’Esortazione Apostolica post-sinodale che il Papa consegnerà ai Vescovi del Medio Oriente conterrà suggerimenti e indicazioni che poi andranno tradotti dalle Chiese locali nei contesti particolari in campo educativo, economico, sociale, del soccorso umanitario, e anche politico. Tra l’altro, dal tempo del Sinodo sul Medio Oriente fino a oggi, il paesaggio globale di quest’area ha visto e continua a vedere grandi mutamenti, spesso convulsi”. Davanti al pressing di chi chiede che la Chiesa “prenda posizione” riguardo al conflitto siriano e alle rivolte mediorientali, mons. Caccia ripete i criteri di discernimento che ispirano lo sguardo della Santa Sede davanti all’evolversi degli eventi. Secondo il nunzio in Libano occorre “riguardare agli interventi che Benedetto XVI ha dedicato negli ultimi tempi a ciò che avviene in Medio Oriente, fino alle parole pronunciate dopo l’Angelus di domenica scorsa. Il primo dato da considerare sono le sofferenze patite dalle popolazioni. Occorre che tutte le forze coinvolte fermino la spirale di violenza per far evolvere la situazione in altre direzioni, coinvolgendo tutti gli attori in gioco attraverso una iniziativa chiara della comunità internazionale. La prima iniziativa di mediazione affidata a Kofi Annan purtroppo è fallita, ma le sue ragioni sono ancora tutte sul tavolo. Inoltre occorre tener conto che nella vicenda siriana, oltre ai fattori sul campo, è in atto anche un complessivo riposizionamento degli assi di forza regionali”. Anche guardando a tale scenario globale, risultano evidentemente fuori bersaglio le accuse di fiancheggiare i regimi autoritari rivolte da più parti alle minoranze cristiane mediorientali. Dichiara a Fides mons. Caccia: “Occorre essere sempre a fianco di chi chiede il rispetto e l’applicazione dei principi di libertà e di dignità umana. Ma tale sostegno deve sempre tener conto della realtà effettiva. Come ha detto il Patriarca maronita Béchara Boutros Raï, i cristiani non sostengono i regimi autoritari, ma temono la dissoluzione degli Stati. C’è la paura che tutto precipiti verso scenari iracheni, col totale venir meno di ogni minima sicurezza nella vita quotidiana. Tutti temono che venga meno quell’ordine civile che garantisce i criteri minimi si sopravvivenza. Per questo, per quanto difficile, occorre che la comunità internazionale cerchi tutte le strade possibili perché le forze in campo pongano fine all’arbitrio della violenza. L’alternativa è quella della sofferenza e del dolore per tutti. La violenza non guarda in faccia nessuno. Lo si vede anche dalla triste vicenda dei profughi, che appartengono in maniera indiscriminata a tutti i gruppi religiosi”.

Fides

Benedetto XVI a Mantova nel 2014 in occasione del centenario della morte di San Pio X e della conclusione dei restauri della Basilica di Sant'Andrea

Benedetto XVI visiterà Mantova nel 2014. Il mese e i giorni saranno stabiliti, ma le circostanze sono già certe: il centenario della morte di San Pio X che fu vescovo della diocesi per un decennio e al quale Papa Ratzinger è molto devoto; la prevista conclusione dei restauri della bBsilica di Sant'Andrea (foto). Mons. Roberto Busti aggiunge il dramma del terremoto che ha colpito case, scuole, posti di lavoro e chiese della Bassa. Un centinaio di chiese distrutte, chiuse e puntellate nel meridione del territorio. Fede, storia, cronaca. Il vescovo Busti, a Mantova dal 2007 e reduce dai funerali del suo maestro card. Martini, ci spiega la connessione Mantova-Vaticano nel suo studio in palazzo Bianchi, sotto gli affreschi del Bazzani. Fuori c’è il Festivaletteratura al massimo e il pienone. Il profilo del vescovo si staglia involontariamente sopra il ritratto del suo predecessore Giuseppe Sarto poi patriarca a Venezia e quindi Papa, mentre sull'altra parete c'è un benedicente Benedetto XVI in fotocolor. Triangolazioni. Alla visita pastorale mancano quindi due anni, e allora il profano, il distaccato, il pratico potrebbero aprire le braccia e dire chi vivrà vedrà e esclamare che l'anticipo è esagerato. Ma il biennio di preparazione è nella norma: quella pontificia non è un'agenda normale, questo Papa rispetto al predecessore si muove con meno frequenza e per motivi forti, di memoria e di struttura, San Pio X e la Basilica, nel caso. Busti ha comunicato l'accoglimento dell'invito mantovano durante la solenne liturgia del pomeriggio di ieri, in cattedrale, per l'apertura della Settimana Pastorale della Chiesa mantovana. Un'occasione annuale nella quale la realtà ecclesiastica ed ecclesiale s'incontra e confronta, fa bilanci dell'attività pastorale, traccia le linee per il lavoro nelle comunità che negli ultimi anni sono assolutamente cambiate per gente, preti, confini, coesioni e relazioni. Indubbiamente una prima lettura profana e non avvertita dei meccanismi epistolari dell'invito di piazza Sordello e della relativa risposta della Santa Sede, non può rintracciare un chiaro e tondo "Santità l'aspettiamo" e un altrettanto esplicito "Verrò a Mantova, monsignore". La sollecitazione di Busti è datata 31 luglio e la risposta è stata quasi immediata: 10 agosto. Ciò significa che al di là della documentazione formale c'è stato e c'è un dialogo aperto fra il vescovo e la Segreteria di Stato, nella persona che firma la risposta, mons. Angelo Becciu, sostituto. Titolo e funzione che nella gerarchia vaticana significa il vice del card. Bertone, a cui sono affidati gli affari generali del governo della Chiesa. Nella lettera questo arcivescovo comunica a Busti che il Santo Padre ha "vivamente apprezzato il cordiale gesto e ringrazia per i nobili sentimenti che l'hanno motivato". Il Pontefice approva i motivi che sostengono l'invito: memoria di San Pio X e conclusione dei restauri della Basilica di Sant'Andrea. Becciu procede con una formula diplomatica di assenso: "Egli mi incarica di comunicarle che terrà presente il desiderio espresso e, nell'assicurarle il suo costante pensiero, volentieri imparte a lei, ai sacerdoti e ai fedeli dell'amata Chiesa di Mantova la sua benedizione". La conferma delle conferme della visita nel 2014 è espressa dal fatto che Busti ieri ha letto in cattedrale la "comunicazione" e la lettera del sostituto alla Segreteria di Stato. Un annuncio alla Chiesa di Mantova, nel momento più solidale della sua vita annuale e per le sue prospettive. E poi chiosa: “Al di là del linguaggio diplomatico e tenendo conto delle situazioni che obbligano alla necessaria prudenza posso dire che la risposta è positiva". Parte un applauso rapido e composto. Quando la folla esce dal Duomo, Busti scende dall’altare per salutare il prefetto e il sindaco. Il quale è entusiasta: "Sono stato informato sabato dal vescovo. È una soddisfazione enorme per tutta la città subito dopo la visita di Napolitano. È da quando sono sindaco che mi sento dire da Busti che i lavori in Sant’Andrea servono anche per far arrivare il Papa e in questo senso credo che la nostra collaborazione sia stata importante, anche se il merito è tutto di sua eccellenza il vescovo che a questo invito lavora da tanto tempo”. Sembra quasi profetico che uno degli incontri informali durante i quali mons. Busti ha prospettato personalmente a Benedetto XVI la possibilità di una visita pastorale a Mantova sia avvenuta durante l’Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano. Era il 3 giugno, e Busti aveva proposto una relazione sui danni del cataclisma ai vescovi di tutta la Lombardia. Prima ancora, a margine dell’Assemblea generale della CEI, il Papa aveva voluto sentire i vescovi delle diocesi dell’epicentro del terremoto in Emilia: Modena, Carpi, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo. Infine, il contatto forse fondamentale. È il 26 giugno, e Benedetto XVI va in visita nelle zone colpite dal terremoto. Il Papa e Busti si incontrano a conclusione del saluto del Papa alle popolazioni terremotate. Busti scherza, gli dice di essere “un vescovo extracomunitario in Emilia”, considerando che il mantovano è marginalizzato. E il Papa racconta di aver visto in televisione, nel Palazzo Apostolico, il crollo di un grande campanile, vicino a un palazzo importante, proprio a Mantova. Sì, replica il vescovo, erano le immagini della distruzione della lanterna della torre della Basilica di Santa Barbara, avvenuta a causa della scossa delle 13 del 29 maggio. Un crollo avvenuto in diretta. E il palazzo visto dal Papa in televisione? Quello, spiega Busti a Benedetto XVI, è la Reggia Gonzaghesca, ancora chiusa per sisma. Ora che la visita del Papa è prevista nel 2014, cioè sta nell'elenco dei viaggi di quel periodo, s'apre la seconda fase che individua la datazione, i luoghi, gli incontri, le modalità. Il vescovo non nasconde di prediligere l'autunno per consentire ai cantieri nella Basilica albertiana di concludere gli interventi di restauro. E se gli impegni di Benedetto XVI o le esigenze della Santa Sede indicheranno invece la primavera? Busti ha messo in conto anche questa probabilità. E considerando che nella tabella di marcia dei cantieri mancano all'appello la parte anteriore della navata, la facciata e, pezzo forte, provato dal terremoto, l'interno della cupola con tutte le sue problematiche d'altezza, Busti prospetta la chiusura della basilica per permettere ai restauratori di operare senza i limiti di tempo e spazio imposti dalle funzioni. "Sa che cosa mi meraviglia di questa avventura che è appena cominciata? - domanda Busti mentre si sistema lo zucchetto e si prepara per la Messa -, mi sorprende la rapidità con la quale la Santa Sede ha detto sì. Il Papa ha a cuore Mantova". Dalle parole del vescovo si intuisce che il gradimento di Papa Ratzinger si basa su considerazioni dirette, che passano dalla sua formazione (rigorosa e dottrinale) legata a Papa Sarto, coinvolgono la Basilica che è un monumento universale, in luglio a Novi hanno saggiato la tribolazione delle parrocchie mantovane dentro e intorno l'epicentro del terremoto. La visita avverrà dopo ventitré anni da quella di Giovanni Paolo II a Mantova, Castiglione, San Silvestro e le Grazie nel ricordo di San Luigi Gonzaga. Una sorpresa con applauso in cattedrale, capace di recuperare l'assenza d'altri papi in città per cinquecentotrentuno anni (Pio II nel 1459-'60): oltre un quarto dell'era cristiana.

Stefano Scansani, Gazzetta di Mantova - Andrea Gagliarducci, Korazym.org

'Il blog degli amici di Papa Ratzinger': Benedetto XVI ed il contrasto ai casi di abusi sessuali nella Chiesa, una lotta sempre coerente fin dal 1988

Joseph Ratzinger non ha mai favorito l'insabbiamento dei processi a carico di ecclesiastici accusati di abusi sessuali. E' quanto emerge da una puntuale ricostruzione diffusa oggi da Il Blog degli amici di Papa Ratzinger in risposta alle affermazioni di segno opposto contenute nella recensione del documentario "Mea maxima culpa" pubblicata da un quotidiano romano. Già nel lontano 1988, infatti, il card. Ratzinger intuì la gravità e l'estensione di certi comportamenti chiedendo prima una revisione delle norme penali, anche in via interpretativa, e poi ottenendo il riconoscimento della competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede in materia di delitti più gravi elencati tassativamente, purtroppo solo nel 2001. Tre lettere pubblicate nel 2010 da L'Osservatore Romano consentono infatti di tracciare un percorso che parte dal 1988 ed arriva al 2010 con una coerenza granitica. All'epoca alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato il giudizio sulle "richieste di dispensa dagli oneri sacerdotali assunti con l'ordinazione". Il card. Ratzinger, con lettera del 19 febbraio 1988, scrive al card. Josè Rosali­o Castillo Lara, presidente della Pontificia Commissione per l'Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico e denuncia il fatto che Dottrina della Fede "nell'esaminare le petizioni di dispensa dagli oneri sacerdotali, incontra casi di sacerdoti che, durante l'esercizio del loro ministero, si sono resi colpevoli di gravi e scandalosi comportamenti, per i quali il codex, previa apposita procedura, prevede l'irrogazione di determinate pene, non esclusa la riduzione allo stato laicale". Il card. Ratzinger, spiega il blog, chiede un parere tecnico-giuridico al suo collega per verificare se sia possibile "prevedere, in casi determinati, una procedura più rapida e semplificata", ovviamente per la concessione delle dispense. Lamenta così implicitamente il fatto che la dispensa venga considerata una "grazia" e non una "punizione" compromettendo così il bene dei fedeli in presenza di eventi delittuosi gravi. Evidentemente la lettera del card. Ratzinger presuppone che la responsabilità giuridica in materia penale ricada sugli ordinari o sui superiori religiosi, come risulta dal Codice di Diritto Canonico. E questo consente di capire il cosiddetto "caso" Kiesle, nel quale era il reo a chiedere la dispensa, che è cosa ben diversa dalla riduzione allo stato laicale, che è imposta e quindi ha carattere punitivo. Il card. Ratzinger voleva effettivamente accelerare la procedura ma c'erano comunque delle difficoltà indipendenti dalla sua volontà: all'epoca, per decisione di Giovanni Paolo II, non era facile ridurre allo stato laicale prima dei 40 anni. Il card. Castillo Lara risponde con lettera del 10 marzo 1988 affermando di comprendere "la preoccupazione del card. Ratzinger per il fatto che gli ordinari interessati non abbiano esercitato prima la loro potestà giudiziaria per punire adeguatamente, anche a tutela del bene comune dei fedeli, tali delitti", ma afferma che "cercare di semplificare ulteriormente la procedura giudiziaria per infliggere o dichiarare sanzioni tanto gravi come la dimissione dallo stato clericale, non sembra affatto conveniente". I motivi addotti sono prettamente giuridici: accelerare la procedura significava, secondo il porporato salesiano, pregiudicare il diritto di difesa. Il 14 maggio 1988, come è nel suo stile, il card. Ratzinger risponde ringraziando il suo collega per il chiarimento, ma non si arrende e torna alla carica ma con argomenti diversi. Lascia perdere il Codice di Diritto Canonico e fa leva sulla Costituzione Apostolica "Pastor bonus", il cui art. 52 così recita: l'ex Sant'Uffizio "giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano ad essa segnalati e, all'occorrenza, procede a dichiarare o ad infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio". Secondo il futuro Benedetto XVI ancora però non ci siamo perchè la Costituzione non elenca quali sono i delitti più gravi. La norma resta quindi sostanzialmente inapplicata come una cornice sprovvista del contenuto. Serve un elenco tassativo perchè stiamo parlando di norme penali. Occorreva, in altre parole, rendere effettivo l'art. 52 appena citato. Finalmente, nel 2001, Papa Giovanni Paolo II riempiva il vuoto normativo assegnando alla Congregazione per la Dottrina della Fede la competenza esclusiva sui delitti più gravi. Ciò avvenne con il Motu Proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" del 2001. Contestualmente veniva promulgata la lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede "Ad exsequendam ecclesiasticam legem", nota come "De delictis gravioribus". Finalmente, cioè, nel 2001 il card. Ratzinger vide soddisfatta la richiesta del 1988. Nel 2003 vengono elaborate le prime linee guida anti-pedofilia, con regolamento interno al dicastero, rese note al pubblico solo nel 2010. Ed è per sollecitare una presa di coscienza la famosissima meditazione del card. Ratzinger sulla "sporcizia nella Chiesa" durante la Via Crucis del 2005: sapeva perfettamente di che cosa stava parlando. Una volta eletto Papa, Joseph Ratzinger non ha certo interrotto ma, anzi, ha intensificato la sua attività di pulizia e di purificazione. Nel 2006 incontra i vescovi irlandesi e pronuncia un durissimo discorso. E già nel settembre 2007 Papa Benedetto XVI ha conferito mandato al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi di elaborare una bozza con alcune proposte per la riforma del libro sesto del "Codex iuris canonici", base del sistema penale della Chiesa. Il resto è storia dei nostri giorni: gli incontri commoventi con le vittime, gli interventi reiterati nei discorsi ai vescovi dei vari paesi interessati al fenomeno, le nuove severissime linee guida, la Lettera ai cattolici dell'Irlanda, le visite apostoliche alle diocesi e seminari irlandesi e il commissariamento dei Legionari di Cristo.

Agi

Il Blog degli amici di Papa Ratzinger ripropone tre post del 2010 sull'impegno del card. Ratzinger contro gli abusi sessuali. Si tratta di documenti risalenti al lontanissimo 1988

Anno della fede. Il 14 ottobre in Piazza San Marco a Venezia il patriarca Moraglia presiederà la Messa d'apertura. Al via la preparazione liturgica

Al via nel Patriarcato di Venezia i preparativi per la solenne Celebrazione eucaristica di domenica 14 ottobre, alle 15.30 in Piazza San Marco (foto), presieduta dal patriarca mons. Francesco Moraglia per l’apertura dell’Anno della fede. “Invito voi presbiteri - ha scritto mons. Moraglia in una lettera ai preti della diocesi - con i diaconi, i religiosi, le religiose, le persone consacrate, i fedeli laici e tutte le aggregazioni ecclesiali” all’appuntamento. “La Chiesa che è in Venezia è convocata, sotto la presidenza del vescovo, all’altare dove, celebrando il 'mysterium fidei', intende iniziare un cammino di grazia”. Mons. Orlando Barbaro, direttore dell’Ufficio liturgico, auspica una partecipazione “attiva e corresponsabile ad un evento che ci deve vedere attori in prima persona”. Troppo spesso, invece, “la nostra partecipazione alla liturgia, soprattutto alla celebrazione eucaristica domenicale ha la forma di un gesto che sempre meno ci appartiene, che compiamo in modo automatico”. Predisposto un programma di canti per l’animazione della Messa (testi, spartiti e Mp3 reperibili e scaricabili da www.patriarcatovenezia.it nella sezione “Uffici pastorali” e nelle pagine dell’Ufficio liturgico). Da questa sera prendono il via gli incontri per gli animatori nelle varie zone pastorali della diocesi.

SIR

Il Papa in Libano. Capi comunità islamiche: possa rassicurare i cristiani del Medio Oriente sul loro futuro. Tutti vogliamo sicurezza e giustizia

I capi delle comunità islamiche del Libano danno il benvenuto a Papa Benedetto XVI, nel Paese da venerdì a domenica, nella speranza che possa rassicurare i cristiani del Medio Oriente sul loro futuro nel pieno dei profondi sconvolgimenti in corso nella regione. E' quanto affermano diversi leader musulmani. E' importante che cristiani e musulmani non si sentano "su barche separate" in questo difficile periodo di transizione, afferma in un'intervista al quotidiano Daily Star lo sceicco Rashi Qabbani, Gran Mufti del Libano, cioè rappresentante dei sunniti di nomina governativa. "I regimi nel mondo arabo - aggiunge Qabbani - stanno cambiando, e tutti vogliamo sicurezza, uguaglianza e giustizia. Spero che la visita del Papa rifletta questo". Nei mesi scorsi il patriarca cattolico maronita Bechara Rai aveva espresso i suoi timori di ripercussioni negative sui cristiani di Siria nel caso di una caduta del presidente Bashar al Assad, ricordando le violenze subite dalla comunità cristiana in Iraq dopo la fine del regime di Saddam Hussein. Ma alcuni giorni fa ha sottolineato che i cristiani non sono in favore del regime di Damasco, bensì della stabilità dello Stato. Dal fronte sciita, Seyyed Ali Fadlallah, figlio del defunto ayatollah Mohammad Hussein Fadlallah, ha auspicato anch'egli che il viaggio debba servire ad "affermare i punti di convergenza tra musulmani e cristiani".

Ansamed

Una fiaccolata e un momento di preghiera con il Papa a San Pietro: l'11 ottobre l'Azione Cattolica ricorda il 'discorso alla Luna' di Giovanni XXIII

L’Azione Cattolica Italiana, in collaborazione con la diocesi di Roma, ha organizzato per il prossimo 11 ottobre, apertura dell’Anno della fede, un momento di festosa presenza e di preghiera in Piazza San Pietro con il Papa, preceduto da una fiaccolata che partirà da Castel Sant’Angelo (18.30). Dopo la preghiera (ore 20.30) è previsto il saluto di Benedetto XVI. “Un’occasione propizia - spiega una nota - offerta a tutto il popolo di Dio, alle varie associazioni, movimenti e gruppi di tutta Italia, all’apertura dell’Anno della fede, che ci vedrà uniti nella preghiera per rinnovare il nostro impegno nella missione evangelizzatrice della Chiesa per il mondo” e “fare memoria viva del Concilio Vaticano II, dei cinquant’anni dalla sua apertura e dalla fiaccolata della sera dell’11 ottobre 1962 a Piazza San Pietro”, promossa dall’Azione Cattolica e occasione dell’indimenticabile “discorso alla Luna” di Giovanni XXIII. Oggi come allora, proseguono gli organizzatori, “vogliamo insieme a Benedetto XVI dire la bellezza dell’essere Chiesa e raccontarne le meraviglie. Rivivere la promessa del Concilio, in questo nostro tempo e a misura del nostro tempo. Mettendo insieme fede e vita e sapendo che prima di tutto dobbiamo essere vicini a coloro che soffrono, ai poveri, per dire loro che le
loro angosce e le loro speranze sono le stesse del popolo di Dio”.


SIR

www2.azionecattolica.it/appuntamenti/la-chiesa-bella-concilio