giovedì 2 dicembre 2010

'Il blog degli amici di Papa Ratzinger': le lettere inedite del 1988 e l'assoluta coerenza nella condotta di Joseph Ratzinger, cardinale e Papa

di Raffaella

Su L'Osservatore Romano di ieri sono stati pubblicati stralci di un documento che non esito a definire storico. Esso ci permette di verificare dal punto di vista cronologico la perfetta coerenza di Joseph Ratzinger, cardinale e Papa. Esiste, infatti, a mio avviso, un filo rosso ininterrotto che collega quelle tre lettere del 1988 alle norme sui delitti più gravi del 2001, passando poi per la Via Crucis del 2005, approdando ai primi incontri del Papa con le vittime di abusi, alla Lettera del Papa ai Cattolici irlandesi per poi arrivare alle modifiche della normativa sui delitti più gravi del 2010 e, da ultimo, ad alcune risposte raccolte nel libro intervista "Luce del mondo". Con buona pace dei commentatori (quelli che oggi si sono espressi e quelli che hanno tenuto la bocca chiusa) non c'è alcun cambiamento nella posizione dell'attuale Papa. Egli per primo, già nel lontano 1988, intuì la gravità e l'estensione di certi comportamenti chiedendo prima una revisione delle norme penali, anche in via interpretativa, e poi ottenendo il riconoscimento della competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede in materia di delitti più gravi elencati tassativamente, purtroppo solo nel 2001. Alla luce delle tre lettere pubblicate ieri riusciamo a tracciare un percorso che parte dal 1988 ed arriva al 2010 con una coerenza che definirei granitica. Cerchiamo di ricostruire questo percorso.
Nel 1988 alla Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) è riservato il giudizio sulle "richieste di dispensa dagli oneri sacerdotali assunti con l'ordinazione". Il card. Ratzinger, con lettera del 19 febbraio 1988, scrive al card. José Rosalío Castillo Lara, presidente della Pontificia Commissione per l'Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico e denuncia il fatto che la CDF "nell'esaminare le petizioni di dispensa dagli oneri sacerdotali, incontra casi di sacerdoti che, durante l'esercizio del loro ministero, si sono resi colpevoli di gravi e scandalosi comportamenti, per i quali il cjc, previa apposita procedura, prevede l'irrogazione di determinate pene, non esclusa la riduzione allo stato laicale". Il card. Ratzinger chiede un parere tecnico-giuridico al suo collega per verificare se sia possibile "prevedere, in casi determinati, una procedura più rapida e semplificata", ovviamente per la concessione delle dispense. Lamenta implicitamente il fatto che la dispensa venga considerata una "grazia" e non una "punizione" compromettendo così il bene dei fedeli in presenza di eventi delittuosi gravi.
Importantissima implicazione: la lettera del card. Ratzinger presuppone che la responsabilità giuridica in materia penale ricada sugli Ordinari o sui superiori religiosi, come risulta dalla lettera del Codex. Ed ecco che qui capiamo perfettamente il cosiddetto "caso" Kiesle. In quel caso era il reo a chiedere la dispensa, che è cosa ben diversa dalla riduzione allo stato laicale, che è imposta e quindi ha carattere punitivo. Il card. Ratzinger voleva effettivamente accelerare la procedura ma c'erano comunque delle difficoltà indipendenti dalla sua volontà. All'epoca non era facile "spretare" una persona prima dei 40 anni. Il card. José Rosalío Castillo Lara risponde con lettera del 10 marzo 1988. Egli comprende "la preoccupazione del card. Ratzinger per il fatto che gli Ordinari interessati non abbiano esercitato prima la loro potestà giudiziaria per punire adeguatamente, anche a tutela del bene comune dei fedeli, tali delitti", ma afferma che "cercare di semplificare ulteriormente la procedura giudiziaria per infliggere o dichiarare sanzioni tanto gravi come la dimissione dallo stato clericale...non sembra affatto conveniente". I motivi addotti sono prettamente giuridici: accelerare la procedura significava, secondo il card. Lara, pregiudicare il diritto di difesa. Le considerazioni del card. José Rosalío Castillo Lara sono squisitamente giuridiche. Nessun appunto possiamo muovere al porporato perchè stiamo parlando di norme penali che non possono essere interpretate discrezionalmente o "forzate" attraverso l'interpretazione della lettera dei canoni. In altre parole: per fare qualcosa serviva modificare il codice. Il 14 maggio 1988, come è nel suo stile, il card. Ratzinger risponde ringraziando il suo collega per il chiarimento.
Ma non si arrende. Torna alla carica ma con argomenti diversi. Lascia perdere il Codice di diritto canonico e fa leva sulla Costituzione Apostolica "Pastor bonus", il cui art. 52 così recita: La CDF "giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano ad essa segnalati e, all'occorrenza, procede a dichiarare o ad infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio". Ancora però non ci siamo perchè la Costituzione non elenca quali sono i delitti più gravi. La norma resta quindi sostanzialmente inapplicata come una cornice sprovvista del contenuto. Serve un elenco tassativo perchè stiamo parlando di norme penali. Occorreva, in altre parole, rendere effettivo l'art. 52 appena citato. Finalmente, nel 2001, Giovanni Paolo II riempiva il vuoto normativo assegnando alla CDF la competenza esclusiva sui delitti più gravi. Ciò avvenne con il Motu Proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" del 2001. Contestualmente veniva promulgata la lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede "Ad exsequendam ecclesiasticam legem", nota come "De delictis gravioribus". Finalmente nel 2001 il card. Ratzinger vide soddisfatta la richiesta del 1988. Inoltre, come afferma Juan Ignacio Arrieta, "dopo il 2001, sulla base dell'esperienza giuridica che affiorava, il card. Ratzinger ha ottenuto da Giovanni Paolo II nuove facoltà e dispense per gestire le varie situazioni, giungendo addirittura alla definizione di nuove fattispecie penali". Nel 2003 vengono elaborate le linee guida antipedofilia, con regolamento interno al Dicastero della Congregazione per la Fede, rese note al pubblico solo nel 2010. Ora capiamo meglio anche il senso della famosissima meditazione del card. Ratzinger sulla "sporcizia nella Chiesa" durante la Via Crucis del 2005. Egli sapeva perfettamente di che cosa stava parlando. Una volta eletto Papa, Joseph Ratzinger non ha certo interrotto ma, anzi, ha intensificato la sua attività di pulizia e di purificazione. Nel 2006 incontra i vescovi irlandesi e pronuncia un durissimo discorso. Ieri abbiamo appreso che già nel settembre 2007 Papa Benedetto XVI ha conferito mandato al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi di elaborare una bozza con alcune proposte per la riforma del libro vi del Codex iuris canonici, base del sistema penale della Chiesa. Ben prima che scoppiassero gli scandali dei preti pedofili in tutta Europa o, meglio, che i media si accorgessero che esisteva questa piaga. A partire dal viaggio negli Stati Uniti il Papa non ha mancato di incontrare le vittime dei preti pedofili. Lo ha fatto a Washington, a Sydney, a Roma, a Malta ed a Londra. E' il primo Papa in assoluto a fornire conforto diretto alle vittime, come è il primo Pontefice a dedicare una Lettera Pastorale al tema specifico degli abusi. E' del marzo 2010 la pubblicazione della Lettera ai Cattolici Irlandesi. L'attività del Santo Padre è proseguita con l'approvazione delle "Modifiche introdotte nelle Normae de gravioribus delictis" del luglio 2010. Ma non è finita qui! Nel libro intervista "Luce del mondo", il Santo Padre risponde ad una domanda specifica di Seewald: qui il testo, che trova una perfetta corrispondenza con il quarto paragrafo della Lettera agli Irlandesi. Il prossimo passo sarà la modifica del Codice di diritto canonico. Tutto questo non dimostra forse l'assoluta e perfetta coerenza di Joseph Ratzinger? C'è davvero un filo rosso che collega tutti i suoi interventi e le sue decisioni. Finora avevamo solo dei tasselli. Da ieri sera vediamo l'intero mosaico. C'è da essere orgogliosi di vivere sotto questo Pontificato.

Avvento 2010. Iniziano in Vaticano le prediche tenute da padre Cantalamessa: contributo di riflessione e incoraggiamento alla nuova evangelizzazione

Incoraggiare l'evangelizzazione in un momento in cui questa è sempre più importante è l'obiettivo delle tre meditazioni d'Avvento che padre Raniero Cantalamessa (foto), predicatore della Casa Pontificia, esporrà da questo venerdì nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano. Il tema dei tre incontri, che avranno luogo il 3, il 10 e il 17 dicembre, rispettivamente i venerdì della prima, seconda e terza settimana di Avvento, è infatti “'Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo' (Giovanni, 16, 33). Per una rievangelizzazione del mondo secolarizzato”. “La serie di meditazioni di Avvento – ha spiegato padre Cantalamessa in un'intervista a L'Osservatore Romano – vuole essere un piccolo contributo di riflessione e di incoraggiamento in margine alla creazione del nuovo Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, voluto da Papa Benedetto XVI”. “Si cercherà di individuare, ogni volta, uno degli ostacoli di fondo della cultura moderna all'accoglimento del messaggio cristiano: lo scientismo, il razionalismo e il secolarismo”, ha sottolineato. “Nella risposta di fede a ognuno di essi si terrà presente anche il contributo offerto in tal senso dal nuovo beato John Henry Newman”. Il predicatore della Casa Pontificia ha spiegato di aver scelto di ispirarsi al pensiero del beato inglese “non solo per la sua attualità”, “ma anche perché, di fatto, il nuovo beato ha dovuto affrontare a suo tempo molte delle sfide che ci troviamo davanti noi oggi”, come il razionalismo e il dialogo con la scienza.Il predicatore ha poi detto di distinguere “fortemente” nelle sue riflessioni “lo scientismo dalla scienza, il secolarismo dalla secolarità, il razionalismo dalla razionalità”. “Come tutti gli 'ismi' – ha commentato –, scientismo, secolarismo e razionalismo indicano l'eccesso o la distorsione di un valore positivo”, e rappresentano “un ostacolo all'evangelizzazione” perché “rendono 'refrattarie' le popolazioni di Paesi di antica tradizione cristiana ad accogliere oggi il messaggio del Vangelo”. Per padre Cantalamessa, la “rievangelizzazione del mondo occidentale” di cui oggi si sente il bisogno “passa attraverso il recupero del senso del sacro in una società secolarizzata, segnata dal disincanto della scienza e della tecnica”. Nel contesto attuale, infatti, “ormai si ha perfino vergogna di parlare di eternità”. Di fronte a questo panorama, ha concluso, “Benedetto XVI ha dato un contributo fondamentale con la sua Enciclica "Spe salvi", nella quale noi riscopriamo la certezza che 'nella speranza siamo stati salvati'”. Alle meditazioni d'Avvento sono invitati i cardinali, gli arcivescovi e i vescovi, i segretari delle Congregazioni, i prelati della Curia Romana e del Vicariato di Roma, i superiori generali e i procuratori degli ordini religiosi facenti parte della Cappella Pontificia.

Zenit

Il Papa: il matrimonio tra uomo e donna ha dato all’Europa il suo particolare aspetto e il suo umanesimo, fondamento decisivo per un sano sviluppo

“Il matrimonio e la famiglia costituiscono un fondamento decisivo per un sano sviluppo della società civile, dei Paesi e dei popoli”. Lo ha detto questa mattina il Papa ricevendo in Vaticano Gábor Győriványi (foto), ambasciatore della Repubblica d’Ungheria presso la Santa Sede, per la presentazione delle Lettere credenziali. Benedetto XVI ha rammentato che “dopo la ripresa dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e la Repubblica d’Ungheria nel 1990, si è potuta sviluppare nuova fiducia per un dialogo attivo e costruttivo con la Chiesa Cattolica”. Affermando che la Santa Sede sta seguendo “con interesse” l’elaborazione della nuova Costituzione e “l’intenzione di voler far riferimento, nel preambolo, all’eredità del cristianesimo”, il Papa ha auspicato che questa “nuova Costituzione sia ispirata ai valori cristiani”, in modo particolare “la posizione del matrimonio e della famiglia nella società e la protezione della vita”. Il matrimonio tra uomo e donna, ha spiegato, “ha dato all’Europa il suo particolare aspetto e il suo umanesimo”, e “l’Europa non sarebbe più Europa se tale cellula basilare della costruzione sociale sparisse o venisse sostanzialmente trasformata”. Oggi matrimonio e famiglia sono a rischio “per l’erosione dei loro valori più intimi di stabilità e indissolubilità, a causa di una crescente liberalizzazione del diritto di divorzio e dell’abitudine, sempre più diffusa, alla convivenza di uomo e donna senza la forma giuridica e la protezione del matrimonio”, dall’altro “per diversi generi di unione che non hanno alcun fondamento nella storia della cultura e del diritto in Europa”. Il Papa ha precisato: la Chiesa “non può approvare iniziative legislative che implichino una valorizzazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia. Essi contribuiscono all’indebolimento dei principi del diritto naturale”, alla “relativizzazione della legislazione” e “dei valori nella società”. Una "società - ha sottolineato - sempre più globalizzata, che ci rende vicini ma non fratelli". La ragione, ha osservato, è in grado “di garantire l’uguaglianza tra gli uomini” ma “non riesce a fondare la fraternità”, che in un certo senso, ha fatto notare il Pontefice, “è l’altro lato della libertà e dell’uguaglianza”. “Essa apre all’altruismo, al senso civico, all’attenzione verso l’altro”. Benedetto XVI ha ricordato anche la storia recente dell’Ungheria segnata, dopo la Seconda Guerra Mondiale, dalla drammatica esperienza del regime comunista. Il Papa ha auspicato che “le profonde ferite di quella visione materialistica dell’uomo”, possano continuare “a guarire in un clima di pace, libertà e rispetto della dignità dell’uomo”. Il Santo Padre ha sottolineato, infine, come la fede cattolica sia, senza dubbio, “parte dei pilastri fondamentali della storia dell’Ungheria”. “Il senso di giustizia e le virtù umane” del grande re ungherese Santo Stefano “sono un alto punto di riferimento che funge da stimolo e imperativo, oggi come allora, a quanti è affidato un ruolo di governo”. Benedetto XVI ha quindi osservato che “non ci si aspetta dallo Stato che venga imposta una determinata religione; esso dovrebbe piuttosto garantire la libertà di confessare e praticare la fede. Tuttavia, politica e fede cristiana si toccano” perché la fede “è una forza purificatrice per la ragione” e aiuta “a far sì che ciò che è buono e giusto” possa “essere riconosciuto” e “realizzato”. Con riferimento all’ingresso, sei anni fa, dell’Ungheria nell’Ue, il Papa ne ha sottolineato il “contributo importante al coro a più voci degli Stati d’Europa” e ha rammentato che all’inizio del prossimo anno, per la prima volta, l’Ungheria assumerà la presidenza del Consiglio Ue e sarà “chiamata in modo particolare ad essere mediatrice tra Oriente e Occidente”.

SIR, Radio Vaticana


Il Papa in Germania. Peter Seewald: dove i cristiani sono ridotti a minoranza richiamerà la sfida della nuova evangelizzazione a lui tanto a cuore

Dal 22 al 25 settembre 2011 Benedetto XVI sarà in Germania. Berlino, Erfurt e Friburgo le tappe. "È il terzo viaggio di Papa Ratzinger nella sua terra: ma dopo due visite pastorali, per la prima volta si tratta di una visita di Stato" commenta Peter Seewald a Milano, a margine della presentazione del libro-intervista al Papa "Luce del mondo". "In quanto visita di Stato deve toccare Berlino, la capitale", prosegue Seewald. Se "Friburgo è la più grande diocesi tedesca", Erfurt, città legata alla memoria di figure come Meister Eckhart e Martin Lutero, potrebbe essere tappa dedicata in modo particolare all’ecumenismo. "Non solo: siamo nell’ex Germania Est, dove i cristiani sono ridotti a minoranza. Questa tappa dunque – spiega ancora Seewald – richiamerà anche la sfida della nuova evangelizzazione, che sta tanto a cuore a Papa Ratzinger".

Avvenire

Il Papa: Manuela interiormente penetrata dalla gioia della memoria di Dio, vedendo la Sua trasparenza anche negli avvenimenti quotidiani della vita

Il Papa ha celebrato questa mattina una Messa in suffragio di Manuela Camagni, la Memor Domini della famiglia pontificia, scomparsa il 24 novembre scorso. “Per me vivere è Cristo e morire un guadagno”: il motto della Lettera ai Filippesi è inciso sopra l’altare della Cappella Paolina. È qui che Benedetto XVI ha voluto riunirsi con tutta la comunità dei Memores Domini di Roma (i presenti erano circa 80). Un modo per farsi vicino alla comunità dei Memores, e per stringersi lui stesso in loro compagnia, non avendo potuto celebrare personalmente le esequie. In prima fila, come sempre, Carmela, Cristina e Loredana, e due assistenti del Pontefice della Famiglia spirituale l’Opera. Poco più indietro il capo della Guardia svizzzera e quello della Gendarmeria, oltre che il direttore de L’Osservatore Romano. A concelebrare don Julian Carron, presidente della Fraternità di Cl, mons. Georg Gaenwein, mons. Alin de Raemy, cappellano della Guardia Svizzera, mons. Ettore Balestrero, sottosegretario di Stato, mons. Alberto Ortega, officiale della Segreteria di Stato. “Memoria vivace”: questa espressione è stata più volte ripetuta da Benedetto XVI a ricordare la figura di Manuela, pare quasi di vederla, “vergine saggia, prudente” che proprio lo scorso 29 novembre, giorno dei funerali si apprestava a festeggiare i suoi 30 anni nei Memores Domini. Un anniversario a cui si preparava “con grande gioia” ha ricordato il Papa. L’omelia è tutta a braccio. Il Papa ha ricordato con profonda gratitudine la testimonianza di fede, saggezza e carità della laica consacrata e si è soffermato su cosa significhi “memoria di Dio”. Riprendendo San Bonaventura, Benedetto XVI ha incentrato la sua omelia sul tema della memoria di Dio, vissuta quotidianamente con gioia da Manuela Camagni. Proprio perché “questa memoria è iscritta nel nostro essere – ha detto il Papa – possiamo ricordarci, vedere le Sue tracce” nel Creato. Una memoria, ha osservato, che “non è solo memoria di un passato, perché l’origine è presente, è memoria della presenza del Signore”. “E’ anche memoria del futuro, perché è certezza che veniamo dalla bontà di Dio e siamo chiamati ad arrivare alla bontà di Dio. Perciò in questa memoria è presente l’elemento della gioia, la nostra origine nella gioia che è Dio e la nostra chiamata ad arrivare alla grande gioia. E sappiamo che Manuela era una persona interiormente penetrata dalla gioia, proprio di quella gioia che proviene dalla memoria di Dio”. Tuttavia, ha avvertito il Santo Padre, la nostra memoria, come la nostra esistenza, “è ferita dal peccato”. La memoria di Dio è dunque “oscurata”, “coperta da altre memorie superficiali” che non permettono di andare fino in fondo, fino alla vera memoria. Proprio a causa di questo “oblio di Dio”, è stata la riflessione del Papa, anche la gioia è coperta, oscurata e la cerchiamo perciò “in diversi luoghi”. “Vediamo oggi questa ricerca disperata della gioia che si allontana sempre più dalla sua vera fonte, dalla vera gioia. Oblio di Dio, oblio della nostra vera memoria: Manuela non era di quelli che avevano dimenticato la memoria, ha vissuto proprio nella viva memoria del Creatore. Nella gioia della Sua relazione, vedendo la trasparenza di Dio in tutto il Creato, anche negli avvenimenti quotidiani della nostra vita, ha compreso che da questa memoria viene la gioia”. In quanto Memor Domini, ha detto ancora il Papa, Manuela sapeva che Dio è più forte della morte, è fonte di vita eterna: “Dio non è un Dio dei morti, è un Dio dei vivi e chi fa parte del nome di Dio, chi sta nella memoria di Dio è vivo, anzi, noi uomini, con la nostra memoria possiamo conservare solo purtroppo un’ombra delle persone che abbiamo amato. Ma la memoria di Dio non conserva solo ombre, è origine di vita: qui vivono i morti, nella Sua vita e con la Sua vita sono entrati nella memoria di Dio che è vita”. Il Papa ha concluso la sua omelia, sottolineando che nella liturgia rinnovata dopo il Concilio Vaticano II, si canta l’Alleluia anche nella Messa per i defunti. Noi, ha riconosciuto, “sentiamo soprattutto il dolore della perdita, sentiamo l’assenza, il passato”. Ma, ha aggiunto, la “liturgia sa che noi siamo nello stesso Corpo di Cristo” e viviamo nella memoria di Dio: “In questo incrocio della Sua memoria e della nostra memoria siamo uniti, siamo vivi e preghiamo il Signore che sempre più possiamo sentire questa comunione di memoria, che la nostra memoria di Dio in Cristo diventi sempre più viva e così possiamo sentire che la nostra vera vita è in Lui e qui siamo tutti insieme”.

Il Velino, Radio Vaticana

Natale 2010. Donati da Bressanone il grande albero e le decorazioni per Piazza San Pietro. Il 17 dicembre la consegna e l'incontro con Benedetto XVI

Quest’anno la Provincia di Bolzano ha l’onore di fornire l’albero di Natale che sarà eretto in Piazza San Pietro durante il periodo natalizio. L’organizzazione di questo evento speciale viene effettuata in collaborazione con il Comune di Bressanone e il distretto degli Schützen della Valle Isarco. Oltre all’albero alto circa 30 metri che abbellirà la piazza, una cinquantina di alberi più piccoli saranno allestiti nei diversi vani del Vaticano, ed alcuni di essi dovranno essere addobbati. Così circa quaranta Donne del “Katholische Frauenbewegung”, Movimento delle donne cattoliche di Millan, Sant'Andrea, Scezze e Albes si sono messe al lavoro per preparare con le proprie mani la decorazione di questi alberi. Durante alcune serate di lavoro comune così sono state prodotte oltre 300 stelle di paglia ornamentale con fili rossi, che ora sono state consegnate al Comune di Bressanone e ai rappresentanti del distretto degli Schützen e saranno portati a Roma dalla delegazione che accompagnerà gli alberi di natale. Il sindaco Albert Pürgstaller ha ringraziato le donne per il loro importante contributo, affermando che il fatto di poter partecipare su invito della Provincia e in collaborazione con il distretto degli Schützen ai preparativi per la fornitura dell’albero di Natale al Vaticano è un grande onore per il Comune. L’incontro con il Santo Padre a Roma sarà un’altra occasione per rinforzare ulteriormente il legame esistente tra la città di Bressanone e Papa Benedetto XVI, che qui ha trascorso le vacanze più volte. Anche il Decano del Duomo Ivo Muser, il quale parteciperà alla consegna dell’albero nella Santa Sede, ha ringraziato il gruppo di donne dicendo che con queste stelle di paglia non solo un pezzo dell’Alto Adige sarà presente a Roma durante il periodo di Natale, ma che esse simboleggiano anche il rapporto esistente tra la nostra Provincia e Papa Benedetto e la Chiesa universale intera. Ha, inoltre, messo in evidenza il significato della stella come uno dei simboli centrali del cristianesimo e della Festa di Natale. Assieme agli alberi, le stelle saranno trasportate a Roma all’inizio di dicembre. Il 17 dicembre avranno luogo la consegna ufficiale da parte della Provincia di Bolzano e l’incontro con il Santo Padre.

Alessandro Natale, Notiziario Italiano.it