Il Papa ha celebrato questa mattina una Messa in suffragio di Manuela Camagni, la Memor Domini della famiglia pontificia, scomparsa il 24 novembre scorso. “Per me vivere è Cristo e morire un guadagno”: il motto della Lettera ai Filippesi è inciso sopra l’altare della Cappella Paolina. È qui che Benedetto XVI ha voluto riunirsi con tutta la comunità dei Memores Domini di Roma (i presenti erano circa 80). Un modo per farsi vicino alla comunità dei Memores, e per stringersi lui stesso in loro compagnia, non avendo potuto celebrare personalmente le esequie. In prima fila, come sempre, Carmela, Cristina e Loredana, e due assistenti del Pontefice della Famiglia spirituale l’Opera. Poco più indietro il capo della Guardia svizzzera e quello della Gendarmeria, oltre che il direttore de L’Osservatore Romano. A concelebrare don Julian Carron, presidente della Fraternità di Cl, mons. Georg Gaenwein, mons. Alin de Raemy, cappellano della Guardia Svizzera, mons. Ettore Balestrero, sottosegretario di Stato, mons. Alberto Ortega, officiale della Segreteria di Stato. “Memoria vivace”: questa espressione è stata più volte ripetuta da Benedetto XVI a ricordare la figura di Manuela, pare quasi di vederla, “vergine saggia, prudente” che proprio lo scorso 29 novembre, giorno dei funerali si apprestava a festeggiare i suoi 30 anni nei Memores Domini. Un anniversario a cui si preparava “con grande gioia” ha ricordato il Papa. L’omelia è tutta a braccio. Il Papa ha ricordato con profonda gratitudine la testimonianza di fede, saggezza e carità della laica consacrata e si è soffermato su cosa significhi “memoria di Dio”. Riprendendo San Bonaventura, Benedetto XVI ha incentrato la sua omelia sul tema della memoria di Dio, vissuta quotidianamente con gioia da Manuela Camagni. Proprio perché “questa memoria è iscritta nel nostro essere – ha detto il Papa – possiamo ricordarci, vedere le Sue tracce” nel Creato. Una memoria, ha osservato, che “non è solo memoria di un passato, perché l’origine è presente, è memoria della presenza del Signore”. “E’ anche memoria del futuro, perché è certezza che veniamo dalla bontà di Dio e siamo chiamati ad arrivare alla bontà di Dio. Perciò in questa memoria è presente l’elemento della gioia, la nostra origine nella gioia che è Dio e la nostra chiamata ad arrivare alla grande gioia. E sappiamo che Manuela era una persona interiormente penetrata dalla gioia, proprio di quella gioia che proviene dalla memoria di Dio”. Tuttavia, ha avvertito il Santo Padre, la nostra memoria, come la nostra esistenza, “è ferita dal peccato”. La memoria di Dio è dunque “oscurata”, “coperta da altre memorie superficiali” che non permettono di andare fino in fondo, fino alla vera memoria. Proprio a causa di questo “oblio di Dio”, è stata la riflessione del Papa, anche la gioia è coperta, oscurata e la cerchiamo perciò “in diversi luoghi”. “Vediamo oggi questa ricerca disperata della gioia che si allontana sempre più dalla sua vera fonte, dalla vera gioia. Oblio di Dio, oblio della nostra vera memoria: Manuela non era di quelli che avevano dimenticato la memoria, ha vissuto proprio nella viva memoria del Creatore. Nella gioia della Sua relazione, vedendo la trasparenza di Dio in tutto il Creato, anche negli avvenimenti quotidiani della nostra vita, ha compreso che da questa memoria viene la gioia”. In quanto Memor Domini, ha detto ancora il Papa, Manuela sapeva che Dio è più forte della morte, è fonte di vita eterna: “Dio non è un Dio dei morti, è un Dio dei vivi e chi fa parte del nome di Dio, chi sta nella memoria di Dio è vivo, anzi, noi uomini, con la nostra memoria possiamo conservare solo purtroppo un’ombra delle persone che abbiamo amato. Ma la memoria di Dio non conserva solo ombre, è origine di vita: qui vivono i morti, nella Sua vita e con la Sua vita sono entrati nella memoria di Dio che è vita”. Il Papa ha concluso la sua omelia, sottolineando che nella liturgia rinnovata dopo il Concilio Vaticano II, si canta l’Alleluia anche nella Messa per i defunti. Noi, ha riconosciuto, “sentiamo soprattutto il dolore della perdita, sentiamo l’assenza, il passato”. Ma, ha aggiunto, la “liturgia sa che noi siamo nello stesso Corpo di Cristo” e viviamo nella memoria di Dio: “In questo incrocio della Sua memoria e della nostra memoria siamo uniti, siamo vivi e preghiamo il Signore che sempre più possiamo sentire questa comunione di memoria, che la nostra memoria di Dio in Cristo diventi sempre più viva e così possiamo sentire che la nostra vera vita è in Lui e qui siamo tutti insieme”.Il Velino, Radio Vaticana