di Raffaella
Su L'Osservatore Romano di ieri sono stati pubblicati stralci di un documento che non esito a definire storico. Esso ci permette di verificare dal punto di vista cronologico la perfetta coerenza di Joseph Ratzinger, cardinale e Papa. Esiste, infatti, a mio avviso, un filo rosso ininterrotto che collega quelle tre lettere del 1988 alle norme sui delitti più gravi del 2001, passando poi per la Via Crucis del 2005, approdando ai primi incontri del Papa con le vittime di abusi, alla Lettera del Papa ai Cattolici irlandesi per poi arrivare alle modifiche della normativa sui delitti più gravi del 2010 e, da ultimo, ad alcune risposte raccolte nel libro intervista "Luce del mondo". Con buona pace dei commentatori (quelli che oggi si sono espressi e quelli che hanno tenuto la bocca chiusa) non c'è alcun cambiamento nella posizione dell'attuale Papa. Egli per primo, già nel lontano 1988, intuì la gravità e l'estensione di certi comportamenti chiedendo prima una revisione delle norme penali, anche in via interpretativa, e poi ottenendo il riconoscimento della competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede in materia di delitti più gravi elencati tassativamente, purtroppo solo nel 2001. Alla luce delle tre lettere pubblicate ieri riusciamo a tracciare un percorso che parte dal 1988 ed arriva al 2010 con una coerenza che definirei granitica. Cerchiamo di ricostruire questo percorso.
Nel 1988 alla Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) è riservato il giudizio sulle "richieste di dispensa dagli oneri sacerdotali assunti con l'ordinazione". Il card. Ratzinger, con lettera del 19 febbraio 1988, scrive al card. José Rosalío Castillo Lara, presidente della Pontificia Commissione per l'Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico e denuncia il fatto che la CDF "nell'esaminare le petizioni di dispensa dagli oneri sacerdotali, incontra casi di sacerdoti che, durante l'esercizio del loro ministero, si sono resi colpevoli di gravi e scandalosi comportamenti, per i quali il cjc, previa apposita procedura, prevede l'irrogazione di determinate pene, non esclusa la riduzione allo stato laicale". Il card. Ratzinger chiede un parere tecnico-giuridico al suo collega per verificare se sia possibile "prevedere, in casi determinati, una procedura più rapida e semplificata", ovviamente per la concessione delle dispense. Lamenta implicitamente il fatto che la dispensa venga considerata una "grazia" e non una "punizione" compromettendo così il bene dei fedeli in presenza di eventi delittuosi gravi.
Importantissima implicazione: la lettera del card. Ratzinger presuppone che la responsabilità giuridica in materia penale ricada sugli Ordinari o sui superiori religiosi, come risulta dalla lettera del Codex. Ed ecco che qui capiamo perfettamente il cosiddetto "caso" Kiesle. In quel caso era il reo a chiedere la dispensa, che è cosa ben diversa dalla riduzione allo stato laicale, che è imposta e quindi ha carattere punitivo. Il card. Ratzinger voleva effettivamente accelerare la procedura ma c'erano comunque delle difficoltà indipendenti dalla sua volontà. All'epoca non era facile "spretare" una persona prima dei 40 anni. Il card. José Rosalío Castillo Lara risponde con lettera del 10 marzo 1988. Egli comprende "la preoccupazione del card. Ratzinger per il fatto che gli Ordinari interessati non abbiano esercitato prima la loro potestà giudiziaria per punire adeguatamente, anche a tutela del bene comune dei fedeli, tali delitti", ma afferma che "cercare di semplificare ulteriormente la procedura giudiziaria per infliggere o dichiarare sanzioni tanto gravi come la dimissione dallo stato clericale...non sembra affatto conveniente". I motivi addotti sono prettamente giuridici: accelerare la procedura significava, secondo il card. Lara, pregiudicare il diritto di difesa. Le considerazioni del card. José Rosalío Castillo Lara sono squisitamente giuridiche. Nessun appunto possiamo muovere al porporato perchè stiamo parlando di norme penali che non possono essere interpretate discrezionalmente o "forzate" attraverso l'interpretazione della lettera dei canoni. In altre parole: per fare qualcosa serviva modificare il codice. Il 14 maggio 1988, come è nel suo stile, il card. Ratzinger risponde ringraziando il suo collega per il chiarimento.
Ma non si arrende. Torna alla carica ma con argomenti diversi. Lascia perdere il Codice di diritto canonico e fa leva sulla Costituzione Apostolica "Pastor bonus", il cui art. 52 così recita: La CDF "giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano ad essa segnalati e, all'occorrenza, procede a dichiarare o ad infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio". Ancora però non ci siamo perchè la Costituzione non elenca quali sono i delitti più gravi. La norma resta quindi sostanzialmente inapplicata come una cornice sprovvista del contenuto. Serve un elenco tassativo perchè stiamo parlando di norme penali. Occorreva, in altre parole, rendere effettivo l'art. 52 appena citato. Finalmente, nel 2001, Giovanni Paolo II riempiva il vuoto normativo assegnando alla CDF la competenza esclusiva sui delitti più gravi. Ciò avvenne con il Motu Proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" del 2001. Contestualmente veniva promulgata la lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede "Ad exsequendam ecclesiasticam legem", nota come "De delictis gravioribus". Finalmente nel 2001 il card. Ratzinger vide soddisfatta la richiesta del 1988. Inoltre, come afferma Juan Ignacio Arrieta, "dopo il 2001, sulla base dell'esperienza giuridica che affiorava, il card. Ratzinger ha ottenuto da Giovanni Paolo II nuove facoltà e dispense per gestire le varie situazioni, giungendo addirittura alla definizione di nuove fattispecie penali". Nel 2003 vengono elaborate le linee guida antipedofilia, con regolamento interno al Dicastero della Congregazione per la Fede, rese note al pubblico solo nel 2010. Ora capiamo meglio anche il senso della famosissima meditazione del card. Ratzinger sulla "sporcizia nella Chiesa" durante la Via Crucis del 2005. Egli sapeva perfettamente di che cosa stava parlando. Una volta eletto Papa, Joseph Ratzinger non ha certo interrotto ma, anzi, ha intensificato la sua attività di pulizia e di purificazione. Nel 2006 incontra i vescovi irlandesi e pronuncia un durissimo discorso. Ieri abbiamo appreso che già nel settembre 2007 Papa Benedetto XVI ha conferito mandato al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi di elaborare una bozza con alcune proposte per la riforma del libro vi del Codex iuris canonici, base del sistema penale della Chiesa. Ben prima che scoppiassero gli scandali dei preti pedofili in tutta Europa o, meglio, che i media si accorgessero che esisteva questa piaga. A partire dal viaggio negli Stati Uniti il Papa non ha mancato di incontrare le vittime dei preti pedofili. Lo ha fatto a Washington, a Sydney, a Roma, a Malta ed a Londra. E' il primo Papa in assoluto a fornire conforto diretto alle vittime, come è il primo Pontefice a dedicare una Lettera Pastorale al tema specifico degli abusi. E' del marzo 2010 la pubblicazione della Lettera ai Cattolici Irlandesi. L'attività del Santo Padre è proseguita con l'approvazione delle "Modifiche introdotte nelle Normae de gravioribus delictis" del luglio 2010. Ma non è finita qui! Nel libro intervista "Luce del mondo", il Santo Padre risponde ad una domanda specifica di Seewald: qui il testo, che trova una perfetta corrispondenza con il quarto paragrafo della Lettera agli Irlandesi. Il prossimo passo sarà la modifica del Codice di diritto canonico. Tutto questo non dimostra forse l'assoluta e perfetta coerenza di Joseph Ratzinger? C'è davvero un filo rosso che collega tutti i suoi interventi e le sue decisioni. Finora avevamo solo dei tasselli. Da ieri sera vediamo l'intero mosaico. C'è da essere orgogliosi di vivere sotto questo Pontificato.