lunedì 31 dicembre 2012

Benedetto XVI visita il presepe di Piazza San Pietro. Il presidente della Basilicata: i lucani, spesso considerati ultimi, secondo il precetto evangelico, si sono sentiti chiamati ad essere per una volta primi

Dopo i Primi Vespri e il canto del 'Te Deum', il Papa è arrivato poco prima delle 19.00 in vettura panoramica davanti al presepe di Piazza San Pietro dove ha sostato in preghiera per alcuni minuti e dove ha potuto apprezzare anche la bellezza della scenografia natalizia sistemata accanto al gigantesco albero di natale. "La benedizione impartita oggi dal Santo Padre Benedetto XVI al presepe lucano ambientato nei Sassi di Matera è qualcosa che coinvolge direttamente i credenti ma che va anche oltre il pur preminente messaggio spirituale", è il commento affidato ad una nota da Vito De Filippo, presidente della Regione Basilicata che ha fornito il presepe. "E' motivo di orgoglio e forza per riflettere su un anno difficile che si chiude ed affrontare con il giusto slancio e la dovuta umiltà uno che richiederà un impegno almeno pari. In questo momento difficile a livello globale - prosegue De Filippo - mi piace cogliere nello sguardo del Santo Padre rivolto al presepe un attenzione a quel carattere lucano pacato, schivo e sobrio che incarna uno spirito che ben si attaglia a questi tempi. I lucani, spesso considerati ultimi, questa sera, secondo il precetto evangelico, si sono sentiti chiamati ad essere per una volta primi, avvertendo, a partire da me, quest oprivilegio come un impegno a migliorare ancora ed esaltare ulteriormente il proprio patrimonio di fede e di virtù civili nell'interesse della Basilicata e non solo".

TMNews

Il Papa: nel Verbo fatto carne è possibile, sempre nuovamente, trovare la vera identità dell’uomo, che si scopre destinatario dell’infinito amore di Dio e chiamato alla comunione personale con Lui. Questa verità, che Gesù Cristo è venuto a rivelare, è la certezza che ci spinge a guardare con fiducia all’anno che stiamo per iniziare

Questo pomeriggio, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto i primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, cui sono seguiti l’esposizione del Santissimo Sacramento, il canto del tradizionale inno "Te Deum" di ringraziamento a conclusione dell’anno civile, e la benedizione eucaristica.
“Quale che sia stato l’andamento dell’anno, facile o difficile, sterile o ricco di frutti - ha detto il Papa nella sua omelia - noi rendiamo grazie a Dio”. Nel Te Deum, ha spiegato il Papa, “è contenuta una saggezza profonda, quella saggezza che ci fa dire che, nonostante tutto, c’è del bene nel mondo, e questo bene è destinato a vincere grazie a Dio, il Dio di Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto”. Certo, “a volte è difficile cogliere questa profonda realtà, poiché il male fa più rumore del bene; un omicidio efferato, delle violenze diffuse, delle gravi ingiustizie fanno notizia; al contrario i gesti di amore e di servizio, la fatica quotidiana sopportata con fedeltà e pazienza rimangono spesso in ombra, non emergono”. Anche per questo motivo “non possiamo fermarci solo alle notizie se vogliamo capire il mondo e la vita; dobbiamo essere capaci di sostare nel silenzio, nella meditazione, nella riflessione calma e prolungata; dobbiamo saperci fermare per pensare”. In questo modo “il nostro animo può trovare guarigione dalle inevitabili ferite del quotidiano, può scendere in profondità nei fatti che accadono nella nostra vita e nel mondo, e giungere a quella sapienza che permette di valutare le cose con occhi nuovi”. “Soprattutto nel raccoglimento della coscienza, dove ci parla Dio - ha aggiunto il Pontefice -, si impara a guardare con verità le proprie azioni, anche il male presente in noi e intorno a noi, per iniziare un cammino di conversione che renda più saggi e più buoni, più capaci di generare solidarietà e comunione, di vincere il male con il bene”.
Il cristiano è “un uomo di speranza, anche e soprattutto di fronte al buio che spesso c’è nel mondo e che non dipende dal progetto di Dio ma dalle scelte sbagliate dell’uomo”. L’Anno della fede “vuole suscitare nel cuore di ciascun credente una maggiore consapevolezza che l’incontro con Cristo è la sorgente della vera vita e di una solida speranza”. La fede in Gesù permette “un costante rinnovamento nel bene e la capacità di uscire dalle sabbie mobili del peccato e di ricominciare di nuovo. Nel Verbo fatto carne è possibile, sempre nuovamente, trovare la vera identità dell’uomo, che si scopre destinatario dell’infinito amore di Dio e chiamato alla comunione personale con Lui. Questa verità, che Gesù Cristo è venuto a rivelare, è la certezza che ci spinge a guardare con fiducia all’anno che stiamo per iniziare”. La Chiesa “sa bene che il Vangelo è destinato a tutti gli uomini, in particolare alle nuove generazioni, per saziare quella sete di verità che ognuno porta nel cuore e che spesso è offuscata dalle tante cose che occupano la vita”. Questo impegno apostolico è “tanto più necessario quando la fede rischia di oscurarsi in contesti culturali che ne ostacolano il radicamento personale e la presenza sociale”. Anche Roma è “una città dove la fede cristiana deve essere annunciata sempre di nuovo e testimoniata in maniera credibile”. Da una parte, “il numero crescente di credenti di altre religioni, la difficoltà delle comunità parrocchiali ad avvicinare i giovani, il diffondersi di stili di vita improntati all’individualismo e al relativismo etico”; dall’altra parte, “la ricerca in tante persone di un senso per la propria esistenza e di una speranza che non deluda, non possono lasciarci indifferenti. Come l’Apostolo Paolo ogni fedele di questa Città deve sentirsi debitore del Vangelo verso gli altri abitanti”.
Proprio per questo, ormai da diversi anni, ha sottolineato il Papa, “la nostra diocesi è impegnata ad accentuare la dimensione missionaria della pastorale ordinaria”, affinché i credenti “possano diventare discepoli e testimoni coerenti di Gesù Cristo”. A questa “coerenza di vita” sono chiamati “in modo del tutto particolare i genitori cristiani”. In realtà, “la complessità della vita in una grande città come Roma e una cultura che appare spesso indifferente nei confronti di Dio, impongono di non lasciare soli i padri e le madri in questo compito così decisivo, anzi, di sostenerli e accompagnarli nella loro vita spirituale”. Il Pontefice ha evidenziato che “è necessario un impegno generoso per sviluppare gli itinerari di formazione spirituale che dopo il battesimo dei bambini accompagnino i genitori a tenere viva la fiamma della fede”. È altresì importante “costruire un rapporto di cordiale amicizia anche con quei fedeli che, dopo aver battezzato il proprio bambino, distolti dalle urgenze della vita quotidiana, non mostrano grande interesse a vivere questa esperienza”. Poi “per poter annunciare il Vangelo e permettere a quanti ancora non conoscono Gesù, o lo hanno abbandonato, di varcare nuovamente la porta della fede e vivere la comunione con Dio, è indispensabile conoscere in maniera approfondita il significato delle verità contenute nella professione di fede”. Di qui l’impegno “per una formazione sistematica degli operatori pastorali”. “Anche oggi - ha affermato il Santo Padre - la Chiesa di Roma è chiamata ad annunciare e testimoniare instancabilmente la ricchezza del Vangelo di Cristo. Questo anche sostenendo quanti vivono situazioni di povertà e di emarginazione, come pure le famiglie in difficoltà, specialmente quando devono assistere persone malate e disabili”. Di qui l’auspicio che “le Istituzioni ai vari livelli non faranno mancare la loro azione affinché tutti i cittadini abbiano accesso a quanto è essenziale per vivere dignitosamente”.

SIR

CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO E TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO PER L’ANNO TRASCORSO - il testo integrale dell'omelia del Papa
 

domenica 30 dicembre 2012

Il saluto di Benedetto XVI ai partecipanti alla Messa a Madrid: la gioia di condividere la vita sotto la protezione di Dio ci sproni a rendere il mondo una vera casa, un luogo di armonia, solidarietà e rispetto reciproco

Anche nei saluti in varie lingue, dopo la recita dell'Angelus, il Pontefice ha posto l’accento sulla Santa Famiglia, che “Dio ha dato all’umanità – ha affermato in francese – come modello dei valori umani e familiari. Il Figlio di Dio ha voluto nascere in una famiglia e ha dato così a questa il suo nobile significato e il suo ruolo insostituibile per l’individuo e per la società. La famiglia è il luogo naturale di sviluppo del bambino. È il terreno primo e indispensabile dove si radica e si costruisce la persona e i suoi legami umani”. In spagnolo un saluto da Roma il Santo Padre lo ha fatto giungere anche “ai numerosi partecipanti all’Eucaristia che si celebra a Madrid nella Festa della Santa Famiglia. Che Gesù, Maria e Giuseppe siano un esempio della fede che fa brillare l’amore e rinforza la vita delle famiglie. Per loro intercessione, chiediamo che la famiglia continui a essere un dono prezioso per ciascuno dei suoi membri e una speranza solida per tutta l’umanità. E che la gioia di condividere la vita sotto la protezione di Dio, che impariamo da bambini dalle labbra dei nostri genitori, ci sproni a rendere il mondo una vera casa, un luogo di armonia, solidarietà e rispetto reciproco”. Con questo proposito, ha aggiunto, “rivolgiamoci a Maria, nostra Madre del cielo, affinché accompagni le famiglie nella loro vocazione a essere una vera forma di Chiesa domestica e cellula originaria della società”. In polacco ha detto: “Auguro che le vostre famiglie siano penetrate dalla presenza di Dio, ricolme di amore e fiducia e caratterizzate da reciproco rispetto e comprensione. La Santa Famiglia vi aiuti a superare le difficoltà della vita”. “A tutti auguro una buona domenica e una fine d’anno nella luce e nella pace del Signore”, ha concluso in italiano.

SIR
 

Il Papa: l’amore, la fedeltà e la dedizione di Maria e Giuseppe siano di esempio per tutti gli sposi cristiani, che non sono gli amici o i padroni della vita dei loro figli, ma i custodi di questo dono incomparabile di Dio

A mezzogiorno di oggi, festa della Santa Famiglia di Nazaret, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Nella liturgia il brano del Vangelo di Luca ci presenta la Vergine Maria e San Giuseppe che, fedeli alla tradizione, salgono a Gerusalemme per la Pasqua insieme con Gesù dodicenne”, ha ricordato il Papa. La prima volta in cui Gesù era entrato nel Tempio del Signore “era stata quaranta giorni dopo la sua nascita, quando i suoi genitori avevano offerto per lui ‘una coppia di tortore o di giovani colombi’, cioè il sacrificio dei poveri”. Infatti, ha osservato il Pontefice, “Luca, il cui intero Vangelo è pervaso da una teologia dei poveri e della povertà, fa capire … che la famiglia di Gesù era annoverata tra i poveri di Israele; ci fa capire che proprio tra loro poteva maturare l’adempimento della promessa”. Gesù “oggi è di nuovo nel Tempio, ma questa volta ha un ruolo differente, che lo coinvolge in prima persona. Egli compie, con Maria e Giuseppe, il pellegrinaggio a Gerusalemme secondo quanto prescrive la Legge, anche se non aveva ancora compiuto il tredicesimo anno di età: un segno della profonda religiosità della Santa Famiglia. Quando, però, i suoi genitori ripartono per Nazaret, avviene qualcosa di inaspettato: Egli, senza dire nulla, rimane nella Città”. Per tre giorni “Maria e Giuseppe lo cercano e lo ritrovano nel Tempio, a colloquio con i maestri della Legge; e quando gli chiedono spiegazioni, Gesù risponde che non devono meravigliarsi, perché quello è il suo posto, quella è la sua casa, presso il Padre, che è Dio”. A questo proposito il Santo Padre ha ricordato un’omelia di Origene sul Vangelo di Luca: “Egli professa di essere nel tempio di suo Padre, quel Padre che ha rivelato a noi e del quale ha detto di essere Figlio”. “La preoccupazione di Maria e Giuseppe per Gesù – ha spiegato Benedetto XVI - è la stessa di ogni genitore che educa un figlio, lo introduce alla vita e alla comprensione della realtà”. Oggi pertanto è “doverosa una speciale preghiera al Signore per tutte le famiglie del mondo. Imitando la santa Famiglia di Nazaret, i genitori si preoccupino seriamente della crescita e dell’educazione dei propri figli, perché maturino come uomini responsabili e onesti cittadini, senza dimenticare mai che la fede è un dono prezioso da alimentare nei propri figli anche con l’esempio personale”. Nello stesso tempo “preghiamo perché ogni bambino venga accolto come dono di Dio, sia sostenuto dall’amore del padre e della madre, per poter crescere come il Signore Gesù ‘in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini’. L’amore, la fedeltà e la dedizione di Maria e Giuseppe siano di esempio per tutti gli sposi cristiani, che non sono gli amici o i padroni della vita dei loro figli, ma i custodi di questo dono incomparabile di Dio”. Di qui l’auspicio: “Il silenzio di Giuseppe, uomo giusto, e l’esempio di Maria, che custodiva ogni cosa nel suo cuore, ci facciano entrare nel mistero pieno di fede e di umanità della Santa Famiglia”. Il Papa ha, quindi, augurato “a tutte le famiglie cristiane di vivere alla presenza di Dio con lo stesso amore e con la stessa gioia della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS
 

Te Deum per il gigante Benedetto XVI. Nella testimonianza 'fortissima' del Papa il rapporto con Gesù ritorna ad essere vita e cultura. E scuote una Chiesa che corre il pericolo di sottomettersi al criterio del mondo

di Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio

Il Te Deum per un anno trascorso è come un dialogo profondo tra il cuore nostro e quello di Dio. È guardando a Lui che vengono a galla le linee portanti delle sue grandezze, di nuove strade aperte e di nuovi cammini. Il primo grazie a Dio è per la presenza di Benedetto XVI, questo gigante mite e fortissimo che sostiene il cammino della Chiesa infondendole luce ed energia e quella novità che rende il cristiano un uomo “grande”. Abbiamo imparato tutti i giorni dalla grandezza del Papa. Ho avuto la straordinaria opportunità di stare al suo fianco durante il recente Sinodo in cui la sua presenza, testimonianza e insegnamento ci hanno garantito l’azione dello Spirito Santo in quei giorni. Questa sua gigantesca testimonianza diviene offerta per l’Anno della Fede in cui sarà ancora possibile, seguendo il Papa, ritornare alla fede nella sua esperienza originale: incontro con Gesù Cristo, Figlio di Dio, che ci viene incontro nel mistero della sua Chiesa e che ci coinvolge in un cammino di sequela di Lui che ci conduce più vicino al cambiamento totale della vita: "Quello stupore di una vita rinnovata", di cui il Beato Giovanni Paolo II continua ad essere immagine per il cristianesimo di ogni tempo e quindi anche del nostro. La grandezza testimoniata dal Papa incontra una Chiesa che in più occasioni ha dimostrato una debolezza che non è innanzitutto di carattere morale (debolezza che pure esiste, e di cui parlano e sparlano i mezzi di comunicazione sociale). La debolezza fondamentale della Chiesa nasce dal rifiuto, più o meno consapevole, di ragionare e vivere secondo la cultura che nasce dalla fede. Jacques Maritain aveva detto dopo il Concilio Vaticano II che il pericolo della Chiesa era di inginocchiarsi di fronte al mondo. Siamo deboli perché il fondamento del nostro agire e conoscere non è più la fede, ma il criterio del mondo. Questa mancanza di una cultura cristiana umile e certa è anche la ragione della mancanza di quel coraggio che ci è stato testimoniato dai martiri cristiani che in Asia, Africa e Medio Oriente hanno potuto dire, come Asia Bibi: "Se tu mi condanni perché sono cristiana sono contenta". Bisogna pregare molto perché la fede diventi cultura e concezione di vita e realtà che diventa impeto di comunicazione e missione ai nostri fratelli uomini. La debolezza della Chiesa incontra quella situazione di inconsistenza che caratterizza la vita della società: l’individualismo consumista, il disprezzo di sé e dell’altro se non riducibile a un nostro possesso, la tendenza ad ottenere sempre il massimo benessere possibile. Tutto ciò fa della società un campo di violenza a cui ci stiamo abituando senza accorgerci. La violenza che va dal disgregamento della famiglia a quello della società, dai suicidi e gli omicidi come soluzione ai problemi, alla manipolazione della vita fin dal concepimento. Questo mondo, in cui la Chiesa di Dio è chiamata ad essere presente con quella carica di umanità nuova, sta vivendo una tragedia di proporzioni cosmiche, le cui vicende socio-politiche fanno solo da contrappunto alla vastità del dramma in cui il nostro popolo è chiamato a vivere. E qui il Te Deum si fa preghiera sommessa e certa che Dio ci conceda la sua protezione e renda in nostri fratelli uomini leali con loro stessi e capaci di una rinnovata responsabilità umana.

Tempi.it

sabato 29 dicembre 2012

Il Papa: giovani, Cristo non vi toglie dal mondo. Vi manda là dove la luce manca, perché la portiate ad altri. Sì, siete tutti chiamati ad essere delle piccole luci per quanti vi circondano. Perchè non perdiate la fiducia Dio non vi lascia soli e isolati

Nel suo discorso, il Papa ha dato il benvenuto ai giovani della Comunità di Taizè: “Siete venuti molto numerosi, da tutta l’Europa – ha notato il Papa - e anche da altri continenti, per pregare presso le tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo… La fede che animava questi due grandi Apostoli di Gesù è anche quella che vi ha messi in cammino. Durante l’anno che sta per iniziare, voi vi proponete di liberare le sorgenti della fiducia in Dio per viverne nel quotidiano. Mi rallegro che voi incontriate in tal modo l’intenzione dell’Anno della fede iniziato nel mese di ottobre”. Poi Benedetto XVI ha citato le parole che il suo predecessore Giovanni Paolo II aveva detto loro durante il terzo Incontro a Roma il 30 dicembre 1987: "'Il Papa si sente profondamente impegnato con voi in questo pellegrinaggio di fiducia sulla terra Anch'io sono chiamato ad essere un pellegrino di fiducia in nome di Cristo'". "Poco più di 70 anni fa, Fratel Roger ha dato vita alla comunità di Taizé. Questa continua a veder venire a sé migliaia di giovani di tutto il mondo, alla ricerca di un senso per la loro vita - ha ricordato Benedetto XVI -, i Fratelli li accolgono nella loro preghiera e offrono ad essi l'occasione di fare l'esperienza di una relazione personale con Dio. Per sostenere questi giovani nel loro cammino verso Cristo, Fratel Roger ebbe l'idea di cominciare un 'pellegrinaggio di fiducia sulla terra'". "Testimone instancabile del Vangelo della pace e della riconciliazione, animato dal fuoco di un ecumenismo della santità, Fratel Roger ha incoraggiato tutti coloro che passano per Taizé a diventare dei cercatori di comunione. Lo dissi all'indomani della sua morte: 'Dovremmo ascoltare dal di dentro il suo ecumenismo vissuto spiritualmente e lasciarci condurre dalla sua testimonianza verso un ecumenismo veramente interiorizzato e spiritualizzato'. Sulle sue orme - ha concluso il Pontefice -, siate tutti portatori di questo messaggio di unità".
"Vi assicuro dell'impegno irrevocabile della Chiesa Cattolica a proseguire la ricerca di vie di riconciliazione per giungere all'unità visibile dei cristiani. E questa sera vorrei salutare con affetto tutto particolare quanti tra voi sono ortodossi o protestanti". Il Pontefice ha sottolineato che anche “oggi, Cristo vi pone la domanda che rivolse ai suoi discepoli: ‘Chi sono io per voi?’ e “desidera ricevere anche da ciascuno di voi una risposta che venga non dalla costrizione né dalla paura, ma dalla vostra libertà profonda. Rispondendo a tale domanda la vostra vita troverà il suo senso più forte”. L’invito che Benedetto XVI ha fatto ai giovani è quello che “durante questi giorni a Roma, possiate lasciar crescere nei vostri cuori questo sì a Cristo, approfittando specialmente dei lunghi tempi di silenzio che occupano un posto centrale nelle vostre preghiere comunitarie, dopo l’ascolto della Parola di Dio”. "A volte il male e la sofferenza degli innocenti creano in voi il dubbio e il turbamento. E il sì a Cristo può diventare difficile. Ma questo dubbio non fa di voi dei non credenti! Gesù non ha respinto l’uomo del Vangelo che gridò: 'Credo; aiuta la mia incredulità!'. Perché in questo combattimento voi non perdiate la fiducia, Dio non vi lascia soli e isolati. Egli dà a tutti noi la gioia e il conforto della comunione della Chiesa", ma “questa comunione che è il Corpo di Cristo ha bisogno di voi e voi avete in esso tutto il vostro posto. A partire dai vostri doni, da ciò che è specifico di ognuno di voi, lo Spirito Santo plasma e fa vivere questo mistero di comunione che è la Chiesa”.
Ed ecco il mandato: “Tornando a casa, nei vostri diversi Paesi, vi invito a scoprire che Dio vi fa corresponsabili della sua Chiesa, in tutta la varietà delle vocazioni. Questa comunione che è il Corpo di Cristo ha bisogno di voi e voi avete in esso tutto il vostro posto. A partire dai vostri doni, da ciò che è specifico di ognuno di voi, lo Spirito Santo plasma e fa vivere questo mistero di comunione che è la Chiesa, al fine di trasmettere la buona novella del Vangelo al mondo di oggi”. Preghiera, ascolto, silenzio, canto “un sostegno e un’espressione incomparabile della preghiera.” Un modo per aprirsi al mistero. “Cantando Cristo - ha detto il Papa - voi vi aprite anche al mistero della sua speranza. Non abbiate paura di precedere l’aurora per lodare Dio. Non sarete delusi”. "Cari giovani amici, Cristo non vi toglie dal mondo. Vi manda là dove la luce manca, perché la portiate ad altri. Sì, siete tutti chiamati ad essere delle piccole luci per quanti vi circondano. Con la vostra attenzione a una più equa ripartizione dei beni della terra, con l'impegno per la giustizia e per una nuova solidarietà umana, voi aiuterete quanti sono intorno a voi a comprendere meglio come il Vangelo ci conduca al tempo stesso verso Dio e verso gli altri. Così, con la vostra fede - ha concluso il Pontefice -, contribuirete a far sorgere la fiducia sulla terra. Siate pieni di speranza. Dio vi benedica, con i vostri familiari e amici!".

SIR, TMNews, Korazym.org

MOMENTO DI PREGHIERA CON I GIOVANI GIUNTI PELLEGRINI A ROMA PER IL 35° INCONTRO EUROPEO DEI GIOVANI CONVOCATO DALLA COMUNITÀ DI TAIZÉ - il testo integrale del discorso del Papa
 

Benedetto XVI presiede un momento di preghiera con i 40mila giovani del 35° Incontro europeo della Comunità di Taizè. Il priore: Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci separa, ci uniscono un solo Battesimo e la stessa Parola di Dio

Questo pomeriggio, sul Sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto un momento di preghiera con i circa 40mila giovani pellegrini giunti a Roma in occasione del 35° Incontro europeo dei giovani convocato dalla Comunità di Taizé e in corso nella capitale dal 28 dicembre al 2 gennaio 2013. “Siamo venuti da tutta l’Europa e da altri continenti, apparteniamo a confessioni diverse. Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci separa: ci uniscono un solo Battesimo e la stessa Parola di Dio”. Con queste parole ha esordito frère Alois, priore della comunità di Taizè nel suo saluto rivolto al Pontefice. “Questa sera – ha aggiunto - siamo venuti intorno a Lei a celebrare questa unità, vera anche se non ancora pienamente compiuta”. Il religioso ha ricordato che “frère Roger ha lasciato in eredità alla nostra comunità la sua preoccupazione di trasmettere il Vangelo, particolarmente ai giovani. Era davvero cosciente che le separazioni fra i cristiani sono un ostacolo alla trasmissione della fede. Ha aperto percorsi di riconciliazione che non abbiamo ancora finito di esplorare. Ispirati dalla sua testimonianza, moltissimi sono coloro che vorrebbero anticipare la riconciliazione attraverso la loro vita, vivere già da riconciliati”. Frère Alois ha notato che “la ricerca di una relazione personale con Dio è il fondamento di questo passo. Questo ecumenismo della preghiera non incoraggia una facile tolleranza. Favorisce un reciproco ascolto e un dialogo vero”. Il priore ha poi ricordato che “l’ultima lettera scritta da frère Roger, proprio prima della sua morte violenta, era indirizza a Lei, Santo Padre, per dirLe che la nostra comunità voleva camminare in comunione con Lei. Neppure possiamo dimenticare quanto, dopo questa tragica morte, il Suo sostegno ci è stato prezioso per incoraggiarci ad andare avanti. Allora vorrei dirLe ancora l’affetto profondo dei nostri cuori, per la Sua persona e per il Suo ministero”. Il momento è terminato con la consegna al Papa di “un segno di speranza” di giovani ruandesi, con i quali la comunità ha avuto un incontro il mese scorso, dei semi di sorgo, affinché crescano in Europa, magari proprio nei Giardini Vaticani.

SIR

'Pontifex', sito web molto poco cattolico, che fa breccia sui media per le sue deliranti affermazioni. La Santa Sede rifiuta al direttore gli accrediti alla Sala Stampa vaticana e ribadisce che le sue posizioni non corrispondono a quelle della Chiesa

Su una sola cosa, almeno, con il Vaticano, anzi con "loro", è d'accordo: «Non ho niente a che fare con loro, quando mai abbiamo sostenuto che siamo la voce del Vaticano?». Poi si fa una risatina: "Sulla storia di Twitter e del nome "Pontifex", se proprio vogliamo essere precisi, saremmo noi a potere piuttosto fare causa al Vaticano: abbiamo registrato il nome del sito dal 2007, se poi scelgono lo stesso nome per i tweet del Papa fatti loro, ma è da dilettanti...". Si potrebbe obiettare che il nome latino per Pontefice, ovvero "colui che costruisce ponti", è in uso nella Chiesa da svariati secoli ma pazienza, il punto è un altro: e cioè che dietro al sito Pontifex.roma.it, che un po' per il nome e un po' per le sparate su ebrei, musulmani, gay e donne riesce a fare breccia tra siti e agenzie di stampa, con tanti saluti al new journalism, c'è un signore che si chiama Bruno Volpe, ha 51 anni, si presenta come avvocato e giornalista e criminologo e vive nel quartiere Murat di Bari. Volpe si definisce cattolico, anche se "le nostre posizioni, bene o male, sono più che altro vicine a quelle della Fraternità Pio X", che poi sarebbero i lefebvriani, "ma non condivido alcune posizioni estreme". Prego? "Sulla liturgia, intendo". Ogni tanto alla Santa Sede tocca far sapere che gli è stato rifiutato l'accredito alla sala stampa vaticana e non ci può mettere piede o che le sue posizioni non corrispondono a quelle della Chiesa, ma lui non se la prende, "mi sembrano precisazioni pleonastiche, mai sostenuto il contrario". Don Corsi non lo conosce, "ho saputo della sua esistenza al telegiornale, non è che potessi vietargli di mettere il mio pezzo", ma insomma "rispecchia il mio pensiero e non vedo il motivo di tanto scandalo, ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole, piena solidarietà a don Piero". Nessun problema, e perché mai? Agli scandali che «"anno titolo" ci è abituato, anche perché sono una strategia mediatica: gli annunci di querela a Nanni Moretti e Vauro per "offese" alla religione, commenti del tipo che la morte del ragazzo che montava il palco di Jovanotti a Trieste fosse una sorta di avvertimento divino contro il "libertinaggio" del cantautore, tutto fa brodo, "abbiamo fino a 25mila contatti al giorno". Con l'ausilio di una compagnia di giro che comprende anziani vescovi emeriti, e cioè in pensione, come mons. Giacomo Babini (Grosseto), uno che finì su tutti i giornali perché nell'aprile 2010 comparve una sua intervista nella quale diceva che lo scandalo pedofilia era "un attacco sionista" dei "giudei deicidi", un complotto dei "nemici di sempre del cattolicesimo, ovvero massoni e ebrei". Mons. Babini smentì le parole sui "fratelli ebrei", o fu fatto smentire dalla CEI. Fatto sta che l'emerito ha continuato a rilasciare interviste a Pontifex: pochi mesi dopo sosteneva che fosse "blasfemo e offensivo" far cantare Elton John davanti alla cattedrale di Trani, chiaramente per la sua "vita depravata" in quanto omosessuale, e poi è andato avanti dicendo che l'"Islam è un castigo del Signore", che "il femminicidio deriva anche da un clima di libertinaggio diffuso", che "Mussolini era meglio del gay Vendola" e avanti così. Ogni tanto arrivano le smentite, sempre accompagnate da controsmentite o minacce di querela, come quando il vescovo polacco Tadeus Pieronek negò di aver parlato della Shoah come di una "invenzione ebraica". Di recente, ancora sul governatore pugliese, un'ossessione per Pontifex, è apparsa un'intervista a Odo Fusi Pecci, vescovo naturalmente emerito di Senigallia, che accusava Vendola di "vivere da pervertito", parole come da copione smentite con relativa controsmentita del sito. In rete, come un contrappasso circola la notizia del "consulente legale B. V., 49 anni, del quartiere Murat di Bari", arrestato nel 2011 per stalking contro una ragazza di 26 anni, sms, telefonate, email, agguati, un fegato animale sul citofono, finché venne sorpreso mentre con una bomboletta spray tracciava croci e insulti sulla casa della vittima. Stesse iniziali, stessa età, stessa laurea, stessa zona... "Ho la sfiga di avere un tizio con le mie stesse iniziali che abita a quattro isolati da qui. Ma io non c'entro nulla, non sono io lo stalker, ho già vinto quattro querele", sillaba Volpe. Ma perché non ha smentito in rete? "Lo faccio nelle sedi opportune". Inutile obiettare, Volpe è tetragono nelle sue idee. Il femminicidio e le donne che provocano? "Io condannavo la violenza e può darsi che la parola provocazione fosse infelice: ma se vai nel Bronx non giri con un Rolex d'oro, no? Un eventuale ladro lo istighi o lo provochi, no?". Ma non trova sia tutto anticristiano, specie sotto Natale? "Perché, il Vangelo dice che a Natale non si può dire la verità?". E la faccenda di chi è senza peccato scagli la prima pietra? "L'adultera non peccava contro natura". Gli ebrei deicidi? "Lo dice San Tommaso, finché non mi dimostrano che è eretico...". E via così. Sapendo che, anche oggi, si parlerà di Pontifex.

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

Benedetto XVI dispone lo scorporo della diocesi nigeriana di Makurdi, nel comprensorio dell'arcidiocesi della capitale Abuja, creando due nuove diocesi in uno dei territori teatro delle persecuzioni e delle stragi di cristiani nel Paese

Papa Benedetto XVI ha disposto lo scorporo della diocesi nigeriana di Makurdi, nel comprensorio dell'arcidiocesi della capitale Abuja, creando due nuove diocesi in uno dei territori teatro delle persecuzioni e delle stragi di cui i cristiani sono vittime in Nigeria. Si tratta delle nuove diocesi di Gboko e Katsina-Ala, affidate rispettivamente a mons. William Amove Avenya (che viene trasferito a Gboko dalla Mauritania, dove era Vescovo di Tucca essendo al contempo Ausiliare a Makurdi) e al Reverendo Peter Iornzuul Adoboh promosso Vescovo di Katsina-Ala, essendo fino ad oggi parroco di Adikpo. Lo ha reso noto la Santa Sede La nuova diocesi nigeriana di Gboko copre una superficie di 10.692 Kmq e conta 1.690.000 abitanti 896.860 sono registrati come cattolici, distribuiti su 34 parrocchie. Cattedrale della nuova diocesi è la Chiesa di San Giovanni Battista a Gboko. Mentre la nuova diocesi di Katsina-Ala copre 6.465 Kmq in cui abitano 676.000 persone, di cui circa la metà sono cattolici censiti in 18 parrocchie. Cattedrale sarà la chiesa di San Gerardo della Majella a Katsina-Ala.

TMNews

EREZIONE DELLE DIOCESI DI GBOKO E KATSINA-ALA (NIGERIA) E NOMINA DEI PRIMI VESCOVI

Natale 2012. Presepi in Vaticano: tra antiche scenografie e rappresentazioni allestite con materiali riciclati. E c’è anche una Natività bavarese con Benedetto XVI e due gattini

Case scavate nelle rocce, erte scale, campanili svettanti dietro l’abitato arroccato. È di grande impatto scenico il presepe allestito quest’anno in Piazza San Pietro. Gesù nasce in mezzo a uno spaccato di vita ambientato tra i Sassi di Matera. Nella quotidianità dell’antica civiltà contadina lucana, incentrata su antichi mestieri e su forti legami familiari e religiosi, trova accoglienza la Sacra Famiglia. Il presepe è esposto sotto una tensostruttura ricoperta da teli mesh microforati raffiguranti affreschi della cripta della più importante e celebre delle chiese rupestri della zona di Matera, risalente al periodo longobardo. Il complesso è opera del maestro Francesco Artese ed è stato offerto a Benedetto XVI dalla regione Basilicata in collaborazione con il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. È la prima rappresentazione della Natività che si incontra in un ideale tour alla scoperta di alcuni dei presepi che addobbano i palazzi e i cortili vaticani in questo Natale. Dalla piazza si prosegue verso la Basilica, dove è esposto il monumentale presepe allestito dai sampietrini nella navata laterale sinistra, all’altare di San Pio X della cappella della Presentazione. Le statue, scolpite in legno e dipinte con colori policromi, sono opera dello scultore tedesco Heinrich Zunterer, di Oberammergau, il quale ha eseguito inizialmente il gruppo della Batività e ne ha fatto dono a Giovanni Paolo II, che l’ha offerto alla Basilica. È dal 1985 che questo presepe viene esposto in San Pietro. Con il passare degli anni è stato arricchito con altre statuine, alcune delle quali dotate di un meccanismo per il movimento. Sono state donate da Sonia Bernardini, di Loreto, al card. Angelo Comastri, arciprete della Basilica. Il presepe possiede appositi macchinari per la produzione di neve artificiale, donati alla Basilica da Antonio Foligno. Ci spostiamo nella pontificia parrocchia di Sant’Anna, dove la rappresentazione della Natività ha il vanto di voler celebrare l’Anno della fede. Sullo sfondo, infatti, dietro la grotta di Betlemme, si intravede l’arco di una grande porta. Da quell’arco, e solo da lì, si esce dalla grotta, per tornare nella propria routine quotidiana; quella è la Porta fidei, che siamo invitati a oltrepassare. Sulla destra è raffigurato il simbolo dell’Anno della fede. Il significato di questa rappresentazione della Natività è immediato, come spiega il parroco, l’agostiniano Bruno Silvestrini: "Tutti coloro che accolgono il messaggio degli angeli, gli uomini di buona volontà, incontrano Cristo, lo adorano e vanno a raccontare a tutti che la loro vita è immensamente amata. L’autore del presepe evidenzia, in pratica, i verbi più importanti del Vangelo di Luca: andare, vedere, adorare e tornare. Il lavoro minuzioso, ritagliato nelle serate in compagnia dei figli, già dal mese di settembre, è centrato sulla nascita di Cristo a partire dal desiderio di chi attende Qualcuno e va alla ricerca del senso della vita". Il presepe, realizzato da Mariano Piampiani, di Tolentino (Macerata), è composto da decine di statuine opera di Antonio Giordano, di Monreale. Si vede Gesù circondato da angeli in festa, si notano i pastori in adorazione giunti insieme alle mamme e ai bambini per vedere con stupore quanto avevano udito dai messaggeri celesti. Sulla sinistra, infatti, appare l’angelo che annunzia ai pastori la buona notizia, e appena sorge il giorno scompare. Tutto lo scenario sottintende a una verità: Dio si manifesta ai semplici e ai piccoli. È questo il senso del presepe. Lasciando la parrocchia di Sant’Anna, ci si incammina verso il quartiere degli Svizzeri, dove nel tratto di strada che conduce al Portone di Bronzo è stato allestito un presepe sopra l’apertura di un pozzo. Si nota una guardia svizzera, fatta in stoffa e filato, che sorveglia la culla di Gesù. All’interno della cappella di San Martino, Luca Müller e Carlo Pfister hanno rappresentato la Natività utilizzando del materiale particolare: dei mattoni come basamento, un tavolo in legno, fieno e pigne provenienti dalle Ville Pontificie per creare la scena dove Gesù nasce. Spostandosi verso la chiesa di San Pellegrino, nella via omonima, incontriamo i presepi allestiti dal Corpo della Gendarmeria Pontificia: uno nella caserma e uno nella chiesa. Quest’ultimo, opera di Emilio Presciuttini, è adagiato su tre tronchi ricavati dai cipressi abbattuti tempo fa nell’ex cimitero degli svizzeri. Il presepe è collocato davanti all’altare e sembra introdurre il visitatore al mistero della fede. Poco più in là, nei locali del Servizio Fotografico de L’Osservatore Romano, è esposto un presepe in stile napoletano, donato al Papa dai netturbini di Roma. È opera di Giuseppe Ianni e poggia su un’artistica base realizzata da Dandolo Foglietta. All’ingresso della Tipografia Vaticana troviamo un presepe che desta meraviglia per i suoi particolari. È allestito ogni anno per iniziativa del direttore tecnico Giuseppe Canesso, in collaborazione con Franco Orsini. L’ambientazione ricorda gli interni di alcune case della seconda metà del XIX secolo. Al centro, la stalla dove è nato Gesù, circondato da Maria, Giuseppe e dai tre re Magi. Basta avvicinarsi per vedere dei particolari molto suggestivi: Maria lentamente apre il panno che copre Gesù, Giuseppe e i re Magi si inchinano in adorazione davanti al Figlio di Dio. Più in là, un contadino è intento a mungere una mucca; un fabbro con il suo martello sta forgiando un pezzo di ferro sull’incudine; un pastore tosa una pecora, mentre una donna attinge acqua da un pozzo. Su un cespuglio alcuni uccellini cinguettano e si muovono animati da un circuito elettrico. Il tutto è stato allestito utilizzando materiale di scarto della Tipografia, a cominciare dalle scatole di lastre, dai supporti per la stampa, dai cartoni usati per le copertine dei libri. Giungiamo al cortile di San Damaso, dove ha sede l’Associazione Santi Pietro e Paolo. In occasione dell’Anno della fede, il sodalizio ha voluto dare al suo presepe un taglio particolarmente significativo, legato alla figura di Benedetto XVI. Il presepe, come ci spiega Eugenio Cecchini, raffigura alcuni momenti importanti della vita di Joseph Ratzinger: la scena presenta in primo piano, a destra, la sua casa natale a Marktl am Inn, in Baviera, e, a sinistra, la cattedrale di Frisinga, dove è stato ordinato sacerdote. Al centro una grande scalinata, simbolo dell’ascesa dell’uomo verso Dio, conduce alla Natività, posta all’interno di una grotta, alle pendici dei monti bavaresi che si ergono sullo sfondo. Sulla destra svettano le forme gotiche della cattedrale di Ratisbona, che ricordano l’università dove Ratzinger ha insegnato dal 1969 al 1977, prima di essere nominato da Paolo VI arcivescovo di Monaco e Frisinga. Davanti alla cattedrale di Frisinga, una piccola statuetta, di fattura napoletana, riproduce proprio il Pontefice mentre guarda due gattini. Anche nella storica sede del Circolo San Pietro, nel palazzo San Calisto, a Trastevere, è esposto un presepe. La struttura, donata da un socio e risalente ai primi anni del Novecento, è di cartapesta e si incentra sulla Sacra Famiglia. La Vergine Maria è seduta, con in mano degli indumenti da neonato, e accudisce Gesù Bambino. Intorno ci sono dei pastori di fattura molto pregiata e i re Magi, carichi di doni e di drappeggi.

Nicola Gori, L'Osservatore Romano

Telegramma del Papa per al card. Giovanni Battista Re per la morte del padre: spirituale vicinanza in quest’ora di dolore e insieme di ringraziamento a Dio per tutti i benefici elargiti al compianto genitore nel suo ultracentenario cammino terreno

È morto a 104 anni Matteo Re, padre del card. Giovanni Battista, prefetto emerito della Congregazione dei Vescovi. Il decesso è avvenuto nella notte tra giovedì 27 e venerdì 28 dicembre a Borno, in Valcamonica. Il Papa, nell’apprendere la notizia della scomparsa, ha inviato un telegramma al porporato per porgere le sue "sentite condoglianze per il grave lutto che ha colpito lei e i familiari". "Le assicuro - ha scritto Benedetto XVI - la mia spirituale vicinanza in quest’ora di dolore e insieme di ringraziamento a Dio per tutti i benefici elargiti al compianto genitore nel suo ultracentenario cammino terreno. Mentre elevo al Signore fervide preghiere di suffragio affinché lo accolga nel gaudio eterno - ha concluso il Pontefice - invoco per tutti i congiunti la luce della fede e della speranza in Cristo ed invio una speciale confortatrice benedizione apostolica".

L'Osservatore Romano

TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA SCOMPARSA DEL PADRE DEL CARD. GIOVANNI BATTISTA RE

Padre Lombardi: l'augurio ai nuovi dirigenti della Repubblica Popolare Cinese passaggio inatteso, ma dice quanto è realistico e consapevole lo sguardo del Papa e della Chiesa sul cammino dell’umanità

Gli auspici del Papa per i nuovi dirigenti della Cina sono un "passaggio forse inatteso" del messaggio natalizio di Benedetto XVI, ma dicono "quanto è realistico e consapevole lo sguardo del Papa e della Chiesa sul cammino dell’umanità". Lo afferma padre Federico Lombardi nell’editoriale "Octava Dies" del Centro Televisivo Vaticano, rilevando come occorra guardare anche alla Cina "non nella abituale prospettiva del potere, ma in quella della pace e della solidarietà". Padre Lombardi si augura inoltre che il nuovo anno veda dei "passi avanti" nel dialogo tra comunità cattolica e dirigenti cinesi. "Le religioni - commenta il portavoce vaticano dopo aver rimarcato che anche per i cinesi la libertà religiosa è premessa essenziale per la costruzione della società solidale - non devono essere viste con diffidenza, come fattori di divisione o di ingerenza esterna, ma come forze spirituali positive e desiderose di contribuire per il bene comune". "Mentre nel Messaggio per la Giornata della Pace, pubblicato nelle settimane scorse, - spiega il portavoce vaticano - il Papa aveva approfondito tematiche di carattere antropologico e sociale, legate ai fondamenti della costruzione della pace, nel Messaggio del giorno di Natale si è rivolto direttamente ai conflitti in corso, a cominciare dalla tragica situazione della Siria, insanguinata da una violenza senza fine. Ma ha anche formulato un augurio esplicito per i nuovi dirigenti della Repubblica Popolare Cinese, in vista del loro 'alto compito'. Forse questo passaggio - rileva il gesuita - era inatteso, ma dice quanto è realistico e consapevole lo sguardo del Papa e della Chiesa sul cammino dell’umanità. Si tratta del popolo più numeroso della Terra - un quinto dell’intera umanità - e del peso sempre più grande che la Cina occupa negli equilibri mondiali. Si tratta di guardarvi non nell’abituale prospettiva del potere, ma in quella della pace e della solidarietà, 'a beneficio - ripete Lombardi con le parole del Papa - di quel nobile popolo e del mondo intero'". Anche per quel popolo dunque, "la libertà religiosa è premessa essenziale 'per la costruzione di una società solidale', come il Papa non si stanca di ripetere. Le religioni - rimarca l’editoriale - non devono essere viste con diffidenza, come fattori di divisione o di ingerenza esterna, ma come forze spirituali positive e desiderose di contribuire per il bene comune. In questo spirito - ricorda padre Lombardi - Roma ha sempre guardato alla comunità cattolica in Cina, come è stato costantemente ribadito con chiarezza nei messaggi dei Papi ad essa diretti. Il nuovo anno vedrà passi in avanti? Ce lo auguriamo". "Il Re della Pace - spiega l’editoriale – viene per tutti. Popoli piccoli e popoli grandi. Se si cerca la pace, i piccoli non devono aver paura dei grandi. Se no, è naturale che abbiano paura. Gli auguri del Papa - è la conclusione di padre Lombardi - sono pronunciati solo in 65 lingue, ma vorrebbero essere pronunciati in tutte le migliaia di lingue del mondo, perché siamo un’unica famiglia umana e abbiamo un unico Padre". Intanto il Papa ha nominato arcivescovo coadiutore di Singapore il reverendo William Goh, attuale rettore del seminario maggiore della città. Il coadiutore per il diritto canonico ha diritto di successione, quindi Goh diventerà arcivescovo della diocesi quando andrà in pensione Nicholas Chia, l’attuale arcivescovo, che ha 74 anni.
 
Vatican Insider
 

L'audacia di Taizé: oggi 40mila ragazze e ragazzi cristiani incontreranno Benedetto XVI. I messaggi dei leader religiosi per il 35° Incontro europeo

A Roma sono da ieri 40.000 giovani provenienti da tutti i paesi dell’Europa, ma non solo. Questa sera incontreranno Benedetto XVI. Sono venuti nella capitale per il pellegrinaggio di fiducia sulla terra, il 35°incontro annuale di preghiera per ragazzi europei che prende il via oggi fino al prossimo 2 gennaio, organizzato dalla comunità di Taizé. Il gruppo più numeroso è costituito dagli italiani 13.000, subito tallonati dai polacchi, 12.000; notevole la presenza ucraina, 3.500 ragazzi, seguiti da francesi, tedeschi e croati, 2.000 ciascuno. Rappresentati tutti i paesi dell’Europa ma anche di altri continenti: all’incontro ci sono giovani provenienti da Libano, Stati Uniti, Corea, Australia, Argentina, Cile, India, Indonesia e Sud Africa. I ragazzi pregano ogni giorno alle 14.00 e alle 19.30 in sette grandi chiese della città, fra queste le basiliche maggiori: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura; gli incontri del pomeriggio includono visite alle catacombe e ad altri luoghi significativi della fede. Uno dei momenti culminanti è l’incontro di preghiera con il Papa in Piazza San Pietro, previsto per questo pomeriggio. “Cosa viviamo in questi giorni? – si è chiesto ieri sera il priore frère Alois, nella prima meditazione dell’incontro a San Giovanni in Laterano – A Roma scopriamo le tracce della continuità della fede, dagli apostoli fino ai nostri giorni. Inoltre, pur provenendo da popoli diversi e da diverse confessioni cristiane, approfondiremo la nostra solidarietà, in un momento storico in cui le difficoltà materiali ci spingono invece verso la paura e il ripiegarsi sulla propria identità”. Frère Alois ha sottolineato che è essenziale vivere questi giorni come “un pellegrinaggio interiore, scoprendo in sé le fonti della fiducia in Dio”. Il religioso ha notato che “in un mondo in cui la fiducia in Dio è sempre meno scontata, una risposta personale a questa domanda orienta la nostra vita”. Per frère Alois “nessuno può vivere senza fare affidamento su qualcosa. C’è chi si affida alla speranza di un futuro migliore, chi all’amore di una persona cara, chi all’accumularsi di ricchezze o al ricercare il successo. Credere vuol dire fare affidamento su Dio, osare affidarsi al suo amore. Dio si offre di essere questo sostegno per noi. Ed eccoci liberi di aprirci senza paura al futuro e agli altri”. La preghiera si è conclusa con un gesto dal valore simbolico: una croce è stata appoggiata per terra in mezzo alla navata principale e i giovani si sono inginocchiati a poggiare la propria fronte su di essa, per affidare a Dio i propri “pesi” e quelli degli altri. “E’ bellissimo vedere questa basilica strapiena di giovani di tutta Europa – ha detto all'agenzia SIR don Maurizio Mirilli, responsabile della Pastorale giovanile della diocesi di Roma - e ammirare il loro silenzio: una chiesa piena di migliaia di giovani che hanno cantato ma sono stati in silenzio per lunghi minuti… E poi vederli intorno alla croce, vederli uniti nel testimoniare la loro fede ma anche convinti sostenitori della pace, della fraternità e della solidarietà tra i popoli”. Il sacerdote ha sottolineato che comunque è pur vero che “a Roma vivere la preghiera non in un fredda fiera ma all’interno di queste splendide basiliche, da un tocco di fede e spiritualità in più, perché la fede, l’atmosfera che i giovani danno è bella ovunque, ma qui c’è la tradizione, soprattutto in questa chiesa di San Giovanni in Laterano che è la madre di tutte le chiese di Roma”. Don Mirilli si è detto convinto che per la diocesi “questo incontro significa la possibilità di rilanciare e rivivere il clima della Giornata mondiale della gioventù di Tor Vergata, del 2000, significa ridare forza e coraggio ai giovani delle parrocchie di Roma che sostenuti dai loro coetanei di tutta Europa possono continuare a credere e testimoniare la loro fede a testa alta”. Intanto sono numerosi i messaggi arrivati per l’incontro a partire da quello del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli il quale si congratula per la celebrazione del 35° incontro. “Questo solo fatto – scrive - scredita le più pessimistiche considerazioni che tendono a relegare l’ecumenismo nel posto delle iniziative non riuscite della storia. Se possiamo dire, contrariamente all’opinione comune, che l’ecumenismo non è in panne, è soprattutto perché è sostenuto dalla forza vitale della vostra gioventù”. Messaggi anche dal Patriarcato di Mosca, attraverso Hilarion, metropolita di Volokolamsk, il quale si rivolge ai giovani e si augura che “possa la vostra partecipazione all’incontro europeo annuale radicarvi più profondamente nel Cristo e rinsaldare la vostra fede”e dall’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams che ha notato come “nel primo Natale, Dio ha mandato un invito sotto la forma di una vita umana, Gesù di Nazareth… Il nostro personale atto di fiducia deve riflettere la fiducia di Dio verso il mondo, ed essa fluirà dalla libertà che avremo di continuare, sostenuti dallo Spirito di Dio, ad invitare altri, uomini e donne, ad entrare nell’amore”.
 
SIR 
 
 

Mons. Pozzo: con 7mila richieste di aiuto economico e circa 900mila euro elargiti nel 2011, l’Elemosineria Apostolica si conferma la 'mano' del Papa per la carità ai poveri. Tanto più di fronte al perdurare della crisi economica, che rende ancor più urgente e preziosa la sua operosità

La povertà si allarga a "categorie che prima godevano di un certo benessere"; e "con 7.000 richieste di aiuto economico e circa 900.000 euro elargiti nel 2011, l’Elemosineria Apostolica si conferma la 'mano' del Pontefice per la carità ai poveri. Tanto più di fronte al perdurare della crisi economica, che rende ancor più urgente e preziosa la sua operosità": lo ha detto a L’Osservatore Romano mons. Guido Pozzo, nominato il 3 novembre Elemosiniere di Sua Santità. "Le indigenze e miserie – ha affermato - riguardano però la persona nella sua totalità, e non solo sotto il profilo strettamente finanziario. Le richieste di aiuto devono essere accompagnate da una attestazione dei parroci e a loro, in quanto garanti, viene trasmesso l’aiuto economico da devolvere alle persone interessate". "È importante infatti – ha sottolineato mons. Pozzo - che il gesto generoso del Pontefice sia inserito e integrato nella solidarietà della Chiesa locale e della comunità cristiana parrocchiale. Le elargizioni sono di entità modesta, proprio perché si vuole estendere al maggior numero di persone il sostegno di aiuto". L’attività caritativa dell’Elemosineria si concentra soprattutto nella diocesi di Roma, ma raggiunge anche altri Paesi, in particolare nell’Europa dell’Est e nel Medio Oriente, e sostiene singoli fedeli, associazioni e istituzioni caritative: quest’anno "ha raggiunto una cinquantina di associazioni e istituzioni caritative che si occupano di alleviare le sofferenze e le indigenze di diverse categorie di persone in difficoltà, come rifugiati politici, carcerati, persone senza fissa dimora e studenti stranieri universitari, infermi ricoverati in ospedale, madri nubili, bambini orfani o abbandonati. Infine – ha comunicato mons. Pozzo - non manca una particolare attenzione per le comunità claustrali femminili che si trovano prive di mezzi sufficienti di sostentamento". L’Elemosineria Apostolica è il dicastero della Curia romana che si occupa anche di rispondere alle richieste di benedizione papale, mediante pergamene o diplomi, in occasione di particolari ricorrenze significative per la vita di fede e sacramentale di singoli fedeli, di associazioni e di comunità: quest'anno ne sono giunte 228mila.
 
Domenico Agasso jr., Vatican Insider
 

venerdì 28 dicembre 2012

Il Papa: in questi tempi instabili e inclini alla violenza che conosce il Medio Oriente, è sempre più urgente che i discepoli di Cristo offrano una testimonianza autentica della loro unità, affinché il mondo creda al messaggio di amore, di pace e riconciliazione del Vangelo

In questi tempi instabili e inclini alla violenza che conosce il Medio Oriente, è sempre più urgente che i discepoli di Cristo offrano una testimonianza autentica della loro unità, affinché il mondo creda al messaggio di amore, di pace e riconciliazione del Vangelo: è quanto scrive il Papa in un messaggio di saluto fraterno nell’amore di Cristo al nuovo Patriarca greco-ortodosso d'Antiochia e di tutto l'Oriente, Giovanni X, eletto il 17 dicembre scorso dal santo Sinodo riunito presso il monastero di Nostra Signora di Balamand, a Nord di Beirut. Succede al Patriarca Ignazio IV Hazim, spentosi il 5 dicembre all’età di 92 anni. Noi abbiamo la responsabilità, afferma il Papa, di proseguire insieme il nostro cammino per manifestare in maniera ancora più visibile la realtà spirituale della comunione, benché ancora incompleta, che già ci unisce. Benedetto XVI auspica, quindi, che i rapporti tra Patriarcato greco-ortodosso e Chiesa Cattolica si sviluppino ulteriormente attraverso forme di collaborazione fruttuosa e il proseguimento dell'impegno a risolvere le questioni che ancora dividono, grazie alla partecipazione attiva e costruttiva ai lavori della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. Il Papa, infine, assicurando le sue preghiere al nuovo Patriarca, eleva la sua invocazione a Cristo perché porti la consolazione a quanti sono vittime della violenza in Medio Oriente e inspiri a ciascuno gesti di pace.

Radio Vaticana 

Il 2012 di Benedetto XVI. Un anno vissuto intensamente e coraggiosamente: due viaggi internazionali e quattro visite in Italia, fede, famiglia, pace tra i temi maggiormente presenti nel suo Magistero. Un forte impegno per la trasparenza in Vaticano

Un anno vissuto intensamente e coraggiosamente. Nel 2012, Benedetto XVI ha compiuto due viaggi internazionali, a Messico e Cuba e in Libano, e quattro visite in Italia, tra cui ai terremotati dell’Emilia Romagna. Ha preso parte al VII Incontro Mondiale delle Famiglie, ha aperto l’Anno della fede, presieduto il Sinodo per la Nuova Evangelizzazione. Il Papa è inoltre approdato su Twitter ed ha pubblicato il suo ultimo volume sulla figura di Gesù di Nazaret. Fede, famiglia, pace tra i temi maggiormente presenti nel suo Magistero in questo anno che ha visto anche un forte impegno per la trasparenza in Vaticano. Pastore mite e fermo. E coraggioso. Nel 2012, un anno particolarmente intenso anche sul piano personale, Benedetto XVI affronta con decisione le sfide per la vita della Chiesa, 'ad intra e ad extra'. A partire dai suoi viaggi internazionali che ridanno speranza alle popolazioni incontrate. A marzo, il Papa torna nel Continente latinoamericano, visitando il Messico e Cuba. In terra messicana, denuncia la violenza, la corruzione e il narcotraffico con toni vibranti che ricordano l’appello di Giovanni Paolo II contro la mafia, ad Agrigento. In terra cubana, invece, il Papa chiede coraggio alle autorità dell’Avana e alla comunità internazionale: “Cuba ed il mondo - avverte - hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno” solo se ognuno si interroga sulla verità e “si decide a intraprendere il cammino dell'amore, seminando riconciliazione e fraternità”. E proprio nel segno della riconciliazione, avviene lo storico viaggio apostolico in Libano, a settembre. In una regione dilaniata dalla violenza, con la Siria sconvolta dalla guerra civile alle porte, il Papa si fa pellegrino di pace. Toccante l’incontro di Benedetto XVI a Beirut con i giovani siriani, cristiani e musulmani, ai quali dedica parole di coraggio e speranza:“E’ necessario - è la sua esortazione - che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana”.
La visita in Libano abbraccia idealmente tutta la regione. Motivo del viaggio è, infatti, la consegna dell’Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”, frutto del Sinodo dei vescovi mediorientali tenutosi, in Vaticano, nell’ottobre del 2010. Quest’anno, invece, è la volta del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. Un tema che sta particolarmente a cuore a Benedetto XVI che, per affrontare questa sfida, ha creato anche un dicastero 'ad hoc'. Il Papa ribadisce, con forza, che la Chiesa “esiste per evangelizzare” e che tutti i battezzati sono chiamati all’impegno dell’evangelizzazione: “Tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo; e a ciò corrisponde il dovere dei cristiani, di tutti i cristiani – sacerdoti, religiosi e laici –, di annunciare la Buona Notizia" (28 ottobre, Messa per la conclusione del Sinodo dei vescovi).
Legato al tema della Nuova Evangelizzazione è l’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI nel 50° del Concilio Vaticano II e nel 20° della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Un Anno che il Papa affida a Maria, in una visita al Santuario di Loreto sulle orme di Giovanni XXIII. “Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione - afferma il Papa - non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa!”. E sottolinea che la Chiesa è chiamata a far indietreggiare il processo di “desertificazione spirituale”: “Ecco allora come possiamo raffigurare questo Anno della fede: un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione, ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione” (11 ottobre, Messa per l'apertura dell'Anno della fede).
Il 2012 di Benedetto XVI è anche fortemente contraddistinto dall’impegno per valorizzare la famiglia, sempre più minacciata come ricorda anche nel discorso natalizio alla Curia Romana. A inizio giugno, a Milano, si celebra il VII Incontro  Mondiale delle Famiglie. A loro, a genitori e figli, il Papa affida un compito straordinario: voi, afferma, siete “l’unica forza che può veramente trasformare il mondo”. Il grande raduno resta memorabile anche per le parole che il Papa rivolge, con amore paterno, alle coppie separate: “Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono ‘fuori’ anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia; devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa” (Festa delle Testimonianze, 2 giugno 2012).
Se a Milano, la dimensione della visita è più internazionale che italiana, il Papa non manca di compiere altre visite in Italia: a Loreto, come ricordato per l’Anno della fede e il 50° del viaggio di Giovanni XXIII, ad Arezzo e San Sepolcro e, soprattutto ai terremotati dell’Emilia Romagna e della Lombardia. A Rovereto di Novi, tra i centri più colpiti, il Papa commosso assicura la vicinanza spirituale e concreta della Chiesa: “La Chiesa vi è vicina e vi sarà vicina con la sua preghiera e con l’aiuto concreto delle sue organizzazioni, in particolare della Caritas, che si impegnerà anche nella ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie” (Visita a San Marino di Carpi - Modena, 26 giugno).
In questo anno, il Papa pubblica anche un Motu Proprio sul servizio della carità e uno che istituisce la Pontificia Accademia di latinità. Eleva all’onore degli altari sette nuovi Santi e proclama “Dottori della Chiesa” San Giovanni d'Avila e Santa Ildegarda di Bingen. Crea inoltre 28 cardinali, in due Concistori: uno a febbraio, l’altro a novembre. Tante le nomine importanti, tra le quali spicca quella di mons. Gerhard Ludwig Müller a nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
E’ un anno, questo, anche di sofferenza personale per il Papa che si vede tradito in casa propria. A maggio, viene arrestato il suo aiutante di camera per la sottrazione di documenti personali diffusi poi dai mass media. E’ il culmine del cosiddetto “Vatileaks” che vedrà anche un processo e una condanna a carico di Paolo Gabriele al quale il Pontefice concederà la grazia pochi giorni prima di Natale. Nel pieno della dolorosa vicenda, il Papa confida ai fedeli i suoi sentimenti. L’amarezza è forte, ma non prevale: “Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia ed i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino” (Udienza generale, 30 maggio).
Coraggio e trasparenza il Papa chiede anche nella gestione dello Ior. Un processo che porta a dei risultati significativi. A luglio, infatti, l’autorità europea “Moneywal” giudica positivamente le misure prese in Vaticano per la prevenzione del riciclaggio di denaro. Durante l’anno, il settimo del suo Pontificato, il Papa non lesina energie per annunciare il Vangelo a più persone possibili. Lo fa nelle celebrazioni, in udienze ed incontri e ancora visitando parrocchie, carceri e istituti caritativi. Uno sforzo che il Pontefice porta anche nel “Continente digitale”. Il 12 dicembre, Benedetto XVI approda su Twitter. Il suo primo tweet, durante l’udienza generale, è un evento mondiale che viene seguito in diretta dai principali network internazionali. In meno di un mese, il suo account in 8 lingue, @Pontifex supera i due milioni di follower. Un successo è, infine, anche la pubblicazione del libro “L’infanzia di Gesù” con il quale il Papa conclude la sua trilogia su Gesù di Nazareth Un dono per tutti coloro, credenti e non, che sono in ricerca della verità.

Radio Vaticana

I 'cinguettii' del Papa. Successo o 'epic fail'? Avere catalizzato il dibattito su un account può anche portare a una maggiore presa di coscienza da parte dei cattolici di cosa significhi vivere la propria fede ed esserne ambasciatori, anche digitali

"Nuntio vobis gaudium magnum, habemus Papam super Twitter". Avrebbe potuto anche essere questo (o qualcosa del genere visto che il mio latino è molto arrugginito) l’annuncio con cui il 12 dicembre scorso dall’account @Pontifex veniva pubblicato il primo tweet grazie al quale il Papa entrava nella terra dei cinguettii. 14 giorni e 14 tweet dopo è sicuramente difficile capire che implicazioni avrà questa mossa, che va sicuramente misurata nel medio e lungo periodo, ma qualche riflessione, puramente tecnica e avulsa da qualsiasi considerazione religiosa, si può sicuramente fare. Il Papa su Twitter: una colossale mossa di Marketing? Sicuramente. Innanzitutto per Twitter. Non è un caso che un team dedicato cerchi di portare personaggi noti sul Social Network. Se Fiorello ha enormemente contribuito alla crescita di Twitter in Italia, pensate a cosa può fare il Pontefice su scala planetaria. Un colpo magistrale che ha permesso di amplificare il fatto con l’oliata macchina da guerra della comunicazione Vaticana. E per il Vaticano? Il fatto che uno degli ultimi monarchi assoluti apra un canale diretto di comunicazione ha sicuramente una portata simbolica epocale. Cristiani, cattolici, ma anche atei, gay, musulmani, ortodossi e chiunque non si riconosca nella dottrina cristiana e cattolica può ora dialogare direttamente con il Sommo Pontefice saltando a pié pari tutto l’apparato (almeno così dovrebbe essere nella logica di trasparenza e partecipativa dei social network). A giudicare dai tweet di commento, sono però più i secondi ad avere colto la palla al balzo (ma su questo torneremo più avanti). Al di là del valore simbolico, l’invio del primo tweet non è andato proprio liscio: il Papa seduto davanti a un tablet, il dito che si muove incerto finché un altro dito, digitalmente più preparato, entra in campo e schiaccia il magico pulsante Tweet. Uno scivolone di immagine in mondovisione. Probabilmente un minimo di spiegazione in più avrebbe potuto offrire un’immagine diversa e dare l’impressione che il Papa fosse più avvezzo al mezzo, aggiungendo maggiore credibilità alla sua nuova identità social. Le immagini, e l’espressione un po’ sperduta del Papa, lasciano invece il sapore di qualcosa di artificiale, di preparato ad uso e consumo di telecamere e fotografi. Del resto il Vaticano non ne ha fatto mistero: la gestione dell’account Twitter sarà affidata a un team articolato proveniente dalla Segreteria di Stato, dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, da una responsabile di Twitter (Claudia Diaz-Ortiz proiettata in un colpo sulla ribalta planetaria), da esperti di comunicazione. Già… e il Papa? Certo nessuno si aspetta che, mentre passeggia nei Giardini Vaticani, sfoderi il suo smartphone e inizi a digitare, ma dichiarare in modo così aperto che l’account sarà gestito da un team significa ammettere apertamente che si tratta di un account istituzionale più che dell’account personale del Papa. Ma allora l’accesso diretto al Pontefice, l’abbattimento delle barriere, la possibilità di dialogo diretto che fine fanno? Il ricorso a uno staff da parte di personaggi pubblici è scontato. Nemmeno Obama, probabilmente il simbolo dell’accessibilità diretta al potere attraverso i social network, presidia continuamente i propri account, ma la sua partecipazione diretta e il suo coinvolgimento in prima persona sono noti (i tweet personali sono distinti da quelli dello staff dalla firma “-bo”) e i suoi account sono realmente un canale diretto di contatto. Sorge quindi la domanda: il Papa vedrà mai i tweet e le risposte? Detterà mai un tweet? o tutto sarà filtrato dal suo team per porgergli una versione delle interazioni più o meno depurata? Al momento questa domanda non ha risposta. Sicuramente nella scelta pesa molto l’età anagrafica del Papa, poco avvezzo alle nuove tecnologie. Quindi se le esigenze di comunicazione premono verso una presenza sui social media occorre supportare questo Pontefice, e quelli che verranno per almeno un’altra trentina d’anni, con un team di persone più avvezze allo stile da 140 caratteri. Nulla di strano. Succede lo stesso anche in molte aziende in cui il CEO è presente sui social per parlare a nome dell’azienda, anche se il ghost writing è raramente dichiarato in modo così aperto. A parte questo, occorre però considerare che la particolare posizione del Papa rende la gestione totalmente diversa da quella dell’account di un politico o di un’azienda. Un politico deve coagulare e mantenere consensi e rispondere agli elettori delle proprie scelte. Un’azienda deve rispondere ai propri consumatori e agli altri stakeholder, deve mantenere aperto il dialogo con loro e gestire eventuali crisi. E il Papa? Non ha elettori a cui rispondere, nemmeno i cardinali, dato che non può correre per un secondo mandato. Non risponde ai propri fedeli delle proprie idee o azioni dato che è la loro guida spirituale e quindi ciò che afferma non può essere messo in discussione. Tutto ciò ha una profonda influenza sulla gestione dell’account Twitter.
Chi seguire? Si è fatta molta ironia in rete sul fatto che il Papa segua solo se stesso, ovvero i suoi altri account Twitter multilingua. Ma quando sei il Papa non è facile né, direi, opportuno, trovare chi seguire. Del resto nemmeno il Dalai Lama, con i suoi 6 milioni di follower, segue nessuno. Un’opzione teoricamente aperta e sicuramente interessante potrebbe essere quella di seguirsi tra pari, ovvero creare una piccola community online che raggruppi i leader di diverse religioni, ma al momento le opzioni sembrano ristrette al Dalai Lama e all’Ayatollah Khamenei. Il dialogo interconfessionale 2.0 per ora sembra realizzabile quanto la profezia dei Maya sulla fine del mondo.
Quali risorse multimediali? L’account appare gestito ancora in modo molto basico: non solo non appaiono hashtag o menzioni (anche se questa seconda ipotesi non appare molto praticabile per i motivi sopra esposti), ma nemmeno collegamenti a oggetti multimediali. Anche i contenuti dei tweet sembrano per il momento differenziati per sondare gli umori e valutare la risposta a ciascuna tipologia: da affermazioni a livello di catechismo si passa a domande aperte fino all’ultimo tweet natalizio in cui Benedetto XVI apre ai ricordi della propria infanzia. Twitter può però offrire una importante opportunità di approfondimento, per esempio collegando il tweet a estratti di discorsi del Papa, a brani di encicliche o ad altri testi rilevanti. Questo richiede però che l’organizzazione ecclesiastica non si fermi a un account Twitter ma operi un salto culturale in chiave digitale. L’apertura di un canale YouTube per i discorsi, di uno slideshare per i documenti e, perché no, di uno Instagram o Flickr per documentare i viaggi papali o altri momenti salienti diventano logiche conseguenze dell’apertura dell’account Twitter. Persino l’apertura di un blog papale può diventare un’opzione percorribile.
Quale dialogo? I social network sono uno strumento potente di ascolto e di dialogo. Per politici e aziende l’ascolto è fondamentale per definire le linee politiche più popolari o per capire come vengono accolti i prodotti e ricavare suggerimenti. Diversa la posizione per il Papa. Il suo ruolo è più di guidare attraverso la parola, non è un caso che esista il verbo “pontificare”,  che di ascoltare gli umori dei fedeli e adattare i dettami della fede ai desideri della maggioranza. La tempesta di commenti contrari, che spaziavano dall’ironico all’insulto, che ha investito l’account, difficilmente potrà produrre qualche cambiamento nella rotta della Chiesa, perché non è un organismo politico che risponde alla propria base. L’ascolto può però essere utile per avvicinare la nomenclatura ecclesiastica ai fedeli (e non) riducendo notevolmente il distacco dal mondo reale. Un problema, questo, abbastanza comune ai livelli più alti dei mondi politici e aziendali. Per gli stessi motivi è estremamente difficile che si inneschi un meccanismo di dialogo e di confronto. Per la sua posizione il Papa, o chi scrive per lui, molto difficilmente potrà ingaggiare discussioni dirette con i follower, soprattutto quelli contrari alle sue posizioni. I dogmi o la dottrina della Chiesa non possono diventare materia di discussione su Twitter. Molto interessante, a livello mediatico ma anche di presa di coscienza, sarebbe invece l’innesco di meccanismi di dialogo tra sostenitori e detrattori innescati dalle riflessioni papali ma per ora, a giudicare dai commenti, sembra che i cattolici fatichino a farsi ambasciatori delle proprie idee e a difenderle nel dibattito su Twitter. L’impossibilità di entrare nel merito innescando un dialogo diretto tra il Pontefice e chi la pensa in modo diverso rende impensabile adottare qualsiasi strategia di crisis management che sarebbe stata avviata se quella mole di commenti fosse stata riversata su un account aziendale. Passata la prima fase di euforia per la possibilità di inviare direttamente messaggi al Papa, è però probabile che commenti e critiche avranno andamenti ondulatori con picchi generati dagli interventi sugli argomenti maggiormente dibattuti in rete e nella società: ruolo delle donne, matrimoni gay, scandali legati alla pedofilia, tassazione dei beni della Chiesa e altro.
Quale ruolo per Twitter? Se non si costruiscono relazioni sociali, se non si alimenta il dialogo o si esercita l’ascolto, il social network diventa sostanzialmente un media tradizionale, un pulpito, per restare in tema, da cui comunicare ai fedeli in modo più tecnologico e diretto, ma pur sempre a senso unico. Significativo in questo senso il commento apparso pochi giorni fa su L’Osservatore Romano che sottolineava come il Papa avesse avuto più retweet di Justin Bieber. Sembrano quindi l’audience (follower) e i retweet (quasi un apostolato digitale) il metro di giudizio con cui il Vaticano misura il successo della propria presenza su Twitter. Persino se questo significa mettersi in competizione con personaggi che poco hanno a che fare con la religione. Un metro puramente quantitativo, quindi, che apparentemente si coniuga poco con gli obiettivi di base del Cristianesimo (o di qualunque altra religione) che dovrebbe misurare il proprio successo su basi qualitative, ovvero sull’applicazione reale dei precetti o sulla loro condivisione nella base dei fedeli. Tenendo conto che il cristianesimo conta circa 2 miliardi di fedeli nel mondo, molti dei quali, quindi, potenziali follower, se questo sarà il solo metro di giudizio possiamo dire che al Vaticano piace vincere facile.
Successo o epic fail? Resta ora da rispondere alla domanda del titolo. L’incerta partenza in mondovisione non è stata il massimo, come l’utilizzo di un account personale per ospitare comunicazioni istituzionali non è proprio in linea con la netiquette. Inoltre, a giudicare dal tono e dalla quantità dei commenti negativi scatenati dai cinguettii papali verrebbe da accendere la seconda risposta. Avere esposto il Papa al pubblico ludibrio senza avere i mezzi per contrastarlo direttamente, per i motivi visti sopra, non sembra essere stata una scelta particolarmente azzeccata. Ma una mossa di questo tipo va valutata nel medio e lungo periodo: commenti e critiche non sono altro che lo specchio della società e avere catalizzato il dibattito su un account può anche portare a una maggiore presa di coscienza da parte dei cattolici di cosa significhi vivere la propria fede ed esserne ambasciatori, anche digitali. Occorre anche capire se questa sia solo la prima fase di una strategia digitale del Vaticano: account a livello di parrocchia? Presidio più strategico dei diversi canali Social? Il lancio contemporaneo di ben 8 account multilingua testimonia un notevole impegno di risorse e il fatto che non si tratta di un esperimento: il Papa è arrivato su Twitter per restarci. Resta solo un dubbio da sciogliere, fondamentale però per l’essenza stessa dei Social Network, fatti di trasparenza e partecipazione personale: quanto ci sarà del Papa nei tweet e che accesso diretto avrà ai commenti e alle risposte? Su questa sottile linea di confine si giocherà, a mio avviso, la differenza tra il successo e l’epic fail.

Alessandro Santambrogio, Liquid