venerdì 20 luglio 2012

Anno della fede. 'La porta della fede. Sul mistero cristiano', libro di mons. Bruno Forte per approfondire la propria opzione fondamentale di credente

Ogni pubblicazione nasce in un contesto specifico che dà alle riflessioni in questione il loro inconfondibile profilo. Anzi. Esse sono, in ultima analisi, i riflessi di questacornice qualificante. Nel caso de "La porta della fede. Sul mistero cristiano" di Bruno Forte (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2012, pagine 122, euro 11) bisogna evocare altri due titoli dello stesso autore per cogliere fino in fondo le particolarità delle sue considerazioni. L’arcivescovo di Chieti-Vasto è da sempre molto sensibile alle sfide contemporanee. Ben consapevole delle problematiche postmoderne, s’impegna a correggere e a superarele tendenze centrifughe correnti. Infatti, in occasione delle molteplici celebrazioni dell’anno 2000, si è posto la domanda "Dove va il Cristianesimo?" (Queriniana) e ha offerto alcune puntuali analisi critiche sulla polarità tra il nord e il sud del mondo, sull’ambigua dinamica della globalizzazione e sulle proposte dell’ortodossia orientale. In dialogo con le intuizioni del "Concilio Vaticano II" ha optato per un cristianesimo che presta attenzione alle varie questioni antropologiche e incarna la logica di un umanesimo dialogante. Soltanto una tale apertura coraggiosa permette e promuove la salvaguardia dell’identità cristiana. Una sana consapevolezza dei propri valori e delle verità innegoziabili non può mai guadagnare una fisionomia convincente se si articola in un monologo autosufficiente e chiuso. Questo dialogo non deve tuttavia limitarsi all’interesse per le varie posizioni presenti e attuali. Ha anche bisogno di un sensato arricchimento storico. Così sfugge al facile inganno di definizioni riduttive o banali. Ed è inquesta prospettiva che nel 2002 Forte ha pubblicato poi, come una sorta di virtuoso epilogo al Grande Giubileo, il suo saggio su "L’essenza del cristianesimo" (Mondadori), confrontandosi con un’accesa discussione filosofico-teologica, che era sorta verso la metà dell’Ottocento. Raccogliendole intuizioni di Feuerbach, von Harnack e Guardini, dispiega l’“Amore crocifisso” come epicentro del cristianesimo. Per evitare, al riguardo, il pericolo di una speculazione astratta, ossia di una fede staccata dalla vita, riprende ora la questione di un’iniziazione concreta. Bisogna “esercitarsi nel cristianesimo” (Kierkegaard); ci vuole una radicale e radicata “introduzione” (Ratzinger-BenedettoXVI). Altrimenti non si varca la soglia che porta all’autentica fede. Eccolo scenario complessivo in cui sicollocano i paragrafi de "La porta della fede". Già i singoli elementi deltitolo sono alquanto indicativi. Questo dato emerge ancora più visibilmentese si considera anche il sottotitolo dell’opera. Sul mistero cristiano evoca una corrente della teologia novecentesca che inizia con alcuni spunti mistagogici, elaborati dopo la Grande guerra, e raggiunge il suo apice negli anni Settanta, quando Jüngel descrive, in modo sistematico,il 'Deus semper maior'. La fede cristiana colloca il credente davanti a un Dio che ha certamente i lineamentidi una persona, ma non può comunque mai essere definito del tutto da un concetto umano. La sua vitalità fresca include l’eterna prospettiva di una sempre possibile sorpresa. In questo senso, credere significa convivere con l’Assoluto, che assolve dalla fissa del calcolabile e dalla trappola dell’unilaterale. La presenza dell’Onnipotente pone un limite a ogni atteggiamento prepotente dell’uomo, nel suo intendere, ragionare e volere. Bisogna imparare a incarnare nel proprio esistere e a pensare tali coordinate. Esse guariscono e redimono davvero ogni uomo. Per promuovere questa dinamica della fede cristiana, Forte ha scelto uno stile sapienziale e meditativo. Le sue considerazioni sono caratterizzate da una grande sensibilità pastorale. Infatti, con alcune proposte per una relativa utilizzazione, l’opera si presta bene come guida per un cammino di fede, individuale o comunitario. È un ottimo strumento per favorire e accompagnare un’autentica crescita integrale. Le quattro parti della pubblicazione,rendono evidente, nel loro susseguirsi, questa dinamica pedagogica. Forte definisce la logica intrinseca del Mistero con i seguenti attributi: “professato”, “celebrato”, “vissuto” e “pregato ”. Recitando econtemplando i singoli articoli del Simbolo apostolico, il credente viene, intellettualmente, dischiuso per accogliere il Mistero. Soltanto, però, con la dovuta attenzione alla Parola di Dio e alla rilevanza coinvolgente dei sacramenti, il Mistero prende il largo nell’esistenza dell’individuo. Per dare, poi, un profilo coerente al suo agire, il credente deve ispirarsi ai comandamenti e alle beatitudini. E infine può sentirsi consolato nei vari momenti di sconforto quando pronuncia le parole del Padre nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre. In quest’ottica pluridimensionale, Forte riesce a descriverela prospettiva ultima del Mistero con tutta la sua valenza pratica e concreta. Parlarne in questi termini apre innegabilmente una porta, la porta cioè di una fede matura ed equilibrata. Chi è in cerca di un valido compagno di viaggio per prepararsi all’Anno della fede indetto da Benedetto XVI dovrebbe cogliere l’occasione che Forte offre con le sue riflessioni sul Mistero cristiano, e approfondire la propria opzione fondamentale di credente, sulle orme dei suggerimenti mirati dell’opera.

Enrico Dal Covolo, L'Osservatore Romano

Leader delle suore americane: accuse prive di fondamento. Chiesa parla a favore del feto ma tace su altrettante questioni vitali, ed è una distorsione

A molti è sembrata più di una coincidenza, ma, all’indomani dell’annunciato cambio della guardia alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, dall’americano Levada al tedesco Müller, le suore americane della LWCR, l’associazione che le rappresenta all’80% e che sta preparando l’assemblea nazionale per il mese di agosto, rompono il silenzio e accettano di parlare in merito al commissariamento. E non è un caso che la prima a parlare sia stata proprio la presidente Pat Farrel, numero due della Congregazione delle Suore Francescane di Dubuque in Iowa: nel corso di un’intervista alla National Public Radio, in uno dei programmi più seguiti. Pur ribadendo quanto già risposto ufficialmente dall’associazione alle accuse mosse dal Vaticano, “prive di fondamento” e “potenzialmente distruttive per il proseguo della loro missione”, la sua riflessione si è spinta più in là: “Ritengo che esistano questioni oggi ignorate dalla Chiesa, ma sulle quali è necessario autentico un dialogo, ma non sembra esserci in questo momento un clima favorevole”. Per suor Farrel esiste una questione fondamentale: è possibile far parte della Chiesa, ma con una mentalità di dialogo e discussione? Perché, dice, “a volte non c’è una differenza così netta bianco/nero, ma le situazioni sono molto più complesse da districare e cambiano rapidamente sotto i nostri occhi”. “La nostra speranza è quella di contribuire alla creazione di un clima di sincerità e rispetto dove la gerarchia e il resto del popolo di Dio possano sollevare questione, discuterle in un clima di sincerità e rispetto reciproco allo scopo di ricercare insieme la verità e le soluzioni. Ma il mandato che alcuni vescovi americani hanno ricevuto dalla Congregazione vaticana va in tutt’altra direzione e lascia piuttosto presumere una chiusura del dialogo”. Una delle questioni sul tappeto, su cui si è abbattuta la scure di Levada, è la dottrina in materia di sessualità, ma anche qui suor Farrel non ci sta ad essere messa dalla parte di chi la rifiuta, anzi. “Il problema è che l’insegnamento e l’interpretazione della dottrina non può rimanere statico, mentre il mondo cammina: occorre una riformulazione continua, a partire da alcuni principi di fondo. Come religiose siamo quotidianamente a contatto con le donne che vivono anche ai margini della società e le loro vite sono assai più complicate di quanto si possa immaginare. La nostra missione è quella di porci al fianco dei più poveri, ma le loro questioni, come tutte le realtà umane, sono molto meno bianco/nero di certa teoria. La gerarchia non ha il compito di passare le sue giornate fra i senzatetto, ma le religiose sì”. Ma il discorso non poteva non affrontare la loro posizione nei confronti della lotta all’aborto, giudicata da Roma, “troppo blanda”: “Ritengo che tutte le religiose abbiano sempre espresso sostegno al tema della vita, anzi tutta la nostra esistenza è 'pro-life', ma vita tutta intera. La nostra speranza è che sia così anche a livello di intervento politico, mentre ci sembra sia piuttosto una questione 'pro-feto', invece che 'pro-life' globale. Perché i diritti del nascituro sono già emblema dei diritti dei 'già nati'. Sostenere la vita, tutta la vita, significa occuparsi anche di coloro che stanno ai margini della società: i disprezzati, i malati mentali cronici, gli anziani, i carcerati, quanti sono nel braccio della morte. Noi abbiamo alzato la voce nei confronti della pena di morte, della guerra, di chi soffre la fame anche qui. La Chiesa parla a favore del feto, ma tace su altrettante questioni vitali, ed è una distorsione”. Per la cronaca c’è da segnalare che, dopo tutte le manifestazioni spontanee di sostegno alle suore e quelle più formali, come la piena adesione di tutti i superiori delle 7 Province dei Frati Minori d’America, le suore hanno registrato anche il pieno sostegno in altrettanti comunicati ufficiali dell’Ordine degli Agostiniani,i Missionari del Preziosissimo Sangue, la Congregazione dei Saveriani e l’intera Conferenza dei Superiori Maggiori, il corrispettivo maschile della LWCR.

Maria Teresa Pontara Pederiva, Vatican Insider