martedì 3 gennaio 2012

Il Papa in Messico e a Cuba. Ortega: soprendente che abbia scelto il nostro Paese per venire in America Latina. Portava questo desiderio nel cuore

C’è grande attesa a Cuba per il viaggio che Benedetto XVI farà prima in Messico e poi nell’isola caraibica dal 23 al 28 marzo prossimi. "È un evento tanto atteso - dice alla Radio Vaticana l’arcivescovo de L’Avana, il card. Jaime Ortega -: per noi è sorprendente che il Papa abbia scelto il nostro Paese assieme al Messico per venire in America Latina". Ortega spiega che "il Papa era stato invitato già da tempo, fin dalla visita del card. Bertone a Cuba, in un momento che coincideva con l’insediamento ufficiale del nuovo presidente, Raul Castro, che in quell’occasione invitò il Papa, in modo insistente, perchè venisse a Cuba. Eravamo pieni di speranza - prosegue - e il Papa stesso, quando io gli parlavo di questo invito, mi diceva di portare nel cuore questo desiderio di essere a Cuba". A proposito delle aspettative nell’isola, il porporato ricorda che "abbiamo già avuto l’esperienza della visita di Giovanni Paolo II, che ha segnato la storia della nostra nazione cubana, che ha creato un prima e un dopo, anche se questo non è quantificabile dal punto di vista matematico, così come le cose e la dimensione dello spirito non sono quantificabili". "I cambiamenti che produce un’azione rivolta all’intimo del cuore umano e all’anima dei popoli non sono verificabili come per un evento qualsiasi - aggiunge Ortega -, ma lasciano un’impronta che fa sì che nasca una nuova fase. Ora, c’è un ricordo enorme della visita di Giovanni Paolo II e c’è una grande attesa per l’arrivo di Benedetto XVI. È l’impronta che resta nello spirito di questa gente. E questo è un momento molto opportuno perchè il Papa raccolga il frutto di tutto ciò". Tra le aperture di cui la Chiesa ha goduto dopo il viaggio di Wojtyla nel 1998, l’arcivescovo de L’Avana osserva che "abbiamo più accesso ai mezzi di comunicazione", mentre "non ci sono difficoltà per l’entrata dei missionari a Cuba". "Ci sono molte cose che si sono aperte, passo passo - conclude -, per esempio il fatto di poter ricevere libri religiosi di tutti i tipi". L’aspetto più difficile è comunque "la crisi delle vocazioni".

Vatican Insider

Il card. Ortega: il Papa “pellegrino della carità” a Cuba

Perché il modo di riflettere del Papa, accessibile a chiunque cerchi seriamente di capire, spesso non viene letto nella sua originalità e novità?

"La questione centrale, sottesa alle scelte da compiere, sta ancora una volta nel tipo di rapporto che la Chiesa di Roma intende stabilire con la storia: sta, per dire più precisamente, nel suo modo di pensarsi nella storia: riconosce di farne pienamente parte, come ne fa parte il Vangelo cui si richiama, o se ne sottrae, perché portatrice, intangibile dalle contingenze umane, di un messaggio che ha saputo mantenere inviolato e inalterato nel corso di duemila anni?". Con queste parole lo storico Giovanni Miccoli sintetizza il suo lungo discorso critico nei confronti di Benedetto XVI nel recente volume "La Chiesa dell’anticoncilio. I tradizionalisti alla riconquista di Roma" (Laterza). Una requisitoria, la sua, fondata sulla consultazione di una massa di testi e documenti e che si basa su una lettura del Concilio Vaticano II come momento di rottura di un secolare immobilismo. Con il Concilio, finalmente, la Chiesa si sarebbe messa al passo con la storia, accogliendo in quegli anni la modernità. Secondo lo studioso, quindi, la Chiesa avrebbe accettato di ridiscutere tutta la sua cultura e tutta la sua tradizione alla luce di quel cambiamento radicale che ha segnato le società occidentali del XIX e XX secolo. L’accento sulla mancata attenzione alla storia e sul rifiuto di prenderla in considerazione da parte di Benedetto XVI che, proprio a causa di questa presunta rimozione, viene accusato da Miccoli di rifuggire dalle distinzioni e quindi di indulgere a una "semplificazione banalizzante", costituisce infatti l’asse portante di questo libro. Stupisce in uno storico di vaglia, il quale, come si deduce dalle note, ha letto almeno qualche opera di Joseph Ratzinger, l’assoluta incapacità di riconoscere che il teologo oggi Papa ha sempre rivelato una straordinaria attenzione per gli aspetti storici di questioni e problemi; cercando sempre, poi, anche nei suoi interventi, di offrire un’interpretazione storica del momento che stiamo vivendo ricca di richiami all’attualità e alle sue trasformazioni. Parlare di ricerca della verità e accusare il pensiero contemporaneo di relativismo non significa certo negare la storia. Significa piuttosto dare della storia un’interpretazione che non piace all’autore del libro, ma questa è cosa ben diversa. Per Miccoli la storia sembra identificarsi soltanto con quella degli anni sessanta, cioè con la temperie culturale che è stata il contesto del Vaticano II e dei suoi documenti. Come se tutto ciò che è successo dopo, l’applicazione cioè di quei testi, ma anche il fallimento delle utopie della modernità allora predicate nella società, nonché l’emergere di nuovi gravi problemi, quali le questioni bioetiche, non fosse anch’esso storia, e non meritasse oggi attenzione e critica. E, di conseguenza, non sollecitasse uno sguardo diverso sul Concilio, diverso da quello dei suoi contemporanei. Uno sguardo storico, appunto. Così come storico è lo sguardo da portare sulle fratture e sulle opposizioni nate negli anni del Vaticano II. Il fatto che sia passato mezzo secolo da quei tempi significa ovviamente che se ne può tentare un bilancio differente, che utilizza quali elementi di giudizio non solo proclamazioni teoriche, necessariamente datate, ma anche il comportamento degli oppositori nei decenni successivi. La storia che secondo Miccoli dovrebbe entrare nei discorsi del Papa è sempre quella passata, e più precisamente quella che si svolgeva durante il Concilio e ne influenzava ovviamente le decisioni; come se soltanto gli avvenimenti che piacciono e che si condividono siano meritevoli di essere considerati storici. Gli altri devono essere archiviati come resistenze, opposizioni, immobilismi. Si tratta di una concezione della storia perlomeno discutibile, di cui è portatore non solo Miccoli, ma altri storici della Chiesa e in particolare del Vaticano II, i quali in questo modo arrivano facilmente a concludere ciò che a loro preme di più: che cioè i tradizionalisti, con il Papa in testa, sarebbero alla riconquista della Chiesa. Ma perché il modo di riflettere di Benedetto XVI, chiaramente espresso nei suoi libri e nei suoi interventi, e quindi accessibile a chiunque cerchi seriamente di capire, troppo spesso non viene letto nella sua originalità e novità? Perché ogni cosa che egli dice deve per forza rientrare nei logori schemi dei progressisti e dei conservatori, che in fondo erano stati già messi in crisi dallo stesso Papa del Concilio, Paolo VI, con la pubblicazione dell’"Humanae vitae"? È come se la schematicità della visione politica del nostro tempo facesse velo a una vera e libera interpretazione, che naturalmente può essere anche critica, di questo Pontificato che, in qualsiasi modo lo si voglia giudicare, si sta rivelando sempre più sorprendente e interessante. Gli storici ci metteranno cento anni per capirlo? Speriamo di no.

Lucetta Scaraffia, L'Osservatore Romano

Il Papa in Messico e a Cuba. Sarà il Paese di Maciel e della Congregazione dei Legionari di Cristo da lui fondata la tappa più difficile del viaggio

Un viaggio breve, come quelli ai quali ci ha abituato in questi anni, con pochi ma intensi appuntamenti, porterà l’ottantaquattrenne Papa Benedetto XVI in Messico e a Cuba dal 23 al 28 marzo prossimo. Tre giorni in Messico, senza toccare la capitale per via dell’altitudine, e poi a Cuba, accolto dal fratello di Fidel Castro, Raul, quattordici anni dopo il viaggio di Giovanni Paolo II. Tutti gli occhi dei media e dell’opinione pubblica mondiale saranno puntati sulla tappa cubana del viaggio papale. Ma per la diplomazia della Santa Sede la parte più difficile del viaggio sarà quella messicana, nel corso della quale si temono anche delle contestazioni. Anzitutto le proteste delle vittime dei preti pedofili. Il Messico infatti è il paese d’origine di padre Marcial Maciel Degollado e della Congregazione che ha fondato: i Legionari di Cristo. Padre Maciel, ora defunto, è stato sospeso da Papa Ratzinger per aver abusato di seminaristi e aver intrattenuto una doppia vita con diverse donne. La Congregazione è stata inoltre commissariato dal Vaticano ma l’azione di pulizia e di rinnovamento in seno ai Legionari di Cristo stenta a farsi strada. Inoltre il Messico è uno tra i Paesi con il maggior tasso di anticlericalismo del mondo. Proprio nei giorni scorsi, in vista del viaggio papale, è stata modificata la Costituzione cancellando il principio dell’assoluta laicità dello Stato e introducendo quello della libertà religiosa. Gli organizzatori del viaggio papale temono perciò anche manifestazioni e proteste da parte dei gruppi e dei partiti anticlericali più accesi. Infine Benedetto XVI deve riallacciare buoni rapporti con la Chiesa messicana che era rimasta molto delusa quando, adducendo motivi di salute, il Papa rinunciò a recarsi nel Paese per il VI Incontro Mondiale delle Famiglie nel 2009. Nessuna preoccupazione, invece, per il viaggio a Cuba. Anzitutto, come è ovvio, dal punto di vista della sicurezza e delle proteste che saranno certamente assenti. Ma soprattutto dal punto di vista dell’accoglienza, da parte della Chiesa locale e dello stesso regime castrista, che sarà invece calorosa.

Ignazio Ingrao, Panorama.it

In una speciale classifica realizzata da 'Usa Today' Benedetto XVI, all'ottavo posto, è il personaggio straniero più popolare negli Stati Uniti

La graduatoria redatta dal quotidiano statunitense Usa Today in collaborazione con Gallup Poll vede Benedetto XVI che, piazzandosi all'ottavo posto, risulta il più popolare personaggio straniero tra gli americani. Nelle prime posizioni Obama ha soppiantato l'ex presidente George W. Bush dal 2008 numero uno di questa particolare classifica. Un altro ex presidente Bill Clinton, si trova in terza posizione, appena sopra la persona più frequentemente nominata nella storia del sondaggio, il reverendo Killy Graham. Il 93enne pastore evangelico è stato da sempre nella lista dei classificati da quando Gallup ha promosso lil sondaggio. Seguono, prima del Papa, Warren Buffett, Newt Gingrich e Donald Trump. Alle spalle del pontefice ecco il fondatore della Microsoft Bill Gates e il "profeta" della Chiesa di mormoni Thomas Monson. Sempre nel sondaggio tra le donne più ammirate la gradutatoria è così composta nell'ordine: Hilary Clinton, Oprah Winfrey, Michelle Obama, Sarah Pallin, Condoleeza Rice, Laura Bush, Margaret Thatcher , Ellen DeGeneres e l'immancabile e sempre presente Regina Elisabetta II d'Inghilterra.

Luca Rolandi, Vatican Insider

Il Papa: l’accoglienza amorevole di ogni vita umana aspetto importante della testimonianza evangelica. Salute riacquistata segno della salvezza di Dio

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI in occasione della XX Giornata Mondiale del Malato, che come di consueto si celebrerà l’11 febbraio 2011, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, sul tema: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato” (Lc 17,19).
Papa Benedetto rinnova ''la spirituale vicinanza a tutti i malati che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie, esprimendo a ciascuno la sollecitudine e l'affetto di tutta la Chiesa''. “Nell’accoglienza generosa e amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica, sul’esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e spirituali dell’uomo per guarirle”. Nel Messaggio, anche in vista della Giornata mondiale del Malato che si celebrerà in Germania l’11 febbraio 2013, e al centro della quale ci sarà “l’emblematica figura del samaritano”, il Papa si sofferma sui “sacramenti di guarigione”, cioè sul sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, e su quello dell’Unzione degli Infermi, che hanno il loro “naturale compimento” nell’Eucaristia. “L'incontro di Gesù con i dieci lebbrosi, narrato nel Vangelo di San Luca, in particolare le parole che il Signore rivolge ad uno di questi: 'Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!', aiutano a prendere coscienza dell'importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore. Nell'incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non è mai solo! Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel profondo il nostro cuore”. “La salute riacquistata – scrive Benedetto XVI – è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo”, e rivela “l’importanza che l’uomo, nella sua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore”. Così, a proposito del sacramento della Penitenza, Benedetto XVI scrive che Gesù “è venuto non per condannare, ma per perdonare e salvare, per dare speranza anche nel buio più profondo della sofferenza e del peccato, per donare la vita eterna; così nel Sacramento della Penitenza, nella 'medicina della confessione', l'esperienza del peccato non degenera in disperazione, ma incontra l'Amore che perdona e trasforma”. In questo modo “il momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla disperazione, può trasformarsi in tempo di grazia per rientrare in se stessi e ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell’abbraccio del Padre”. “Dalla lettura dei Vangeli - continua il Pontefice -, emerge chiaramente come Gesù abbia sempre mostrato una particolare attenzione verso gli infermi. Egli non solo ha inviato i suoi discepoli a curarne le ferite, ma ha anche istituito per loro un Sacramento specifico: l'Unzione degli Infermi". Per Benedetto XVI la Lettera di Giacomo "attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana: con l'Unzione degli Infermi, accompagnata dalla preghiera dei presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché allevi le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spiritualmente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del Popolo di Dio". “Questo Sacramento merita oggi una maggiore considerazione, sia nella riflessione teologica, sia nell'azione pastorale presso i malati. Valorizzando i contenuti della preghiera liturgica che si adattano alle diverse situazioni umane legate alla malattia e non solo quando si è alla fine della vita, l'Unzione degli Infermi non deve essere ritenuta quasi «un sacramento minore» rispetto agli altri. L'attenzione e la cura pastorale verso gli infermi, se da un lato è segno della tenerezza di Dio per chi è nella sofferenza, dall'altro arreca vantaggio spirituale anche ai sacerdoti e a tutta la comunità cristiana, nella consapevolezza che quanto è fatto al più piccolo, è fatto a Gesù stesso”. Il Papa sottolinea quindi "l'importanza dell'Eucaristia. Ricevuta nel momento della malattia contribuisce, in maniera singolare, ad operare tale trasformazione, associando colui che si nutre del Corpo e del Sangue di Gesù all'offerta che Egli ha fatto di Se stesso al Padre per la salvezza di tutti. L'intera comunità ecclesiale, e le comunità parrocchiali in particolare, prestino attenzione nell'assicurare la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale a coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto. In tal modo, a questi fratelli e sorelle viene offerta la possibilità di rafforzare il rapporto con Cristo crocifisso e risorto, partecipando, con la loro vita offerta per amore di Cristo, alla missione stessa della Chiesa. In questa prospettiva, è importante che i sacerdoti che prestano la loro delicata opera negli ospedali, nelle case di cura e presso le abitazioni dei malati si sentano veri ''ministri degli infermi', segno e strumento della compassione di Cristo, che deve giungere ad ogni uomo segnato dalla sofferenza'”, anche quando l’Eucaristia è “amministrata e accolta come viatico”, sacramento “del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre”. Il tema della XX Giornata Mondiale del Malato, continua il Pontefice, "guarda anche al prossimo Anno della fede, che inizierà l'11 ottobre 2012, occasione propizia e preziosa per riscoprire la forza e la bellezza della fede, per approfondirne i contenuti e per testimoniarla nella vita di ogni giorno. Desidero incoraggiare i malati e i sofferenti a trovare sempre un'ancora sicura nella fede, alimentata dall'ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai Sacramenti, mentre invito i Pastori ad essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi. Sull'esempio del Buon Pastore e come guide del gregge loro affidato, i sacerdoti siano pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l'infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza". "A quanti operano nel mondo della salute - conclude Benedetto XVI -, come pure alle famiglie che nei propri congiunti vedono il Volto sofferente del Signore Gesù, rinnovo il ringraziamento mio e della Chiesa, perché, nella competenza professionale e nel silenzio, spesso anche senza nominare il nome di Cristo, Lo manifestano concretamente”.

SIR, AsiaNews

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA XX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (11 FEBBRAIO 2012)