giovedì 28 giugno 2012

Uno spettatore d'eccezione per la semifinale degli Europei Italia-Germania: anche il Papa davanti alla tv, attento osservatore e appassionato

Ci sarà uno spettatore d'eccezione questa sera davanti la televisione per la semifinale dei campionati europei di calcio: alle 20.45 anche Benedetto XVI in una stanza del Palazzo Apostolico guarderà Italia-Germania. Papa Ratzinger è un grande appassionato di sport e di calcio: recentemente, a fine maggio, ha seguito la finale di Champions League fra Chelsea e Bayern Monaco. E non è un evento raro perchè il Santo Padre, quando gli impegni glielo consentono, è solito guardare le partite importanti dei vari campionati europei. Attento osservatore e appassionato ma non tifoso: anche perchè per la sua funzione ecumenica, non può esprimere un giudizio. Tuttavia Papa Ratzinger, segue con interesse la "sua" nazionale tedesca, ma anche l'Italia e alcuni giocatori in particolare. Nei giorni scorsi, quando si è disputato il quarto di finale Italia-Inghilterra, ha visto buona parte della partita ed è rimasto molto contento per la vittoria degli azzurri. Benedetto XVI guarda la tv con il suo segretario particolare, mons. Georg Gaenswein, grande sportivo che pratica sci e tennis. I due seguono gli eventi nel Palazzo Apostolico, dove Papa Ratzinger alle 20 di ogni sera è solito seguire il telegiornale. Padre Georg si posiziona su una sedia un passo indietro al Papa. Intorno a loro, le Memores Domini, le suore laiche che hanno fatto voto di fedeltà al Santo Padre, che servono aranciata, la bevanda da lui preferita.

Marco Ansaldo, La Repubblica.it

Presentazione dell'attività dello Ior ai media: né conti cifrati né operazioni off-shore, solo voglia di trasparenza per togliere velo di mistero

Dare un’informazione adeguata sulla natura, le finalità, l’organizzazione, i servizi, la situazione attuale, le nuove procedure di controllo per una gestione corretta: questo lo scopo dell’incontro organizzato stamani nella Sala delle Conferenze dello Ior, Istituto per le Opere di Religione, a cui sono stati invitati una cinquantina di giornalisti. A tenere la relazione principale il direttore generale dell’Istituto, commendatore Paolo Cipriani. All’incontro è seguita la visita ai locali dove si svolge l’attività dell’Istituto. Maggiore trasparenza non solo nella gestione, ma anche nel modo di fare comunicazione: questo il senso dell’invito, il primo in assoluto, rivolto a un folto gruppo di giornalisti a conoscere più da vicino e nei dettagli come funziona lo Ior, tra gli argomenti legati al Vaticano che più spesso attirano l’attenzione degli organi di informazione e suscettibile spesso di notizie inesatte. Lo spiega bene il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che precisa come questo vuol essere più un punto di partenza che d’arrivo per fornire una conoscenza di base comune agli operatori di mass-media. Nella Sala delle Conferenze è poi il direttore generale Cipriani a prendere la parola presentando un’ampia relazione sulla vita dell’Istituto e rispondendo successivamente alle domande. Cipriani illustra prima di tutto la missione dello Ior, quella di custodire e amministrare i beni mobili e immobili affidati dagli utenti, beni destinati alle opere di religione e di carità, e curare gli interessi della Chiesa Cattolica e principalmente del Papa. E precisa: non è esatto parlare dello Ior come di una banca, si tratta invece di un Istituto finanziario. Non ha infatti fini di lucro, gli investimenti non sono a carattere speculativo, ma di mantenimento, i rapporti con le controparti non sono conti di corrispondenza cioè le altre banche non possono aprire conti nell’Istituto.Qualche cifra: 112 sono i dipendenti, di cui 6 i dirigenti. Ci si avvale anche di alcuni consulenti legali esterni. 33 mila i conti aperti, 6 miliardi di Euro l’asset generale, cioè il patrimonio. Lo Ior fornisce servizi di supporto a enti di oltre 150 Paesi e non ha filiali all’estero. Per il 77% l’utenza ha un riferimento geografico europeo e il 60% del denaro gestito è in Euro. Gli utenti sono ammessi in base a criteri rigorosi: sono ad esempio i dicasteri vaticani, le nunziature, le congregazioni religiose, le parrocchie e le diocesi, le ambasciate presso la Santa Sede, ma anche sacerdoti e dipendenti laici vaticani. Altro elemento di chiarificazione: nello Ior non esistono conti cifrati, né anonimi e recentemente non ci sono state uscite di capitali. L’Istituto non ha rapporti con banche o Paesi off Shore. Esiste una piccola riserva aurea alla Federal Reserve di New Jork, dice Cipriani, rispondendo ad una domanda, mentre gli investimenti non superano il 5% dell'asset e sono di basso rendimento in quanto hanno lo scopo di proteggere il capitale e non di creare utili. Gran parte della relazione di Cipriani riguarda l’adeguamento dello Ior alle nuove regole internazionali di controllo anti riciclaggio. Per questo sono state predisposte nuove normative che impongono precise attività di controllo come la legge 127 del dicembre 2010 e la legge 166 dell’aprile 2012. Dal 2009 la Santa Sede ha aderito alla normativa europea in materia di AML/CFT cioè di antiriciclaggio. Lo Ior è stato visitato due volte da valutatori del gruppo regionale di controllo antiriciclaggio "Moneyvall", nel novembre 2011 e nel marzo 2012. Tutti i trasferimenti di capitale in entrata e uscita, dice Cipriani, vengono sottoposti alle procedure standard di adeguata verifica comunemente applicate dagli altri enti finanziari internazionali utilizzando il sistema SWIFT che impone regole precise per ogni singola transazione. I bonifici devono indicare i dati completi dell’ordinante e del beneficiario e la causale permettendone così la tracciabilità. Controlli interni ed esterni verificano tutte le operazioni. La Governance interna prevede la Commissione cardinalizia, il Consiglio di Sovrintendenza che elabora le strategie a lungo e medio termine, un prelato, in questo momento vacante, anello di congiunzione tra Commissione e Consiglio, la direzione generale responsabile dell’attività operativa. Tra i controlli interni, il collegio dei Revisori. E all’esterno dal primo aprile 2011 è operativa l’AIF, l’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede. E a questo proposito Cipriani spiega: all’AIF possono fare riferimento soggetti esterni per avere chiarimenti su operazioni anche precedenti all'aprile 2011, e quindi anche a prima che entrasse in vigore la normativa antiriciclaggio della Santa Sede, smentendo voci che sostengono il contrario. Il direttore generale dello Ior conclude ribadendo come l’Istituto sia tenuto più di qualsiasi banca commerciale ad obblighi etici per la sua missione e anche per la necessità di custodire l’immagine stessa della Chiesa Cattolica.

Radio Vaticana

Rispondendo all'invito del card. Vallini gli universitari romani parteciperanno domani in Piazza San Pietro all'Angelus recitato da Benedetto XVI

Domani mattina gli universitari di Roma, guidati da mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare e responsabile dell'Ufficio diocesano per la Pastorale universitaria, parteciperanno all'Angelus della Solennità dei Santi Patroni Pietro e Paolo. Gli studenti della Capitale rispondono così all'invito fatto alla diocesi dal cardinale vicario Agostino Vallini, partecipando personalmente alla preghiera mariana, in piazza San Pietro, in modo da esprimere la loro profonda e filiale gratitudine a Papa Benedetto XVI. L'appuntamento per i ragazzi è alle ore 11.30 davanti alla Chiesa di S. Maria alla Traspontina in via della Conciliazione, per poi raggiungere tutti insieme la piazza e ascoltare le parole del Pontefice.

Zenit

L’11 luglio a Castel Gandolfo concerto della 'West-Eastern Divan Orchestra' in onore di Benedetto XVI diretto dal maestro Daniel Barenboim

L’11 luglio, festa di San Benedetto, si terrà al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo un concerto in onore di Benedetto XVI, che sarà presente all’evento musicale. Il concerto, che avrà un programma beethoviano, sarà eseguito dalla “West-Eastern Divan Orchestra” diretta da Daniel Barenboim. L’orchestra è stata fondata nel 1999 dal maestro Barenboim e da Edward Said riunendo assieme musicisti provenienti da molte nazioni del Medio Oriente, tra cui israeliani e palestinesi. In un comunicato per l'evento, viene ricordato il grande impegno del Papa “per il dialogo tra ebrei, cristiani e musulmani”. Il 1° giugno scorso, Daniel Barenboim aveva diretto il concerto alla Scala di Milano (foto) alla presenza del Papa, in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie.

Radio Vaticana

Il Papa autorizza la promulgazione del decreto sul martirio di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia 'in odio alla fede': sarà proclamato Beato

Sarà Beato don Pino Puglisi (foto), il sacerdote palermitano ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. Benedetto XVI ha infatti autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto relativo al martirio di Puglisi perché ucciso "in odio alla fede". Questo esonera ora dalla necessita' di provare un miracolo compiuto con l'intercessione del Servo di Dio. Il riconoscimento del martirio decretato oggi dal Papa, indica che la causa di Beatificazione, aperta il 15 settembre 1999 dal cardinale emerito di Palermo Salvatore De Giorgi, si è conclusa positivamente e che presto don Puglisi sarà elevato all'onore degli altari. Padre Giuseppe Puglisi meglio conosciuto come Pino, nacque a Palermo, nel quartiere di Brancaccio, fortemente controllato dalla criminalità organizzata, il 15 settembre 1937. Negli stessi luoghi, nei quali prestò il suo infaticabile impegno evangelico e sociale, venne assassinato dalla mafia esattamente 56 anni dopo, davanti al portone di casa, in piazza Anita Garibaldi. Dopo le indagini, mandanti dell'omicidio furono riconosciuti i capimafia Filippo e Giuseppe Graviano. Quest'ultimo fu condannato all'ergastolo per l'uccisione di don Puglisi il 5 ottobre 1999, mentre il fratello Filippo, dopo l'assoluzione in primo grado, fu condannato in appello all'ergastolo il 19 febbraio 2001. Condannati all'ergastolo dalla Corte d'assise di Palermo anche Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone, gli altri componenti del commando che aspettò sotto casa il prete. La storia di don Puglisi è stata portata sul grande schermo da Luca Zingaretti in un commovente film di Roberto Faenza, "Alla luce del Sole", nel 2005. "Quel modello di prete che la mafia voleva cacciare in Sagrestia, oggi viene riconosciuto dalla Chiesa come massima fedeltà al Vangelo", ha commentato don Luigi Ciotti. "Morì per strada, dove viveva, dove incontrava i 'piccoli', gli adulti, gli anziani, quanti avevano bisogno di aiuto e quanti, con la propria condotta, si rendevano responsabili di illegalità, soprusi e violenze. Probabilmente per questo lo hanno ucciso: perchè un modo così radicale di abitare la strada e di esercitare il ministero del parroco è scomodo. Lo hanno ucciso nell'illusione di spegnere una presenza fatta di ascolto, di denuncia, di condivisione. Quel modello di prete, che la mafia voleva cacciare in sagrestia, viene oggi ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa come massima fedeltà al Vangelo". "Il prete palermitano - ha proseguito don Ciotti - ha incarnato pienamente la povertà, la fatica, la libertà e la gioia del vivere, come preti, in parrocchia. Con la sua testimonianza don Pino ci sprona a sostenere quanti vivono questa stessa realtà con impegno e silenzio". L'arcivescovo di Palermo, il card. Paolo Romeo, "con cuore ricolmo di commozione" ha espresso gratitudine per "poter contemplare un suo figlio, che con il suo sangue ha dato testimonianza della fede, tra le schiere dei Beati e dei Santi". Per il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, la Beatificazione di don Puglisi è "una bellissima notizia che rende felice tutta la città e tutta l'Italia. Don Pino Puglisi è un martire che ha dato la sua vita in difesa degli ultimi e della legalità e che ha testimoniato con la sua intera esistenza il valore della solidarietà e dell'accoglienza. Le nuove generazioni dovrebbero prenderlo ad esempio perché è un faro nella lotta alla mafia", ha concluso.

Corriere del Mezzogiorno.it, TMNews

Benedetto XVI approva i decreti per dieci futuri Beati e il riconoscimento delle virtù eroiche per nove venerabili Servi di Dio, 4 donne e 5 uomini

Questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’udienza il Papa ha autorizzato la Congregazione a promulgare i decreti riguardanti un gruppo di prossimi candidati agli onori degli altari. Sono tanti i martiri le cui storie tornano alla memoria dalle brevi righe dei decreti. Memoria che in realtà conserva il sapore della cronaca, quando il ricordo fa affiorare il sorriso di don Pino, Giuseppe Puglisi. Più lontana di un sessantennio, ma certo non sfocata, specie per la Chiesa spagnola, è invece la memoria del nuovo gruppo di martiri della guerra civile del secolo scorso ai quali il Papa riconosce l’onore degli altari. Ai tanti sacerdoti, religiosi e laici già beatificati in questi anni, si aggiungono ora i nomi del vescovo ausiliare di Terragona, Emanuele Borrás Ferré, e Agapito Modesto, dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, e dei loro 145 compagni. Di Ermenegildo dell'Assunzione e dei suoi cinque compagni dell'Ordine della Ss.ma Trinità. Della religiosa Vittoria di Gesù, dell’Istituto Calasanziano della Divina Pastora, tutti uccisi tra il ‘36 il’39. E ancora, del sacerdote diocesano 23.enne, Giovanni Huguet y Cardona, anch’egli ucciso in odio alla fede nel ‘36. E di prossima Beatificazione si parla nei Decreti anche per Devasahayam (Lazaro) Pillai, un laico nato nell’India dei primi del Settecento e morto martire nel 1752. Oltre a loro, l’elenco approvato da Benedetto XVI contiene il riconoscimento delle virtù eroiche per nove Venerabili Servi e Serve di Dio, quattro donne e cinque uomini. Si tratta del cardinale arcivescovo di Napoli dell’800, Sisto Riario Sforza, dell’arcivescovo statunitense Fulton Sheen, scomparso 32 anni fa, del vescovo spagnolo dell’Opus Dei, Álvaro Del Portillo y Diez de Sollano, morto a Roma nel 1994, del sacerdote diocesano olandese, Ludovico Tijssen, spentosi nel 1929, e del sacerdote spagnolo Cristoforo di Santa Caterina, vissuto nel Seicento e fondatore della Congregazione e dell'Ospedale di Gesù Nazareno di Córdoba. E ancora, della Serva di Dio canadese dell’Ottocento, Maria del Sacro Cuore Vedova, fondatrice delle Ancelle del Cuore Immacolato di Maria, conosciute come Suore del Buon Pastore di Québec. Della religiosa nordirlandese, Maria Angelina Teresa, fondatrice della Congregazione delle Suore Carmelitane per gli anziani e gli infermi, spentasi negli Stati Uniti nel 1984. Della monaca professa ungherese dell'Ordine della Visitazione, Maria Margherita, morta a soli 28 anni il 13 maggio 1933, e della suora professa italiana dell'Istituto delle Figlie della Carità morta a Mumbai, India, nel 1956 a 36 anni.

Radio Vaticana

PROMULGAZIONE DI DECRETI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Il Papa: nella fedeltà al deposito della fede trasmesso da Pietro e Paolo le radici della comunione che già sperimentiamo tra cattolici e ortodossi

Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza la delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta come da tradizione a Roma in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. La delegazione inviata da Sua Santità Bartolomeo I è composta da Emmanuel Adamakis, Metropolita di Francia, direttore dell’Ufficio della Chiesa ortodossa presso l’Unione Europea, Ilias Katre, vescovo di Philomelion (U.S.A.) e Paisios Kokkinakis, codicografo del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico. "La vostra presenza qui a Roma", ha esordito il Papa, "ci offre una speciale opportunità di elevare il nostro canto di lode per le meraviglie che la grazia divina, da cui proviene ogni bene, ha compiuto nella vita dei due Apostoli, rendendoli degni di entrare trionfanti nella gloria celeste dopo essere passati per il lavacro rigenerante del martirio. La festa dei Santi Pietro e Paolo, inoltre, ci dà la possibilità di ringraziare insieme il Signore per le opere straordinarie che Egli ha compiuto e continua a compiere attraverso gli Apostoli nella vita della Chiesa". È la loro predicazione, “sigillata dalla testimonianza del martirio, il fondamento solido e perenne sul quale si edifica la Chiesa, e nella fedeltà al deposito della fede da loro trasmessa troviamo le radici della comunione che abbiamo già sperimentato tra noi”. “Mentre affidiamo all’intercessione dei gloriosi apostoli e martiri Pietro e Paolo la nostra supplica affinché il Signore” ci conceda di “pervenire presto al giorno benedetto nel quale potremo condividere la mensa eucaristica - ha detto il Papa -, leviamo le nostre voci nell‘inno a Dio per il cammino di pace e riconciliazione che ci consente di percorrere insieme”. Ricordano che "quest'anno ricorre il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, che sarà celebrata solennemente il prossimo 11 ottobre", Benedetto XVI ha ricordato che con la presenza all’assise di “alcuni rappresentanti del Patriarcato ecumenico” ha avuto inizio “una nuova importante fase delle relazioni tra le nostre Chiese”. Dal Pontefice la lode al Signore “per la riscoperta della profonda fraternità che ci lega” e “per il cammino percorso in questi anni dalla Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa”, e “che anche nella fase attuale si possano fare dei progressi”. “Richiamando l'anniversario del Concilio Vaticano II”, il Papa ha quindi ricordato “la figura e l'attività dell'indimenticabile Patriarca ecumenico Athenagoras”, di cui tra qualche giorno ricorrerà il 40° anniversario della morte. Il Patriarca Athenagoras, insieme al Beato Papa Giovanni XXIII e al Servo di Dio Papa Paolo VI, ha detto, “animati da quella passione per l'unità della Chiesa che sgorga dalla fede in Cristo Signore, si fecero promotori di coraggiose iniziative che aprirono la strada a rinnovate relazioni tra il Patriarcato ecumenico e la Chiesa Cattolica”. “È per me motivo di particolare gioia - ancora parole del Papa - constatare come Sua Santità Bartolomeo I segua, con rinnovata fedeltà e feconda creatività, la pista tracciata dai suoi predecessori i patriarchi Athenagoras e Dimitrios, distinguendosi a livello internazionale per la sua apertura al dialogo tra i cristiani e per l‘impegno al servizio dell’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo”. Ringraziando i membri della delegazione per la loro presenza, Benedetto XVI ha chiesto loro di portare a Bartolomeo I i suoi “sentimenti di affetto fraterno e viva gratitudine”, assicurando la propria preghiera “affinché il Signore” gli conceda “salute e forza”, e “doni prosperità e pace al Patriarcato ecumenico”. “Dio onnipotente – ha concluso il Papa – ci faccia il dono di una comunione sempre più piena secondo la Sua volontà, perché ‘con un cuore solo ed un'anima sola’ possiamo sempre esaltare il Suo nome”.

SIR, Radio Vaticana

UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO - il testo integrale del discorso del Papa

'Noi per Benedetto': stanchi di vedere il nostro Papa continuamente vilipeso, vogliamo reagire al pregiudizio anticattolico 'socialmente accettabile'



Ci siamo! Domani, in occasione dell'Angelus recitato da Benedetto XVI nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Piazza San Pietro accoglierà i partecipanti a "Noi per Benedetto", iniziativa nata spontaneamente su internet e promossa da un gruppo di giovani cattolici per stringersi intorno al Santo Padre dopo mesi, anni, di attacchi contro la sua persona. Domani in Piazza San Pietro ci sarà anche la diocesi di Roma, convocata dal cardinale vicario Agostino Vallini sempre per esprimere a Benedetto XVI affetto e gratitudine per il suo ministero. La Vigna del Signore da subito ha fatto propria e diffusa questa straordinaria iniziativa di affettuosa solidarietà al Papa. Alla vigilia dell'evento, abbiamo intervistato Domenico, uno dei giovani promotori e portavoce del comitato "Noi Per Benedetto".
Chi c’è dietro "Noi per Benedetto" e in cosa consiste? Cosa vi ha spinto a mettere in piedi un’iniziativa del genere?
All'origine di "Noi Per Benedetto" vi è un gruppo di giovani cattolici che vivono a Roma, di diverse realtà associative, universitarie e lavorative, che hanno deciso di alzare la voce e di scrivere a chiare lettere sul sito www.noixbenedetto.it "Siamo stanchi"! Come abbiamo scritto nel sito siamo stanchi di vedere il Santo Padre Benedetto XVI continuamente vilipeso sull’onda di attacchi demagogici; stanchi di sentire le solite fesserie sull’ICI e le tasse, sull’anello del Papa che risolverebbe da solo la fame nel mondo, e sui preti che sono tutti pedofili già per il fatto stesso di esser preti. Stanchi di vedere puntualmente dimenticate tutte le opere di bene che, giustamente, sono fatte nel silenzio. Il tutto in un periodo di certo non sereno per la Chiesa Cattolica. Oggi leggiamo ed ascoltare le notizie che sembrano tratte dall'ultimo libro di Dan Brown, incupendo una realtà che, sebbene abbia i suoi problemi (come tutte le realtà umane del resto), è certamente colma di "bello" e "buono". Ma sicuramente, quello che ha spinto più di ogni altra cosa, sono i continui attacchi che i cattolici ricevono sui social e sul web. Sembra quasi che professarsi credenti sia diventato un peccato, mentre il bestemmiare ed offendere il credo altrui sembra quasi una libertà inviolabile. In sintesi, "Noi Per Benedetto" nasce per reagire davanti a quel pregiudizio, come lo ha definito lo storico americano Jenkin, ritenuto oggi, ingiustamente, l’ultimo pregiudizio "socialmente accettabile", ossia quello anticattolico. Tanti i messaggi di sostegno che abbiamo ricevuto attraverso i social e tramite mail, e quasi tutti terminano o iniziano con "era ora!", quasi come se questa iniziativa rispondesse ad un'esigenza sociale inespressa. Adesso è necessario passare da una fase celebrativa ad una fase attiva dell'impegno cattolico. E' bene alzare la testa e difendere i nostri valori, uscendo fuori da quelle "nuove catacombe" dove al momento sembra che siamo rintanati. E tutto ciò iniziando da un lato difendere il Sommo Pontefice, Vicario di Cristo, e la Chiesa Cattolica, e dall'altro divenire elemento di nuova evangelizzazione e di sensibilizzazione efficace, in difesa dei valori cristiani e cattolici, specialmente nella realtà giovanile.
Che cosa rappresenta per voi Papa Benedetto XVI?
Per noi il Papa Benedetto è innanzitutto un Padre nella fede, è colui che ci guida attraverso la sua parola ed i suoi insegnamenti nella crescita verso una fede autentica ed una piena consapevolezza di ciò che significa essere cristiani oggi nel 2012. Il Papa è anche il simbolo dell'unità e della comunione tra tutti i cristiani del mondo, ci sentiamo sostenuti dalla sua preghiera e dal suo affetto che ci ha sempre dimostrato in tutti gli incontri avuti con noi giovani. Il Santo Padre Benedetto XVI è per noi un Maestro di verità per la limpidezza del suo magistero alla luce della fede e della ragione; un Maestro di carità per il suo straordinario esempio di mansuetudine e di bontà che ha sempre dimostrato anche nei momenti più difficili del suo pontificato; un Maestro di autentica libertà perché ci ha insegnato che la vera libertà si attua nell'adesione al bene e nella ricerca della Verità, quella che non tramonta mai e che per noi ha un nome ed un volto preciso Gesù Cristo, il crocifisso risorto. Per questi motivi siamo grati al Signore per averci fatto dono del Papa Benedetto XVI ed è per questo che vogliamo esprimere a lui la nostra vicinanza ed il nostro profondo affetto come figli nei confronti del proprio padre.
Sarà la prima di una serie di iniziative a sostegno del Papa?
Abbiamo una grande idea, un sogno che vogliamo presentare al Santo Padre. L’esperienza continuerà durante l’Anno della fede, attraverso un progetto ambizioso che vuole superare i confini italiani per raggiungere i giovani in ogni angolo del mondo cattolico. Il leit motiv che ci guiderà sarà “giovani di fede per una nuova profezia”. Ma ci sarà tempo per affrontare questo argomento, al momento manteniamo il riserbo ed impegniamo le nostre forze per il 29 giugno, affinché si possa realizzare quel vero "bagno di amore" per il Santo Padre, che tanto desideriamo per lui.

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Due tradizioni in una sola voce: il coro di Westminster Abbey e la Cappella Musicale Pontificia insieme per la Messa dei Santi Pietro e Paolo

di John Hall
Decano di Westminster

Su invito di Benedetto XVI, una delegazione anglicana parteciperà alla Messa papale che si terrà nella Basilica di San Pietro nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. La delegazione della Westminster Abbey di Londra sarà costituita da diversi membri del clero, assieme al coro e all’organista e maestro dei coristi. Su espresso desiderio del Papa, per questa messa il coro della Westminster Abbey formerà un solo coro con quello pontificio, la Cappella Musicale Sistina, diretto da Massimo Palombella. In aggiunta, diretto dall’organista dell’abbazia e maestro dei coristi, James O’Donnell, il coro di Westminster Abbey eseguirà canti della tradizione della Chiesa d’Inghilterra. Parte di questi canti saranno accompagnati dal sostituto organista dell’abbazia, Robert Quinney. L’invito, senza precedenti, che il Papa ha rivolto al coro, di cantare con la Cappella Sistina durante la liturgia da lui presieduta, è uno dei frutti del viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito nel settembre 2010, e in particolare della sua visita alla Westminster Abbey per la funzione ecumenica della preghiera serale. Durante la funzione, il Papa ha avuto un saggio della ricca tradizione di musica liturgica, che costituisce una parte importante della vita cultuale dell’Abbazia. Ha ascoltato il coro, e in seguito siamo stati lieti di inviargli, su sua richiesta, una selezione di cd incisi dagli organisti e dal coro dell’Abbazia. Nei cinque giorni in cui soggiornerà in Italia, il coro ha tenuto un concerto pubblico nella serata di ieri, nella Basilica di Santa Maria Maggiore e poi, questa sera, nella Cappella Sistina, un recital privato in Vaticano, al quale prenderà parte anche il segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone. Nella serata della Solennità del 29 giugno, il clero e il coro di Westminster Abbey animeranno la preghiera serale a Santa Maria sopra Minerva, chiesa titolare del card. Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo emerito di Westminster. La funzione si svolgerà in associazione con la chiesa di All Saints e con il centro anglicano di Roma, a Palazzo Doria Pamphili. Sabato 30 giugno la delegazione di Westminster Abbey si recherà all’abbazia di Montecassino, su invito dell’arciabate dom Pietro Vittorelli, per cantare i Primi Vespri e la Messa domenicale assieme ai monaci. Come decano, sono lieto di essere stato invitato a celebrare un’Eucaristia secondo l’ordine della Chiesa d’Inghilterra nel Santuario di San Benedetto. Questo felice scambio ecumenico riflette l’evento dello scorso ottobre, quando l’arciabate ha celebrato la Messa nel santuario di Sant’Eduardo, re e confessore, nell’Abbazia di Westminster. La visita della Westminster Abbey a Roma è densa di significati. L’abbazia non solo è nota in tutto il mondo, ma è anche un luogo particolarmente importante al centro della vita del Regno Unito e del Commonwealth. Per tutta la sua storia, a partire dal 1066, è stato il luogo in cui sono stati incoronati i re e le regine d’Inghilterra e del Regno Unito. La regina Elisabetta ii è stata unta e incoronata il 2 giugno 1953, quasi nella stessa identica maniera dei suoi predecessori prima e dopo lo scisma da Roma. Qui sono stati celebrati i matrimoni reali nel medioevo, e poi di nuovo nel XX e nel XXI secolo. Il matrimonio della regina Elisabetta, all’epoca ancora principessa, con il duca di Edimburgo è stato celebrato qui nel 1947. E qui, il 29 aprile 2011, la regina Elisabetta ha partecipato al matrimonio del nipote, il principe William di Galles, figlio del principe di Galles, con Catherine Middleton. I coniugi sono ora duca e duchessa di Cambridge. Si ritiene che la funzione sia stata vista da quasi tre miliardi di persone, l’audience televisiva più grande di sempre. Il decano e il capitolo di Westminster hanno un particolare rapporto con la monarchia e con le istituzioni in Inghilterra, essendo direttamente responsabili verso la regina, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra. Durante il regno di Enrico VIII nel XVI secolo, Westminster Abbey, che per almeno seicento anni era stata una comunità benedettina, partecipò al movimento per distaccare la Chiesa d’Inghilterra dalla giurisdizione del Papa e dalla Chiesa cattolica romana. Nel 1540 l’Abbazia venne sciolta dal re, i monaci furono dispersi o servirono nel nuovo ordinamento, e la chiesa divenne cattedrale. Quando la regina Maria ripristinò il cattolicesimo in Inghilterra durante il suo breve regno, fu restaurata anche l’Abbazia benedettina. Infine, nel 1560, dopo che Elisabetta i reintrodusse l’anglicanesimo, l’Abbazia, ancora una volta sciolta, fu di nuovo eretta come chiesa collegiale di St. Peter Westminster.Negli ultimi 450 anni, la Chiesa collegiale di St. Peter Westminster, ancora universalmente nota come Westminster Abbey, ha mantenuto la tradizione della musica corale come parte della sua proposta liturgica quotidiana. A Westminster Abbey il coro canta otto funzioni a settimana: il mattutino, l’Eucaristia e la preghiera serale la domenica, e la preghiera serale quotidiana (fatta eccezione per un giorno, nel quale viene recitata in pubblico). Quando il coro è in vacanza, questo schema viene mantenuto o dai Lay Vicars (i cantori adulti) del coro dell’Abbazia o da cori in visita. La musica liturgica che viene eseguita a Westminster Abbey attinge a tutta la tradizione europea di musica sacra e comprende canto fermo e musica delle tradizioni latina e inglese dal XVI secolo.È mio auspicio che questa visita di Westminster Abbey a Roma sia benedetta dalla grazia di Dio e ci faccia progredire nel lungo e tortuoso cammino verso la piena e visibile unità, obiettivo che sia il Papa sia l’arcivescovo di Canterbury continuano a perseguire.

L'Osservatore Romano

Con le nuove nomine il Papa rimescola le carte in senso meno conservatore. Nei prossimi giorni la nomina di Müller a prefetto di Dottrina della Fede

Con le nomine annunciate martedì, alle quali si aggiungerà quella ormai imminente del nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Benedetto XVI ha impresso una direzione nuova alla Curia romana. Va innanzitutto notato che su tre italiani che lasciano l’incarico (i cardinali Raffaele Farina ed Ennio Antonelli, il vescovo Gianfranco Girotti), soltanto un italiano subentra (Vincenzo Paglia). E non si può non sottolineare come il segno di questi cambiamenti non sia certo classificabile come conservatore o tradizionalista. Paglia, nominato presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, vanta una lunga esperienza nel dialogo ecumenico e nelle iniziative in favore dei poveri. L’arcivescovo francese Jean-Louis Brugues, nominato archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, è considerato aperto e uomo di mediazione nelle controversie che hanno riguardato le università cattoliche in questi anni. L’inglese Arthur Roche, nominato segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, è un vescovo moderno (non modernista) fedele al Concilio, esperto di liturgia, per dieci anni ha presieduto l’International commission on english in liturgy, che non ha certo un’agenda tradizionalista. Già candidato per questo incarico nel 2009, è stato ausiliare del card. Murphy O’Connor. L’infornata di nomine, nel suo complesso, segna una battuta d’arresto per l’ala curiale più conservatrice e mostra la volontà del Papa di tenere aperta la linea del dialogo a tutto campo. La svolta aperturista di Benedetto verrà confermata nei prossimi giorni con la designazione del vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller a nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. La candidatura di Müller, teologo tedesco ben conosciuto da Joseph Ratzinger, era stata oggetto nei mesi scorsi di tentativi di affossamento da parte di ambienti ecclesiastici che consideravano il vescovo di Ratisbona troppo aperto. Le promozioni e i trasferimenti di martedì, infine, non sembrano indicare che il Segretario di Stato Tarcisio Bertone sia sul punto di lasciare l’incarico. L’ipotesi di un cambio viene presa in considerazione, ma non nell’immediato, sotto la pressione dei vatileaks che vedevano proprio nel "primo ministro" del Papa uno dei principali bersagli.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Mons. Tonucci invita Benedetto XVI a Loreto in occasione del 50° anniversario della storica visita di Giovanni XXIII, il 4 ottobre 1962

A cinquant'anni dalla storica visita che il 4 ottobre 1962 portò Papa Giovanni XXIII a Loreto per affidare alla Vergine il Concilio Vaticano II che si sarebbe aperto di lì a poco, l’arcivescovo delegato pontificio di Loreto, mons. Giovanni Tonucci, ha invitato Benedetto XVI a ripercorrere le orme del suo predecessore. La speranza di mons. Tonucci è che Papa Ratzinger torni a Loreto il 4 ottobre prossimo, per "affidare l’intera Chiesa alla Madonna alla vigila di due eventi così significativi come la celebrazione dell’Anno della fede e il XIII Sinodo dei vescovi, che sarà aperto il 7 ottobre prossimo". "Pur nutrendo una speranza molto grande che il Papa possa rispondere affermativamente non sono ancora in grado di confermare la sua venuta" ha detto oggi il presule presentando le iniziative del 50° anniversario della visita di Papa Roncalli, che segnò anche la prima uscita di un Pontefice dal Vaticano dopo l’unità d’Italia. Per l’occasione, l’8 settembre verrà inaugurata nel Museo Antico-Tesoro la mostra "Giovanni XXIII a Loreto". Attraverso oggetti liturgici, fotografie, filmati e un’intervista esclusiva a mons. Loris Capovilla, segretario di Papa Roncalli, la mostra ricostruirà il viaggio in treno che portò Giovanni XXIII nella città mariana, festeggiato in ogni stazione ferroviaria da migliaia di fedeli. Fra gli invitati all’inaugurazione anche il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi.

Vatican Insider

Gary Krupp: la 'leggenda nera' su Pio XII è alla fine, numerosi documenti d’archivio dimostrano che personalmente aiutò nel salvataggio degli ebrei

Dopo sei anni di ricerche, che hanno portato a scoprire circa 76mila pagine di materiale originale, oltre alle testimonianze oculari e ai contribuiti di studiosi internazionali di rilievo, Gary Krupp è fiducioso che l’opera di diffamazione della reputazione di Pio XII (foto) stia avviandosi a termine. “Stiamo decisamente vincendo, assolutamente non c’è dubbio su questo”, a Roma in questi giorni Gay Krupp in un’intervista di Eduard Pentin all’agenzia Zenit ha dichiarato: “Ogni volta che approfondiamo la ricerca, troviamo un diamante, E’ incredibile, ma non c’è nulla dall’altra parte, perché non c’è una base documentata per nessuna delle loro accuse”. Krupp è il fondatore di Pave the Way Foundation, un’organizzazione non profit dedicata a gettare ponti fra le religioni del mondo. E’ noto per essere uno dei difensori più appassionati di Pio XII in relazione al suo comportamento verso gli ebrei. Krupp è ebreo, e vuole restarlo: “Sento che ho fratelli e sorelle nella Chiesa, ma non prenderei mai in considerazione l’idea di convertirmi. Sono molto fiero di essere ebreo, e credo che questa sia la via che Dio ha voluto che prendessi”. Ebreo di New York, è cresciuto, come molti altri della sua generazione, con l’odio per un Pio XII dipinto come antisemita e indifferente alla sorte degli ebrei durante la guerra. Ora Krupp stesso, e la sua squadra, affermano l’opposto: pensano che tutti i documenti che hanno portato alla luce dovrebbero agire per ogni studioso serio come una prova incontrovertibile del fatto che Pio XII durante e dopo la seconda guerra mondiale fece tutto quello che era in suo potere per proteggere e difendere gli ebrei. Alcuni di quei documenti dimostrano che Pio XII era a favore della creazione di uno stato ebraico sind al 1917. In una scoperta recente, Pave the Way ha incrociato una lettere scritta nel 1939 dal card. Pacelli in cui si tentava di ottenere i visti per 200mila ebrei che retsavano in Germania dopo la Notte dei Cristalli. “Non è riuscito a ottenere i visti, ma ci ha provato. E il punto è che non l’ha fatto dalla tranquillità di Washington, D.C. o di Londra. L’ha fatto mentre era circondato da forze ostili, e infiltrato da spie. E tuttavia è riuscito a salvare più ebrei di tutti gli altri leader mondiali messi insieme”. Altre lettere rivelano la sua opera a favore degli ebrei di Roma, molti dei quali si salvarono in monasteri, conventi e case di cattolici. “Tutti questi documenti d’archivio dimostrano che personalmente aiutò nel salvataggio degli ebrei. Gli antisemiti non si comportano così!”, aggiunge Krupp con la sua cadenza newyorkese. Secondo Krupp la “leggenda nera” su Pio XII è frutto della propaganda sovietica e degli effetti dell’opera teatrale “Il vicario”, scritta da un autore tedesco alla fine degli anni ’50. Una “leggenda nera” che ancora continua a essere diffusa, a dispetto della documentazione storica contraria, anche nelle università americane, con grande indignazione di Krupp, sotto l’egida della “libertà accademica”. Krupp è molto indignato con la comunità ebraica romana, e con coloro che continuano a sostenere la “leggenda nera”, a dispetto dell’evidenza contraria. “La maggior parte degli ebrei romani disprezza Pio XII, quando pochi anni fa hanno eretto un monumento in suo onore perché aveva salvato le loro vite. Oggi respirate perché ha salvato le vostre vite, e lo disprezzate? Questo è un peccato. Un peccato per gli ebrei”.

Marco Tosatti, Vatican Insider


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