mercoledì 23 giugno 2010

Madgi Cristiano Allam: atteggiamento islamicamente corretto il silenzio del Vaticano sull'uccisione per mandato terrorista di mons. Padovese

Ci fu un tentativo ''fino all'ultimo istante" di impedire al Papa di celebrare il battesimo di Magdi Cristiano Allam (nella foto con Benedetto XVI) da parte della diplomazia vaticana: ad affermarlo è l'europarlamentare ed ex giornalista egiziano convertito nel 2008 al cattolicesimo che, in una intervista al mensile Consulente Re, spiega adesso che ''la posizione odierna di Papa Benedetto XVI rispetto a quella del cardinale Ratzinger risente dei condizionamenti della diplomazia vaticana''. Un esempio di questo atteggiamento ''islamicamente corretto'' è il fatto che la la Santa Sede che per eccesso di realismo tace sul fatto che mons. Luigi Padovese è stato ucciso su ''mandato del terrorismo islamico''. ''Il Santo Padre, in quella occasione - sostiene Allam a proposito del suo battesimo - è stato un autentico testimone non solo di fede, ma anche di libertà. Purtroppo la burocrazia vaticana, che opera secondo la logica della ragion di Stato, il che la porta a non volere contrasti con nessun Paese al mondo si sottomette facilmente all'arbitrio dei governi islamici''. Tanta prudenza, aggiunge, non è giustificata neanche dalla preoccupazione di non complicare la situazione dei cristiani nei Paesi a maggioranza islamica: ''Se tale ragione fosse valida e confermata dai risultati - afferma - potremmo anche considerarla come plausibile. La verità è che monsignor Padovese è stato assassinato su mandato del terrorismo islamico e l'atteggiamento vaticano più che prudente, di accondiscendenza, di paura, non porta a salvaguardare la presenza'' dei cristiani in terra islamica.

Asca

Domani la visita del Papa al Centro Don Orione e la benedizione della 'Madonnina' che veglia su Roma. Omaggio con una preghiera composta personalmente

“Uscita” romana domani per Papa Benedetto XVI, che si recherà in via della Camilluccia per benedire la "Madonnina" di Monte Mario, restaurata grazie al contributo di diversi benefattori tra i quali il Distretto 2080 del Rotary International e dei Clubs romani, che hanno contribuito alla doratura, ripristinando sul bronzo della statua la foglia d’oro, l’Acer, il Comune di Roma, lo stesso Centro Don Orione. La statua della Madonna, opera dello scultore ferrarese Arrigo Minerbi, “Maria Salus Populi Romani, tornerà così al suo posto, da dove, fin dal 4 aprile 1953, ha sempre vegliato sulla città. Il 12 ottobre dello scorso anno le abbondanti piogge unite alle raffiche di vento e ad una tromba d’aria avevano fatto precipitare la statua, spezzandola in tre parti. Lo stesso Pontefice aveva invitato i cittadini romani ad attivarsi perché la statua fosse riposizionata sulla torre di 19 metri che domina Roma dal Centro Don Orione (foto). Al suo arrivo Benedetto XVI sarà accolto dal superiore generale degli Orionini, don Flavio Peloso, dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, dal governatore del Rotary Luciano Di Martino e da esponenti delle istituzioni e delle associazioni. Insieme a tutti i presenti, il Papa reciterà una preghiera scritta di suo pugno. Sarà questo il suo personale omaggio alla Madonna ed alla intera città di Roma.

SIR

Lettera di mons. Mixa alla diocesi di Augusta: chiedo perdono per ciò che ho fatto di sbagliato. Ritrovare pace nella comunità. Dal Papa comprensione

Chiede ''perdono'' e ''riconciliazione'' mons. Walter Mixa, l'ex-vescovo di Augusta e ordinario militare. In una lettera indirizzata ai fedeli della sua ex-diocesi e rilanciata dalla Radio Vaticana, il presule tedesco fa riferimento alle notizie che lo hanno riguardato su casi di maltrattamenti in collegi e case religiose di cui era corresponsabile. ''Sicuramente - scrive - ho commesso molti errori, anche se non volevo fare del male o danneggiare nessuno. Non bisogna però cercare di abbellire le cose, e non chiedo soltanto scusa, ma soprattutto perdono per tutto ciò che ho fatto di sbagliato, e a tutte quelle persone che non ho trattato nella maniera giusta, di cui non ho risposto alle attese e che ho deluso''. A causa del moltiplicarsi delle notizie, scrive ancora, si è trovato nella ''dolorosa situazione'' di rinunciare all'incarico di vescovo diocesano. Mons. Mixa ribadisce che in questo momento è necessario dissipare i litigi e le accuse vicendevoli nella diocesi, ritrovando ''comprensione e pace nella comunità della Chiesa''. La lettera si conclude proprio con l'auspicio di mons. Mixa che i fedeli della sua diocesi trovino ''la disponibilità alla riconciliazione vicendevole e ad una nuova vicendevole fiducia''. Mons. Mixa riferisce anche che Papa Benedetto XVI gli ha scritto, dopo aver accettato le sue dimissioni, una lettera ''piena di comprensione'', chiedendogli di continuare a praticare i sacramenti.

Asca

Le celebrazioni presiedute dal Papa per la solennità dei Santi Pietro e Paolo. La delegazione ortodossa che rappresenterà il Patriarca Bartolomeo I

Benedetto XVI si prepara, come da tradizione, a celebrare la prossima solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli, Patroni di Roma. Lunedì prossimo, 28 giugno, il Papa presiederà alle 18.00 i Primi Vespri nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura. La mattina di martedì 29, giorno in cui ricorre il 59° anniversario dell'Ordinazione sacerdotale di Papa Benedetto, alle 9.30 nella Basilica Vaticana, il Pontefice concelebrerà l'Eucaristia con alcuni arcivescovi metropoliti, ai quali imporrà il sacro Pallio preso dalla Confessione dell'Apostolo Pietro. Per il 41° anno si rinnoverà la tradizione della visita in Vaticano di una delegazione del Patriarcato ortodosso ecumenico. A rappresentare Sua Santità Bartolomeo I (nella foto con Benedetto XVI) alla recita dei Vespri e alla Messa sarà il Metropolita ortodosso di Sassina, Gennadios, cosegretario della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa nel suo insieme, il vescovo di Arianzós, Bartholomaios [Ioannis Kessidis], assistente del Metropolita di Germania e vicemoderatore del Comitato Centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra, e diacono Theodoros Meimaris del Fanar. La delegazione, informa una nota del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, sarà ricevuta in udienza privata dal Santo Padre Benedetto XVI e avrà, come di consueto, dei colloqui col il competente dicastero vaticano.

Radio Vaticana

Paolo Rodari: i nuovi amici di Papa Joseph Ratzinger, curiose giravolte intellettuali e nuove analisi. Contrordine: Benedetto XVI è buono

di Paolo Rodari
Il Foglio

L’ultimo intellettuale a svoltare a favore di Papa Ratzinger è un big dell’opinione laicista: Gian Enrico Rusconi. Lunedì su La Stampa Rusconi non è entrato nel merito dei “sospetti di un uso improprio della Chiesa” da parte del card. Sepe quando dirigeva Propaganda fide, ma si è limitato a elogiare Benedetto XVI, il Papa “snobbato un po’ da tutti” il quale, “nonostante le parole di deferenza curiale che lo circondano, sta forse trovando il suo inatteso profilo”. Un profilo “impopolare perché segnala dimensioni di spiritualità che non sono consuete per una chiesa che ama proiettarsi verso ‘la rilevanza pubblica’ con la presunzione di possedere in esclusiva il monopolio della moralità. Una chiesa che ha ancora nostalgia del grande carisma comunicativo, senza rendersi conto dei costi che gli sono stati pagati”. La difesa che Rusconi fa del Papa è forte tanto quanto la critica che lo stesso mise in pagina soltanto due mesi fa. Era il 18 aprile. Rusconi in un’intervista parla del Papa e dei cortocircuiti mediatici provocati in questi cinque anni dalle sue scelte. Rusconi definisce Ratisbona “una provocazione” dove il Papa “dà una lettura scolastica dell’ellenizzazione e arriva a criticare Kant”. Dice: Papa Ratzinger è “un professore che si sopravvaluta”. E ancora: “Il fatto è che questo Papa è considerato nella vulgata un grande teologo, ma è sbagliato, è un professore di teologia dogmatica. E’ un ingenuo”. Il 12 marzo, quando dalla Germania e dagli Stati Uniti piovono critiche contro il Vaticano e il Papa per non aver denunciato in passato i preti pedofili, Rusconi si allinea alle richieste del teologo ribelle Hans Küng e spiega che ciò che manca alla chiesa “è una sorta di rivoluzione teologica in tema di sessualità, di cui non si vedono ancora i segni”. Raggiunto e superato lo scorso 19 aprile il traguardo dei cinque anni di pontificato, Papa Ratzinger si trova inaspettatamente circondato da nuovi amici. Si tratta di eminenti esponenti della cosiddetta “Chiesa critica”, intellettuali e big del cattolicesimo progressista ma anche dell’ateismo laico che fino a ieri erano tra i più acerrimi oppositori del suo pontificato. I puntelli assestati oggi da Benedetto XVI nella battaglia contro quei ministri di Dio che cedono alle tentazioni della carne come a quelle del potere, sta facendo salire uno dopo l’altro sul carro del Pontefice nomi che per tutto il periodo wojtyliano, ma ancora e con costanza lungo i primi cinque anni dell’era Ratzinger, hanno remato dall’altra parte. Di occasioni per accodarsi a Benedetto XVI ce ne sono state tante. Su tutte due: lo schiaffo assestato da Vienna dal card. Christoph Schönborn all’ex segretario di stato di Giovanni Paolo II, il card. Angelo Sodano, una denuncia grave della gestione passata dei casi di pedofilia nel clero. E, in queste ore, le accuse dalle quali è costretto a difendersi uno dei grandi uomini-macchina del papato di Giovanni Paolo II, il card. Crescenzio Sepe, amico della “famiglia pontificia” di Wojtyla, da don Stanislao Dziwisz a Wanda Poltawska: “Accetto la croce e perdono dal profondo del cuore quanti, dentro e fuori la chiesa, hanno voluto colpirmi” ha detto Sepe suggerendo che i suoi nemici risiedono anche dentro le sacre mura. I termini del vecchio conflitto sembrano essere saltati. Chi fino a ieri era fiero oppositore del Papa ora è pieno di encomio. “E’ un paradosso” dice il decano dei vaticanisti, Benny Lai: “I martiniani sono diventati ratzingeriani. Non solo, sembrano sostenere che tra Ratzinger e Martini non vi sia differenza”. Il richiamo di Joseph Ratzinger per un clero santo e liberato dai mali del carrierismo, dell’ambizione personale, della corruzione dei costumi fino agli abusi sui minori, è la porta stretta entro la quale un certo cattolicesimo progressista e liberal ha deciso di passare facendo di Von Schönborn, “uno fra i pastori più lucidi nell’affrontare i crimini di pedofilia” ha detto Alberto Melloni, un proprio alleato, e di Sepe e di tutto ciò che egli rappresenta un nemico. E’ Giancarlo Zizola, uno dei vaticanisti più schierati con le spinte liberal presenti nella chiesa, a rompere gli indugi e a dire esplicitamente su La Repubblica che la linea di Schönborn è la stessa di Papa Ratzinger. Dice: “Il cardinale di Vienna mette in gioco la sua vicinanza teologica e umana con Papa Ratzinger, fin da quando lavoravano fianco a fianco sul catechismo della chiesa cattolica. E dà voce a quella corrente di pensiero nella Chiesa che interpreta l’attuale crisi come strumento necessario di liberazione del male oscuro, a lungo rimosso, passaggio doloroso ma necessario per recuperare la prospettiva della riforma ecclesiale. Egli si schiera con quanti sono convinti che subire questa crisi aspettando che la nuvola nera passi e tornare anzi all’idea di una Chiesa ‘società perfetta’ sia una strategia perdente”. Zizola, che soltanto un anno fa aveva pestato impietosamente sulla revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, loda Joseph Ratzinger e la sua “azione purificatrice”, che “ha smantellato il sistema organizzato dell’omertà”. Per Zizola la volontà di Papa Ratzinger di avviare “il radicale risanamento istituzionale e interiore del sistema ecclesiastico” è “la stessa convinzione che ha portato il cardinale Carlo Maria Martini a salutare con favore il fatto che la società esiga che venga fatta piena luce su questi fatti delittuosi e che le vittime abbiano avuto il coraggio ‘di denunciare tali crimini secondo verità’”. Insomma, tra Ratzinger e Martini, tra il Papa e colui che a più riprese propose un Vaticano III dove adeguare la Chiesa al secolo, la dottrina cattolica ai segni del mondo, la sintonia sarebbe oggi totale. “In realtà”, dice Sandro Magister, “l’infatuazione che certi intellettuali e giornalisti hanno oggi per Ratzinger è l’assolutizzazione di un solo aspetto. Il Papa richiama al pentimento il clero e non cita nemici esterni alla Chiesa. Non dà colpe esterne e questa sua posizione viene letta da alcuni come la volontà di appiattirsi su un cattolicesimo di retrovia. Ma Ratzinger non è soltanto ‘pentimento’”. Prima di Rusconi e Zizola, tra i nuovi amici del Papa troviamo Alberto Melloni. Il rapporto tra Melloni, lo storico progressista della “scuola bolognese” fondata da Giuseppe Dossetti e Giuseppe Alberigo, e Papa Ratzinger, è altalenante. Inizialmente Melloni subisce un qualche strano fascino del nuovo Pontefice, agli antipodi della scuola di Bologna con il suo Magistero. In “L’inizio di Papa Ratzinger” Melloni dichiara di credere “nella svolta”. Si domanda: dopo le fasi “mediatiche” e “aristocratiche” del pontificato di Wojtyla, potrebbe Benedetto XVI aprire un nuovo capitolo? Forse sì. Melloni rileva qualche segnale: “Tutti i tratti del ‘wojtylismo pubblico’ sono stati abbandonati senza inutili esplicitazioni polemiche”. E ancora: “I viaggi sono cambiati. La visibilità televisiva è sfumata”. Anche perché “il credito intellettuale dell’uomo è tale da consentirgli le mosse più attese: fare le riforme dell’istituzione ecclesiastica centrale, soprattutto in senso sinodale, che un candidato della politica italiana avrebbe senz’altro trascurato e che un candidato d’apertura non avrebbe forse osato imporre”. E’ qui il centro della speranza di Melloni: una svolta nella conduzione del governo in chiave sinodale da parte di un Papa non italiano e non progressista, e che per queste due caratteristiche può fare quel che altri, variamente condizionati, non potrebbero forse fare. La svolta della collegialità.
Nei mesi successivi Benedetto XVI sembra non rispondere adeguatamente alle aspettative di Melloni. Il 22 dicembre del 2005 il discorso rivolto dal Papa alla Curia romana segna una frattura che pare insanabile con l’“officina bolognese”. Papa Ratzinger, nel discorso che anche uno dei massimi esponenti delle scuola bolognese, lo storico del cristianesimo Joseph A. Komonchak, curatore dell’edizione americana dei cinque volumi della “Storia del Concilio Vaticano II” prodotta da Dossetti e Alberigo, riconosce come “il più importante intervento del Papa”, prende le distanze dall’ermeneutica della discontinuità del Concilio portata avanti a Bologna dai cattolici progressisti. Papa Ratzinger è chiaro: non esiste una Chiesa del pre Concilio e una al Concilio successiva. Non c’è frattura tra i due momenti: la Chiesa è la stessa e il rinnovamento nella Chiesa non può che avvenire in continuità col passato. Inizialmente Alberigo e Melloni non reagiscono, anche se successivamente, è il marzo del 2007, si fanno sentire. Nonostante il Papa chieda con insistenza alla politica di non tradire i “princìpi non negoziabili” in merito alla vita e alla famiglia, firmano un appello dicendo che la Conferenza Episcopale italiana guidata da poche settimane dal card. Angelo Bagnasco deve tacere sulla legalizzazione delle coppie di fatto, etero e omosessuali, e deve risparmiare “tanta sciagura che porterebbe la nostra Chiesa e il nostro Paese fuori dalla storia”. La distanza tra le due parti è enorme. Lo scontro campale è anche sul “ruinismo”, su una Chiesa che si permette di imporre al secolo la sua norma morale attraverso una attiva mobilitazione nello spazio pubblico. E si acuisce ulteriormente quando il Papa senza preavviso, e secondo alcuni senza spirito collegiale, firma il Motu Proprio "Summorum Pontificum" col quale liberalizza il rito pre conciliare e, poco dopo, firma la revoca della scomunica ai vescovi scismatici lefebrviani. Melloni scrive nel luglio del 2007 sul Corriere della Sera che il Motu Proprio è “uno sberleffo villano al Vaticano II, un inutile strumento negoziale coi lefebvriani, un gesto polemico contro Paolo VI, un eccesso di generosità d’un Papa nella cui famiglia si celebra dando le spalle all’assemblea”. Definitivo il giudizio che in quei giorni Melloni dà del pontificato di Benedetto XVI: “Il pontificato delle decisioni e delle contro decisioni: si critica Assisi e poi si va ad Assisi; si va a Ratisbona e poi si ripara in Turchia”. E adesso? Oggi Melloni sta apparentemente col Papa. E anche con il card. Angelo Bagnasco al quale nel 2007 aveva chiesto di tacere. Bagnasco chiude a fine maggio l’assemblea dei vescovi italiani dicendo che la Chiesa italiana è con le vittime degli abusi del clero e che i vescovi devono agire di conseguenza. Melloni scrive un pezzo intitolato “Elogio del vescovo che sta con le vittime”. E paragona la Conferenza Episcopale italiana a “quella belga dei tempi del cardinale Daneels” e a “quella americana ai tempi di monsignor Bernardin” perché, scrive, “si sente perfino da fuori che la comunione tra i vescovi è lo strumento più importante che la Cchiesa ha per collocare ogni cosa al posto giusto, senza attenuazione e senza semplici moralismi”. Melloni non cita direttamente la gestione precedente a Bagnasco. Non cita il card. Camillo Ruini. Ma dietro queste sue parole per molti l’obiettivo sembra essere uno, la CEI precedente a Bagnasco, in generale la politica adottata dalla Chiesa nel pontificato di Giovanni Paolo II: le parole di Bagnasco rovesciano “un linguaggio ingannevole nel quale la cultura cattolica si è spesso cullata, quello secondo cui la Chiesa stava al balcone della verità, mentre la società sguazzava nel fangoso cortile sottostante del saeculum”. Le rose tra Melloni e Joseph Ratzinger sono fiorite di nuovo grazie alla presa di distanza sempre più netta del Vaticano rispetto agli errori del passato: le coperture sui pedofili, gli affari forse non fino in fondo leciti di alcuni principi dell’era wojtyliana. Melloni sulle colonne del Corriere della Sera non solo elogia la pazienza del Papa ma riprende anche il filo di quanto aveva cominciato a dire nel 2005, appena il Papa fu eletto. La Chiesa può svoltare, può riformarsi. Scrive: “Quella idea di un Concilio, così dimenticata da far sembrare novità il canto tardivo di qualche galletto del Vaticano III, corrisponde alla cosa più tradizionale della storia dei concili di tutte le chiese e di tutti i tempi: e cioè prendere il male (di solito i vescovi) e farli diventare la cura non grazie a qualche magia, ma per la forza dello Spirito. Ma di quell’idea l’alba può tardare secoli o anni, senza differenze apprezzabili. Di qui a là, l’istituzione, che era il vanto della Chiesa di Roma tra le sue chiese sorelle, resta nel disdoro”. C’è chi osserva: i nuovi amici del Papa sono i nemici di quello morto, “papolatrico” e “crociato anticomunista” e fissato con il vangelo della vita; poi fattisi suoi estimatori contro i discorsi di Ratisbona, di Verona alla Chiesa italiana e quello alla Curia romana di un “deludente” Ratzinger; e ora ferventi ratzingeriani dell’ultima ora in un clima di dissacrazione di un’era curiale non proprio fertile per la seminagione di santità di Wojtyla che il popolo aveva incominciato al grido di “santo subito”.

Verso la Giornata Mondiale della Gioventù 2011. Accordo di cooperazione per l'evento tra il comitato organizzatore e la comunità autonoma di Madrid

“Madrid sarà la capitale dei giovani di tutto il mondo”. Con queste parole l’arcivescovo di Madrid (foto), il card. Antonio Maria Rouco Varela, ha commentato la sigla, avvenuta ieri, di un accordo di cooperazione tra il Comitato organizzatore della GMG e la Comunità autonoma della città, rappresentata da Esperanza Aguirre. “L’accordo agevolerà la preparazione e lo svolgimento della GMG che siamo certi sarà un successo” ha dichiarato il cardinale spiegando che questo prevede la collaborazione tra i due enti firmatari in materia di sicurezza, sanità, trasporti e alloggio. Dal canto suo Aguirre ha affermato che "è un onore ospitare la Giornata mondiale della gioventù a Madrid, per questo faremo tutto il possibile perché sia la meglio organizzata della storia". La Comunità autonoma di Madrid, secondo l’accordo, metterà a disposizione tra l'altro, ostelli, scuole e istituti pubblici per la sistemazione dei pellegrini e darà “particolare attenzione” alle aree del trasporto, sicurezza e sanità “per fare fronte agli imprevisti che potrebbero verificarsi”. Aguirre ha, inoltre, sottolineato l'importanza dei volontari per la GMG, che saranno formati con corsi di primo soccorso, di trasmissioni radio e gestione degli alimenti. Alla realizzazione della GMG collabora, con il Comitato organizzatore e la Comunità di Madrid, anche il Governo.

SIR

I 20mila sms di solidarietà a Benedetto XVI dei telespettatori di 'A Sua Immagine' raccolti in due volumi consegnati questa mattina al Papa

Durante l'Udienza generale nell'Aula Paolo VI in Vaticano di questa mattina, Papa Benedetto XVI ha ricevuto due volumi rilegati che contengono gli oltre 20mila sms inviati dai telespettatori di "A Sua Immagine", la trasmissione religiosa di Rai Uno, nei giorni precedenti e durante la giornata organizzata dal laicato cattolico italiano, il 16 maggio scorso. I due volumi, per un totale di 2300 pagine, sono stati consegnati dal direttore di Rai Uno, Mauro Mazza, e dal conduttore della trasmissione Rosario Carello, e sono accompagnati da una riflessione del card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana.

Asca

Il Papa: prestare fede a Dio che si rivela e alla testimonianza degli Apostoli è ragionevole, non stolto. L'intelligenza umana non può conoscere tutto

“Mettersi alla scuola di San Tommaso e del suo capolavoro, la Summa Tehologiae”. Un’opera monumentale, rimasta incompiuta, in cui l’intelligenza umana si è messa ad indagare “i misteri della fede”, procedendo “con chiarezza e profondità” e intrecciando “domande e risposte” che sono anche le domande del nostro tempo. Uno “sforzo della mente umana” che l’Aquinate ha sempre illuminato con la preghiera e “la luce che viene dall’Alto”. Al grande “maestro Tommaso” Benedetto XVI ha dedicato per la terza volta la catechesi dell'Udienza generale del mercoledì, svoltasi nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Una catechesi complessa durante la quale il Papa è andato più volte a braccio. Nella prima parte, L'opera di San Tommaso indaga su Dio in se stesso, sul mistero della Trinità e sull’attività creatrice di Dio e quindi anche sull’essere umano “uscito dalle mani creatrici di Dio”. “Ma con vera autonomia, una realtà voluta da Dio come tale e con valore in se stesso”. Nella seconda sull’uomo “spinto dalla grazia nella sua aspirazione a conoscere e amare Dio”. Sono qui i principi teologici dell’agire morale, “si integrano la ragione la volontà e la passione e la grazia”. La terza parte studia il mistero di Cristo “la via e la verità per mezzo del quale possiamo ricongiungerci a Dio Padre”. Sull’Incarnazione, “stupore del Creatore fattosi creatura”, ha commentato, ci sono “pagine pressoché insuperate”. “La fede cristiana, considerando il mistero dell’Incarnazione, viene ad essere rafforzata”. “La speranza si eleva più fiduciosa, al pensiero che il Figlio di Dio è venuto tra noi, come uno di noi, per comunicare agli uomini la propria divinità”. Di San Tommaso, il Papa ha sottolineato come la sua predicazione corrisponda “quasi del tutto alla struttura del catechismo della Chiesa Cattolica” e per questa ragione oggi additato dal Santo Padre come modello di annuncio perché, ha detto Benedetto XVI, “nella catechesi e nella predicazione, in un tempo come il nostro di rinnovato impegno per l’evangelizzazione, non dovrebbero mai mancare questi argomenti fondamentali: ciò che noi preghiamo, ed ecco il Padre Nostro e l’Ave Maria; e ciò che noi viviamo come ci insegna la Rivelazione biblica, ed ecco la legge dell’amore di Dio e del prossimo e i Dieci comandamenti”. “A chi obbietta che le fede è una stoltezza, perché fa credere in qualcosa che non cade sotto l’esperienza dei sensi, San Tommaso offre una risposta molto articolata, e ricorda che questo è un dubbio inconsistente, perché l’intelligenza umana è limitata e non può conoscere tutto”. “Solo nel caso in cui – ha aggiunto – potessimo conoscere perfettamente tutte le cose visibili e invisibili, allora sarebbe un’autentica stoltezza accettare delle verità per pura fede”. "E ragionevole dunque prestare fede a Dio che si rivela e alla testimonianza degli apostoli”. “Essi – ha detto il Papa – erano pochi, semplici e poveri, affranti a motivo della crocifissione del loro maestro; eppure molte persone sapienti, nobili e ricche si sono convertite in poco tempo all’ascolto della loro predicazione”.

SIR, AsiaNews

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Religioso scalabriniano, canonista e esperto di budget: il profilo di mons. Velasio De Paolis, a breve nominato delegato del Papa per i Legionari

In questi giorni sta finendo di compilare il bilancio della Santa Sede, tra tabelle e revisori dei conti internazionali, prima della riunione dei prossimi giorni del consiglio dei cardinali per gli Affari economici del piccolo Stato pontificio. Concluso questo impegno mons. Velasio dDe Paolis, 75 anni, sarà chiamato ad analizzare altri bilanci e a gestire un compito estremamente delicato. La sua nomina non è ancora ufficiale ma, salvo imprevisti dell'ultima ora, l'arcivescovo sarà nominato delegato del Papa per i Legionari di Cristo, la congregazione religiosa finita sotto inchiesta del Vaticano per le malefatte del fondatore. Il delegato dovrà ristrutturare i Legionari dopo che una visitazione apostolica promossa dal Vaticano nei mesi scorsi ha accertato che il fondatore, il sacerdote messicano Marcial Maciel, pedofilo, tossicomane e padre di diversi figli, ovviamente illegittimi, ha tenuto, come ha affermato la stessa Santa Sede, comportamenti "gravissimi e obiettivamente immorali". Uno dei figli, Raul Gonzalez, ha recentemente denunciato la Legione per risarcimenti accusando il padre di avere abusato anche di lui. Ora, per tagliare del tutto i legami con la figura del fondatore e ristrutturare i Legionari di Cristo, il Papa è in procinto di pubblicare la nomina di un super-commissario. De Paolis, religioso come i Legionari, prete scalbriniano dal 1961, professore di diritto canonico alla Pontificia università gregoriana e in altri atenei pontifici, decano di facoltà alla Pontificia università urbaniana, è stato segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, la 'cassazione' del Vaticano. De Paolis è consulente di diversi dicasteri vaticani (Istituti di vita consacrata e società di vita apostolica, Clero, Chiese orientali nonché Propaganda Fide) e soprattutto, dal 2008 è stato chiamato dal Papa a guidare la Prefettura degli affari economici della Santa Sede, ossia il 'ministero dell'Economia' delle amministrazioni che dipendono dalla Santa Sede. Al delegato pontificio saranno affiancati due vice-delegati, presumibilmente due religiosi canonisti, responsabili l'uno per l'America del Nord e l'altro per l'America del Sud. Carattere cordiale, mons. De Paolis non manca di rigore. La competenza di De Paolis in materia di budget e movimenti finanziari indica l'intenzione che hanno Benedetto XVI e il Segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, di analizzare a fondo non solo la vita spirituale e gli aspetti canonici dei Legionari di Cristo, ma anche i loro bilanci e l'organizzazione della loro vita economica. La congregazione religiosa, molto apprezzata dall'entourage di Giovanni Paolo II, ha infatti vita florida. Presente in venti Paesi, ha 125 case religiose e centri di formazione in tutto il mondo, dirige più di 200 centri educativi e più di 1200 oratori e gruppi dedicati alla formazione e all'impegno apostolico dei giovani. Solo a Roma ci sono l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, l'Università Europea di Roma, Irish Institute e Highlands Institute. Ricca di vocazioni, la Legione ha circa ottocentocinquanta sacerdoti e più di duemilacinquecento seminaristi. Ai Legionari di Cristo è legato il movimento Regnum Christi, che si dedica alla formazione dei laici. I membri di questo movimento sono circa 70.000 nel mondo.

Apcom