mercoledì 25 gennaio 2012

Il Papa: uniti in Cristo per portare la speranza dove dominano ingiustizia, odio e disperazione. Le divisioni rendono meno luminosa la testimonianza

Questo pomeriggio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, Papa Benedetto XVI ha presieduto la celebrazione dei Secondi Vespri nella festa della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. "E' con grande gioia che rivolgo il mio caloroso saluto a tutti voi che vi siete radunati in questa Basilica nella festa liturgica della conversione di San Paolo, per concludere la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani - ha detto Benedetto XVI all'inizio della sua omelia - in quest'anno nel quale celebreremo il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, che il beato Giovanni XXIII annunciò proprio in questa Basilica il 25 gennaio 1959". Ripercorrendo le letture della celebrazione delle “lodi serali di Dio”, Benedetto XVI ha riproposto la vicenda personale di San Paolo e l’“evento straordinario” lungo la via di Damasco con cui “Saulo, che si distingueva per lo zelo con cui perseguitava la Chiesa nascente, fu trasformato in un infaticabile apostolo del Vangelo di Gesù Cristo”. Il Pontefice ha rilevato che la conversione di Paolo "non è il risultato di una lunga riflessione interiore e nemmeno il frutto di uno sforzo personale. Essa è innanzitutto opera della grazia di Dio che ha agito secondo le sue imperscrutabili vie". Secondo il Pontefice la trasformazione di Paolo “non si limita al piano etico – come conversione dalla immoralità alla moralità –, né al piano intellettuale – come cambiamento del proprio modo di comprendere la realtà –, ma si tratta piuttosto di un radicale rinnovamento del proprio essere, simile per molti aspetti ad una rinascita. Una tale trasformazione trova il suo fondamento nella partecipazione al mistero della Morte e Risurrezione di Gesù Cristo, e si delinea come un graduale cammino di conformazione a Lui”. "Alla luce di questa consapevolezza - ha proseguito Benedetto XVI -, San Paolo, quando in seguito sarà chiamato a difendere la legittimità della sua vocazione apostolica e del vangelo da lui annunziato, dirà: ‘Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me’”. L’esperienza personale gli permette di “attendere con fondata speranza il compimento di questo mistero di trasformazione, che riguarderà - ha aggiunto il Santo Padre - tutti coloro che hanno creduto in Gesù Cristo ed anche tutta l’umanità ed il creato intero”.Il Papa ha ricordato che San Paolo ci dice “che ogni uomo, mediante il battesimo nella morte e risurrezione di Cristo, partecipa alla vittoria di Colui che per primo ha sconfitto la morte, cominciando un cammino di trasformazione che si manifesta sin da ora in una novità di vita e che raggiungerà la sua pienezza alla fine dei tempi”.Mentre eleviamo la nostra preghiera, ha aggiunto, “siamo fiduciosi di essere trasformati e conformati ad immagine di Cristo”. E questo, ha detto il Pontefice, “è particolarmente vero nella preghiera per l’unità dei cristiani”. “Quando infatti imploriamo il dono dell’unità dei discepoli di Cristo, facciamo nostro il desiderio espresso da Gesù Cristo alla vigilia della sua passione e morte nella preghiera rivolta al Padre: ‘perché tutti siano una cosa sola’. Per questo motivo, la preghiera per l’unità dei cristiani non è altro che partecipazione alla realizzazione del progetto divino per la Chiesa, e l’impegno operoso per il ristabilimento dell’unità è un dovere e una grande responsabilità per tutti”. “Pur sperimentando ai nostri giorni la situazione dolorosa della divisione, noi cristiani possiamo e dobbiamo guardare al futuro con speranza, in quanto la vittoria di Cristo significa il superamento di tutto ciò che ci trattiene dal condividere la pienezza di vita con Lui e con gli altri”. Per il Papa "la risurrezione di Gesù Cristo conferma che la bontà di Dio vince il male, l’amore supera la morte. Egli ci accompagna nella lotta contro la forza distruttiva del peccato che danneggia l’umanità e l’intera creazione di Dio. La presenza di Cristo risorto chiama tutti noi cristiani ad agire insieme nella causa del bene. Uniti in Cristo - ha ricordato il Pontefice -, siamo chiamati a condividere la sua missione, che è quella di portare la speranza là dove dominano l'ingiustizia, l'odio e la disperazione. Le nostre divisioni rendono meno luminosa la nostra testimonianza a Cristo. Il traguardo della piena unità - ha affermato Benedetto XVI -, che attendiamo in operosa speranza e per la quale con fiducia preghiamo, è una vittoria non secondaria, ma importante per il bene della famiglia umana". “Nella cultura oggi dominante, l’idea di vittoria è spesso associata ad un successo immediato- Nell’ottica cristiana, invece, – ha precisato il Papa - la vittoria è un lungo e, agli occhi di noi uomini, non sempre lineare processo di trasformazione e di crescita nel bene”. Essa avviene, ha ricordato, “secondo i tempi di Dio, non i nostri, e richiede da noi profonda fede e paziente perseveranza”. Sebbene il Regno di Dio irrompa definitivamente nella storia con la risurrezione di Gesù, esso, ha proseguito il Papa, “non è ancora pienamente realizzato”: “La vittoria finale avverrà solo con la seconda venuta del Signore, che noi attendiamo con paziente speranza. Anche la nostra attesa per l’unità visibile della Chiesa deve essere paziente e fiduciosa. Solo in tale disposizione trovano il loro pieno significato la nostra preghiera ed il nostro impegno quotidiani per l’unità dei cristiani. L’atteggiamento di attesa paziente non significa passività o rassegnazione, ma risposta pronta e attenta ad ogni possibilità di comunione e fratellanza, che il Signore ci dona”. “Anche se a volte si può avere l’impressione che la strada verso il pieno ristabilimento della comunione sia ancora molto lunga e piena di ostacoli”, l’invito del Pontefice è stato “a rinnovare la propria determinazione a perseguire, con coraggio e generosità, l’unità che è volontà di Dio, seguendo l'esempio di San Paolo, che di fronte a difficoltà di ogni tipo ha conservato sempre ferma la fiducia in Dio che porta a compimento la sua opera". Del resto, ha concluso il Papa, “in questo cammino, non mancano i segni positivi di una ritrovata fraternità e di un condiviso senso di responsabilità di fronte alle grandi problematiche che affliggono il nostro mondo. Tutto ciò è motivo di gioia e di grande speranza e deve incoraggiarci a proseguire il nostro impegno per giungere tutti insieme al traguardo finale, sapendo che la nostra fatica non è vana nel Signore”.
Nel saluto all'inizio della celebrazione, il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani, aveva ricordato che “l’unità dei cristiani può soltanto esserci donata da Dio, a patto che ci lasciamo trasformare da Lui ed apriamo il nostro cuore, che a volte teniamo chiuso, anche per altri, nei quali ci viene incontro la chiamata di Dio”. A testimoniare il cammino di unità, la presenza in Basilica, oltre che della comunità benedettina locale, del Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, del Reverendo Canonico Richardson, rappresentante personale a Roma dell’arcivescovo di Canterbury, e degli esponenti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, tra cui anche quelle presenti in Polonia, come pure i membri del Global Christian Forum e gli studenti dell’Istituto ecumenico del Consiglio ecumenico delle Chiese di Bossey. A tutti è andato il saluto del Papa.

TMNews, Radio Vaticana, Zenit

CELEBRAZIONE DEI VESPRI A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa in Messico e a Cuba. L'indulto promesso da Raul Castro per 2900 prigionieri diventa effettivo. Tra loro liberati anche 4 italiani

L'annuncio c'era stato già il 24 dicembre. Ma ora l'indulto promesso da Raul Castro per quasi 3mila prigionieri è diventato effettivo. La concessione è stata data in occasione del viaggio apostolico, previsto dal 26 al 28 marzo, di Papa Benedetto XVI a Cuba, il secondo dopo quello del 1998 di Giovanni Paolo II. Così oggi 2900 carcerati sono tornati liberi. Tra di loro anche 4 italiani, che saranno rimpatriati. Due di loro erano stati condannati per traffico di droga, un altro per truffa e il quarto per un incidente stradale mortale. A giovare del provvedimento sono chi non è accusato di delitti "contro la sicurezza dello Stato", con più di 60 ani di età, i malati e i giovani senza precedenti penali. Restano quindi in prigione altri tre italiani, detenuti a Bayamo, a 900 chilometri ad est de L’Avana, in attesa dei risultati di un ricorso in appello.

Il Giornale.it

Che cosa è avvenuto con il pronunciamento sullo spettacolo teatrale che la Santa Sede non aveva intenzione di fare: nessun intervento diretto del Papa

Come e perché la Santa Sede ha deciso di scendere in campo contro la pièce teatrale di Romeo Castellucci? Si è trattato di una scelta voluta e programmata? E in che modo il Papa e i vertici della Segreteria di Stato sono stati coinvolti? Sono domande alle quali non è stata data risposta, dopo l’avvenuta pubblicazione online, la scorsa settimana, di una lettera della Segreteria di Stato al padre domenicano Giovanni Cavalcoli, in risposta a una missiva da lui inviata al Pontefice l’8 gennaio. Cavalcoli nella sua lettera definiva "indegno e blasfemo" lo spettacolo, un’opera "gravemente offensiva della persona del nostro Divin Salvatore Gesù Cristo". Le parole della lettera della Segreteria di Stato sono state presentate come un pronunciamento ufficiale della Santa Sede sullo spettacolo e fatte risalire direttamente al Papa. In realtà, confermano a Vatican Insider diverse autorevoli fonti vaticane, quella a padre Cavalcoli era una risposta di routine, scritta dagli uffici senza coinvolgere l’entourage papale: non soltanto non è stato investito della questione direttamente Benedetto XVI, ma nemmeno il Segretario di Stato Tarcisio Bertone o il Sostituto Giovanni Angelo Becciu. Le prime righe della lettera riferite alla pièce teatrale "che risulta offensiva nei confronti del Signore nostro Gesù Cristo" altro non erano che il riecheggiare, sunteggiato dall’officiale incaricato della risposta, delle parole scritte dallo stesso Cavalcoli. Non l’espressione di un giudizio meditato da parte della Santa Sede. Allo stesso modo, il pensiero attribuito al Papa, con l’auspicio che "ogni mancanza di rispetto verso Dio, i santi e i simboli religiosi" possa trovare una "reazione ferma e composta", rappresentava un riferimento generico con il quale non si intendeva far pronunciare Benedetto XVI nel merito di questo specifico spettacolo. La Santa Sede aveva tutti gli strumenti per pronunciarsi, ma la consegna era sempre stata quella di lasciare ai vescovi eventuali iniziative. Che cosa è accaduto allora? La pubblicazione online della lettera vaticana a Cavalcoli ha fatto notizia. In particolare, molti hanno voluto leggere tra le righe nella frase sulla reazione "ferma e composta" guidata dai vescovi un rimprovero alla Curia di Milano, che qualche giorno prima aveva pubblicato un comunicato sull’argomento. Quasi che Papa Ratzinger avesse voluto tirare le orecchie al cardinale ambrosiano per non aver reagito più duramente di fronte al previsto atto blasfemo. Così, per rispondere a chi chiedeva lumi sull’autenticità della lettera, e per evitare che le parole in essa contenute fossero interpretate come una sconfessione dell’arcivescovo di Milano, padre Federico Lombardi, in accordo con i suoi superiori, è dovuto intervenire. Il direttore della Sala Stampa vaticana si è limitato a ripetere soltanto il contenuto della lettera a Cavalcoli e poi riecheggiato i contenuti del comunicato della Curia ambrosiana. Così facendo, Lombardi ha stroncato sul nascere l’interpretazione che contrapponeva Benedetto XVI al card. Angelo Scola. L’impressione che si ricava dalla sequenza degli eventi è che il Vaticano sia stato in qualche modo "trascinato" in una vicenda sulla quale non aveva intenzione di pronunciarsi, e che si sia finito così per attribuire direttamente al Papa una stroncatura dell’opera di Castellucci. Uno spettacolo che negli anni scorsi è stato rappresentato a Roma, cioè nella città in cui Benedetto XVI è vescovo, senza suscitare nessuna polemica, com’è accaduto anche in altre città italiane. A montare il caso sono state, come si ricorderà, le polemiche francesi e le vibranti proteste pubbliche di gruppi che il vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guenois ha definito "ultra-cattolici". Lo stesso padre Cavalcoli, come pure gli organizzatori del Comitato San Carlo Borromeo hanno dovuto prendere atto che le pubbliche proteste programmate sono ad alto rischio di infiltrazioni da parte di gruppi e gruppuscoli dai forti connotati ideologici.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Card. Koch: Chiese e comunità ecclesiali faticano a perseguire la stessa meta, necessario chiedersi nuovamente quali siano realmente gli obiettivi

"Negli ultimi anni e decenni, abbiamo un pò perso di vista l’obiettivo del movimento ecumenico. Le Chiese e le comunità ecclesiali faticano a perseguire la stessa meta: credo sia necessario tornare a riflettere e chiedersi, nuovamente, quali siano realmente gli obiettivi". Lo afferma, in un'intervista concessa alla Radio Vaticana sulle "sfide" del movimento ecumenico, il card. Kurt Koch (nella foto con Benedetto XVI), presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Questo pomeriggio nella Basilica di San Paolo il Papa concluderà la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un appuntamento tradizionale "di grande rilevanza ecumenica", che vedrà la partecipazione di delegazioni di numerose Chiese ortodosse e comunità protestanti. Il card. Koch ricorda che sulla Settimana per l’unità dei cristiani Benedetto XVI "ha preso posizione in maniera molto chiara: mercoledì scorso, in occasione dell’Udienza generale che ha dedicato interamente a questo argomento, e domenica scorsa all’Angelus, quando ha ripreso intensamente il tema della Settimana di preghiera di quest’anno, e ha detto che noi tutti saremo trasformati nella vittoria di Gesù riusciremo a proseguire nell’ecumenismo, nel cammino verso l’unità". La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è proprio l’origine del movimento ecumenico: fin dall’inizio, ricorda il porporato, "è stata approvata e sostenuta dai Papi, a cominciare da Leone XIII e Benedetto XV. Questo inizio del movimento ecumenico non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo".

Vatican Insider

Unità dei cristiani. Il card. Koch: l'ecumenismo ha bisogno della preghiera per non perdere la sua anima

Continua in Belgio l'indagine sui casi di abuso compiuti da ecclesiastici, perquisizioni negli ordini, nelle congregazioni e comunità religiose

Proseguono in Belgio le perquisizioni compiute dalle autorità inquirenti nell’ambito di quella che ormai viene chiamata “l’Operazione Calice-bis”, l’indagine sui casi cioè di abuso sessuale compiuti in seno ad una relazione pastorale. Dopo aver perquisito la scorsa settimana gli uffici di praticamente tutte le diocesi belghe (Malines-Bruxelles, Hasselt, Gand, Bruges, Tournai e Namur), l’agenzia della Conferenza episcopale belga Catho.be riferisce che le perquisizioni sono proseguite ed hanno avuto luogo negli ordini, nelle congregazioni e comunità religiose del Paese. Gli inquirenti, secondo quanto si legge nel lancio, stanno indagando “su eventuali casi di negligenza e non assistenza alle persone in pericolo in seno alla Chiesa”.

SIR

Il Papa in Messico e a Cuba. Rodriguez: non una tregua ma un momento di cambiamento e conversione, i gruppi criminali riconsiderino la loro posizione

Il segretario generale della Conferenza Episcopale messicana, mons. Victor Rene Rodriguez Gómez, vescovo ausiliare di Texcoco, ha auspicato che il viaggio di Papa Benedetto XVI diventi un’occasione per i criminali di riconsiderare la loro condotta e di cambiare vita. “Questa non deve essere una tregua, ma un momento di cambiamento, di conversione, perché i gruppi criminali riescano a riconsiderare la loro posizione di fronte alla società e davanti al Paese” ha detto il vescovo in un'intervista alla stampa locale. “Sua Santità Papa Benedetto XVI onora con la Sua presenza il nostro Paese e, di conseguenza, in questi giorni lanciamo l'appello non solo ad una tregua, ma ad un cambiamento in cui ci impegniamo tutti", ha spiegato mons. Rodriguez facendo riferimento alla violenza che affligge il Messico. Dal dicembre 2006 al settembre 2011, secondo i dati ufficiali, oltre 47.000 persone sono state uccise, la maggior parte delle quali in scontri legati al narcotraffico. "La visita del Papa porterà, oltre alla benedizione dalla sua presenza, un nuovo entusiasmo per il nostro impegno come cristiani e come messicani per dare al nostro Paese il futuro che tutti noi vogliamo", ha detto mons. Rodriguez. Dalla sicurezza del Papa si occuperà lo Stato Maggiore del presidente della Repubblica, mentre le autorità statali e locali dovranno garantire la sicurezza delle persone presenti agli eventi. "Abbiamo la fiducia e la certezza che non avremo nessun problema. Il Santo Padre gode dell'affetto e del rispetto di tutti i messicani. Crediamo che vi sarà una tregua o una forma di rispetto dai gruppi difficili”, ha detto mons. Rodríguez. "La logistica è molto importante, abbiamo bisogno di 25.000 giovani solo per le 'catene umane', questi giovani però hanno bisogno di una preparazione adeguata, alloggio, trasporto e cibo", ha concluso il vescovo.

Fides

Benedetto XVI: giovani, fidatevi degli insegnamenti della Chiesa, finalizzati alla crescita integrale. Annunciare Cristo con dialogo e testimonianza

“Fidatevi degli insegnamenti della Chiesa, finalizzati alla vostra crescita integrale”. E’ l’appello rivolto oggi dal Papa ai giovani, al termine dell’Udienza generale nell’Aula Paolo VI. E un folto gruppo di giovani presenti, vestiti tutti con felpe rosse, hanno idealmente già risposto all’esortazione papale, cantando e suonando l’inno della Giornata Mondiale della Gioventù, subito prima che Benedetto XVI pronunciasse il saluto i fedeli di lingua italiana, congedo abituale dall’appuntamento del mercoledì. “A tutti l’auspicio che l’odierna Festa della Conversione di San Paolo – le parole di Benedetto XVI – stimoli ciascuno ad approfondire la Parola di Dio per poter annunciare, con il dialogo e con la testimonianza, che Gesù è il Salvatore”. “La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che oggi ci conclude – ha proseguito il Papa – ci offre l’opportunità di riflettere sulla nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa”. Agli ammalati, il Santo Padre ha chiesto di offrire le loro sofferenze “per la causa dell’unità della Chiesa di Cristo”, e agli sposi novelle di educare i loro figli “secondo la logica dell’amore gratuito, sul modello dell’amore di Dio per l’umanità”.

SIR

Il Papa: la Chiesa luogo in cui continua la missione stessa di Cristo, condurre il mondo fuori dall’alienazione dell’uomo da Dio e da se stesso

Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla "Preghiera sacerdotale" di Gesù all’Ultima cena (cfr Gv 17,1-26). L’Ora iniziata con il tradimento di Giuda, e che culminerà nella salita di Gesù risorto al Padre, ha esordito Benedetto XVI, è “più di una domanda e della dichiarazione di piena disponibilità ad entrare nel disegno di Dio”: “Gesù in quella notte si rivolge al Padre nel momento in cui sta offrendo se stesso. Egli, sacerdote e vittima, prega per se stesso, per gli apostoli e per tutti coloro che crederanno in Lui, per la Chiesa di tutti i tempi”. La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, ha spiegato il Pontefice, è “l’ingresso nella più piena obbedienza al Padre”: “Sono questa disponibilità e questa richiesta il primo atto del sacerdozio nuovo che Gesù, che è un donarsi totalmente sulla Croce e proprio nella Croce il supremo atto di amore è glorificato perché l’amore è la gloria vera, la gloria divina”.Il secondo momento di questa preghiera è l’intercessione che Gesù fa per i discepoli che sono stati con Lui. “Gesù dice al Padre: 'Essi non sono nel mondo, come io non sono nel mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità'”. "È consacrato – ha spiegato Benedetto XVI – chi, come Gesù, è segregato dal mondo e messo a parte per Dio in vista di un compito e proprio per questo è pienamente a disposizione di tutti. Per i discepoli, sarà continuare la missione di Gesù”. Il terzo atto di questa preghiera sacerdotale, ha ricordato il Papa, distende lo sguardo fino alla fine del tempo: “In esso Gesù si rivolge al Padre per decidere a favore di tutti coloro che saranno portati alla fede mediante la missione inaugurata dagli apostoli e continuata nella storia. 'Non prego solo per questi ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola'. Gesù prega per la Chiesa di tutti i tempi, prega anche per noi”. "La richiesta centrale della preghiera sacerdotale di Gesù dedicata a tutti i suoi discepoli è quella della futura unità di quanti crederanno in Lui". L’unità dei cristiani, ha ribadito il Papa, “non è un prodotto mondano”, in quanto “proviene esclusivamente dall’unità divina e arriva a noi dal Padre mediante il Figlio e nello Spirito Santo”. Sulla Croce, “Gesù invoca un dono che proviene dal cielo, e che ha il suo effetto – reale e percepibile – sulla terra”. Egli prega “perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”: “L’unità dei cristiani da una parte è una realtà segreta che sta nel cuore delle persone credenti. Ma al tempo stesso essa deve apparire con tutta la chiarezza nella storia, deve apparire perchè il mondo creda, ha uno scopo molto pratico e concreto, deve apparire perché tutti siano realmente una sola cosa. L’unità dei futuri discepoli, essendo unità con Gesù che il Padre ha mandato nel mondo, è anche la fonte originaria dell’efficacia della missione cristiana nel mondo”, ha affermato Benedetto XVI. In questo senso, “possiamo dire che nella preghiera sacerdotale di Gesù si compie l’istituzione della Chiesa”, che non è altro che “la comunità dei discepoli che, mediante la fede in Gesù Cristo come inviato del Padre, riceve la sua unità ed è coinvolta nella missione di Gesù di salvare il mondo conducendolo alla conoscenza di Dio”, ha ricordato il Papa citando il secondo volume del suo libro “Gesù di Nazaret”. “La Chiesa nasce dalla preghiera di Gesù. Questa preghiera, però, non è soltanto parola: è l’atto in cui egli ‘consacra’ se stesso e cioè ‘si sacrifica’ per la vita del mondo”. “Gesù prega perché i suoi discepoli siano una cosa sola”, ha proseguito il Papa, ed è proprio “in forza di tale unità, ricevuta e custodita”, che “la Chiesa può camminare ‘nel mondo’ senza essere ‘del mondo’ e vivere la missione affidatale perché il mondo creda nel Figlio e nel Padre che lo ha mandato”. Grazie al dono dell’unità, dunque, “la Chiesa diventa allora il luogo in cui continua la missione stessa di Cristo: condurre il mondo fuori dall’alienazione dell’uomo da Dio e da se stesso, fuori dal peccato, affinché ritorni ad essere il mondo di Dio”. “Anche noi, allora, nella nostra preghiera – l’esortazione di Benedetto XVI –, chiediamo a Dio che ci aiuti ad entrare, in modo più pieno, nel progetto che ha su ciascuno di noi; chiediamogli di essere ‘consacrati’ a Lui, di appartenergli sempre di più, per poter amare sempre di più gli altri, i vicini e i lontani; chiediamogli di essere sempre capaci di aprire la nostra preghiera alle dimensioni del mondo, non chiudendola nella richiesta di aiuto per i nostri problemi, ma ricordando davanti al Signore il nostro prossimo, apprendendo la bellezza di intercedere per gli altri”. “Chiediamogli il dono dell’unità visibile tra tutti i credenti in Cristo", ha concluso il Papa ricordando la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si conclude oggi, "per essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi”.

Radio Vaticana, SIR

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Il Papa: la fede un dono che ci è dato perché sia condiviso, un talento ricevuto perché porti frutto, una luce che deve illuminare tutta la casa

La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato questa mattina il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Giornata Mondiale Missionaria, che quest’anno si celebra domenica 21 ottobre sul tema "Chiamati a far risplendere la Parola di verità". “La celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale - scrive il Papa - si carica quest’anno di un significato tutto particolare. La ricorrenza del 50° anniversario del Decreto conciliare Ad gentes, l’apertura dell’Anno della fede e il Sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione concorrono a riaffermare la volontà della Chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missio ad gentes perché il Vangelo giunga fino agli estremi confini della terra”. Il Concilio Vaticano II, con la partecipazione dei vescovi cattolici provenienti da ogni angolo della terra, secondo il Papa, “è stato un segno luminoso dell’universalità della Chiesa, accogliendo, per la prima volta, un così alto numero di Padri Conciliari provenienti dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina e dall’Oceania”, i quali “hanno contribuito in maniera rilevante a riaffermare la necessità e l’urgenza dell’evangelizzazione 'ad gentes', e quindi a portare al centro dell’ecclesiologia la natura missionaria della Chiesa”. “Questa visione oggi non è venuta meno – chiarisce il Pontefice –, anzi, ha conosciuto una feconda riflessione teologica e pastorale e, al tempo stesso, si ripropone con rinnovata urgenza perché si è dilatato il numero di coloro che non conoscono ancora Cristo”. Per Papa Ratzinger, "abbiamo bisogno quindi di riprendere lo stesso slancio apostolico delle prime comunità cristiane, che, piccole e indifese, furono capaci, con l'annuncio e la testimonianza, di diffondere il Vangelo in tutto il mondo allora conosciuto". "Non meraviglia quindi - scrive - che il Concilio Vaticano II e il successivo Magistero della Chiesa insistano in modo speciale sul mandato missionario che Cristo ha affidato ai suoi discepoli e che deve essere impegno dell’intero Popolo di Dio, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici. La cura di annunziare il Vangelo in ogni parte della terra spetta primariamente ai vescovi, diretti responsabili dell’evangelizzazione nel mondo, sia come membri del collegio episcopale, sia come pastori delle Chiese particolari". "Il mandato di predicare il Vangelo - continua Benedetto XVI - non si esaurisce perciò, per un pastore, nell’attenzione verso la porzione del Popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali, né nell’invio di qualche sacerdote, laico o laica 'fidei donum'. Esso deve coinvolgere tutta l’attività della Chiesa particolare, tutti i suoi settori, in breve, tutto il suo essere e il suo operare". Per il Papa, bisogna "adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere Chiesa, specialmente nel nostro mondo in continuo cambiamento. E questo vale anche per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, come pure per i Movimenti ecclesiali: tutte le componenti del grande mosaico della Chiesa devono sentirsi fortemente interpellate dal mandato del Signore di predicare il Vangelo, affinché Cristo sia annunciato ovunque". “Anche oggi la missione 'ad gentes' – sottolinea il Santo Padre – deve essere il costante orizzonte e il paradigma di ogni attività ecclesiale, perché l’identità stessa della Chiesa è costituita dalla fede nel Mistero di Dio, che si è rivelato in Cristo per portarci la salvezza, e dalla missione di testimoniarlo e annunciarlo al mondo, fino al suo ritorno. Come san Paolo, dobbiamo essere attenti verso i lontani, quelli che non conoscono ancora Cristo e non hanno sperimentato la paternità di Dio”. La celebrazione dell’Anno della fede e del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno, perciò, “occasioni propizie per un rilancio della cooperazione missionaria”. “L’ansia di annunciare Cristo – osserva Benedetto XVI – ci spinge anche a leggere la storia per scorgervi i problemi, le aspirazioni e le speranze dell’umanità, che Cristo deve sanare, purificare e riempire della sua presenza. Il suo messaggio, infatti, è sempre attuale, si cala nel cuore stesso della storia ed è capace di dare risposta alle inquietudini più profonde di ogni uomo”. “Uno degli ostacoli allo slancio dell’evangelizzazione, infatti – afferma il Papa –, è la crisi di fede, non solo del mondo occidentale, ma di gran parte dell’umanità, che pure ha fame e sete di Dio e deve essere invitata e condotta al pane di vita e all’acqua viva”. A giudizio del Pontefice, “l’incontro con Cristo come Persona viva che colma la sete del cuore non può che portare al desiderio di condividere con altri la gioia di questa presenza e di farlo conoscere perché tutti la possano sperimentare”. Occorre “rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle comunità e dei Paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”. Pertanto, “la preoccupazione di evangelizzare non deve mai rimanere ai margini dell’attività ecclesiale e della vita personale del cristiano, ma caratterizzarla fortemente, nella consapevolezza di essere destinatari e, al tempo stesso, missionari del Vangelo”. La fede, infatti, “è un dono che ci è dato perché sia condiviso; è un talento ricevuto perché porti frutto; è una luce che non deve rimanere nascosta, ma illuminare tutta la casa. È il dono più importate che ci è stato fatto nella nostra esistenza e che non possiamo tenere per noi stessi”. Riprendendo le parole di San Paolo, “Guai a me se non annuncio il Vangelo!”, il Pontefice evidenzia: “Questa parola risuona con forza per ogni cristiano e per ogni comunità cristiana in tutti i Continenti”. Anche per le Chiese nei territori di missione, “la missionarietà è diventata una dimensione connaturale, anche se esse stesse hanno ancora bisogno di missionari. Tanti sacerdoti, religiosi e religiose, da ogni parte del mondo, numerosi laici e addirittura intere famiglie lasciano i propri Paesi, le proprie comunità locali e si recano presso altre Chiese per testimoniare e annunciare il Nome di Cristo, nel quale l’umanità trova la salvezza”. Si tratta “di un’espressione di profonda comunione, condivisione e carità tra le Chiese, perché ogni uomo possa ascoltare o riascoltare l’annuncio che risana e accostarsi ai Sacramenti, fonte della vera vita”. Infine un ringraziamento alle Pontificie Opere Missionarie, strumento per la cooperazione alla missione universale della Chiesa nel mondo: “Attraverso la loro azione l’annuncio del Vangelo si fa anche intervento in aiuto del prossimo, giustizia verso i più poveri, possibilità di istruzione nei più sperduti villaggi, assistenza medica in luoghi remoti, emancipazione dalla miseria, riabilitazione di chi è emarginato, sostegno allo sviluppo dei popoli, superamento delle divisioni etniche, rispetto per la vita in ogni sua fase”.

SIR

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MONDIALE MISSIONARIA 2012

Forse sabato l'annuncio della nomina di mons. Moraglia a Patriarca di Venezia. Seicento liguri pronti a raggiungere la città per l'insediamento

Saranno quasi seicento i fedeli liguri che arriveranno in laguna il 25 marzo al seguito di mons. Francesco Moraglia (foto), il vescovo de La Spezia che sembra essere stato designato da Papa Benedetto XVI a Patriarca di Venezia. Ma se da La Spezia i fedeli saranno parecchi, ancora di più saranno quelli che arriveranno da Genova, visto che proprio nella “Superba” il futuro Patriarca è nato il 25 maggio del 1953 e che nella storica “nemica” di Venezia è stato ordinato sacerdote nel 1977. Se la notizia verrà ufficializzata sabato prossimo con il contemporaneo annuncio in Vaticano, a La Spezia e a Venezia, e che tradizione vuole venga dato a mezzogiorno, Francesco Moraglia sarà il primo patriarca genovese della storia, da quando nel 1451 San Lorenzo Giustiniani, già vescovo di Castello, portò questo titolo a Venezia da Grado. Dei 48 Patriarchi che si sono succeduti da allora mai nessuno era nato a Genova. Un tatto che la Santa Sede ha mantenuto finora. Un particolare di cui lo stesso Moraglia sembra essere a perfetta conoscenza se verrà confermata la notizia che vede nel suo nuovo stemma patriarcale l’apposizione del Leone di San Marco, un omaggio, peraltro non dovuto, alla Serenissima, quasi un ramoscello d’ulivo per stemperare ogni anacronistica querelle da parte di eventuali revanscisti. La nomina di mons. Moraglia in realtà era quasi dovuta da parte della Santa Sede, sia perché rappresenta uno dei pochi punti di accordo tra la Segreteria di Stato guidata da Tarcisio Bertone con la presidenza episcopale di Angelo Bagnasco, sia perché al patriarca metropolita del Triveneto spetta il titolo di “Gran cancelliere della Facoltà teologica del Triveneto” e Moraglia è il candidato ad aver conseguito un preciso titolo in teologia dogmatica. Non guasta poi, ma solo in Vaticano, la nomèa di “conservatore” che accompagnato Moraglia e che invece a Venezia è motivo di perplessità. Intanto, spuntano i primi nomi per la successione di Francesco Moraglia. Quello più insistente è di Luigi Ernesto Palletti, 56 anni, attuale vescovo vicario di Genova. Nato il 29 ottobre 1956 a Genova è stato consacrato vescovo il 16 gennaio 2005. Dopo essersi diplomato in pianoforte presso il conservatorio di musica Nicolò Paganini di Genova, intraprese gli studi teologici e fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1983 dal card. Giuseppe Siri. Dopo l’ordinazione e fino al 1996 fu vicario parrocchiale nelle delegazioni genovesi di Pontedecimo e Sestri Ponente; durante questo periodo ricoprì per qualche tempo anche gli incarichi di insegnante di religione e cappellano presso l’ospedale. Negli anni precedenti all’ordinazione episcopale ricoprì vari incarichi: Dal 1995 fu confessore presso il seminario minore. Dal 1996 e fino all’ordinazione vescovile ricoprì l’incarico di cancelliere arcivescovile. Nel 1998 fu nominato canonico della cattedrale di San Lorenzo. Dal 2001 fu direttore spirituale del seminario maggiore. Il 18 dicembre 2004 venne eletto alla sede titolare di Fondi e nominato vescovo ausiliare di Genova e vicario generale per l’arcidiocesi di Genova da papa Giovanni Paolo II. Ricevette l’ordinazione episcopale dal card. Tarcisio Bertone, arcivescovo di Genova, il 16 gennaio 2005. Il secondo nome è quello Marco Doldi, un parroco di 46 anni, anche lui genovese,docente di teologia morale presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale di Genova.

La Nazione

In corso la plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tra i temi la risposta del superiore dei lefebvriani al preambolo dottrinale

E' in corso in questi giorni l'Assemblea plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tra i temi all'ordine del giorno, la risposta che il superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, mons. Bernard Fellay, ha inviato alla Santa Sede sul preambolo dottrinale, nel quadro dei negoziati in corso da mesi. La plenaria verrà ricevuta venerdì prossimo in udienza da Benedetto XVI, che rivolgerà loro un discorso. Il tema del dialogo con i lefebvriani, a quanto riferiscono fonti vaticane, ufficialmente non è in agenda.

TMNews