venerdì 13 luglio 2012

La Congregazione dei Legionari e il movimento del Regnum Christi in un unico corpo: il card. De Paolis fa propria l'idea dell'immorale fondatore

Una sola famiglia religiosa, con un unico carisma. Questa è stata la grande idea di Marcial Maciel Degollado, l’immorale fondatore dei Legionari di Cristo; il suo sogno di grandezza, quando controllava ancora tutto il potere nella Congregazione e nel movimento laico del Regnum Christi. Anche se non è riuscito a metterlo in pratica, ha lasciato l’eredita del suo piano visionario. Oggi, a quattro anni della sua morte, il progetto ha cominciato a diventare realtà, grazie il card. Velasio De Paolis. Lo scorso 11 luglio, il delegato pontificio per la Legione e il “Regno” ha scritto una lettera per tutti i suoi membri. Un testo con il quale ha annunciato un cambio di rotta significativo nel processo di rinnovamento di queste due istituzioni, che, indica De Paolis, formano parte di una "realtà completa", "compromessa con l’annuncio e con l’apostolato del Regnum Christi (il Regno di Cristo)". Era proprio quello che pensava Maciel, chi ha cercato di promuovere più volte un’alternativa istituzionale per quest’idea nella Santa Sede, ma non è mai riuscito a concretarla. Nonostante essere stato dichiarato dal Vaticano, nel 2010, come "un uomo senza scrupoli che ha vissuto una vita lontano da qualsiasi sentimento religioso", colpevole di abusi sessuali contro minori e altri reati, sembrerebbe che le sue intuizioni siano state profetiche. Per De Paolis, le comunità che ha creato il sacerdote messicano condividono un "carisma comune": non solo la Congregazione dei Legionari, ma anche il movimento Regnum Christi con la sua parte laica, nella quale ci sono i consacrati (uomini e donne). Così, il cardinale ha segnalato l’esigenza di formulare una "piattaforma comune" su questo carisma e redigere alcune norme che ne regolino i rapporti. Questa piattaforma sarà una realtà assolutamente specifica, per nulla teorica. Ci saranno degli organi di governo e di amministrazione che permettano l’unità dell’insieme. Per questo motivo, i sacerdoti, i seminaristi, i consacrati e i laici saranno convocati a una discussione sugli elementi che formeranno quest’unica famiglia religiosa che sarà chiamata, genericamente, “Regnum Christi”, lo stesso nome del movimento. "Non si sta creando niente di nuovo, anzi si cerca d’interpretare e rinnovare quello già esistente", ha ribadito De Paolis, indicando che non si tratta di una sua idea. Per portare avanti questa manovra, ci sarà un "breve ma intenso" periodo di riflessione comune tra i Legionari di Cristo e gli altri membri del Regnum Christi. Ci sarà anche un documento che sarà il fondamento di un futuro "statuto generale" o "norma fondamentale". Nel frattempo, i processi di riforma le strutture seguiranno i loro percorsi, ma anche questi, evidentemente, saranno modificati. Il nuovo approccio di Velasio De Paolis dovrà fare i conti con la situazione d’incertezza che si respira ancora tra i Legionari in tutto il mondo. L’ombra dello scandalo non ha ancora abbandonato l’istituzione. Lo scorso fine di settimana, 77 donne hanno inviato una lettera al delegato pontificio nella quale chiedevano la chiusura di una scuola amministrata per il Regnum Christi nel Rhode Island (Stati Uniti). Le firmanti hanno denunciato essere state vittime di torture psicologiche che le avrebbero portate all’anoressia o tentare il suicidio. Pochi giorni prima, un appezzato ex Legionario, Thomas Berg, ha scritto un articolo per denunciare lo "scandalo della soffocata riforma della Legione". Pubblicato sul sito First Things, il testo indicava a De Paolis come principale responsabile dei mancati passi verso un cambiamento vero nella Congregazione, perché ha lasciato molti vecchi collaboratori di Maciel in certe posizioni di governo e per aver rifiutato un’indagine indipendente sui responsabili di aver permesso il fondatore commettere i suoi crimini. "La Chiesa non ha bisogno di un’istituzione come la Legione di Cristo. Quello che serve alla Chiesa, tuttavia, sono gli uomini buoni ed entusiasti che sono rimasti nella Legione", ha indicato.

Andrés Beltramo Alvarez, Vatican Insider

Quel che abbiamo in comune

Mons. Warduni: l'Esortazione Apostolica per il Medio Oriente chiederà l'amore tra gli uomini. Alle Chiese chiederà l'unità per il bene dei cristiani

“Un testo abbastanza ampio che prenderà in esame tutte le questioni cruciali del Medio Oriente, in particolare la pace, l’emigrazione, la libertà religiosa, la convivenza tra le varie Confessioni e le diverse religioni, la cittadinanza, viste nell’ottica del bene di tutti i cittadini del Medio Oriente”. Così mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad, parla all'agenzia SIR dell’Esortazione Apostolica post-sinodale per il Medio Oriente, frutto dell’Assemblea speciale del Sinodo svoltosi in Vaticano nel 2010, che Benedetto XVI promulgherà nel corso del suo viaggio apostolico in Libano (14-16 settembre). Partendo dai documenti conclusivi di quel Sinodo cui prese parte, il “Messaggio al popolo di Dio” e le 44 “Propositiones”, mons. Warduni esprime la convinzione che “l’Esortazione chiederà l’amore tra gli uomini, non fa differenza se cristiani, musulmani, ebrei, poiché tutti siamo figli di Dio”. “Tutti i cittadini mediorientali - dice - desiderano vivere nella stabilità, in sicurezza, nel diritto e nella libertà. Le religioni possono fare molto per costruire la pace nella regione, ma non devono essere strumentalizzate a fini politici, non devono essere motivo di violenza e di divisione”. Alle Chiese, invece, il documento chiederà “l’unità. Se vogliamo il bene dei cristiani dobbiamo unirci per servire i nostri fedeli e aiutarli a restare nelle loro terre”.

SIR

MEDIO ORIENTE - L'urgenza dell'unità: mons. Warduni (Baghdad) parla dell'Esortazione post-sinodale

Il Patriarca ortodosso serbo corregge il tiro: viaggio del Papa utile per favorire il ritorno all'unità dei cristiani, ma non è ancora il momento

Il Patriarca ortodosso serbo Irinej ha detto di ritenere che un possibile viaggio in Serbia di Papa Benedetto XVI sarebbe molto utile per favorire il ritorno all'unità dei cristiani, anche se non è ancora arrivato il momento. In dichiarazioni alla Tanjug, il Patriarca si è riferito al possibile arrivo del Papa a Nis l'anno prossimo, in occasione delle celebrazioni dei 1700 anni dall'Editto di Milano ad opera dell'Imperatore romano Costantino, originario di quella città del sud della Serbia. ''L'arrivo del Papa sarebbe molto utile per la Serbia, per il popolo serbo e per lo stato serbo'', ha detto Irinej, per il quale un incontro con Benedetto XVI sarebbe il primo dopo l'undicesimo secolo, che segnò la tragica divisione della Chiesa di Oriente e di Occidente. Sarebbe probabilmente un'occasione, ha osservato, per ritornare al tema della cristianità e dell'"unità per la quale preghiamo ogni giorno''. Per Irinej ciò segnerebbe una nuova pagina nella storia delle relazioni fra la Chiesa ortodossa e quella cattolica. ''Tuttavia - ha aggiunto - vi sono alcune posizioni, come quella del Patriarca russo, che noi rispettiamo, e che potrebbe non venire a Nis se dovesse arrivare il Papa''. Anche se, ha osservato, nulla è ancora deciso poichè nessuno sa cosa potrebbe ancora accadere. ''E' questo il motivo per cui la nostra Chiesa ha deciso di invitare i capi di tutte le Chiese Ortodosse, e di inviare un invito alle altre Chiese per una presenza di delegazioni ad alto livello''. La lettera d'invito sarà così inviata non al Papa, ha detto, ma alla Chiesa Cattolica per la presenza di una delegazione ad alto livello. ''La nostra opinione è che non è ancora arrivato il momento per una tale visita'', ha osservato Irinej.

AnsaMed

Mons. Franco: rimarrà deluso chi crede che il Papa nell'Esortazione Apostolica per il Medio Oriente darà un’agenda politica per risolvere il conflitto

"L’esodo dei cristiani non è legato a motivi religiosi ma politici. E fino a quando il conflitto arabo-israeliano non sarà risolto i fedeli continueranno a lasciare questa terra". Questa l’amara dichiarazione rilasciata da mons. Antonio Franco ad Aiuto alla Chiesa che Soffre. Nunzio in Israele e Cipro e delegato apostolico per Gerusalemme e Territori palestinesi, mons. Franco ha accolto due volte Benedetto XVI: nel 2009 in Terra Santa e nel 2010 a Cipro. E in vista del prossimo viaggio apostolico in Libano valuta il probabile contenuto dell’Esortazione Apostolica post-sinodale per il Medio Oriente, che sarà firmata durante il viaggio. "Chi crede che il Papa elaborerà un’agenda politica per risolvere il conflitto, rimarrà inevitabilmente deluso", spiega ad alcuni membri della Fondazione pontificia ricevuti nella sua residenza a Gerusalemme Est. Secondo Franco, il Pontefice incoraggerà semplicemente i cristiani a promuovere un’atmosfera di pace e riconciliazione, "nel cui ambito si possono trovare ovviamente anche le giuste soluzioni politiche". Nel documento, redatto sulla base delle quarantaquattro proposizioni finali dell’assemblea speciale per il Medio Oriente del 2010, verrà inoltre posto l’accento sui principi della dottrina sociale della Chiesa, con particolare riferimento al rispetto della dignità umana."Ma l’esortazione principale del Santo Padre – ritiene il nunzio – riguarderà un tema ampiamente dibattuto durante il Sinodo: quello della comunione". Papa Ratzinger inviterà ad una più stretta comunione tra i diversi riti della Chiesa Cattolica e tra tutte le Chiese della regione. "E’ questa l’unica via da percorrere. Solo così la comunità cristiana potrà influenzare positivamente la situazione che vive la Terra Santa e contribuire alla soluzione dei problemi che la affliggono".

Zenit

Mons. Bernardini: il Papa e la Chiesa non si lasciano guidare dai sondaggi. Le forze del male non avranno mai il sopravvento su quelle del bene

''Il Papa e la Chiesa non si lasciano guidare dai sondaggi. La Chiesa non è la società dei perfetti, lo ha ripetuto il Santo Padre qualche giorno fa''. Lo ha sottolineato l'arcivescovo mons. Adriano Bernardini, nunzio apostolico in Italia e San Marino, all'omelia della Messa per i patroni, i Santi Ermacora e Fortunato ad Aquileia. ''La Chiesa combatte il peccato ma non lo elimina. La Chiesa perdona coloro che ammettono le loro colpe ma insegna anche che è giusto retribuire con una pena giusta e proporzionata. Annuncia l'esistenza di una giustizia divina, che nella sua perfezione assoluta è perdono e condanna, insegna come cioè come verità di fede che esiste una pena senza fine e irrevocabile di cui noi spesso non abbiamo il coraggio di parlare'', sottolinea Bernardini, evidenziando che, invece, ''il mondo moderno è perdonista" e che ''la Chiesa annuncia la risurrezione dei morti in un modo che desidera la fine di tutto''. Non è facile, secondo Bernardini, "mettere d'accordo queste realtà così diverse: per questo si creeranno sempre dei martiri, ma alla fine le forze del male non avranno mai il sopravvento su quelle del bene''.

Asca

Spunta l'ipotesi della tappa in Paraguay, terra mariana e cuore del Sud America, in occasione del viaggio di Benedetto XVI a Rio de Janeiro per la GMG

Spunta la tappa mariana del Paraguay. Il viaggio del Santo Padre in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù 2013 non è ancora definito e accanto alla meta di Rio de Janeiro sono state avanzate diverse ipotesi: il Cile (regione martoriata dalle calamità naturali), la Colombia (a Bogotà c’è il Centro delle Conferenze Episcopali latinoamericane anche se l’altitudine è proibitiva) e Panama (il Centro America è stato, però, oggetto dell’ultimo viaggio nel continente). Anche il Paraguay diventa una destinazione possibile in concomitanza con la GMG perché l’Oea, Organizzazione degli Stati americani, ha ammorbidito la sua posizione nei confronti del governo guidato da Federico Franco: l’informativa del segretario generale José Miguel Insulsa ha sottolineato il ritorno alla normalità dopo le tensioni per il giudizio politico al presidente della Repubblica. Secondo Stato americano più povero dopo Haiti, il Paese, che dista un’ora e mezza da Rio de Janeiro, ha bisogno della parola del Pontefice, una parola che riporti al centro della vita dell’uomo la questione di Dio. Il Paraguay è il cuore del Sud America, terreno fertile per la prima evangelizzazione portata dai gesuiti e culla del cattolicesimo. Nell’Anno della fede è bello pensare a Benedetto XVI là dove nel Seicento e nel Settecento i missionari gesuiti, evangelizzando gli indios (oggi sono circa 110mila), ricrearono delle città che vivevano sullo stile e nello spirito delle prime comunità cristiane. È anche una terra mariana con la sua capitale Asunción (foto), prima diocesi nata in Sud America, dedicata alla Vergine e fondata il 15 agosto del 1737, con la città di Concepción a nord ed Encarnación a sud. La devozione alla Madonna si può scorgere anche nel santuario di Caacupè dove più di un milione di persone ogni anno, l’8 dicembre, si recano in pellegrinaggio per mantenere fede a una promessa. La storia stessa del Santuario di Caacupè è significativa: lì nel 1600 l’indigeno Josè scolpì sul legno l’effigie della Madonna che l’aveva salvato. Nel 2013 Benedetto XVI potrebbe essere ricevuto da due presidenti: quello in carica (Federico Franco, cattolico, difensore della vita e vicino al movimento di Comunione e Liberazione) e quello che sarà eletto in aprile ma prenderà pieno possesso in agosto: il presidente della Repubblica fa il giuramento alla nazione il giorno dell’Assunta. A proposito dei valori e dei principi non negoziabili, lo Stato sudamericano, rispetto alle vicine nazioni dell’Argentina e dell’Uruguay, si è rifiutato di legiferare su alcuni temi sensibili in Vaticano, vedi l’unione degli omosessuali. Anzi la destituzione del presidente Lugo è stata un sospiro di sollievo per la Santa Sede, preoccupata dall’asse politico con la Bolivia, l’Ecuador e il Venezuela. La stessa presidenza dell’ex vescovo Lugo, che con la sua candidatura aveva diviso la Chiesa locale, non avrebbe certo agevolato il viaggio di Benedetto XVI. Non è un mistero che la Conferenza Episcopale avesse richiesto già nel 2011, in occasione del bicentenario dell’indipendenza, la presenza del Pontefice. Il 2013 segna anche due anniversari importanti per il Paraguay: il 25° del viaggio di Giovanni Paolo II che secondo molti politologi agevolò la defenestrazione, l’anno successivo, del dittatore Stroessner, e il 25° della canonizzazione di Roque Gonzalez de Santa Cruz, sacerdote gesuita (morì martire nel 1628) e primo Santo paraguayano; la sua esperienza si ricollega al tema delle reducciones, patrimonio storico e religioso caro allo studioso Joseph Ratzinger. I paraguayani, in un momento complesso della loro vita, hanno la necessità di ascoltare una parola di speranza cristiana e non solo promesse sociali; i giovani in particolare aspettano di poter accogliere, nel territorio della prima evangelizzazione, l’annuncio dell’evangelista Matteo “Andate e fate discepoli tutti i popoli”.

Luciano Zanardini, Vatican Insider

Benedetto XVI al lavoro sulla terza parte del 'Gesù di Nazaret' dedicato ai Vangeli dell'infanzia: ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana

Benedetto XVI profitterà del suo periodo di riposo per scrivere la terza parte del suo libro “Gesù di Nazaret”, dedicata ai Vangeli dell’infanzia. Lo ha detto ieri il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, nel corso di un briefing con i giornalisti. E’ in una Grotta della piccola Betlemme, nella terra di Giuda, che più di duemila anni fa nasce quel un Bimbo che cambierà la storia del mondo: Gesù. Benedetto XVI invita a soffermarsi sulla scena del Natale. I primi testimoni di questo evento, i Pastori, infatti, si trovano davanti non solo il Bambino, ma anche Maria e Giuseppe. “Dio – dice il Papa – ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana, e perciò la famiglia umana è diventata icona di Dio!”. La famiglia come “icona della Trinità per l’amore interpersonale” è uno dei temi cari a Benedetto XVI: “Giuseppe ha compiuto pienamente il suo ruolo paterno, sotto ogni aspetto. Sicuramente ha educato Gesù alla preghiera, insieme con Maria. Lui, in particolare, lo avrà portato con sé alla sinagoga, nei riti del sabato, come pure a Gerusalemme, per le grandi feste del popolo d’Israele. Giuseppe, secondo la tradizione ebraica, avrà guidato la preghiera domestica sia nella quotidianità – al mattino, alla sera, ai pasti -, sia nelle principali ricorrenze religiose. Così, nel ritmo delle giornate trascorse a Nazaret, tra la semplice casa e il laboratorio di Giuseppe, Gesù ha imparato ad alternare preghiera e lavoro, e ad offrire a Dio anche la fatica per guadagnare il pane necessario alla famiglia” (Udienza generale, 28 dicembre 2011).
E come la Santa Famiglia di Nazaret, il Papa esorta le famiglie a essere “Chiesa domestica”, a pregare insieme, a “imparare a pregare in famiglia”. Un altro episodio che il Papa ripercorre è quello della Presentazione di Gesù al Tempio. Maria e Giuseppe portano il Bambino a Gerusalemme. “Come ogni famiglia ebrea osservante della legge – dice il Papa – i genitori si recano al tempio per consacrare a Dio il loro primogenito e offrire il sacrificio” e la loro sarà l’offerta delle famiglie semplici, cioè due colombi. Ma, nota Benedetto XVI, la famiglia ebrea, come quella cristiana, prega sì nell’intimità domestica, ma anche “insieme alla comunità”. Il Vangelo di San Luca ci racconta, infatti, che i genitori di Gesù “si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa”. In questo brano evangelico si narra che Gesù rimane al Tempio, all’insaputa dei genitori, i quali dopo tre giorni lo ritrovano mentre discute con i dottori. “Nell’episodio di Gesù dodicenne - sottolinea Benedetto XVI - sono registrate anche le prime parole di Gesù: 'Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo essere in ciò che è del Padre mio?'”. Egli quindi “indica chi è il vero Padre”.
“Domandiamoci: da chi aveva appreso Gesù l’amore per le “cose” del Padre suo? Certamente come figlio ha avuto un’intima conoscenza del Padre suo, di Dio, una profonda relazione personale permanente con Lui, ma, nella sua cultura concreta, ha certamente imparato le preghiere, l’amore verso il Tempio e le Istituzioni di Israele dai propri genitori. Dunque, possiamo affermare che la decisione di Gesù di rimanere nel Tempio era soprattutto frutto della sua intima relazione col Padre, ma anche frutto dell’educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe” (Angelus, 27 dicembre 2009).
Nelle riflessioni del Papa ritorna, dunque, ancora l’importanza dell’educazione alla preghiera e della relazione con il Padre: “Da allora, possiamo immaginare, la vita nella Santa Famiglia
fu ancora più ricolma di preghiera, perché dal cuore di Gesù fanciullo – e poi adolescente e giovane – non cesserà più di diffondersi e di riflettersi nei cuori di Maria e di Giuseppe questo senso profondo della relazione con Dio Padre”
(Udienza generale 28 dicembre 2011).

E’ anche il tenero sguardo di Maria su Gesù che cattura l’attenzione di Benedetto XVI: quando, dice, “i suoi occhi possono fissare con tenerezza materna il volto del figlio, mentre lo avvolge in fasce e lo depone nella mangiatoia”. “La capacità di Maria di vivere nello sguardo di Dio è, per così dire, contagiosa”, dice il Papa e il primo ad esserne contagiato è proprio San Giuseppe: “Possiamo immaginare che anche lui, come la sua sposa...abbia vissuto gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza di Gesù gustando, per così dire, la sua presenza nella loro famiglia”.

Radio Vaticana

Anno della fede. Mons. Li: ciò che ci dice il Papa oggi, domani sarà un prezioso deposito della fede. Approfondiamolo, applichiamolo e diffondiamolo

Mons. Lucas Li Jing Feng, vescovo novantenne della diocesi di Feng Xiang nella provincia dello Shaan Xi della Cina continentale, ha raccomandato ai suoi sacerdoti e ai fedeli: “Seguiamo costantemente gli insegnamenti della Lettera Apostolica 'Porta Fidei' e la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede con le indicazioni pastorali per l’Anno della fede, per vivere l’Anno della fede voluto da Papa Benedetto VXI. E prendete i documenti del Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica come migliore strumento per capire bene il Motu Proprio 'Porta Fidei' del Papa e la Nota”. Secondo quanto riferito all’agenzia Fides da Faith dell’He Bei, il vescovo ha esortato i suoi sacerdoti durante l’incontro formativo in preparazione all’Anno della fede, che avrà inizio l’11 ottobre 2012. Secondo l’anziano vescovo, lucido nella mente e saldo nella fede, “ciò che ci ha detto il Papa oggi, domani sarà per noi un prezioso deposito della fede. Quindi abbiamo l’obbligo di approfondirlo, applicarlo e diffonderlo… Avete la responsabilità di far sapere ai fedeli che l’Anno della fede è una ispirazione dello Spirito Santo al Papa, è un modo attraverso cui lo Spirito Santo guida la Chiesa”. Inoltre mons. Li ha chiesto ai sacerdoti di individuare i problemi della vita di fede dei fedeli e di elaborare un progetto pastorale adeguato, perchè “i fedeli possano vivere meglio l’Anno della fede offrendo una testimonianza viva della fede”. La diocesi di Feng Xiang è suddivisa in 4 decanati e 30 parrocchie, conta oltre 20.000 fedeli, 38 sacerdoti (di cui 18 religiosi) e 60 religiose che appartengono a 3 congregazioni femminili (Francescane Missionarie di Maria, Suore del Sacro Cuore e Piccole Sorelle di Santa Teresa). La diocesi nasce come missione francescana e ancora oggi i devoti del Santo di Assisi continuano ad animare la vita diocesana. Nella diocesi ci sono due Santuari mariani e un cimitero per i sacerdoti cattolici. La diocesi gestisce anche diversi enti di servizio sociale come cliniche ed orfanotrofi.

Fides