giovedì 13 gennaio 2011

L’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di gennaio: i cristiani possano raggiungere l'unità. Il Magistero sull'ecumenismo

Preghiamo perché “i cristiani possano raggiungere la piena unità”. E’ l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di gennaio. Un tema, questo, sul quale il Papa si è soffermato più volte e che sarà al centro della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, in programma dal 18 al 25 gennaio prossimi. Il servizio di Amedeo Lomonaco: L’unità dei cristiani rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo ed è il dono che i cristiani desiderano per far risplendere nella storia le parole pronunciate da Gesù alla vigilia della sua morte: “Che siano una sola cosa… perché il mondo creda”. Si tratta di un compito arduo ma entusiasmante: “Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito” (Celebrazione dei Vespri, 25 gennaio 2010).
Nella preghiera le comunità cristiane si pongono insieme di fronte al Signore prendendo coscienza delle contraddizioni generate dalla divisione. I cristiani, ha auspicato il Santo Padre, testimonino la loro unità in un mondo che “soffre per l’assenza di Dio”: “Il mondo soffre per l’assenza di Dio, per l’inaccessibilità di Dio, ha desiderio di conoscere il volto di Dio. Ma come potrebbero e possono, gli uomini di oggi, conoscere questo volto di Dio nel volto di Gesù Cristo se noi cristiani siamo divisi, se uno insegna contro l’altro, se uno sta contro l’altro? Solo nell’unità possiamo mostrare realmente a questo mondo – che ne ha bisogno – il volto di Dio, il volto di Cristo” (Udienza generale 23 gennaio 2008).
Le prove e le difficoltà spingono i discepoli di Cristo ad esercitare la pazienza e la perseveranza, a crescere nella carità fraterna. I cristiani, ha affermato il Santo Padre, non si stanchino mai di invocare il dono della piena comunione: “Se lo facciamo con fede, possiamo essere certi che la nostra richiesta sarà esaudita. Non sappiamo come, né quando, perché non spetta a noi conoscerlo, ma non dobbiamo dubitare che un giorno saremo ‘una cosa sola’, come Gesù e il Padre sono uniti nello Spirito” (Angelus, 22 gennaio 2006).
Ad illuminare il dialogo, ha poi spiegato il Papa, è “l’ecumenismo dell’amore” basato sulla verità della fede: “Ciò che, comunque, va innanzitutto promosso, è l’ecumenismo dell’amore, che discende direttamente dal comandamento nuovo lasciato da Gesù ai suoi discepoli. L’amore accompagnato da gesti coerenti crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi. Il dialogo della carità per sua natura promuove e illumina il dialogo della verità: è infatti nella piena verità che si avrà l’incontro definitivo a cui conduce lo Spirito di Cristo” (Alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, 17 novembre 2006).
L’unità della Chiesa è dunque “radicata nella sua unione con Cristo” e la causa della piena unità è sostenuta dalla sua preghiera e dalla sua promessa.

Radio Vaticana

Il Papa nomina mons. Leopoldo Girelli rappresentante pontificio non-residente per il Viêt Nam. Passo significativo, ma ancora lontana la 'normalità'

Significativo passo avanti nei rapporti tra Vaticano e Vietnam. Come Benedetto XVI aveva annunciato ufficialmente nel discorso del 10 gennaio al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, da oggi c’è un “rappresentante pontificio” per il Vietnam. E’ mons. Leopoldo Girelli, finora nunzio apostolico in Indonesia, nominato oggi Nunzio Apostolico in Singapore, Delegato Apostolico in Malaysia e in Brunei, e Rappresentante Pontificio non-residente per il Viêt Nam. Anche se il “rappresentante” non è un nunzio e non ci sono pieni rapporti diplomatici, un delegato papale torna dunque in Vietnam. I rapporti diplomatici con il Paese sono interrotti dal 1975 dopo l’occupazione di Saigon, dove il delegato vaticano era douto andare da Hanoi. E ciò malgrado in quegli anni Paolo VI fosse intervenuto a più riprese contro i bombardamenti americani del Nord. Papa Montini si adoperò sia in forma pubblica, con appelli e in particolare con le lettere scritte al presidente Johnson e ai capi dei due Vietnam nel 1967, sia in forma riservata per una soluzione negoziata del conflitto. Il fallimento di un tentativo di costruire una Chiesa patriottica sul modello cinese, peraltro ancora sostenuta dal Partito comunista, e il lento lavoro del Vaticano per convincere il governo dell’utilità della collaborazione con la Chiesa cattolica hanno permesso da un lato di trovare un modus vivendi, basato sul consenso del governo ai candidati, per le nomine dei vescovi, quasi impedite dopo l’unificazione, e dall’altro di consentire via via spazi maggiori di intervento ai cattolici. Questo attuale atteggiamento del governo vietnamita viene messo in relazione, oltre che con pressioni internazionali, con la convinzione che la Chiesa Cattolica può essere di aiuto sia nell’assistenza a poveri ed handicappati che nella gestione di scuole materne e strutture sanitarie, tutti compiti teoricamente riservati ad istituzioni statali. Viene valutata positivamente anche l’opera che essa può compiere per “ridare l’anima” ad un Paese che tenta di affrontare i fenomeni della ricerca dell’arricchimento a tutti i costi e della corruzione. Ciò non toglie che restino non rari episodi di repressione, se non di persecuzione, in quanto il governo appare intenzionato ad avere il pieno controllo sui cattolici, che rappresentano circa il 10% della popolazione. Tra le cause, le richieste per il rispetto dei diritti umani e la “confisca” da parte delle autorità di terreni delle istituzioni cattoliche, cresciuti a dismisura di valore dopo la scelta del partito di aderire all’economia di mercato. Così è stato persino per il complesso della ex delegazione apostolica di Hanoi, preso dalle autorità nel 1959, divenuto nel 2008 è un parco pubblico, dopo tensioni e contrasti con l’arcivescovo e i fedeli che ne reclamavano la restituzione, che in un primo momento era stata ventilata. Alla nomina di oggi, per la quale il Papa nel discorso ai diplomatici ha espresso “soddisfazione”, si è arrivati dopo una serie di visite di delegazioni dell’una e del’altra parte, che hanno avuto il loro punto di maggior rilievo con la visita del primo ministro Nguyen Tan Dung in Vaticano nel 2007 e quella del presidente Nguyen Minh Triet l’11 dicembre 2009 (foto), la prima volta che un presidente vietnamita in Vaticano dal 1975. Ed è del giugno dello scorso anno il secondo incontro del “Gruppo di lavoro congiunto” tra Vietnam e Vaticano, che ha l’obiettivo ufficiale di portare avanti il processo per la normalizzazione dei rapporti diplomatici. La nomina di oggi, infine, viene resa nota mentre è in atto il congresso del Partito comunista vietnamita. E se nessuna notizia è stata finora data nel Paese, dal punto di vista della Santa Sede, è un passo di rilievo per permettere una vita “normale” della Chiesa vietnamita. Ma da un altro punto di vista, può rappresentare un “messaggio” per la Cina. Pechino e Hanoi sono molto sempre state vicine, in campo politico, militare ed economico. E anche nelle politiche ecclesiastiche.

AsiaNews

I firmatari dell’appello al Papa su Assisi rispondono a Melloni: abbiamo solo posto una domanda su un evento non dottrinale, nessuna accusa

Il primo gennaio Benedetto XVI ha annunciato che il prossimo ottobre sarà ad Assisi. Replicherà il raduno interreligioso voluto nel 1986 nella città umbra da Karol Wojtyla. L’annuncio ha suscitato polemiche. Su Il Foglio mercoledì alcuni intellettuali cattolici hanno chiesto al Papa di “rifuggire lo spirito di Assisi”, ovvero di non cadere in quell’indifferentismo e relativismo religioso che secondo molti il raduno wojtyliano aveva in sé. All’appello apparso su Il Foglio ha reagito ieri sul Corriere della Sera lo storico di scuola dossettiana Alberto Melloni. Secondo Melloni i firmatari dell’appello sono cattolici “zelanti e irrispettosi” che “cercano d’influenzare il Papa”. A suo dire l’obiettivo di questa “intimidazione” è di “rendere minimale in termini quantitativi e qualitativi la presenza di Benedetto XVI ad Assisi”. “Mossa audace e sbagliata”, scrive, anche perché “nessun conformismo ha mai legato le mani del Papa”. Tra i firmatari dell’appello c’è Francesco Agnoli. Dice: “E’ strano che Melloni, paladino d’un cattolicesimo non propriamente ‘istituzionale’, critichi coloro che, con rispetto, pongono domande. Che ricorra a una presunta disobbedienza, rispetto a temi che non c’entrano nulla con essa. E lo fa condendo il tutto non con argomenti, che mancano, quanto con aggettivi pesanti, veramente poco caritatevoli, con un odio malcelato tipico dei tolleranti di professione. Pronti a sbranare il fratello cristiano mentre predicano l’ecumenismo con i lontani. Noi abbiamo solo posto una domanda: non è che andando ad Assisi si corre il rischio di interpretazioni sincretiste? La domanda mi sembra legittima”. Assisi, in effetti, qualche domanda l’ha suscitata. Dice Agnoli: “Già Pio XII si rifiutò di dare il consenso a un raduno interreligioso, proprio in quella città. Nel 1986 Ratzinger non andò ad Assisi. Ci andò dopo aver scritto la ‘Dominus Iesus’, e in una circostanza diversa. Il card. Giacomo Biffi, da arcivescovo di Bologna, sollevò diverse riserve in merito. Insomma, argomenti che suscitano domande ce ne sono. Per questo non capisco Melloni. E non capisco certe critiche provenienti dalla ‘destra’ cattolica. Già, perché mi sembra che ci sia anche un mondo cosiddetto conservatore che non ha idea di cosa sia la libertas del cristiano. La Chiesa non è una prigione: i paletti sono il dogma, la verità, e, molto dopo, il rispetto. Siamo liberi di porre domande intorno all’opinabile, non alla Rivelazione. La storia della Chiesa degli ultimi due secoli è piena di scivoloni mediatici, compiuti dai Papi, o dalle loro Curie (che non di rado hanno spinto dei Pontefici dove costoro non volevano andare). Oggi Assisi significa, per la gente, una cosa: il Papa che prega assieme ai rappresentanti di altre religioni un presunto ‘unico Dio’. E’ un’immagine che mina l’idea della dottrina che il Cristo sia il Salvatore. L’incontro di Assisi dell’86 mi impressionò. Il messaggio che passava era che ci si poteva salvare anche grazie alle altre religioni. Mentre la Chiesa dice che tutti si possono salvare, ma non in quanto panteisti, animisti, musulmani ecc., ma in quanto fedeli alle leggi poste nel cuore dell’uomo dal Creatore. Io credo che dopo la ‘lectio’ di Ratisbona sia successo qualcosa. Credo che nella Curia romana ci sia chi spinge il Papa in certe direzioni...altrimenti non si capirebbe un certo cambio di passo. Oggi che il fondamentalismo islamico stermina i cristiani, non è più chiaro che il Dio dei cristiani è diverso da quello della ‘guerra santa’? Oggi che gli induisti bruciano i cristiani perché non credono alle caste e professano l’uguaglianza tra gli uomini, non è evidente la differenza tra Cristo e le divinità indù? Sono presuntuoso, come dice qualcuno? Beato medioevo, quando tra cattolici si poteva discutere, nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa”. Discutere è ciò che vuole fare un altro firmatario dell’appello, Roberto de Mattei. “L’appello è una domanda aperta. Non è un’accusa nei confronti di nessuno. Assisi, tra l’altro, non è un evento dottrinale ma è un esercizio di governo. Nel 1986 ero ad Assisi. Ricordo le chiese cattoliche divenute sede di riti animisti. L’evento fu talmente catastrofico che poi Ratzinger cercò di riparare. Non a caso la sua posizione ecumenica fu fortemente diversa da quella del card. Walter Kasper. E’ questa diversità che speriamo il Papa metta in campo ad Assisi. Perché la prima Assisi, quella del 1986, con tutto l’impatto mediatico che ebbe, fu un disastro”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Giornata Mondiale della Gioventù 2011. A Madrid i rappresentanti di oltre 84 Paesi e 57 realtà ecclesiali. Il card. Rylko: vale la pena venire!

I rappresentanti di oltre 84 Paesi e di 57 realtà ecclesiali si riuniscono a Madrid, fino al 15 gennaio, per definire i dettagli dell’organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà nella capitale spagnola dal 16 al 21 agosto. Più di 234 delegati provenienti dai cinque continenti partecipano a queste giornate di lavoro, che si tengono a San Lorenzo de El Escorial. All’incontro prendono parte anche i membri del Pontificio Consiglio per i Laici e rappresentanti di tutte le province spagnole. Alla conferenza stampa di presentazione dell’incontro, ieri sera, il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, card. Stanislaw Rylko, ha evidenziato come si stia entrando nella “dirittura d’arrivo” della preparazione all’evento e “si apra una tappa decisiva nell’itinerario di preparazione spirituale e organizzativo-logistica della GMG di Madrid 2011”. La rappresentante sudafricana, Barbara Koorbanally, ha raccontato diverse iniziative dei giovani del suo paese. Una copia della Croce dei giovani, che sta attraversando la Spagna da settembre 2009, sta percorrendo tutto il Paese africano per preparare i giovani alla GMG. Il delegato del Brasile, Tiago Oliveira, ha affermato che i giovani brasiliani “vengono in Spagna in un paese fratello e perciò sono molto felici” e spera che parteciperanno 20mila giovani. Da parte sua il presidente del Comitato organizzatore locale della GMG di Madrid, il card. Antonio María Rouco Varela, ha manifestato il suo auspicio che “l’incontro” di questi giorni “sia vivo, agile e dinamico” durante il quale i vari rappresentanti offriranno “informazioni di prima mano su necessità e aspettative”. Il card. Rylko ha tenuto a Madrid anche un incontro con un gruppo di volontari, che ha ringraziato per la loro “generosa collaborazione” alla GMG. “Per molti giovani venuti da tutti gli angoli della terra . ha osservato il cardinale - sarà molto importante vedere la vostra capacità di accoglienza, il vostro spirito di sacrificio durante la GMG. A volte in lavori nascosti, ma non per questo meno importanti”. “Ai vostri amici – ha aggiunto il card. Rylko – non dite: dovete venire alla GMG, ma vale la pena!”. Ai partecipanti all’incontro in corso a Madrid verranno anche comunicati i particolari di diversi aspetti dell’organizzazione: alloggi, manutenzione, trasporti, iscrizioni, visti e volontariato. I delegati avranno anche l’occasione di visitare in questi giorni i luoghi nei quali si celebreranno gli atti principali della GMG: l’aerodromo di Cuatro Vientos e il contesto di Plaza de Cibeles.

SIR

ll Papa a San Marino e Pennabilli. I momenti della visita: Messa nello stadio di Serravalle, incontro con i giovani nella piazza della Cattedrale

Saranno la Repubblica di San Marino e Pennabilli (Rimini) i luoghi della Visita Pastorale di Papa Benedetto XVI in programma domenica 19 giugno, Solennità della Santissima Trinità. A comunicare le tappe definitive della visita, che era già stata annunciata a fine settembre 2010, è stata la diocesi di San Marino-Montefeltro, che ha diffuso ieri sera una comunicazione del vescovo, mons. Luigi Negri, per l'avvenuto ricevimento del programma approvato dal Santo Padre. Il Pontefice arriverà a San Marino nella prima mattinata e, dopo una visita di protocollo alle Istituzioni del Titano, concelebrerà la Messa nello stadio di Serravalle con i vescovi dell'Emilia-Romagna "e con molti altri che, provenienti da diocesi italiane e straniere, sono stati invitati a questo momento, e insieme anche a tutti i sacerdoti presenti". La concelebrazione si concluderà con la recita dell'Angelus. Nel pomeriggio si trasferirà a Pennabilli, sede della diocesi, e nella piazza antistante la Cattedrale (foto) incontrerà i giovani. “Prepariamoci – scrive monsignor Negri ai fedeli della diocesi di San Marino-Montefeltro - a questo evento di grazia che la provvidenza ci offre per accrescere la nostra fede. Rinnoviamo l’esperienza fondamentale della fede come comunione con il Signore Gesù Cristo nella preghiera; viviamo la vita ecclesiale con intensità e regolarità, soprattutto nella partecipazione ai sacramenti; viviamo la carità nei confronti dei nostri fratelli, soprattutto per quelli che sono in bisogno o addirittura nell’indigenza. Approfondiamo la cultura che nasce dalla fede, soprattutto per quanto concerne il mistero ultimo della Chiesa ed in esso la presenza e la funzione del Santo Padre. Soprattutto, però, viviamo questo evento a cui ci stiamo preparando come proposta per tutti i nostri fratelli con i quali viviamo, anche per quelli che sono lontani dalla fede, che sembrano del tutto inerti e quelli che si dicono in difficoltà o, addirittura, in polemica, perché il Papa è il testimone più alto sulla terra della vita cristiana che è una vita vera, buona e bella e pertanto è la vita che è piena di risposte alle esigenze fondamentali del cuore di ogni uomo”.

AltaRimini.it, Il Velino

Entro sabato la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicherà il decreto che erigerà il primo Ordinariato per i fedeli e il clero anglicani

La nascita ufficiale del primo Ordinariato per gli ex anglicani che hanno deciso di entrare nella Chiesa Cattolica, frutto della Costituzione Apostolica di Papa Benedetto XVI "Anglicanorum Coetibus", è imminente. Entro sabato 15 gennaio la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicherà il decreto che erigerà un ''Ordinariato personale per i fedeli e il clero anglicani'' dell'Inghilterra e del Galles. In quella data, infatti, nella Cattedrale di Westminster, tre ex vescovi anglicani verranno nuovamente ordinati preti dal primate cattolico d'Inghilterra, mons. Vincent Nichols, entrando così a a far parte del clero cattolico e diventando i primi membri del nuovo Ordinariato, che permetterà a loro e ai fedeli che vorranno seguirli di conservare alcuni aspetti chiave della loro tradizione anglicana. La stessa procedura, con tempi ancora da definire, verrà applicata anche per due vescovi anglicani già in pensione che aveva annunciato la loro decisione insieme ai tre. Uno di loro, con ogni probabilità John Broadhurst, anche se sposato, potrebbe diventare il primo Ordinario, una carica che anche se aperta a un semplice prete è equiparata a quella di un vescovo, e quindi di partecipare di diritto ai lavori della Conferenza Episcopale inglese. Come spiegato da un ampio documento preparato proprio dai vescovi inglesi, a guida dell'Ordinariato deve esserci ''un prete o un vescovo''. Anche se saranno riordinati preti, i due ex-vescovi sposati non potranno però diventare vescovi nella Chiesa Cattolica fincheè la loro sposa rimane in vita. ''Un aspetto chiave dello stabilimento dell'Ordinariato da parte di Papa Benedetto - osserva la nota - è che permette a gruppi di ex anglicani e al loro clero di restare insieme''. ''E' piuttosto innovativo - prosegue il testo - perchè in precedenza gli ex sacerdoti anglicani che erano ordinati nella Chiesa Cattolica erano separati dalle loro comunità, anche se alcuni membri di queste diventavano anch'essi cattolici'', e quindi ''è necessario un calendario diverso per questo nuovo aspetto''. ''Per tale ragione - afferma la nota - le ordinazioni dei primi sacerdoti dell'Ordinariato avranno luogo mentre la loro formazione è ancora in atto, per permettere loro di guidare le proprie comunità verso la piena comunione con la Chiesa Cattolica''.

Asca

L'ambasciatore dell'Egitto in Vaticano: non condividiamo l'opinione che i cristiani nel nostro Paese sono perseguitati e non abbiano protezione

''Non condividiamo l'opinione che i cristiani siano perseguitati nella nostra parte del mondo'': a respingere le accuse arrivate contro il proprio Paese è l'ambasciatore egiziano presso la Santa Sede, Lamia Aly Mekhemar (nella foto con Benedetto XVI), che martedì è stata richiamata dal proprio governo in patria dopo che il Papa lunedì ha chiesto ai leader dei Paesi musulmani di fare di più per proteggere i cristiani dopo il ''grave attentato contro la comunità cristiana copta compiuto ad Alessandria d'Egitto''. Intervistata dall'agenzia televisiva Rome Report, l'ambasciatore ricorda che ''persecuzione è una parola grossa, per dimostrare che c'è una persecuzione bisogna stare molto attenti, è un termine legale che non può essere usato a caso. In questo senso non condividiamo l'opinione che i nostri governi, alcuni governi nell'area non abbiano protetto i cristiani del Medio Oriente''.

Asca