venerdì 25 gennaio 2013

Il Papa: collaborazione concreta tra i discepoli di Cristo per la causa della trasmissione della fede al mondo contemporaneo. Oggi c’è grande bisogno di riconciliazione, di dialogo e di comprensione reciproca, in una prospettiva non moralistica, in nome dell’autenticità cristiana per una presenza più incisiva nella realtà del nostro tempo

All'inizio dell'omelia della celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo, ricordando che si inserisce nel contesto dell’Anno della fede, iniziato nel cinquantenario dell’apertura del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI ha affermato che "la comunione nella stessa fede è la base per l’ecumenismo. L’unità, infatti, è donata da Dio come inseparabile dalla fede". "La professione della fede battesimale in Dio, Padre e Creatore, che si è rivelato nel Figlio Gesù Cristo, effondendo lo Spirito che vivifica e santifica, già unisce i cristiani. Senza la fede - che è primariamente dono di Dio, ma anche risposta dell'uomo - tutto il movimento ecumenico si ridurrebbe ad una forma di 'contratto' cui aderire per un interesse comune", ha sottolineato il Papa. "Il Concilio Vaticano II ricorda che i cristiani 'con quanta più stretta comunione saranno uniti col Padre, col Verbo e con lo Spirito Santo, con tanta più intima e facile azione potranno accrescere la mutua fraternità'. Le questioni dottrinali che ancora ci dividono non devono essere trascurate o minimizzate. Esse vanno piuttosto affrontate con coraggio, in uno spirito di fraternità e di rispetto reciproco. Il dialogo, quando riflette la priorità della fede, permette di aprirsi all'azione di Dio con la ferma fiducia che da soli non possiamo costruire l'unità, ma è lo Spirito Santo che ci guida verso la piena comunione, e fa cogliere la ricchezza spirituale presente nelle diverse Chiese e comunità ecclesiali". "Nella società attuale sembra che il messaggio cristiano incida sempre meno nella vita personale e comunitaria; e questo rappresenta una sfida per tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali".
Per il Papa l’unità "è un mezzo privilegiato, quasi un presupposto per annunciare in modo sempre più credibile la fede a coloro che non conoscono ancora il Salvatore, o che, pur avendo ricevuto l’annuncio del Vangelo, hanno quasi dimenticato questo dono prezioso". ''Lo scandalo della divisione che intaccava l'attività missionaria fu l'impulso che diede inizio al movimento ecumenico quale oggi lo conosciamo. - ha ricordato il Pontefice - La piena e visibile comunione tra i cristiani va intesa, infatti, come una caratteristica fondamentale - ha poi aggiunto - per una testimonianza ancora pià chiara. Mentre siamo in cammino verso la piena unità, è necessario allora perseguire una collaborazione concreta tra i discepoli di Cristo per la causa della trasmissione della fede al mondo contemporaneo''. Secondo il Papa soprattutto oggi ''c'è grande bisogno di riconciliazione, di dialogo e di comprensione reciproca, in una prospettiva non moralistica, ma proprio in nome dell'autenticità cristiana per una presenza più incisiva nella realtà del nostro tempo''. "La vera fede in Dio poi è inseparabile dalla santità personale, come anche dalla ricerca della giustizia". Nell'omelia il Papa ha ricordato che il tema della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani di quest'anno trae spunto da una frase del profeta Michea, "Quel che il Signore esige da noi", e ha salutato in particolare i ragazzi dello Student Christian Movement in India, che quest'anno hanno preparato anche i sussidi per la riflessione e la preghiera.
"A quanti hanno collaborato - ha detto Benedetto XVI - desidero esprimere la mia viva gratitudine e, con grande affetto, assicuro la mia preghiera a tutti i cristiani dell'India, che a volte sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in condizioni difficili. 'Camminare umilmente con Dio' significa anzitutto camminare nella radicalità della fede, come Abramo, fidandosi di Dio, anzi riponendo in Lui ogni nostra speranza e aspirazione, ma significa anche camminare oltre le barriere, oltre l'odio, il razzismo e la discriminazione sociale e religiosa che dividono e danneggiano l'intera società". "La nostra ricerca - ha proseguito il Papa - di unità nella verità e nell’amore, infine, non deve mai perdere di vista la percezione che l’unità dei cristiani è opera e dono dello Spirito Santo e va ben oltre i nostri sforzi. Pertanto, l’ecumenismo spirituale, specialmente la preghiera, è il cuore dell’impegno ecumenico. Tuttavia, l'ecumenismo non darà frutti duraturi se non sarà accompagnato da gesti concreti di conversione che muovano le coscienze e favoriscano la guarigione dei ricordi e dei rapporti". "Un'autentica conversione, come quella suggerita dal profeta Michea e di cui l'apostolo Paolo è un significativo esempio, ci porterà più vicino a Dio, al centro della nostra vita, in modo da avvicinarci maggiormente anche gli uni agli altri. È questo un elemento fondamentale del nostro impegno ecumenico. Il rinnovamento della vita interiore del nostro cuore e della nostra mente, che si riflette nella vita quotidiana, è cruciale in ogni dialogo e cammino di riconciliazione, facendo dell'ecumenismo un impegno reciproco di comprensione, rispetto e amore, 'affinché il mondo creda'".

TMNews, Asca, AsiaNews


Benedetto XVI presiede i Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il saluto del card. Koch: senza conversione del cuore non può esserci vero ecumenismo

Questo pomeriggio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto la celebrazione dei secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della XLVI Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema “Quel che il Signore esige da noi” (Michea 6, 6-8). Alla celebrazione erano presenti i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. “La ricerca dell’unità dei cristiani non è semplicemente un’aspirazione umana, ma corrisponde al volere del nostro Signore”. Accolto al suo arrivo dal neo arciprete della Basilica, il card. James Harvey, il Papa ha attraversato sulla pedana mobile la navata centrale del grande tempio cristiano della via Ostiense, gremita di fedeli. Il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha riassunto in questi termini la “responsabilità ecumenica”, il cui significato acquista “un accento particolare” in questo Anno della fede indetto dal Papa. Nell’indirizzo di saluto rivolto a Benedetto XVI, il cardinale ha ribadito che “senza conversione del cuore non può esserci vero ecumenismo” e “l’elisir di lunga vita dell’ecumenismo consiste nella preghiera, nel digiuno e nella conversione”. “Così come Paolo ha sperimentato la fondamentale trasformazione della sua vita nell’incontro personale con il Risorto - ha concluso il card. Koch - anche noi, come cristiani divisi e come Chiese divise, possiamo riavvicinarci gli uni agli altri soltanto se ci convertiamo insieme a Gesù Cristo”.

SIR, Agi

Tweet di Benedetto XVI in inglese e spagnolo: mi unisco a tutti coloro che manifestano per la vita, e prego che i politici proteggano il nascituro e promuovano la cultura della vita

"Mi unisco a tutti coloro che manifestano per la vita, e prego che i politici proteggano il nascituro e promuovano la cultura della vita". È la traduzione del tweet, postato soltanto negli account di @Pontifex in inglese e in spagnolo, con cui Benedetto XVI esprime la sua partecipazione spirituale alla tradizionale Marcia per la Vita, che si svolge oggi a Washington. L’iniziativa, alla quale partecipano migliaia di persone impegnate nei movimenti e nelle organizzazioni pro-life, si tiene ogni anno negli Stati Uniti d’America a seguito della sentenza della Corte Suprema di Giustizia del 1973 che ha legalizzato l’aborto nel Paese.

L'Osservatore Romano

Il Papa incoraggia la marcia pro-life negli Usa: i leader politici proteggano i bambini non nati. Intervista al card. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita

Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Vescovi irlandesi: dietro la tecnologia che ci circonda ogni giorno, ci sono esseri umani che sono costantemente alla ricerca di risposte alle domande della vita

“Dietro la tecnologia che ci circonda ogni giorno, ci sono esseri umani che sono costantemente alla ricerca di risposte alle domande della vita”. È il commento di mons. John McAreavey e mons. Denis Brennan, del Consiglio episcopale irlandese per le comunicazioni, al Messaggio di Benedetto XVI per la 47ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (12 maggio 2013), sul tema “Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione”. “Per i cattolici - commenta mons. McAreavey - la persona umana è al centro di tutte le nostre comunicazioni ogni giorno. Il tema che Benedetto XVI ha scelto quest’anno si concentra sulle sfide dell’utilizzo dei social network e riflette su come queste reti possono essere utilizzate per diffondere il messaggio evangelico”. Ed aggiunge: “Il Santo Padre ci ricorda anche l’importanza nel riconoscere che l’ambiente digitale non è un ‘mondo parallelo o puramente virtuale’, ma che queste reti ora fanno parte dell’esperienza quotidiana di molte persone, soprattutto giovani”.  ons. Brennan aggiunge, ricordando che il testo del Messaggio è stato diffuso come di consueto nella festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, che quello attuale è “un tempo opportuno per la società per riconoscere il prezioso lavoro che i giornalisti s’impegnano a svolgere e il loro contributo al bene comune”.

SIR

Il Papa: il Medio Oriente, così importante nel piano di salvezza di Dio, possa essere diretto, attraverso un dialogo costruttivo e la cooperazione, a un futuro di giustizia e di pace duratura. Cattolici e ortodossi crescano nella comunione e a testimonino davanti al mondo la verità salvifica del Vangelo

Questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti alla riunione della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse orientali. Nel suo discorso il Papa ha dedicato una riflessione al lavoro della Commissione, giunta al traguardo di dieci anni di complesso confronto teologico, cui nel 2003 diedero vita le autorità ecclesiali delle Chiese Ortodosse Orientali e del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Dieci anni, ha ricordato il Pontefice, trascorsi a vagliare le modalità con cui le Chiese hanno espresso la loro comunione nei primi secoli. Durante gli incontri di questa settimana – in coincidenza con il periodo di preghiera per l’unità dei cristiani che si conclude oggi – a essere esplorata è stata in particolare la comunione e la comunicazione esistente fra le Chiese dei primi cinque secoli di storia cristiana: “Nel riconoscere i progressi che sono stati compiuti, auspico che i rapporti tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali continuino a svilupparsi in un fraterno spirito di collaborazione, in particolare attraverso lo sviluppo di un dialogo teologico in grado di aiutare tutti i seguaci del Signore a crescere nella comunione e a testimoniare davanti al mondo la verità salvifica del Vangelo”. “Molti di voi - ha detto Benedetto XVI - provengono da zone in cui i cristiani, come individui e comunità, devono affrontare prove dolorose e difficoltà che sono una fonte di profonda preoccupazione per noi tutti. Attraverso di voi, vorrei assicurare tutti i fedeli del Medio Oriente della mia spirituale vicinanza e la mia preghiera perché questa terra, così importante nel piano di salvezza di Dio, possa essere condotta, attraverso un dialogo costruttivo e la cooperazione, ad un futuro di giustizia e di una pace duratura”. Il Papa ha quindi esortato i cristiani a lavorare insieme per questo scopo: “Tutti i cristiani hanno bisogno di lavorare insieme nella reciproca accettazione e fiducia nel servire la causa della pace e della giustizia nella fedeltà alla volontà del Signore”. “Possa l‘esempio e l‘intercessione di innumerevoli martiri e santi che nel corso dei secoli hanno reso testimonianza coraggiosa di Cristo in tutte le nostre Chiese - ha aggiunto il Santo Padre -, sostenere e rafforzare tutti noi per rispondere alle sfide del presente con fiducia e speranza nel futuro”.

Radio Vaticana, SIR

Ai partecipanti alla riunione della Commissione Mista Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse Orientali - il testo integrale del discorso del Papa 
 

Motu Proprio del Papa 'Fides per doctrinam' con il quale si modifica la Costituzione Apostolica 'Pastor bonus' e si trasferisce la competenza sulla catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione

“L’intelligenza della fede richiede sempre che i suoi contenuti siano espressi con un linguaggio nuovo, capace di presentare la speranza presente nei credenti a quanti ne chiedono ragione”. Lo scrive oggi Benedetto XVI nel Motu Proprio dal titolo “Fides per doctrinam”, con il quale trasferisce la competenza sulla catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. “La fede – spiega il Papa - ha bisogno di essere sostenuta per mezzo di una dottrina capace di illuminare la mente e il cuore dei credenti” ed “è compito particolare della Chiesa mantenere vivo ed efficace l’annuncio di Cristo anche attraverso l’esposizione della dottrina che deve nutrire la fede”. La decisione viene motivata nel testo da ampi richiami storico-pastorali, tra i quali la pubblicazione del Direttorio catechistico generale del 1971, che ebbe “l’intento di compiere una prima sintesi riguardo al cammino compiuto nelle diverse Chiese locali che, nel frattempo, avevano realizzato un loro proprio percorso catechistico”. Una fase successiva si ebbe con la pubblicazione del “Catechismo della Chiesa Cattolica” (1992) e quindi del successivo “Direttorio Generale per la Catechesi” (1997), dove veniva ribadito “il desiderio della Chiesa che una prima tappa del processo catechistico sia ordinariamente dedicata ad assicurare la conversione”. L’istituzione nel 2010 del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione ha poi rilanciato l’annuncio del Vangelo, promuovendo nel frattempo “l’uso del Catechismo quale formazione essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo”. Il passaggio delle competenze sulla catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione significa, per Benedetto XVI, “vegliare per conto del Romano Pontefice sul rilevante strumento di evangelizzazione che rappresenta per la Chiesa la Catechesi” al fine di “realizzare un’azione pastorale più organica ed efficace”. Il Papa afferma, a questo riguardo, che il Pontificio Consiglio potrà offrire alle Chiese locali “un adeguato servizio in questa materia” emanando “norme opportune” sullo stesso insegnamento, vigilando perché siano rispettate “metodologie e finalità secondo le indicazioni espresse dal Magistero” e concedendo le “prescritte approvazioni” per i catechismi man mano editi, fino all’assistenza agli “uffici catechistici in seno alle Conferenze episcopali” per quanto riguarda le iniziative di “carattere internazionale”. Nel Motu Proprio si sottolinea che, in passato, non sono mancati in campo catechetico “errori anche gravi nel metodo e nei contenuti, che hanno spinto ad una approfondita riflessione e condotto così all’elaborazione di alcuni documenti postconciliari che rappresentano la nuova ricchezza nel campo della catechesi”.

SIR, Radio Vaticana

MOTU PROPRIO DEL SANTO PADRE FIDES PER DOCTRINAM CHE TRASFERISCE LA COMPETENZA SULLA CATECHESI AL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Motu Proprio del Papa 'Ministrorum institutio' con il quale si modifica la Costituzione Apostolica 'Pastor bonus' e si trasferisce la competenza sui seminari dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica alla Congregazione per il Clero

Con il Motu Proprio “Ministrorum institutio”, Benedetto XVI, valutando la rilevanza della formazione sacerdotale e il fatto che essa include sia quella da impartire “ai futuri ministri del Signore” che quella permanente, affida alla Congregazione per il Clero “la promozione e il governo di tutto ciò che riguarda la formazione, la vita e il ministero dei presbiteri e dei diaconi: dalla pastorale vocazionale e la selezione dei candidati ai sacri Ordini, inclusa la loro formazione umana, spirituale, dottrinale e pastorale nei Seminari e negli appositi centri per i diaconi permanenti, fino alla loro formazione permanente, incluse le condizioni di vita e le modalità di esercizio del ministero e la loro previdenza e assistenza sociale”. La Lettera del Papa modifica la Costituzione Apostolica “Pastor bonus” e trasferisce la competenza sui seminari dalla Congregazione per l’Educazione cattolica a quella per il clero. Si tratta di una variazione funzionale, per accentrare in un unico dicastero competenze finora distribuite. Il Motu Proprio ricorda come negli ultimi secoli i Pontefici hanno variamente regolato questa materia, a partire dalla istituzione dei seminari dopo il Concilio di Trento (1563). Il testo ribadisce che la formazione del clero deve essere non soltanto dottrinale “ma anche umana, spirituale, ascetica, liturgica e pastorale”. Tutto ciò al fine di strutturare una “personalità presbiterale” che si rafforza, nel tempo, anche con quella che il Papa definisce “formazione permanente”. Con questo Motu Proprio, la Congregazione per l’Educazione Cattolica, (dei Seminari e degli Istituti di Studi) cambia il nome in Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi) ed è competente per l’ordinamento degli studi accademici di filosofia e di teologia, sentita la Congregazione per il Clero, per quanto di rispettiva competenza, mentre la Congregazione per il Clero assume “quelle materie che riguardano i presbiteri e i diaconi del clero secolare in ordine sia alle loro persone, sia al loro ministero pastorale, sia a ciò che è loro necessario per l’esercizio di tale ministero, ed in tutte queste questioni offre ai vescovi l’aiuto opportuno” e “assiste i vescovi perché nelle loro Chiese siano coltivate col massimo impegno le vocazioni ai ministeri sacri e nei seminari, da istituire e dirigere a norma del diritto, gli alunni siano adeguatamente educati con una solida formazione sia umana e spirituale, sia dottrinale e pastorale. Vigila attentamente perché la convivenza ed il governo dei seminari rispondano pienamente alle esigenze dell'educazione sacerdotale ed i superiori e docenti contribuiscano, quanto più è possibile, con l'esempio della vita e la retta dottrina alla formazione della personalità dei ministri sacri. Ad essa spetta, inoltre, di erigere i seminari interdiocesani e di approvare i loro statuti”. La Pontificia Opera delle Vocazioni Sacerdotali è trasferita presso la Congregazione per il Clero e la Commissione interdicasteriale “Per una distribuzione più equa dei sacerdoti nel mondo” è soppressa.

Radio Vaticana, SIR

MOTU PROPRIO DEL SANTO PADRE MINISTRORUM INSTITUTIO CHE TRASFERISCE LA COMPETENZA SUI SEMINARI ALLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO

Mahony conferma non solo di aver coperto gli abusi dei preti su alcuni minori, ma di aver fatto in modo che un suo sacerdote accusato di pedofilia non tornasse in diocesi per non essere processato

“Tiene davvero un basso profilo”, confessa Elizabeth Johnson, vicina di casa del card. Roger Mahony, emerito di Los Angeles, ora residente a North Hollywood, appena dietro la chiesa di San Carlo Borromeo. La conferma di uno stile, quello di sua eminenza, da sempre coltivato nonostante oggi gli sia impossibile fuggire dai riflettori dei media. Tutti, infatti, adesso parlano di lui, a cominciare dal New York Times che in un pezzo di Laurie Goodstein spiega come le nuove sorprendenti rivelazioni, uscite poche ore fa e confermate dallo stesso porporato, in merito agli abusi sessuali commessi dai preti nella sua diocesi “macchino indelebilmente la sua figura”. Mahony ha sostanzialmente confermato non solo di aver in qualche modo coperto gli abusi dei preti su alcuni minori, ma di aver fatto in modo che un suo sacerdote accusato di pedofilia non tornasse in diocesi dopo un breve soggiorno in New Mexico perché “sarebbe stato processato”. Piaccia o no, questo era fino a pochi anni fa il 'modus operandi' di molti vescovi di fronte a un problema, quello della pedofilia, sul quale la Chiesa ha dimostrato enorme impreparazione. Solo che a Los Angeles, a differenza di Boston e di altre diocesi dove i vescovi hanno pagato un caro prezzo (basti pensare al card. Law), i fedeli non hanno mai sospettato azioni d’insabbiamento, e per questo hanno sempre difeso Mahony dalle accuse. Oggi però le nuove rivelazioni su Mahony, che nel 2011 è stato sostituito da José Gomez, parlano di fatti che molti ignoravano e cambiano l’idea che i fedeli si erano fatti di lui. La diocesi di Los Angeles è terra da tempo martoriata. Come risarcimento nei confronti di 508 persone che avevano denunciato abusi, la Chiesa locale aveva accettato di pagare la cifra record di 660 milioni di dollari. Ma nonostante il pagamento per molto tempo sono rimasti dubbi sulla reale consapevolezza dei vertici, almeno dal punto di vista giudiziario, di quanto accadeva nel territorio. Fino a quando, negli scorsi giorni, sono stati presentati in tribunale alcuni rapporti prima sconosciuti, come parte della causa contro l’arcidiocesi. Pubblicati dal Los Angeles Times, i documenti mostrano in modo chiaro come l’arcidiocesi americana abbia cercato di coprire gli abusi dei sacerdoti prima che lo scandalo scoppiasse. Ma invece di rimuovere dall’incarico chi aveva commesso i crimini e contattare le forze dell’ordine, l’arcidiocesi si è limitata a inviare i sacerdoti responsabili in centri di trattamento. Nel 1986 lo stesso Mahony scrisse a un istituto del New Mexico, dove era stato inviato padre Peter Garcia che ammetterà poi di aver abusato di una dozzina di ragazzini: “Credo che se mons. Garcia dovesse riapparire qui, nella nostra arcidiocesi, correremmo il rischio di azioni legali, a causa delle sue azioni”. Parole che mostrano come egli fosse a conoscenza dei crimini del sacerdote, la maggior parte compiuti contro ragazzi provenienti da famiglie di immigrati clandestini. Eppure Mahony non era l’unico a sapere: in una lettera del 1987 scritta da mons. Thomas J. Curry sulla situazione del reverendo Michael Baker (inviato anche quest’ultimo per un trattamento in New Mexico dopo aver ammesso di aver abusato di ragazzi giovani), il primo si rivolge allo stesso arcivescovo emerito, affermando “di essere consapevole del fatto che ciò che era stato fatto rientrava tra i reati perseguiti dalle legge in California”. Per questo invitava a non far rientrare il prete che si era macchiato degli abusi. Un modo di fare consueto nelle diocesi americane fino a qualche anno fa, azioni che hanno portato Mahony a dire poche ore fa: “Soltanto due decenni più tardi, quando ho incontrato oltre cento vittime delle violenze, ho capito quanto abbiano potuto soffrire”.

Paolo Rodari, Il Foglio 

Card. Bagnasco: le prolusioni la voce di una Chiesa che, proprio a cominciare dai suoi Pastori, ascolta ancor prima di parlare. Non ingerenza, ma saper parlare fuori dal coro. Tornare ad avere uno sguardo ampio sulla realtà

Le prolusioni del presidente della CEI “non sono frutto di una riflessione solitaria, ma la voce di una Chiesa che, proprio a cominciare dai suoi Pastori, ascolta ancor prima di parlare”. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Genova e presidente della CEI, nel ringraziamento con cui ha concluso il pomeriggio dedicato alla presentazione del suo volume, “La porta stretta”. “L’ascolto che ci è chiesto in questo tempo di complessa transizione è anzitutto l’ascolto della voce di Dio”, ha spiegato il cardinale, che citando il recente intervento del Papa al Sinodo dei vescovi ha ricordato che “la Chiesa parla se ascolta Dio e il suo compito è di riflettere lo sguardo di Dio che è pieno di simpatia per la vita dell’uomo, e che trova la sua manifestazione ‘ontologica’ in quello di Gesù Cristo”. Uno “sguardo”, questo, che “nasce nel vivo di un rapporto che è quotidiano ed è costruito su una fitta trama di relazioni personali che è la condivisione della vita della gente. Proprio questa esperienza diretta, dal basso, porta a scoprire un vissuto fatto di autenticità e di eroismo umile che costruisce la storia, anche se non fa notizia”. “Il parlare della Chiesa non è mai ‘ingerenza’, ma uno stare ‘dentro’ la vita degli uomini e delle donne di oggi, offrendo l’esercizio discreto ma convinto di un discernimento sapienziale del tempo presente, che è il migliore di tutti i tempi perché è il nostro”. Nel suo discorso di ringraziamento il porporato ha ribadito che “la Chiesa è sempre un popolo e la voce dei suoi Pastori è sempre impregnata di questa caratteristica popolare che in Italia, nonostante il secolarismo, resta e anzi si consolida anche oggi”. “Se la Chiesa ascolta Dio - ha assicurato il cardinale - la sua parola allora diventa profetica, cioè non si limita a scorgere la cronaca, a interpretare i frammenti di polemiche sempre possibili, ma a cogliere la verità interna e l’esito ultimo della vicenda umana e sociale”. Per questo, “la Chiesa sa di sfidare taluni miti dominanti e parlare, se necessario, fuori dal coro”. Gesù Cristo, infatti, secondo il presidente della CEI, “va annunciato con gioia e convinzione nel mistero della sua Persona e nella sua verità intera, comprese le sue implicazioni sul piano antropologico, etico e sociale”. Una “possibilità”, questa, che “oggi è messa in discussione da chi ritiene che così facendo la Chiesa rivendicherebbe uno spazio che non le compete nel dibattito pubblico”. In realtà, ha affermato il card. Bagnasco, “dove la ragione positivista si pensa autosufficiente e considera tutte le altre forme culturali come subculture, si opera un pericoloso fraintendimento dell’umano, che minaccia la sua stessa umanità”, Come ci ha ricordato il Papa nell’“ormai celebre” discorso al Bundestag. “Dobbiamo tornare ad avere uno sguardo ampio sulla realtà che si lasci ispirare dalla ragione certamente, ma da una ragione ‘allargata’, cioè anche da altre istanze che contribuiscono allo sviluppo integrale della persona umana. È quanto la Chiesa intende fare con la sua presenza che non è motivata da secondi fini”. Nella parte finale del suo ringraziamento, il card. Bagnasco ha spiegato perché la “porta stretta” della fede “ci è necessaria”. “Essa - ha detto - è sempre aperta e attende di essere attraversata da noi e da quanti con noi scoprono che solo in Gesù Cristo vi è la certezza per guardare il futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo”, come scrive il Papa in “Porta fidei”.

SIR
 
Nessuna volontà di ingerenza. Difesa dell'umano (Intervista al SIR)

Card. Bertone: passare per la porta stretta significa proporre una parola autorevole anche su questioni che attengono all’ordine sociale e politico, quando sono in gioco i valori fondanti della convivenza civile e la stessa fedeltà al Vangelo spinga a non rimanere muti. Genuina riconoscenza di Bagnasco al Papa

Una raccolta che “testimonia l’impegno incessante nello scoprire e nel proporre all’attenzione della comunità ecclesiale e del Paese una via stretta di scrupoloso rispetto della giustizia e della verità”. Così il card. Tarcisio Bertone (foto), segretario di Stato vaticano, ha definito “La porta stretta”, il testo che raccoglie le prolusioni del primo quinquennio del card. Bagnasco alla presidenza della CEI, presentato oggi a Roma. A fare da “filo conduttore”, il “rilievo” dato all’Italia dalla “speciale vicinanza alla sede apostolica e alla persona del Papa, che rappresenta un indubbio privilegio e insieme un’alta responsabilità”. Nelle prolusioni del card. Bagnasco, secondo il card. Bertone, sono presenti “riferimenti costanti” e “genuina riconoscenza” a Benedetto XVI per il suo magistero; sullo “sfondo”, come “una sorta di solido architrave che sorregge tutte le impalcature”, “uno sguardo di sereno cristiano ottimismo verso i destini dell’essere umano e della nazione italiana”. Per il card. Bagnasco, infatti, l’antidoto allo “scoramento” o “alla tentazione del disimpegno” è “il radicamento profondo nel popolo italiano della fede cristiana”, che non può essere strumentalmente ridotta a “religione civile”. Quella presente nel testo è quindi “una parola forte, chiara e incisiva sulle diverse questioni del momento, che attendono l’autorevole insegnamento dei vescovi”. “Una parola forte, chiara e incisiva sulle diverse questioni del momento, a partire da quelle riguardanti l’emergenza educativa o quella lavorativa, la famiglia, la sessualità e la bioetica”. Così il card. Bertone ha sintetizzato il libro del card. Bagnasco. Secondo il cardinale, i temi “più ricorrenti” nelle prolusioni “sono i temi che accompagnano la vita e l’evoluzione della società e della Chiesa in Italia”. Tra di essi, quello della famiglia “ha una speciale centralità”, perché “centrale è suscitare nei giovani interesse per un progetto di vita” non effimero. Il volume, quindi, contiene “parole chiare a difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”, basate “sulla ragione prima che sulla rivelazione”. Molto spazio, inoltre, viene dato all’identità del sacerdote, figura di riferimento “anche per i più lontani”. Compito dei vescovi è anche “non sottrarsi dall’esprimere un giudizio” su questioni “scottanti” come la bioetica, “quando il valore incomparabile della dignità umana è minacciato dal disconoscimento del valore di ogni istante e di ogni condizione di vita”. “In pieno accordo” col Papa, inoltre, il card. Bagnasco “invita ad un’assunzione di responsabilità di tutti coloro che rivestono un ruolo educativo”. Tra i temi socio-politici, le “aspre conseguenze” della crisi “sui livelli occupazionali e sugli stili di vita”. “Passare per la porta stretta” significa “proporre una parola autorevole anche su questioni che attengono all’ordine sociale e politico, quando sono in gioco i valori fondanti della convivenza civile e la stessa fedeltà al Vangelo spinga a non rimanere muti”. “La forma più concreta per cambiare o migliorare la società - ha affermato il porporato - è la partecipazione al voto col quale esprimere il proprio discernimento che confermi l’affidabilità dei programmi e delle persone che li sostengono. Questa partecipazione resta in definitiva per tutti il segno concreto dell’assunzione di un impegno, senza disertare dalle proprie responsabilità”. “Tra chi vorrebbe che i Pastori rimanessero silenti in una neutralità asettica che non disturbi, e chi invece chiede che la Chiesa si pronunci in favore dell’uno o dell’altro schieramento - ha spiegato il cardinale - si profila la porta stretta dell’esortazione e del discernimento, perché prevalgano in tutti le istanze veritative, il senso del bene comune e la forza di porre sempre al di sopra degli interessi personali o di fazione, quelli dell’intera compagine sociale”. Per questo la Chiesa “non rinuncia a prendere posizione per quanti si impegnano concretamente in vista dei veri interessi della comunità e dell’essere umano, nell’integralità dei suoi diritti e dei suoi doveri, personali, familiari e sociali”. “Un metodo e un atteggiamento particolarmente prezioso”, per il card. Bertone, “anche in questo delicato frangente della vita nazionale in cui occorre richiamare la perenne urgenza dei valori irrinunciabili fondati sulle istanze della ragione illuminata e potenziata dalla fede”. “Tra il portone spalancato della distrazione e della latitanza, volto a raccogliere il plauso di chi si attende dai Pastori della Chiesa poco più di una rituale benedizione che anestetizzi le coscienze, e la porta dell’ingerenza miope, che mira ad acquisire qualche vantaggio immediato, cercando di vincere tante piccole battaglie di Pirro - il punto centrale del discorso del card. Bertone - c’è la porta stretta di una responsabile presenza nella società e nella cultura italiana, che intende solo servire la verità e promuovere la collaborazione in uno spirito di ordinata concordia, che, nella fedeltà al Vangelo, si offre a tutti quale stimolo e proposta alta, quale terreno fertile di confronto e di dialogo rispettoso, senza sconti facili e senza zone franche dal giudizio e dal discernimento”. Il volume del card. Bagnasco, per il segretario di Stato vaticano, “ben documenta questa benefica presenza e questo approccio forte, pacato e determinato, in vista del bene comune”.
 
SIR
 

La stampa ufficiale censura l’incontro fra Benedetto XVI e il segretario del Partito comunista del Vietnam. Media cattolici: sfrutta la buona volontà del Papa e il prestigio della Santa Sede per coprire le violazioni ai diritti umani

L'incontro fra il segretario generale del Comitato centrale del Partito comunista e Benedetto XVI, avvenuto il 22 gennaio in Vaticano, ha suscitato reazioni contrastanti fra i cattolici del Paese asiatico, mentre la stampa ufficiale ha censurato l'evento. Il Papa ha ricevuto Nguyên Phu Trong, da più parti definito il "vero centro del potere", del governo comunista con un protocollo di riguardo, in una giornata di rado dedicata ad appuntamenti ufficiali. Analisti stranieri ed esperti di affari riguardanti la Santa Sede hanno giudicato il faccia a faccia un altro "importante passo verso la 'normalizzazione' dei rapporti". Tuttavia, non mancano critiche e dubbi fra i fedeli vietnamiti, secondo cui i dirigenti di Hanoi "sfruttano" il prestigio papale per compiacere l'opinione pubblica internazionale. L'incontro fra il Pontefice e una delle figure chiave della leadership di Hanoi avviene in un momento di tensione fra Chiesa e autorità politiche, a causa della condanna a pesanti pene detentive di 13 cattolici e dalla distruzione del convento delle carmelitane a Hanoi. I fatti di cronaca delle ultime settimane hanno gettato sconforto in seno alla comunità cattolica, come emerge da alcuni resoconti pubblicati da Vietcatholics News e da Vrn, il sito dei Redentoristi del Vietnam. Commentatori e lettori accusano i dirigenti comunisti di "usare la buona volontà e il prestigio della Santa Sede" per nascondere agli occhi della comunità internazionale "le mancanze in materia di rispetto dei diritti dell'uomo e di libertà religiosa". Essi, infatti, ricordano come esempio due eventi del passato: la visita del 25 gennaio 2007 dell'allora premier Nguyén Tan Dung, cui è seguito l'arresto di padre Nguyen Van Ly; e ancora, la visita a Roma del capo di Stato Ngueyn Minh Triet l'11 dicembre 2009, con la distruzione un mese più tardi della croce della parrocchia di Dong Chiem. Di contro, i giornali ufficiali non hanno fatto menzione del faccia a faccia fra il Papa e Nguyên Phu Trong, pur avendo dato ampio risalto alla tappa italiana del tour europeo degli alti dirigenti comunisti. Secondo i fedeli, il nodo dei rapporto fra Santa Sede e Hanoi, che ha per obiettivo la nascita di piene relazioni diplomatiche, non può far però dimenticare le vessazioni contro la Chiesa e i cattolici in Vietnam, così come il recente decreto, in vigore da inizio anno, che aumenta i controlli sulle religioni. In merito alla presentazione del nuovo dispositivo voluto dalle autorità comuniste, in questi giorni è emerso che l'arcivescovo di Ho Chi Minh City ha rifiutato l'invito ufficiale di partecipazione. L'ufficio degli Affari religiosi a dicembre aveva invitato i rappresentanti dell'arcidiocesi di Saigon a presenziare all'evento in programma il 24 dicembre. Tuttavia, il card. Pham Minh Man ha declinato l'offerta, spiegando che la vigilia di Natale vi erano troppe cerimonie da seguire e, in aggiunta, ha ritenuto "inutile" la presenza di sacerdoti a "cerimonie di questo tipo", organizzate del governo.

AsiaNews

Nel pomeriggio nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura per la celebrazione dei Vespri presieduta da Benedetto XVI a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. I leader delle Chiese presenti

Ci saranno i leader delle Chiese cristiane questo pomeriggio nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura per la celebrazione dei Vespri presieduta da Papa Benedetto XVI a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ai Vespri, fanno sapere dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, saranno infatti presenti il metropolita Gennadios, arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta ed esarca per l’Europa meridionale in rappresentanza del Patriarcato ecumenico e il canonico David Richardson, rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede nonché direttore del Centro anglicano di Roma. Parteciperanno anche mons. Siluan, vescovo della diocesi ortodossa in Italia del Patriarcato di Romania, lo ieromonaco Antoniy in rappresentanza del Patriarcato di Mosca e il decano Holger Milkau della Chiesa evangelica luterana in Italia. Saranno presenti, inoltre, i membri della Commissione teologica internazionale del dialogo tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse orientali, gli studenti dell’Istituto ecumenico di Bossey e tutti i rappresentanti delle comunità cristiane di Roma. I Vespri saranno aperti con un indirizzo di saluto del card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Il Papa pronuncerà l’omelia. “Per la Chiesa luterana - dice in un comunicato il decano Milkau -, la partecipazione, anche quest’anno, al Vespro di chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è importante non solo per il suo indubbio valore simbolico, ma anche perché è la testimonianza concreta di come ogni cristiano, al di là della propria confessione di appartenenza e dell’identità da preservare, debba sempre desiderare di dialogare e confrontarsi con gli altri cristiani”. Nel comunicato la Chiesa evangelica luterana ribadisce che “la sensibilità verso i temi ecumenici e il confronto con le altre realtà religiose sono un tratto distintivo della Chiesa luterana”. E aggiunge: “In particolare, con la Chiesa Cattolica, è attivo il dialogo, soprattutto, in relazione ad aspetti pratici pastorali, giacché sono numerose le famiglie di confessione mista luterano-cattolica”.

SIR

Libretto della Celebrazione

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Nella Cappella della Basilica di San Pietro a lui dedicata il Comitato organizzatore locale celebra la Messa della festa di San Sebastiano, patrono di Rio e della GMG

I membri del Comitato organizzatore locale della Giornata Mondiale della Gioventù 2013 di Rio, hanno celebrato Messa domenica scorsa, 20 gennaio, nella Basilica di San Pietro, in occasione della festa di San Sebastiano, patrono della città di Rio de Janeiro che ha anche il nome di San Sebastiano. La celebrazione ha avuto luogo nella cappella dedicata a San Sebastiano, dove è sepolto il Beato Giovanni Paolo II. “Non è un caso, tutto è Provvidenza”, ha detto padre Arnaldo Rodrigues, membro del Comitato di Liturgia pastorale della GMG 2013. San Sebastiano e il Beato Giovanni Paolo II sono nella lista dei patroni ed intercessori della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio 2013, così come Nostra Signora di Aparecida, Santo Antônio Galvão de Santana, Santa Teresa di Lisieux, Santa Rosa da Lima, il Beato Pier Giorgio Frassati, Beata Chiara Luce Badano, il beato Federico Ozanam, Beato Adílio Daronch, Santa Teresa de Los Andes, Beato José de Anchieta, Beato Isidoro Bakanja, beata Suor Dulce, São Jorge, Beata Laura Vicuña, Sant'Andrea Kim e i suoi compagni e Beata Berkenbrock Albertina. Hanno celebrato l’eucaristia i vescovi ausiliari di Rio de Janeiro, mons. Antonio Augusto e mons. Paulo Cezar, i sacerdoti del Comitato, padre Leandro, padre Marcio e mons, Joel Amado, padre João Wilkes, collaboratore del Pontificio Consiglio per i Laici e alcuni padri di Rio de Janeiro che studiano a Roma.

Maria Emilia Marega, Zenit