lunedì 12 gennaio 2009
Il card. Bertone in partenza per il Messico per l'Incontro Mondiale delle Famiglie: il nucleo familiare come risposta alla crisi
Il Segretario di Stato sarà ricevuto durante il suo soggiorno, tra gli altri, dal Presidente della Repubblica, Felipe Calderón, nella residenza ufficiale di Los Pinos.
Il porporato chiuderà il 16 gennaio il Congresso teologico-pastorale del VI Incontro Mondiale delle Famiglie con la conferenza “Famiglia, giustizia e pace” nel Centro dell'ExpoBancomer della capitale messicana. La sera di sabato 17 gennaio presiederà un incontro di festa e testimonianza presso la Basilica di Guadalupe. La mattina di domenica 18 presiederà la Messa di chiusura dell'Incontro delle Famiglie, sempre sulla spianata del santuario guadalupano. L'atto sarà seguito da Roma dal Papa attraverso il video. Il programma del card. Bertone includerà una visita lunedì 19 gennaio a Querétaro, dove incontrerà i rappresentanti del mondo della cultura e dell'istruzione in Messico. Il viaggio del Segretario di Stato vaticano si concluderà il 20 gennaio.
Satanismo e pedofilia del clero tra i "delitti riservati alla Santa Sede". Il super lavoro della Penitenzeria Apostolica
Il Vaticano parla piemontese
La Curia parla sempre più piemontese. Dal «premier» della Santa Sede Tarcisio Bertone (di Romano Canavese) al governatore vaticano Giovanni Lajolo (Novara), dal Decano del Sacro Collegio Angelo Sodano (Isola d’Asti) al portavoce papale Federico Lombardi (Saluzzo), dal sottosegretario Cei Mauro Rivella (Moncalieri) al «sindaco» d’Oltretevere Renato Boccardo (Sant’Ambrogio), dal rappresentante all’Onu Celestino Migliore (Cuneo) al delegato pontificio a Strasburgo Aldo Giordano (Cuneo), dall’arciprete torinese della basilica di San Paolo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, al vicecamerlengo Paolo Sardi (Ricaldone), dal sottosegretario al Clero Giovanni Carrù (Torino) al presidente della commissione episcopale per i Problemi sociali Arrigo Miglio (San Giorgio Canavese), dal nunzio apostolico in Italia Giuseppe Bertello (Foglizzo) al presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica Francesco Marchisano (Racconigi). Mai come oggi i vertici della Chiesa sono «made in Piemonte». Benedetto XVI ha tra i suoi più stretti collaboratori cardinali, vescovi e prelati arrivati nella città eterna dalle otto province sabaude. Una presenza capillare e senza eguali che svaria dal collegio cardinalizio (Francesco Marchisano, Giovanni Canestri, Carlo Furno, Lorenzo Antonetti, Giovanni Cheli, Carlo Maria Martini, Giovanni Coppa), alla Segreteria di Stato, dalle commissioni Cei (Luciano Pacomio alla Dottrina della fede, Renato Corti alla Vita consacrata, Piergiorgio Debernardi all’Ecumenismo, Enrico Masseroni all’Educazione cattolica) ai nunzi apostolici.Un’«occupazione» delle Sacre Stanze che trae origine da diocesi-fucine di carriere ecclesiastiche. «Dove si sono fermati i bersaglieri di Porta Pia, si sono spinti i monsignori piemontesi», sorridono al Palazzo Apostolico. «Sono il frutto del cattolicesimo sociale sabaudo, l’ondata verso Roma di una regione fino a pochi decenni fa ricchissima di vocazioni- spiega Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano- La massiccia presenza in Curia di ecclesiastici piemontesi nasce da un fenomeno storicamente rilevante che per tutto il Novecento portava le diocesi del Piemonte a mandare a studiare a Roma i seminaristi migliori. Molti di loro restavano al servizio della Santa Sede e ora li troviamo nella cabina di regia della Chiesa, molto apprezzati da un autentico uomo d’apparato come Joseph Ratzinger». Una «piemontesizzazione» dei dicasteri vaticani e della diplomazia d’Oltrevere condotta nel segno dell’astigiano Don Bosco. «L’influenza sabauda in Curia è cresciuta di pari passo con la ramificazione in Vaticano della presenza salesiana - analizza la torinese Lucetta Scaraffia, storica del cristianesimo, membro del Comitato nazionale di bioetica ed editorialista dell’Osservatore Romano - Da quando Pio XI li valorizzò per il carattere fattivo e pragmatico del loro ordine, i salesiani, che si aiutano molto fra di loro, hanno allargato le loro competenze dalle attività sociali e dalla formazione dei giovani agli incarichi di responsabilità nelle congregazioni e all’impegno intellettuale. Non a caso oggi il bibliotecario del Vaticano è il cardinale Farina, un salesiano, cosa impensabile fino a poco tempo fa». A rendere particolarmente adatti i presuli sabaudi alla cooptazione nel «Gotha» ecclesiastico è l’innata identificazione con l’istituzione. «Più delle altre regioni, noi piemontesi abbiamo un radicato senso istituzionale - puntualizza Scaraffia- Gli ecclesiastici approdati in Vaticano dal Piemonte si sono sentiti subito parte della Santa Sede. Noi che abbiamo avuto una monarchia, avvertiamo spontaneamente, per tradizione e radici, il legame con l’istituzione». Una «risorsa» nella Chiesa di Wojtyla e Ratzinger, insomma. «Nel momento in cui la Chiesa è stata in crisi le peculiarità piemontesi sono risultate premianti - osserva Scaraffia - Per superare i tormenti postconciliari dell’istituzione-Chiesa servivano profili istituzionali garantiti, prelati capaci di essere fedeli e di apprezzare l’istituzione in un momento in cui non era molto accreditata». L’arcidiocesi di Torino vanta il primato regionale per numero di esponenti del proprio clero arrivati a indossare le vesti purpuree e violacee (Mana, Fiandino. Micchiardi, Maritano, Sibilla, Chenis, Martini, Lanzetti, Ellena, Marchisano, Giovenale). Ben rappresentata da propri «figli» nel collegio episcopale è anche la diocesi di Novara (Zaccheo, Masseroni, Ciocca Vasino, Moretti, Antonetti, Lajolo). «Fabbriche» vescovili e cardinalizie sono pure le diocesi di Ivrea (Bertello, Miglio, Debernardi, Bertone , Careggio), Alessandria (Badini Confalonieri, Canestri, Pasqualotto), Cuneo (Guerrini, Migliore). Stessa «vocazione curiale» per Alba, Asti, Vercelli, Casale Monferrato, Mondovì, Biella, Acqui, Saluzzo, Susa e Pinerolo. «Il filo che tiene unite tante personalità diverse per temperamento e storia personale è la comune radice del cattolicesimo sociale piemontese, quello di Cottolengo, don Bosco e Cafasso- sottolinea padre Federico Lombardi, Assistente generale dei gesuiti, nonché direttore di Radio Vaticana, Sala Stampa Vaticana e Centro televisivo Vaticano (Ctv)-. E’ la fede dei grandi apostoli della misericordia come don Luigi Orione, fondatore della Piccola Opera della divina provvidenza e della Congregazione delle Piccole Suore Missionarie della Carità, che iniziò occupandosi di gioventù e assistenza ai poveri e poi di problemi sociali ed ecclesiali. Oggi l’istituto da lui fondato conta 1.035 religiosi: tre vescovi, 751 sacerdoti, 65 fratelli, 7 eremiti. E svolgono la loro opera in 269 località in 30 nazioni». Simbolo del «cattolicesimo del fare» di marca piemontese.
Inizia oggi il Tempo ordinario dell'Anno liturgico. Il Papa: ci invita a vivere in quotidiana amicizia con Gesù
La commozione del Papa per la scomparsa del card. Pio Laghi: ha svolto un generoso servizio alla Santa Sede
Coraggio, coesione e solidarietà contro la crisi economica: le parole di Alemanno, Marrazzo e Zingaretti a Benedetto XVI
Tra gli interventi anche un fondo di solidarietà per pagare i mutui e la definizione del piano rifiuti, che ha permesso al Lazio di uscire dall’emergenza. Marrazzo si è poi soffermato sul ruolo delle parrocchie, ricordando che la Regione ha sostenuto la nascita di nuove chiese e aumentato il contributo per il recupero degli edifici di culto. “Ma l’intervento di cui siamo più orgogliosi – ha affermato - è stato quello di avere avviato centinaia di progetti grazie alla cosiddetta legge sugli oratori, che sono ormai rimasti, di fatto, gli unici veri centri di aggregazione per il mondo giovanile”. A questo proposito, Marrazzo ha annunciato la nascita di un grande torneo di calcio giovanile tra i vari oratori, a livello prima cittadino, poi regionale e infine nazionale. Marrazzo ha toccato anche il tema della sanità. “Abbiamo aperto una nuova fase - ha precisato -, in dialogo costante con il Governo centrale, in primo luogo, ma anche con le Province e con i Comuni. E oggi la nostra Regione ha tutte le carte in regola per dar vita a una sanità equa, universale, raggiungibile da tutti. Senza sprechi e senza dannosi particolarismi”.
Nel suo discorso, Alemanno ha rilevato che la crisi economica “rischia di travolgere” anche le città. “Roma – ha detto - è consapevole di dover affrontare con lucido coraggio la situazione emergente. Sa di essere una metropoli a cui guarda il mondo intero per la sua più che millenaria storia di civiltà e di cultura, di fede e di progresso umano e spirituale. A Roma convivono il centro storico più bello della terra e periferie degradate, la sede del governo nazionale e baraccopoli invivibili. Il nostro impegno è dare un volto umano alla Roma del terzo millennio, riducendo il più possibile gli squilibri e le contraddizioni presenti, grazie a un progetto condiviso di sviluppo e di solidarietà”. Il sindaco ha quindi fatto notare che “Roma non è unicamente la Capitale politica dell’Italia, ma, in un certo modo, la Capitale morale a cui guarda gran parte dell’umanità. E questo - a suo dire - la obbliga a fornire risposte esemplari di solidarietà e di sviluppo sostenibile. Difficile tuttavia sarebbe conseguire un obiettivo così ambizioso, senza il coinvolgimento di ogni sua civile articolazione, poiché il suo volto assume sempre più nuovi connotati anche per la compresenza di nazionalità, culture e religioni diverse. Inoltre, Roma come sede della Fao e del Polo agroalimentare dell’Onu, può esercitare un ruolo importante come punto di incontro tra il Nord e il Sud del mondo e come centro del Mediterraneo, può essere ‘centro internazionale della cooperazione allo sviluppo’”. Per Alemanno perciò è necessario “programmare una strategia di interventi ordinati secondo un complessivo disegno valoriale, senza inseguire le emergenze, ma avviando un progetto che recuperi il rapporto con la città reale”.
Proprio per questo, ha garantito il primo cittadino della capitale, “la principale nostra attenzione si è rivolta alle politiche sociali: della persona e della famiglia, dell’istruzione e della scuola, del lavoro e delle nuove generazioni, per realizzare una maggiore equità sociale, sostenere i nuclei familiari, la maternità, il diritto alla casa, gli anziani in difficoltà, i diversamente abili, gli immigrati, senza distinzione di razza, cultura, credo politico e religione, mirando a un autentico processo di ‘integrazione condivisa’, nel quale la solidarietà e la sicurezza vadano di pari passo. In particolare, per i nomadi e le persone senza fissa dimora, saranno sostituiti, entro la fine dell’anno, gli accampamenti abusivi con campi regolari e opportunamente attrezzati”. “La crisi che abbiamo di fronte – ha aggiunto Zingaretti - ci chiede innanzitutto coraggio per cambiare il corso delle cose. Ed è questo che stiamo tentando di fare in questi mesi. Il nostro territorio è indicato tra quelli con il più alto numero di famiglie che dichiara di arrivare alla fine del mese con estrema difficoltà: il 15,4 per cento. Dati preoccupanti che richiedono politiche nuove e più attente e soprattutto legate a nuovi valori e priorità da affermare. Lo scandalo della povertà è oggi soprattutto lo scandalo della sua voluta rimozione dunque non possiamo solo indignarci e tanto meno stupirci. La sfida - ha concluso il presidente della Provincia - riguarda tutti''.