sabato 5 febbraio 2011

Benedetto XVI invia una somma in denaro agli sfollati della Costa d’Avorio. Il nunzio: la Chiesa sempre prossimo di tutti coloro che soffrono

"La Chiesa si è sempre fatta prossimo di tutti coloro che soffrono, senza eccezioni” afferma in un comunicato inviato all’agenzia Fides mons. Ambrosie Madtha, nunzio apostolico in Costa d’Avorio, con il quale rende noto che Papa Benedetto XVI ha disposto l’invio di 50mila euro per assistere gli sfollati ivoriani. “Papa Benedetto XVI - afferma il nunzio - informato della situazione socio-politica verificatisi in Costa d’Avorio dopo il secondo turno delle elezioni presidenziali, e particolarmente toccato dalla situazione degli sfollati causati dai sanguinosi scontri inter-etnici, che hanno provocato numerose perdite di vite umane ed hanno costretto le persone a lasciare le proprie terre e case per trovare rifugio in Liberia, nei campi di accoglienza della Chiesa Cattolica di Duékoué, Danané, Lakota ecc.., vuole ardentemente testimoniare la sua vicinanza e la sua sollecitudine nei confronti di queste persone, aiutandole con un dono di 50.000 euro (circa 32.750.000 franchi CFA)”. “Il Santo Padre - continua il testo - ha quindi incaricato il card. Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, di inviare da parte della Santa Sede questa somma a mons. Gaspard Beby Gneba, vescovo di Man, al fine di farne buon uso a favore degli sfollati”. “A nome del Santo Padre vorrei congratularmi e incoraggiare tutte le organizzazioni nazionali e internazionali, compresa la parrocchia “Notre Dame de la Tendresse” di Abidjan, che hanno donato un aiuto finanziario e materiale a queste persone” conclude il nunzio.

Fides

Tauran: il dialogo è via maestra alla pace e collaborazione tra i popoli. Se le circostanze saranno mature il Papa considererà di recarsi in Iran

“Dialogare ci è necessario, perché il dialogo è via maestra alla pace e alla collaborazione tra i popoli”: lo scrive il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in un articolo pubblicato sul mensile internazionale 30giorni. “Non possiamo cedere all’istinto della paura verso l’altro – continua il porporato – ma dobbiamo assumere, invece, come fossero nostre, le aspirazioni al bene dell’interlocutore”. Di qui, l’esortazione ai cristiani, ad “evitare due scogli: il rancore e l’indifferenza”, soprattutto “nel contesto di oggi”. Il porporato ricorda, poi, il suo viaggio compiuto in Iran nel novembre scorso, durante il quale ha visitato, per la prima volta, la città di Qom, luogo santo per gli sciiti e sede universitaria. “Ho potuto constatare con soddisfazione – scrive il presidente dicastero per il Dialogo Interreligioso – l’importanza data all’insegnamento della filosofia e spero che dai contatti e dalle conversazioni particolarmente ricche avute in tale circostanza possa nascere una collaborazione di tipo accademico”. Il card. Tauran cita anche l’Eucaristia celebrata a Teheran insieme alla comunità cristiana locale, in cui ha visto “tante attestazioni di affetto verso il Papa ed il desiderio di vivere come cristiani che danno il buon esempio”. Centrale poi “l’incontro cordiale” con il presidente Mahmoud Ahmadinejad (foto), il quale ha ribadito come “nelle società contemporanee il ruolo delle religioni non possa essere diminuito”, poiché c’è bisogno di “riscoprire l’importanza della religione e la fede in Dio”. Cosa che, invece, non è successa con “due sistemi che hanno promesso la felicità all’uomo ed hanno fallito: il marxismo ed il capitalismo”. Tauran conclude il suo articolo ricordando lo scambio di missive tra Ahmadinejad e Benedetto XVI e ribadendo che “quando le circostanza saranno mature, certamente il Papa considererà l’opportunità di un viaggio in Iran”, avendo come “prima meta la visita e la comunione con la locale comunità cattolica”.

Radio Vaticana

Etchegaray: per la Chiesa in Cina necessario e urgente l'unità con il Papa, nel rispetto della libertà di coscienza che ogni stato deve proteggere

Per la Chiesa in Cina, “appare sempre più necessario e urgente l’unità vissuta attorno al Papa, nel rispetto della libertà di coscienza, che ogni Stato deve proteggere”. Sono le parole del cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del Pontificio Consiglio Cor Unum. In un articolo pubblicato sul mensile internazionale 30giorni ed intitolato “Testimonianza con l’inchiostro di China”, il porporato fa una disamina puntuale della situazione della Chiesa in Cina, Paese da lui visitato ben quattro volte: nel 1980, nel 1993, nel 2000 e nel 2003. “Vedo una Chiesa impiantata in una società tesa fra un materialismo pratico galoppante e un materialismo ideologico zoppicante che lasciano, entrambi, poco spazio alla fede cristiana – scrive il porporato - Vedo una Chiesa divenuta più consapevole della sua vocazione cinese e decisa a darsi gli strumenti per meglio farsi carico del proprio futuro; attraverso le opere sociali riemerge la vita delle comunità religiose, ma non ancora la vita monastica, in un paesaggio che pure è popolato di bonzi”. Ma il card. Etchegaray vede anche “una Chiesa indebolita dalla sua prova più crocifiggente, quella della sua unità incessantemente lacerata da dentro e da fuori: ma questa Chiesa – ed è un continuo miracolo – rimane, nonostante tutto, un’unica Chiesa”. Di qui, il suo appello all’unità, un’unità che “passa necessariamente attraverso la via evangelica della riconciliazione”. Le difficoltà, naturalmente, non mancano: il porporato nota come “le ferite e i rancori sono ancora così vivi che alcuni tendono a proteggere la propria identità cattolica nascondendola sotto le sembianze delle sette che pullulano”. Ed è per questo che “i cattolici cinesi, più coscienti del fatto che la credibilità della loro testimonianza dipende dalla loro unità visibile, contano sul sostegno della Chiesa universale che, tuttavia, non può da lontano compiere i sacrifici richiesti dalla loro condizione attuale”. Ma ora, sottolinea il porporato, nei rapporti tra Pechino e Roma “si tratta di voltare decisamente pagina”, lasciando da parte “l’ignoranza o la diffidenza reciproca”, sia di fronte alle “sfide gigantesche che minacciano l’uomo, in una Cina in piena trasformazione”, sia perché “i due interlocutori sentono un bisogno stringente di un dialogo”. Il porporato ricorda, poi, le tante manifestazioni di affetto, ovvero le “oltre cinquanta dichiarazioni” di Giovanni Paolo II nei confronti dei cattolici cinesi, così come la lettera “ampia, precisa e affettuosa” di Benedetto XVI ai vescovi e ai fedeli laici della Chiesa Cattolica in Cina, una missiva della quale, a distanza di circa quattro anni, “se ne può ancora misurare l’influenza, che appare crescente”. Infine, Etchegaray conclude l’articolo ricordando padre Matteo Ricci: come aveva ben compreso questo missionario gesuita del XVI secolo vissuto alla corte dei Ming, scrive, “per entrare in Cina, bisogna passare attraverso la porta del cuore e dell’amicizia”.

Radio Vaticana

L'arcivescovo di Washington incaricato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede di progetto un Ordinariato per gli anglicani degli Stati Uniti

Un nuovo Ordinariato cattolico per gli anglicani negli Stati Uniti, su modello di quello intitolato a Nostra Signora di Walsingham stabilito in Inghilterra all’inizio dell’anno. È il progetto del card. Donald William Wuerl (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Washington, che rende noto L’Osservatore Romano, su incarico della Congregazione per la Dottrina della Fede e in accordo con i suoi confratelli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, ha preso l’iniziativa di inviare dei questionari alle comunità e ai fedeli anglicani che desiderano vivere la loro fede religiosa in comunione con la Chiesa Cattolica. “Le motivazioni di queste comunità possono essere varie – ha dichiarato il porporato - come sono differenti le ragioni a livello individuale. Tuttavia la Chiesa Cattolica ha a disposizione uno strumento, il catechismo per gli adulti, che si sta dimostrando indispensabile per la formazione di quanti chiedono di essere battezzati”. Il passo successivo, ha spiegato, sarà poi valutare se il numero dei fedeli anglicani sia sufficiente per intraprendere subito un’azione verso l’Ordinariato. “Certamente - ha dichiarato l’arcivescovo di Washington - bisognerà decidere sul tema dell’Ordinariato tenendo conto dei risultati dell’indagine. Una struttura come quella già in funzione nella Chiesa d’Inghilterra e del Galles rappresenterebbe una grande sfida anche per la Chiesa degli Stati Uniti, anche perché le differenze nel mondo anglicano in questo Paese sono ancora più ampie di quelle tra i fedeli della Chiesa d’Inghilterra". Tali differenze, riguardano soprattutto i fedeli della comunità episcopaliana di Stati Uniti e Canada, dove molte comunità hanno criticato i vertici che, nel corso dell’Assemblea generale in California nel luglio 2009, hanno deciso di consentire la consacrazione episcopale di uomini e donne anche conviventi con persone dello stesso sesso.

Radio Vaticana

Il Papa: il pastore non una canna di palude che si piega secondo il soffio del vento ma intrepido e coraggioso nell'opporsi alle correnti del momento

Questa mattina, nella Basilica Vaticana, Papa Benedetto XVI ha presieduto la Santa Messa nel corso della quale ha conferito l’Ordinazione episcopale a mons. Savio Hon Tai-Fai, segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, mons. Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione delle Cause dei Santi, mons. Celso Morga Iruzubieta, segretario della Congregazione per il Clero, mons. Antonio Guido Filipazzi, Nunzio Apostolico, mons. Edgar Peña Parra, Nunzio Apostolico in Pakistan. I due vescovi co-ordinanti erano il card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio e il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.
Nell'omelia, il Papa ha sottolineato che un vescovo, nel momento in cui sul suo capo Dio pone le sue mani, assume un compito chiaro: quello di liberare l’uomo “dalla povertà di verità”, donandogli quella di Cristo, e di non essere mai, in nessun caso, un “servo dello spirito del tempo”. Il vostro primo compito, ha detto ai nuovi vescovi, è quello di entrare “nel campo della storia umana: portare agli uomini la luce della verità, liberarli dalla povertà di verità, che è la vera tristezza e la vera povertà dell’uomo. Portare loro il lieto annuncio che non è soltanto parola, ma evento: Dio, Lui stesso, è venuto, da noi. Egli ci prende per mano, ci trae verso l’alto, verso se stesso, e così il cuore spezzato viene risanato". “'La messe è abbondante' – anche oggi, proprio oggi. Anche se può sembrare che grandi parti del mondo moderno, degli uomini di oggi, volgano le spalle a Dio e ritengano la fede una cosa del passato – esiste tuttavia l’anelito che finalmente vengano stabiliti la giustizia, l’amore, la pace...È la nostalgia del Redentore, di Dio stesso, anche lì dove Egli viene negato”. ''Il Signore - ha detto Papa Ratzinger - ci lascia capire che non possiamo essere semplicemente noi da soli a mandare operai nella sua messe; che non è una questione di management, della nostra propria capacità organizzativa".
"Gli operai per il campo della sua messe li può mandare solo Dio stesso. Ma Egli li vuole mandare attraverso la porta della nostra preghiera. Noi possiamo cooperare per la venuta degli operai, ma possiamo farlo solo cooperando con Dio. Così quest'ora del ringraziamento per il realizzarsi di un invio in missione è, in modo particolare, anche l'ora della preghiera: Signore - ha continuato il Pontefice - manda operai nella tua messe! Apri i cuori alla tua chiamata! Non permettere che la nostra supplica sia vana!''. Un “grande compito”, quindi, che Benedetto XVI declina nei “quattro elementi portanti”, come li chiama, sui quali prese forma la prima comunità cristiana, divenendo modello per le successive. Il primo, ha ricordato, è la “perseveranza”, nell’insegnamento degli Apostoli, cioè in una fede che “non è una spiritualità indeterminata”, ma ha un contenuto concreto” immune da condizionamenti. ''Il Pastore non deve essere una canna di palude che si piega secondo il soffio del vento, un servo dello spirito del tempo. L'essere intrepido, il coraggio di opporsi alle correnti del momento appartiene in modo essenziale al compito del Pastore''. ''Non deve essere una canna di palude, bensì - secondo l'immagine del Salmo primo - deve essere come un albero che ha radici profonde nelle quali sta saldo e ben fondato. Ciò non ha niente a che fare con la rigidità o l'inflessibilità. Solo dove c'è stabilità c'è anche crescita'', ha aggiunto. Secondo pilastro dell’esistenza ecclesiale è la “comunione”, quella “catena” che lega i cristiani a chi prima di loro ha conosciuto e materialmente toccato Dio, attraverso Gesù. Una catena di testimoni che proprio la successione apostolica deve mantenere unita: “Voi, cari Confratelli, avete la missione di conservare questa comunione cattolica. Sapete che il Signore ha incaricato San Pietro e i suoi successori di essere il centro di tale comunione, i garanti dello stare nella totalità della comunione apostolica e della sua fede. Offrite il vostro aiuto perché rimanga viva la gioia per la grande unità della Chiesa, per la comunione di tutti i luoghi e i tempi, per la comunione della fede che abbraccia il cielo e la terra”.
Ciò che la prima comunità cristiana aveva subito compreso era che essa poteva sentirsi tale solo attorno “allo spezzare del pane”. Da lì l’Eucaristia, ha ripetuto Benedetto XVI, è divenuta il “centro della Chiesa”. Deve esserlo dei sacerdoti quanto di ogni singola persona di fede: “Spezzare il pane – con ciò è espresso insieme anche il condividere, il trasmettere il nostro amore agli altri. La dimensione sociale, il condividere non è un’appendice morale che s’aggiunge all’Eucaristia, ma è parte di essa...Stiamo attenti che la fede si esprima sempre nell’amore e nella giustizia degli uni verso gli altri e che la nostra prassi sociale sia ispirata dalla fede; che la fede sia vissuta nell’amore”. Infine, quarto cardine, la preghiera. Sia personale e intensa, ha raccomandato il Papa, una “lotta” con Dio, una “ricerca”, e insieme una lode. Perché solo nella profondità dell’anima si trova l’altezza, la “misura alta” della vita. L’omelia si dissolve sulle fisionomie dei cinque nuovi pastori, su quel loro volo, “voglio”, ripetuto nove volte a suggello di altrettanti impegni. Sulle loro figure prone a terra mentre le litanie cercano il cielo, sulle mani di Benedetto XVI che si posano in preghiera sulla loro testa e poi sul libro del Vangelo, poggiato su coloro che sono stati unti come nuovi pilastri della fede. E mentre la consegna dell’anello, della mitra e del pastorale rendono più netta per ciascuno la nuova dignità che li riveste, i loro volti sembrano riflettere l’ultima consegna del Papa: ''Siete chiamati a gettare la rete del Vangelo nel mare agitato di questo tempo per ottenere l'adesione degli uomini a Cristo; per tirarli fuori, per così dire, dalle acque saline della morte e dal buio nel quale la luce del cielo non penetra. Dovete portarli sulla terra della vita, nella comunione con Gesù Cristo''.

Radio Vaticana, Asca

SANTA MESSA CON ORDINAZIONI EPISCOPALI - il testo integrale dell'omelia del Papa