Nell'omelia, il Papa ha sottolineato che un vescovo, nel momento in cui sul suo capo Dio pone le sue mani, assume un compito chiaro: quello di liberare l’uomo “dalla povertà di verità”, donandogli quella di Cristo, e di non essere mai, in nessun caso, un “servo dello spirito del tempo”. Il vostro primo compito, ha detto ai nuovi vescovi, è quello di entrare “nel campo della storia umana: portare agli uomini la luce della verità, liberarli dalla povertà di verità, che è la vera tristezza e la vera povertà dell’uomo. Portare loro il lieto annuncio che non è soltanto parola, ma evento: Dio, Lui stesso, è venuto, da noi. Egli ci prende per mano, ci trae verso l’alto, verso se stesso, e così il cuore spezzato viene risanato". “'La messe è abbondante' – anche oggi, proprio oggi. Anche se può sembrare che grandi parti del mondo moderno, degli uomini di oggi, volgano le spalle a Dio e ritengano la fede una cosa del passato – esiste tuttavia l’anelito che finalmente vengano stabiliti la giustizia, l’amore, la pace...È la nostalgia del Redentore, di Dio stesso, anche lì dove Egli viene negato”. ''Il Signore - ha detto Papa Ratzinger - ci lascia capire che non possiamo essere semplicemente noi da soli a mandare operai nella sua messe; che non è una questione di management, della nostra propria capacità organizzativa".
"Gli operai per il campo della sua messe li può mandare solo Dio stesso. Ma Egli li vuole mandare attraverso la porta della nostra preghiera. Noi possiamo cooperare per la venuta degli operai, ma possiamo farlo solo cooperando con Dio. Così quest'ora del ringraziamento per il realizzarsi di un invio in missione è, in modo particolare, anche l'ora della preghiera: Signore - ha continuato il Pontefice - manda operai nella tua messe! Apri i cuori alla tua chiamata! Non permettere che la nostra supplica sia vana!''. Un “grande compito”, quindi, che Benedetto XVI declina nei “quattro elementi portanti”, come li chiama, sui quali prese forma la prima comunità cristiana, divenendo modello per le successive. Il primo, ha ricordato, è la “perseveranza”, nell’insegnamento degli Apostoli, cioè in una fede che “non è una spiritualità indeterminata”, ma ha un contenuto concreto” immune da condizionamenti. ''Il Pastore non deve essere una canna di palude che si piega secondo il soffio del vento, un servo dello spirito del tempo. L'essere intrepido, il coraggio di opporsi alle correnti del momento appartiene in modo essenziale al compito del Pastore''. ''Non deve essere una canna di palude, bensì - secondo l'immagine del Salmo primo - deve essere come un albero che ha radici profonde nelle quali sta saldo e ben fondato. Ciò non ha niente a che fare con la rigidità o l'inflessibilità. Solo dove c'è stabilità c'è anche crescita'', ha aggiunto. Secondo pilastro dell’esistenza ecclesiale è la “comunione”, quella “catena” che lega i cristiani a chi prima di loro ha conosciuto e materialmente toccato Dio, attraverso Gesù. Una catena di testimoni che proprio la successione apostolica deve mantenere unita: “Voi, cari Confratelli, avete la missione di conservare questa comunione cattolica. Sapete che il Signore ha incaricato San Pietro e i suoi successori di essere il centro di tale comunione, i garanti dello stare nella totalità della comunione apostolica e della sua fede. Offrite il vostro aiuto perché rimanga viva la gioia per la grande unità della Chiesa, per la comunione di tutti i luoghi e i tempi, per la comunione della fede che abbraccia il cielo e la terra”.
Ciò che la prima comunità cristiana aveva subito compreso era che essa poteva sentirsi tale solo attorno “allo spezzare del pane”. Da lì l’Eucaristia, ha ripetuto Benedetto XVI, è divenuta il “centro della Chiesa”. Deve esserlo dei sacerdoti quanto di ogni singola persona di fede: “Spezzare il pane – con ciò è espresso insieme anche il condividere, il trasmettere il nostro amore agli altri. La dimensione sociale, il condividere non è un’appendice morale che s’aggiunge all’Eucaristia, ma è parte di essa...Stiamo attenti che la fede si esprima sempre nell’amore e nella giustizia degli uni verso gli altri e che la nostra prassi sociale sia ispirata dalla fede; che la fede sia vissuta nell’amore”. Infine, quarto cardine, la preghiera. Sia personale e intensa, ha raccomandato il Papa, una “lotta” con Dio, una “ricerca”, e insieme una lode. Perché solo nella profondità dell’anima si trova l’altezza, la “misura alta” della vita. L’omelia si dissolve sulle fisionomie dei cinque nuovi pastori, su quel loro volo, “voglio”, ripetuto nove volte a suggello di altrettanti impegni. Sulle loro figure prone a terra mentre le litanie cercano il cielo, sulle mani di Benedetto XVI che si posano in preghiera sulla loro testa e poi sul libro del Vangelo, poggiato su coloro che sono stati unti come nuovi pilastri della fede. E mentre la consegna dell’anello, della mitra e del pastorale rendono più netta per ciascuno la nuova dignità che li riveste, i loro volti sembrano riflettere l’ultima consegna del Papa: ''Siete chiamati a gettare la rete del Vangelo nel mare agitato di questo tempo per ottenere l'adesione degli uomini a Cristo; per tirarli fuori, per così dire, dalle acque saline della morte e dal buio nel quale la luce del cielo non penetra. Dovete portarli sulla terra della vita, nella comunione con Gesù Cristo''.
Radio Vaticana, Asca
SANTA MESSA CON ORDINAZIONI EPISCOPALI - il testo integrale dell'omelia del Papa