martedì 17 gennaio 2012

Il Papa ad Arezzo e Sansepolcro. Il programma: la Messa e il Regina Caeli, la visita alla Cappella delle Stimmate e la venerazione del Volto Santo

Domenica 13 maggio Benedetto XVI si recherà ad Arezzo, al Santuario francescano della Verna e a Sansepolcro. Il Papa, rende noto la Prefettura della Casa Pontificia, partirà in elicottero dal Vaticano alle 8.30. Dopo un’ora l'arrivo ad Arezzo. Alle 10.00 celebrerà la Messa nella piazza della cattedrale, poi guiderà la preghiera del Regina Caeli. Dopo il pranzo con i vescovi della Toscana nell’episcopio, alle 16.30 in elicottero partirà alla volta della Verna, dove visiterà il Santuario sostando in particolare nella Cappella delle Stimmate. Nel piazzale esterno incontrerà i religiosi e un gruppo di giovani. Alle 18.00, sempre in elicottero partirà per Sansepolcro, dove visiterà la cattedrale e potra venerare il Volto Santo. Infine l'incontro con la cittadinanza davanti alla cattedrale. Alle 19.15 il Papa ripartirà per il Vaticano. L'arrivo e previsto per le 20.

L'Osservatore Romano

L’oggi dell’ecumenismo e l’attesa del suo compimento. Nel Magistero di Benedetto XVI il fondamento cristologico dell’unità tra i cristiani

di Kurt Koch
Cardinale prefetto del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei cristiani

"Lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo": ecco "l’impellente dovere" del Successore di Pietro. Queste parole programmatiche Papa Benedetto XVI le ha pronunciate già nel suo primo messaggio dopo l’elezione al Soglio Pontificio. Volgendo uno sguardo agli oltre sei anni del suo ministero petrino, possiamo constatare con gratitudine che la causa dell’ecumenismo è il filo conduttore del suo pontificato. Non soltanto egli si riferisce, nelle sue numerose omelie e nei suoi molteplici messaggi, alla necessaria "purificazione della memoria" e intravvede nella "conversione interiore" il presupposto indispensabile per il progresso del cammino ecumenico, ma esercita fin da ora, nei suoi tanti incontri con i rappresentanti di altre Chiese e comunità cristiane, un primato ecumenico. Questa chiara enfasi ecumenica nell’opera del Santo Padre non può sorprendere, se teniamo presente il fatto che Papa Benedetto XVI, già come teologo e cardinale, si è molto impegnato nel fare avanzare il dialogo ecumenico e lo ha arricchito con utili riflessioni teologiche. Nel quadro di un breve articolo, non è naturalmente possibile rendere omaggio nel dettaglio agli svariati contributi apportati da Papa Benedetto XVI all’ecumenismo. Mi concentrerò dunque sul nucleo essenziale del suo operato ecumenico, che a mio parere è espresso in maniera più chiara e più profonda nella sua interpretazione della preghiera sacerdotale di Gesù, che tutti siano una cosa sola, di cui il Papa parla nel suo secondo volume su Gesù di Nazaret. Poiché in questa preghiera l’invocazione di Gesù per l’unità dei suoi discepoli assume una rilevanza particolare, agli occhi del Papa l’ecumenismo cristiano non può essere altro, in ultima analisi, che una compartecipazione della Chiesa alla preghiera sacerdotale di Gesù, un diventare una cosa sola con lui. Papa Benedetto XVI sottolinea esplicitamente che in questa preghiera lo sguardo di Gesù va oltre la comunità dei discepoli di allora e si volge verso tutti coloro che per la loro parola crederanno: "Il vasto orizzonte della comunità futura dei credenti si apre attraverso le generazioni, la futura Chiesa è inclusa nella preghiera di Gesù. Egli invoca l’unità per i futuri discepoli" ("Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione", p. 109). E il Santo Padre conclude la sua meditazione teologica con la frase chiave nella quale sostiene che dalla preghiera di Gesù scaturisce la Chiesa come "la comunità di coloro che, mediante la parola degli apostoli, credono in Cristo" (p. 118). In questo fulcro essenziale della fede cristologica risiede la visione ecumenica di Papa Benedetto XVI. In primo luogo, va tenuto presente che Gesù stesso non ha comandato l’unità ai suoi discepoli e non l’ha neppure richiesta loro, ma ha pregato per essa. Da questa semplice ma fondamentale constatazione emerge la centralità della preghiera per l’unità in tutti gli sforzi ecumenici. Con la preghiera per l’unità, noi cristiani esprimiamo la nostra convinzione che non possiamo noi stessi né fare l’unità, né decidere la sua forma e il tempo del suo compimento, ma possiamo soltanto accoglierla come dono di Dio. Da questa accentuazione della preghiera per l’unità come fondamento di tutto il movimento ecumenico si potrebbe trarre l’erronea conclusione che l’unità della Chiesa è in ultima analisi una realtà meramente interiore e invisibile. Al contrario, Papa Benedetto XVI sottolinea che l’unità della Chiesa certo non può venire dal mondo e dunque non è un fenomeno mondano, ma deve comunque essere visibile in questo mondo. L’unità deve essere tale che il mondo possa riconoscerla e, tramite essa, pervenire alla fede: "Ciò che non proviene dal mondo può e deve assolutamente essere qualcosa che sia efficace nel e per il mondo e sia anche percepibile da esso. La preghiera di Gesù per l’unità ha di mira proprio questo, che mediante l’unità dei discepoli la verità della sua missione si renda visibile agli uomini" (p. 112). Papa Benedetto XVI osserva addirittura che, mediante l’unità dei discepoli, che non proviene dal mondo e non può essere spiegata umanamente ma deve sempre essere visibile nel mondo, "viene legittimato Gesù stesso": "Diventa evidente che Egli è veramente il "Figlio'" (p. 112). La forte enfasi posta sulla visibilità dell’unità della Chiesa fa risaltare anche la fondamentale responsabilità ecumenica di tutti i cristiani. Questa responsabilità consiste nel testimoniare nel mondo di oggi il Dio vivente e nel rendere visibile agli uomini il volto di Dio, che a noi si è rivelato in Gesù Cristo, come ci suggerisce il vero obiettivo della preghiera sacerdotale di Gesù per l’unità dei discepoli: "Perché (…) il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Giovanni, 17, 23). Da questa frase conclusiva traspare in maniera inequivocabile che l’unità dei discepoli di Gesù non è un fine in sé, ma è al servizio della credibilità della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo. La nuova evangelizzazione voluta in modo particolare dal Santo Padre deve pertanto avere una dimensione ecumenica, dimensione a cui ha fatto esplicito riferimento Papa Benedetto XVI già nell’annunciare l’istituzione del nuovo Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione durante la celebrazione dei primi vespri della solennità dei Santi Pietro e Paolo nel 2010: "La sfida della nuova evangelizzazione interpella la Chiesa universale, e ci chiede anche di proseguire con impegno la ricerca della piena unità tra i cristiani". Poiché la nuova evangelizzazione consiste nell’avvicinare gli uomini al mistero di Dio e nell’introdurli in un rapporto personale con Dio, al centro di ogni nuova evangelizzazione deve essere la questione di Dio, che noi dobbiamo assumere ecumenicamente, nella convinzione che alla radice di ogni evangelizzazione non vi è un «progetto umano di espansione", ma il desiderio "di condividere l’inestimabile dono che Dio ha voluto farci, partecipandoci la sua stessa vita" ("Ubicumque et semper"). Da ciò si capisce che, per Papa Benedetto XVI, l’unità dei discepoli di Cristo e dunque anche l’unità della Chiesa è profondamente radicata nella fede in Dio e nel suo Figlio, che Dio ci ha mandato. Questa fede è quindi molto più di una parola e di un’idea; essa è piuttosto un entrare, con la propria esistenza, nella comunione con Gesù Cristo e, mediante lui, con il Padre: "È il vero fondamento della comunità dei discepoli, la base per l’unità della Chiesa" ("Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione", p. 113). Questa fede in Dio è, certamente, invisibile, ma, poiché i singoli credenti si legano a Cristo, essa si fa carne e unisce i singoli fedeli in un unico vero e proprio Corpo. Quanto la fede in Cristo sia il fondamento che regge l’unità ecumenica è stato illustrato in maniera molto bella da Papa Benedetto XVI in una precedente pubblicazione, con il Breve racconto dell’Anticristo di Soloviev. In questo si dice che, da un lato, al momento del giudizio finale davanti a Dio si vedrà che in tutte e tre le comunità, ovvero in quella di Pietro, di Paolo e di Giovanni, vivono seguaci dell’Anticristo, che fanno causa comune con lui, accanto però ai veri cristiani, che rimangono fedeli al Signore fino all’ora della sua venuta, ma si dice anche che, dall’altro lato, al momento della parusia di Cristo, i cristiani divisi nelle comunità di Pietro, di Paolo e di Giovanni si riconosceranno come fratelli. Con questo racconto, Soloviev, secondo l’interpretazione del Papa, non intende assolutamente rinviare l’unità dei discepoli di Cristo alla fine dei giorni o rimandarla all’escatologia. Per Papa Benedetto XVI, la dimensione escatologica non è altro che la "vera realtà", che renderà un giorno manifesto ciò che da sempre segna la nostra vita: "Ciò che sarà manifesto alla luce del Cristo della parusia svela la verità del nostro tempo, la verità di ogni tempo". La separazione definitiva tra i seguaci dell’Anticristo e i fedeli discepoli di Cristo avverrà, certo, soltanto nel giorno del raccolto. Ma poiché la vita eterna è la vera vita, i cristiani fin da ora dovrebbero andare incontro gli uni agli altri "con quello sguardo escatologico" che vede inscindibilmente uniti Pietro, Paolo e Giovanni. Per il Papa, dunque, l’ecumenismo cristiano non significa altro che "vivere fin da adesso nella luce escatologica, nella luce del Cristo della parusia" ("Weggemeinschaft des Glaubens", Augsburg 2002, pp. 233-234). Il Santo Padre, intendendo l’ecumenismo alla luce del suo compimento, ci incoraggia a comprendere il carattere provvisorio delle nostre azioni e a non cadere nella tentazione di voler fare ciò che soltanto il Cristo della parusia può realizzare. Visto sotto questa luce, l’ecumenismo significa, in modo semplice ma fondamentale: quando siamo insieme in cammino verso il Cristo della parusia, allora siamo anche in cammino verso la nostra unità. Con questo sguardo escatologico, Papa Benedetto XVI ha il grande coraggio di vedere all’opera nelle divisioni storiche della Chiesa non solo i peccati umani, ma, nel senso delle parole misteriose di San Paolo, il quale dice che "è necessario" che avvengano le divisioni (1 Corinzi, 11, 19), anche una dimensione "che corrisponde ad un disegno divino". In questa visione di fede, il Papa tenta continuamente di trovare l’unità innanzitutto "attraverso la diversità". Questo significa più precisamente decontaminare le divisioni, accogliere in esse ciò che è fruttuoso e prendere proprio dalla diversità ciò che è positivo, naturalmente "nella speranza che la divisione alla fine cessi di essere divisione e rimanga soltanto 'polarità' senza contraddizione" ("Kirche, Ökumene und Politik", Einsiedeln, 1987, p. 131). Da ciò si comprende anche in quale senso Papa Benedetto XVI intende la visibile unità ecumenica della Chiesa, ovvero nel senso di un’unità di Chiese che rimangono Chiese e al contempo diventano un’unica Chiesa: il vero obiettivo dell’ecumenismo deve essere quello di "trasformare il plurale di Chiese separate le une dalle altre nel plurale di Chiese locali, che, nella loro varietà di forme, sono realmente un’unica Chiesa" (p. 114). Tuttavia, fin tanto che non ci verrà donata quest’unità visibile della Chiesa, è una priorità del Santo Padre fare in modo che anche come cristiani divisi possiamo fin d’oggi essere una cosa sola, e questo nella fede comune in Cristo. Infatti, l’ecumenismo può crescere in ampiezza soltanto quando ci radichiamo insieme nella fede cristologica, affinché l’ecumenismo cresca anche in profondità. In questa profondità della fede ci troviamo già nello spazio vitale dell’ecumenismo. Qui risiede anche il più profondo motivo per cui Papa Benedetto XVI concepisce l’ecumenismo non come filantropia, ma come cristologicamente fondato e, di conseguenza, ravvisa l’istituzione della Chiesa e della sua unità nella preghiera sacerdotale di Gesù. Egli domanda così: "Che altro, infatti, è la Chiesa se non la comunità dei discepoli che, mediante la fede in Gesù Cristo come inviato del Padre, riceve la sua unità ed è coinvolta nella missione di Gesù di salvare il mondo conducendolo alla conoscenza di Dio?" ("Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione", p. 117). Poiché l’“essere-un-noi” nella comunità dei discepoli di Gesù fa parte in maniera costitutiva dell’“essere-cristiani”, la questione ecumenica si pone automaticamente come il banco di prova della fede cristologica. Come la preghiera sacerdotale di Gesù non è soltanto parola ma atto, poiché egli si offre per la vita del mondo e come nella preghiera di Gesù l’evento crudele della croce diventa parola, "festa di riconciliazione tra Dio e il mondo" (p. 118) così anche oggi l’ecumenismo ha un prezzo e non è credibile senza sacrificio. Unità ecumenica e sacrificio sono strettamente uniti nel senso che il sacrificio è al servizio della riconciliazione e della ricomposizione dell’unità infranta. Con ciò si apre contemporaneamente il più ampio orizzonte della responsabilità ecumenica, poiché l’universalità della missione di Gesù si rivolge al mondo intero, al cosmo e poiché la ricerca ecumenica dell’unità dei discepoli di Cristo è al servizio dell’unità dell’umanità e dell’unità tra l’umanità e Dio. A questo orizzonte universale conduce la visione ecumenica di Papa Benedetto XVI precisamente perché essa ha interamente il suo fondamento nella cristologia. Il Santo Padre dà così la bella testimonianza del fatto che fa ecumenismo non soltanto colui che ha continuamente sulla bocca tale parola, ma in prima linea colui che, anche senza usarne il termine, scende nella profondità della fede cristologica e in essa trova la sorgente comune dell’unità della Chiesa. Radicando nella professione di fede cristologica il compito ecumenico della ricerca dell’unità visibile dei discepoli di Cristo, Papa Benedetto XVI è guidato da una visione cristologica dell’ecumenismo e l’ecumenismo cristiano diventa veramente partecipazione alla preghiera sacerdotale di Gesù. La magistrale interpretazione del Papa di questa preghiera di Gesù va dunque letta come una sintesi della sua opera ecumenica, che è ecumenica proprio in quanto è cristocentrica. E nel porre Cristo al centro di tutto il suo annuncio, Papa Benedetto XVI si rivela il più grande ecumenista dei nostri tempi. In questo stesso spirito, egli è anche riuscito, all’interno dell’estenuante lavoro del suo ministero petrino, a trovare il tempo di scrivere il suo libro su Gesù di Nazaret, che va inteso come la professione di fede cristologica del successore di Pietro e come un grande dono che il Santo Padre ha fatto non solo alla nostra Chiesa ma a tutto l’ecumenismo. Con il suo impegno ecumenico, Papa Benedetto XVI testimonia in modo esemplare in cosa consiste la responsabilità ecumenica di ogni vescovo nella Chiesa Cattolica, descritta dal "Codex Iuris Canonici" con le seguenti parole: il vescovo diocesano "abbia un atteggiamento di umanità e di carità nei confronti dei fratelli che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica, favorendo anche l’ecumenismo, come viene inteso dalla Chiesa" (Can. 383 § 3). Da ciò traspare in primo luogo che la promozione della causa ecumenica è implicita nello stesso ministero pastorale del vescovo, che è essenzialmente un servizio all’unità, ovvero a quell’unità che dev’essere intesa in maniera più ampia della semplice unità della propria comunità diocesana e che comprende anche e precisamente i battezzati non cattolici. In secondo luogo, nel definire la responsabilità ecumenica del vescovo con l’"atteggiamento di umanità e di carità" che deve avere "nei confronti dei fratelli che non sono nella piena comunione con la Chiesa Cattolica", si pone chiaramente l’accento sul "dialogo della carità". In terzo luogo, poiché questo "dialogo della carità" non può sostituire il "dialogo della verità", ma ne costituisce il presupposto indispensabile, il vescovo è tenuto a promuovere l’ecumenismo così "come viene inteso dalla Chiesa". Questi tre orientamenti evidenziano che il ministero pastorale che il vescovo rende all’unità della propria Chiesa è indissociabile dal suo ministero pastorale ecumenico volto alla ricomposizione dell’unità della Chiesa e che entrambe le dimensioni sono al servizio della fede in Gesù Cristo. Possiamo e dobbiamo essere riconoscenti a Papa Benedetto XVI per aver assunto, come Vescovo di Roma, questa responsabilità ecumenica in modo così esemplare e credibile. Poter essere per suo mandato al servizio dell’ecumenismo è una gioia e un onore, ma anche una sfida e un dovere.

L'Osservatore Romano

Il piano pastorale di Benedetto XVI per scrivere la grammatica della fede. Le ferme intenzioni iniziali del Papa sono state tradotte nella realtà

Nel primo messaggio ai cardinali elettori a conclusione del conclave, il 20 aprile 2005 Benedetto XVI riaffermava con forza "la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei Predecessori e in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa". E quattro giorni dopo, nell’omelia di inizio Pontificato, affermava che il suo vero programma di governo non era altro che quello di mettersi "in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore" e di lasciarsi "guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia". Nel ricordare queste parole del Papa, e nel ripercorrere le iniziative promosse e gli insegnamenti impartiti nel corso dei quasi sette anni trascorsi da allora, si può constatare come quelle ferme intenzioni iniziali siano state tradotte nella realtà. Lo testimoniano le sue azioni di governo di fronte a gravi difficoltà nelle stesse fila ecclesiali o in determinate aree geografiche: azioni nelle quali saggezza, fermezza e carità pastorale si sono unite nel Papa a una squisita semplicità evangelica e hanno indicato in modo sicuro e positivo i rimedi e la rotta da seguire nella missione della Chiesa verso la sua meta. Lo stesso si potrebbe dire delle iniziative pastorali promosse da Benedetto XVI e scandite dal suo ricco magistero nel corso di questi anni: per citare solo le più straordinarie, la celebrazione dell’Anno Sacerdotale e quella dell’Anno Paolino, le Encicliche e le Esortazioni Apostoliche, le diverse assemblee del Sinodo dei vescovi, la Giornata Mondiale della Gioventù, gli Incontri Mondiali delle Famiglie e i viaggi apostolici. Ora l’invito del Papa si concretizza nella nuova evangelizzazione. Che non è un opportuno e originale avvenimento pastorale di moda in una determinata epoca. Ma significa portare a termine nel mondo di oggi il mandato missionario di sempre che Cristo ha affidato agli apostoli e, attraverso di loro, a tutta la Chiesa. Mandato che in questo tempo si deve realizzare in nuovi scenari, specialmente in quelli più secolarizzati dove si è persa "la grammatica della fede", e perciò quella della natura umana, perché si è dimenticato, quando non rifiutato, Dio. Questa è la proposta fondamentale dell’Anno della fede che il Pontefice ha proclamato e poi spiegato nella Lettera Apostolica "Porta fidei", e che la recente nota della Congregazione della Dottrina della Fede ha tradotto in iniziative concrete. Questo impegno costituisce un vero "piano pastorale" del Papa che deve servire da modello per tutta la Chiesa, a partire dalle Conferenze Episcopali, passando per le diocesi, le parrocchie e le congregazioni religiose, fino ai movimenti e alle associazioni di fedeli. Non si tratta di "fare" e "organizzare" semplici iniziative o di cercare semplicemente nella fede "soluzioni" per la realtà che si presenta sempre mutevole. L’orientamento è inverso: è a partire da Dio, dalla fede in Lui, dal 'depositum fidei' affidato alla Chiesa, che bisogna reinterpretare, illuminare e guidare le mutevoli realtà umane. Solo in Dio tutto il creato può acquisire vera consistenza e realismo. Il recupero del teocentrismo, anche nella Chiesa, è la rinnovata proposta di Benedetto XVI. Non si tratta quindi di un mero cambiamento esteriore, ma di un cambiamento interiore e profondo che inizia per ognuno individualmente con la conversione ('conversio ad Deum') e si traduce nella santità e nella testimonianza apostolica. Come guida il Papa ci propone i documenti del Concilio Vaticano II, intesi a partire dall’"ermeneutica della riforma", in continuità con la Tradizione della Chiesa, e non dall’erronea "ermeneutica della discontinuità e della rottura". Come pure la conoscenza e l’assimilazione del Catechismo della Chiesa Cattolica che racchiude l’essenziale della fede cristiana. Si tratta di una vera emergenza educativa, di vita spirituale, morale e liturgica, alla quale siamo invitati da Benedetto XVI per far sì, come lui stesso ha indicato all’inizio del Pontificato e ricordato in "Porta fidei", che la Chiesa si metta "in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza".

José María Gil Tamayo, L'Osservatore Romano

Il Papa ad Arezzo e Sansepolcro. Alla Verna l'incontro del pomeriggio con i giovani. Il legame di Benedetto XVI con il monte di San Francesco

Benedetto XVI ha inserito Arezzo tra le grandi visite del 2012. Afferrando al volo un altro refolo, in arrivo da mille anni fa: il millenario di Sansepolcro e di Camaldoli. Era l’occasione, la grande occasione per la quale l’arcivescovo Riccardo Fontana l’aveva invitato, con tenacia e fantasia. "Se Dio mi assisterà sarò con voi" gli aveva risposto a novembre. Ed è stato di parola. Manca ancora il programma, appeso alla Segreteria di Stato vaticana e naturalmente alla Curia. L’ultimo riserbo è sollevato dall'annuncio solenne dell'arcivescovo Riccardo Fontanam, in diretta tv a mezzogiorno da Tele San Domenico. La data è definitiva, ed è quella che i "rumors" inseguivano da tempo: domenica 13 maggio. Una data, tra l’altro, ricca di significati. Qualcuno sul filo della fede, è il giorno della prima apparizione di Fatima quasi un secolo fa. Qualcuna sul filo della cronaca. Era il 13 maggio quando Giovanni Paolo II era stato colpito in Piazza San Pietro da Ali Agca. E spuntano i dettagli di questa giornata che si annuncia ricchissima di emozioni. Perchè Benedetto XVI non sarà solo ad Arezzo ma andrà anche a Sansepolcro. Nel pomeriggio. In mattinata l'incontro nella piazza della Cattedrale, dove celebrerà la Messa solenne e la preghiera del Regina Caeli. Poi nel pomeriggio l'incontro a Sansepolcro. Era uno dei punti che stavano più a cuore a Fontana. Un po’ per l’evento del millenario. E un po’ perché da quei viaggi ormai quasi storici del 1993 era stata l’unica sede vescovile esclusa. Wojtyla era andato ad Arezzo, era stato a Cortona, pellegrino davanti a Santa Margherita, per poi salire a settembre perfino alla Verna e a Camaldoli. A Sansepolcro no, e in entrambi i casi dopo che la città e la chiesa si erano lungamente preparati al suo arrivo. Ora quel cerchio si chiude. Si chiude dopo 500 anni, quanti ne sono passati dall'ultima visita di un Pontefice nella terra del Tevere. E infine la puntata alla Verna (foto), cui sarà riservato con ogni probabilità l'incontro con i giovani. Non è un mistero il legame profondissimo che lega Joseph Ratzinger al monte di Francesco. Una delle visite negli annali è quella del 17 settembre 1988. Il giorno delle Stimmate, relatore ad un simposio su San Bonaventura. E poi il tempo passato in refettorio. Ora ha l’occasione di riaffacciarsi tra quelle pietre della fede. Anche se tutta la visita trova i suoi significati sullo sfondo di Camaldoli, tra le pieghe dei mille anni trascorsi dalla fondazione dell’Eremo ad oggi. L’evento che di certo lo ha convinto a inserire Arezzo tra i suoi viaggi del 2012. Alcuni dei quali molto attesi, a cominciare da quello a Cuba e da quello in Messico. Da qui parte la preparazione dell’evento. E chissà che nei suoi spostamenti Benedetto XVI non trovi il tempo di riposarsi nella stanza del Papa: è nel palazzo vescovile e Fontana, poco dopo il suo arrivo, l’aveva fatta risistemare. Come se già prevedesse che gli sarebbe tornata utile. "La gioia che vi possiamo dare - ha detto Fontana in diretta tv - speriamo che arrivi a tutti, che sia un momento di ripresa per la vita ecclesiale, l’impegno sociale e l’economia che vuole tornare ad essere capace di provvedere a tutte le proprie esperienze, le necessità che ci sono dei più poveri.

Alberto Pierini, La Nazione

Da domani la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, sul tema 'Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore'

Domani, 18 gennaio, avrà inizio la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, con tema "Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore" (cfr. 1 Cor 15, 51-58). La Settimana è promossa dal Consiglio Mondiale delle Chiese (CMC), una comunità mondiale di 349 chiese che operano per il raggiungimento dell'unità, per la comune testimonianza e per il servizio. Sebbene la Chiesa Cattolica non sia membro di tale Consiglio, partecipa a questa iniziativa ecumenica. Tradizionalmente celebrata dal 18 al 25 gennaio (nell'emisfero settentrionale) o vicino Pentecoste (nell'emisfero meridionale), la Settimana di preghiera coinvolge numerose congregazioni e parrocchie di tutto il mondo. I cristiani di diverse famiglie confessionali si riuniscono e pregano insieme durante speciali celebrazioni ecumeniche. Ogni anno, viene chiesto ai fedeli di una particolare regione di preparare un testo su un tema biblico. In seguito, un gruppo internazionale di partecipanti, protestanti, ortodossi e cattolici romani, patrocinato dal Consiglio Mondiale delle Chiese, lo revisiona e si assicura che sia relazionato alla ricerca di unità della Chiesa. Il testo viene pubblicato sia dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani sia dal Consiglio Mondiale delle Chiese, per mezzo della sua Commissione di Fede e Costituzione, anch'essa presente durante tutto il processo di produzione del testo. Il prodotto finale viene inviato alle Chiese partecipanti e alle diocesi cattoliche romane, che vengono invitate a tradurre il testo e a contestualizzarlo secondo le proprie esigenze. Il tema di quest'anno, "Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore", si basa sulla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, nella quale si promette la trasformazione della vita umana, in tutta la sua dimensione apparente di "trionfo" e di "disfatta", per mezzo della vittoria della resurrezione di Cristo. Va inoltre ricordato che, dopo l'Angelus di questa domenica, Papa Benedetto XVI ha invitato tutti i fedeli a partecipare alla Settimana di preghiera, "a livello personale e comunitario", e ad unirsi "spiritualmente e, dove possibile, anche praticamente, per invocare da Dio il dono della piena unità tra i discepoli di Cristo".

VIS notizie

Per contribuire a vivere nella dimensione giusta l'annuale iniziativa ecumenica, da giovedì 19 a martedì 24 gennaio pubblicheremo una volta al giorno un estratto del Magistero di Benedetto XVI delle precedenti Settimane di preghiera per l'unità dei cristiani.
Scenron

Domenica 13 maggio Benedetto XVI visiterà Arezzo, il Santuario francescano della Verna e Sansepolcro. Mons. Fontana: la nostra letizia è grande

Con gioia e riconoscenza l’arcivescovo Riccardo Fontana ha appreso quest’oggi ufficialmente che Papa Benedetto XVI compirà domenica 13 maggio 2012 l’attesa Visita Pastorale alla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. “La nostra letizia è grande – dichiara l’arcivescovo – perché il Santo Padre vuole celebrare con noi l’anno millenario, valorizzando l’identità spirituale della nostra comunità ecclesiale. La nostra Chiesa fu edificata nel tempo dalla testimonianza del martire San Donato e dei Santi monaci di Camaldoli, evangelizzatori della nostra terra e assidui animatori della contemplazione e dei valori dello Spirito, tra noi e in molti altri posti del mondo, tra cui la casa di San Gregorio nella stessa Roma. Fu corroborata dalla copiosa ricchezza del carisma francescano, illuminato dalle stimmate del Poverello alla Verna, dalla carità di Margherita in Cortona e dalla spiritualità cresciuta attorno a Montecasale e ai molti luoghi della preghiera presenti nel vasto territorio della diocesi”. “Dopo cinquecento anni – prosegue il presule – il Papa torna a Sansepolcro per sottolineare ancora i legami della nostra diocesi con Gerusalemme e la volontà che la città dei pellegrini Arcano ed Egidio seguiti ad essere accogliente verso chi arriva da lontano e impegnata nella ricerca della giustizia e della pace”. “Siamo molto grati al Signore e al Santo Padre per la grazia della visita del Successore di Pietro alla nostra Chiesa diocesana, che ha un ulteriore dono per rinnovarsi come avvenne con l’indimenticabile incontro con il Beato Giovanni Paolo II nel 1993”. “L’annuncio ufficiale della visita di Benedetto XVI nella nostra terra - conclude il presule - ci consente di avviare sin d’ora un cammino di preparazione all’incontro con il Papa, al quale presenteremo la ricchezza spirituale della nostra Chiesa e la multiforme varietà delle sue esperienze pastorali e culturali, e chiederemo di confermarci nella nostra fede nel Signore Risorto”. Il Santo Padre incontrerà l’intera Chiesa aretina, cortonese e biturgense nella piazza della Cattedrale (foto), ad Arezzo, dove, alle 10.00, presiederà la Celebrazione eucaristica e la preghiera del Regina Caeli. Nel pomeriggio è previsto che il Papa visiti il Santuario francescano della Verna e la Concattedrale di Sansepolcro che, come noto, celebra quest’anno il millenario della propria fondazione.

Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro

Perquisizioni anche nella diocesi di Bruges. I vescovi belgi: autori degli abusi i primi a contribuire al risarcimento finanziario, tra cui Vangheluwe

Dopo le perquisizioni ieri da parte delle autorità giudiziarie negli uffici delle diocesi di Malines-Bruxelles, di Anversa e Hasselt, sono in corso da questa mattina perquisizioni anche negli uffici della diocesi di Bruges, la diocesi di cui era vescovo Roger Vangheluwe e da cui è scoppiato in Belgio lo scandalo pedofilia dopo che nell’aprile del 2010 il vescovo si dimise ammettendo di aver commesso abusi sessuali nei confronti di un minorenne. A confermalo all'agenzia SIR è il portavoce della Conferenza Episcopale belga, padre Tommy Scholtes, che aggiunge: “Riguardo alla posizione della Chiesa, bisogna ribadire che siamo a disposizione della giustizia a patto che le condizioni legali delle perquisizioni siano ben rispettate. Nelle diocesi che sono state perquisite ieri, gli inquirenti hanno chiesto dossier di sacerdoti che sono citati per abusi sessuali e si vuole evidentemente verificare quale sia stato il seguito che le autorità religiose hanno dato a questi dossier”. Nell’estate del 2010 le autorità giudiziarie avevano fatto irruzione nella sede dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles e nella casa del card. Danneels. In seguito a quelle perquisizioni, la Commissione Adriaenssens si era dimessa e fu istituita una Commissione parlamentare di inchiesta “Abusi sessuali”. Un anno dopo, quelle perquisizioni furono dichiarate illegali. Le perquisizioni di ieri hanno però avuto uno stile diverso. “Sono venuti – racconta padre Scholtes - con nuove domande e con dossier precisi riguardanti persone ben precise. Nel 2010 invece erano venuti per cercare in tutte le direzioni, pescando, per così dire, a caso. Ieri invece, in ogni diocesi, gli inquirenti hanno spiegato perché si cercava il nome di ogni sacerdote al centro dei dossier perché c’era a suo carico una denuncia”. Proprio la settimana scorsa, i vescovi e i superiori delle Congregazioni religiose del Belgio hanno presentato alla stampa un documento dedicato al trattamento degli abusi sessuali, alle procedure di risarcimento e alla prevenzione. Nel documento vescovi e superiori religiosi ribadiscono le responsabilità degli abusatori e invitano le vittime a presentare denuncia presso le autorità giudiziarie. “Due sono le logiche – spiega padre Scholtes – e corrono parallele: una logica di trasparenza nei confronti della giustizia e una logica di presa in conto delle vittime. Dobbiamo prendere in considerazione le vittime e fare ciò che occorre fare per loro, ma ciò non impedisce che dobbiamo essere trasparenti nei confronti della giustizia”. Nel sito della Conferenza Episcopale belga si annuncia anche che “in linea con il piano di azione globale per prevenire, riconoscere e riparare gli abusi sessuali commessi in una relazione pastorale i vescovi hanno deciso che dovranno essere gli autori stessi di quegli abusi i primi a contribuire al sistema di risarcimento finanziario messo in atto dalla Chiesa. E questa misura si applica ovviamente anche all’ex vescovo di Bruges”. “Il problema – si legge ancora su Catho.be – è che le autorità ecclesiastiche belghe affermano di ignorare il luogo di residenza attuale di Roger Vangheluwe. Esse hanno quindi domandato la partecipazione finanziaria di quest’ultimo via nunziatura”.

SIR

La Santa Sede sta esaminando la risposta vera e propria del superiore della Fraternità San Pio X al preambolo dottrinale, arrivata la settimana scorsa

La risposta vera e propria del superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay, formulata secondo le richieste della Santa Sede, è arrivata in Vaticano soltanto la settimana scorsa. La prima risposta, giunta Oltretevere lo scorso 21 dicembre, non era stata considerata adeguata da parte delle autorità vaticane, che hanno invitato il responsabile dei lefebvriani di riformularla, considerando quel primo invio più una "documentazione" che una risposta. Il vescovo Fellay ha dunque preparato un secondo testo, più stringato, relativo al preambolo dottrinale che la Congregazione per la Dottrina della Fede gli aveva consegnato lo scorso settembre. Questo secondo testo viene ora attentamente esaminato dai consultori della Commissione Ecclesia Dei che seguono il dossier lefebrviani e ci potrebbero volere del tempo. La prossima settimana si riunisce nel palazzo del Sant’Uffizio la plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede. All’ordine del giorno c’è la possibilità di una comunicazione riguardante i rapporti con la Fraternità San Pio X, ma è difficile che la riunione possa essere decisiva, in quanto la seconda risposta di Fellay, che accetta delle parti del preambolo dottrinale mettendone in discussione altre, richiede tempo per essere esaminata. È probabile che una decisione più precisa sul da farsi venga presa non ora, ma in febbraio, nel corso di una "Feria IV", come vengono definite le congregazioni ordinarie dell’ex Sant’Uffizio. Nel consegnare il preambolo, le autorità vaticane avevano precisato che questo testo non veniva reso pubblico perché non ancora definitivo, cioè passibile di cambiamenti, non sostanziali, o di eventuali integrazioni. Il fatto che la nuova e più adeguata risposta, che è stata considerata nei sacri palazzi "un passo in avanti", abbia bisogno di essere attentamente studiata e approfondita, sta a significare che non è né un "sì" né un "no" definitivo al testo del preambolo. Ma accoglie alcune parti del testo vaticano, esprimendo invece riserve su altre. E soprattutto chiede ulteriori chiarificazioni e integrazioni. I lefebvriani non intendono infatti dare il loro assenso ai testi conciliari che riguardano la collegialità, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la libertà religiosa perché li ritengono in contrasto con la tradizione. Proprio il concetto di tradizione, "Traditio", e il suo valore, rappresenta il punto nodale del dibattito che ha caratterizzato i colloqui tra la Fraternità e la Santa Sede. I lefebvriani criticano alcuni passaggi conciliari ritenendoli in contrasto con la tradizione della Chiesa. Da cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte insistito sulla necessità di non considerare il Concilio come un "superdogma". Da Papa, Benedetto XVI, nell’ormai famoso discorso alla Curia romana del dicembre 2005, ha insistito sulla necessità di interpretare il Vaticano II secondo l’ermeneutica della "riforma" nella "continuità". Il Catechismo della Chiesa Cattolica, di cui nel 2012 si celebra il ventennale con uno speciale Anno della fede, ha già proposto questa chiave interpretativa su alcuni dei punti che i lefebvriani considerano controversi. A scanso di equivoci, i lefebvriani hanno reso noto sul loro sito ufficiale che "a complemento" della risposta inviata a Roma mons. Fellay, ha inviato a uno studio nel quale l'abate Jean-Michel Gleize asserisce che "su quattro punti, gli insegnamenti del Concilio Vaticano II sono evidentemente in contraddizione logica con gli enunciati del magistero tradizionale anteriore": libertà religiosa, ecumenismo, collegialità, ecclesiologia. Il saggio conclude che il Concilio Vaticano II "ha dunque rotto l'unità del magistero" e chiede che "con urgenza sempre più grande" si ponga rimedio alle "gravi deficienze che paralizzano l'esercizio del magistero dall'ultimo Concilio". È ancora prematuro ipotizzare quale sarà lo sbocco finale di questo dialogo che in questa fase procede a distanza e per iscritto. Ma nessuna parola definitiva è ancora stata detta: il Papa vuole fare tutto il possibile per sanare la frattura creatasi con i lefebvriani, e Fellay questo lo sa bene.

Andrea Tornielli, Vatican Insider - TMNews

'AsiaNews' lancia un appello per la liberazione di tre vescovi e sei sacerdoti in Cina nelle mani della polizia o detenuti ai lavori forzati

La liberazione di tre vescovi e di sei sacerdoti che in Cina sono nelle mani della polizia o detenuti in prigione senza alcun processo è stata chiesta da AsiaNews, l'agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere, in una lettera-appello indirizzata al presidente Hu Jintao e all'ambasciatore cinese in Italia, Ding Wei. "La loro liberazione - afferma AsiaNews - potrebbe essere un gesto di amicizia e di auspicio verso i cattolici e gli attivisti per i diritti umani, come pure un segno di vero augurio per l'imminente nuovo anno cinese, il cui inizio è sempre festeggiato consolidando i rapporti familiari e di amicizia che rendono ancora più positivo lo sguardo verso il futuro". Per questo, spiega la lettera, "domandiamo che i tre vescovi e i sei sacerdoti possano essere ricondotti alle loro famiglie e alle loro comunità. Essi non sono mai stati accusati di nessun crimine, nè hanno subito alcun processo o condanna. Eppure si trovano ai lavori forzati o sequestrati dalle forze di polizia di un Paese che è membro del Consiglio di sicurezza dell'Onu e che ha firmato la Carta universale dei diritti umani". All'ambasciatore cinese in Italia, che "nei giorni scorsi in modo ammirevole si è prestato con puntuale solerzia e cura nel servizio alla comunità cinese in Italia, dopo il tragico evento della barbara uccisione di Zhou Zheng e della piccola Joy", AsiaNews chiede di utilizzare la stessa "solerzia e cura verso i vescovi e i sacerdoti scomparsi e imprigionati ingiustamente, anch'essi suoi connazionali e nostri fratelli". "La Cina dovrebbe liberare i vescovi e i sacerdoti arrestati perchè farebbe del bene anche all’immagine internazionale della Cina" ha commentato mons. Savio Hon Tai-fai, segretario della Congregazione dell’Evangelizzazione dei Popoli, sottolineando che anche se il governo non dà risposte nè alla Santa Sede, nè ai diplomatici, nè ad amici del Vaticano e della Cina, è importante che "nessuno li dimentichi". Mons. Hon, cinese di Hong Kong, ha detto di essere "fiero della loro testimonianza. Io sono cinese e vedere questa testimonianza di fratelli miei vescovi mi riempie di gioia e di conforto". "Questi martiri - ha aggiunto - rendono feconda la nostra evangelizzazione. Queste figure rimangono sempre come modelli di eroismo davanti a tutti i fedeli nel mondo".

Agi, Vatican Insider

Appello: vescovi e sacerdoti scomparsi o detenuti in prigione, a casa per il Capodanno cinese

Mons. Savio Hon: Libertà per i vescovi e i sacerdoti arrestati, fa bene anche alla Cina

Il Papa in Messico e a Cuba. Benedetto sorvolerà la statua di Cristo Re del monte Cubilete e a distanza accenderà la nuova illuminazione del Santuario

Il prossimo viaggio di Benedetto XVI nello Stato di Guanajuato, nel centro geografico del Messico, dal 23 al 26 marzo, avrà una tappa che sarà un evento singolare: domenica 25 marzo, in elicottero, nel corso del suo trasferimento dal "Colegio Miraflores" di León al Parco del Bicentenario per presiedere la Santa Messa, il Papa sorvolerà per alcuni minuti il famoso Santuario (foto), a quasi 2600 metri di altezza sulla montagna de El Cubilete, sormontato dalla gigantesca statua di Cristo Re; luogo impervio che pure è il terzo del Messico per quantità di pellegrini all'anno. In molti hanno aspettato fino all'ultimo che il Papa si potessi recare a questo santuario, pieno di forti e rilevanti significati religiosi e storici, ma proprio l'altezza e l'aria piuttosto rarefatta, hanno consigliato di evitare una tale tappa. Ad ogni modo, il sorvolo del complesso monumentale dell'elicottero del Papa, ha risolto la questione, aggiugendo addirittura una novità: una sorta di "tappa aerea", mai registrata nei viaggi apostolici precedenti. Non solo. Poi ci sarà un seguito ugualmente significativo: alle 19.00 circa, alla fine dei Vespri che Benedetto XVI presiederà nella cattedrale di León insieme con i vescovi messicani e altri procedenti dall'America Latina, in totale almeno 130, il Papa tramite apparecchi speciali accenderà le luci del nuovo impianto di illuminazione del Santuario e della statua di Cristo Re. Fra i due luoghi, ci sarà un collegamento televisivo per seguire sia nel santuario che nella cattedrale l'ascensione del nuovo impianto.

Luis Badilla, Il Sismografo