domenica 4 marzo 2012

La bufala delle scarpe calzate dal Papa: dimostrazioni di come la mentalità corrente sia dettata da luoghi comuni, falsi, e pregiudizievoli

La prima bufala contro Benedetto XVI è apparsa pochi mesi dopo la sua elezione al Soglio pontificio, l’autore è stato il quotidiano La Repubblica citando il britannico The Independent. La notizia è che il Papa avrebbe indossato per il suo Pontificato "occhiali da sole dal design moderno e giovanile, dotati di lenti ampie e fascianti, portati anche durante udienze particolarmente assolate; cappello da baseball di colore bianco con la visiera calata sulla fronte" e "un paio di mocassini rossi firmati Prada, casa di moda tra le più esclusive". Anche se poi si legge: "L’azienda non conferma". Questo era lo scoop a cui hanno abboccato decine e decine di anticlericali e la notizia si è trascinata negli anni. La leggenda è stata così confezionata: il Papa veste Prada, vive nel lusso, è servito e riverito mentre nel mondo c’è gente che muore di fame. Nel 2008 L’Osservatore Romano ha provato a smentirla, ottenendo pochi risultati purtroppo. Lo stesso l’agenzia Ansa nel 2010. Di recente si è tornati sulla questione grazie ad una pagina Facebook dedicata proprio al Pontefice. Si riporta la notizia, come vi è scritto sul quotidiano del Vaticano, che è il sarto novarese Adriano Stefanelli (nella foto con Benedetto XVI) a produrre le scarpe papali, rosse ad indicare il sangue del martirio, che fanno parte dell’abito del Papa fin dal Medioevo e da allora sono indossate da ogni Pontefice. Nessun costo dato che Stefanelli afferma: "Io le mie scarpe al Papa le regalo, perché a volte la passione paga più del denaro». Le sue relazioni con il Vaticano, si legge, hanno avuto inizio nel 2003 quando, assistendo in tv alla Via Crucis, vide Giovanni Paolo II malfermo e sofferente, e decise di confezionargli un proprio paio di scarpe, a suo dire più comode. E così dev’essere stato, poiché da allora ha continuato a produrle anche per Benedetto XVI. E quando sono rovinate? Le butta via e se ne fa dare di nuove? Assolutamente no, le invia a Antonio Arelllano, un peruviano che ha il suo negozio a due passi dal Vaticano e le fa riparare. Ovviamente a pagamento. Si affronta anche il tema dell’insopportabile moralismo sull’anello d’oro indossato dai Pontefici. Un anello, dicono convinti i bigotti anticlericali, che vale migliaia di miliardi che, se venduto, “sfamerebbe l’Africa intera”. Diciamoci la verità…chi non ha mai sentito questa frase? Eppure si tratta di semplice oro, ha la grandezza e dunque il valore commerciale di due fedi nuziali, e viene usato, come timbro, per sigillare ogni documento ufficiale redatto dal Papa. Senza poi contare che, alla morte del Papa, viene rotto con un martelletto d’argento, rifuso e riutilizzato per il Pontefice successivo. Tecnicamente è sempre lo stesso da secoli. Lasciamo le conclusioni all’ottimo autore dell’articolo: "Sparare sulla Chiesa è facile come farlo sulla Croce Rossa. La Chiesa, quando pure risponde, lo fa a parole. Non va oltre, non trascende, non querela, non denuncia. Dunque non si rischia nulla ad attaccare la Chiesa, e per di più si fa la parte degli emancipati, dei liberi di pensiero. E poi non trovano neppure contraddittorio: la stragrande maggioranza dei cattolici sono disinformati, apatici nella loro fede, ben lieti di credere al primo anticlericale della strada piuttosto che al loro Papa. E quelli tra di essi, che pure la verità la conoscono, il più delle volte tacciono, o parlano con un filo di voce, per non apparire bigotti, per non contraddire il pensiero dominante. Questa bufala delle scarpe Prada, tuttavia, è una delle tante dimostrazioni di come la mentalità corrente sia dettata da luoghi comuni, falsi, e pregiudizievoli, e come coloro che credono di essere nformati e autonomi nel giudizio in realtà siano i più pilotati dai menzogneri dell’anticlericalismo di professione o schiavi della loro stessa ideologia".

UCCR

Pagina Facebook "Benedetto XVI"

Il Papa: anche nella notte più oscura Gesù è la lampada che non si spegne mai. Abbiamo bisogno di luce interiore per superare le prove della vita

Di ritorno dalla visita pastorale alla parrocchia romana di San Giovanni Battista de La Salle al Torrino, a mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale. Sono due gli “elementi essenziali” dell’episodio della trasfigurazione di Cristo: “la luce e la voce”. La luce divina, ha sottolineato il Papa, che risplende sul volto di Gesù, e la voce del Padre celeste che testimonia per Lui e comanda di ascoltarlo”. Per il Pontefice, “il mistero della trasfigurazione non va staccato dal contesto del cammino che Gesù sta percorrendo. Egli si è ormai decisamente diretto verso il compimento della sua missione, ben sapendo che, per giungere alla risurrezione, dovrà passare attraverso la passione e la morte di croce”. Di questo “ha parlato apertamente ai discepoli, i quali però non hanno capito, anzi, hanno rifiutato questa prospettiva”, perché ragionano “secondo gli uomini”. Per questo “Gesù porta con sé tre di loro sulla montagna e rivela la sua gloria divina, splendore di Verità e d’Amore. Gesù vuole che questa luce possa illuminare i loro cuori quando attraverseranno il buio fitto della sua passione e morte, quando lo scandalo della croce sarà per loro insopportabile”. Insomma, “Dio è luce, e Gesù vuole donare ai suoi amici più intimi l’esperienza di questa luce, che dimora in Lui. Così, dopo questo avvenimento, Egli sarà in loro luce interiore, capace di proteggerli dagli assalti delle tenebre. Anche nella notte più oscura, Gesù è la lampada che non si spegne mai”. “Tutti noi abbiamo bisogno di luce interiore per superare le prove della vita - ha evidenziato -. Questa luce viene da Dio, ed è Cristo a donarcela”.
Tra i saluti in varie lingue, parole in particolare ai giovani. In francese l’invito ad offrire ogni giorno un momento di preghiera e ad essere “buoni e caritatevoli con chi è nel bisogno”. In inglese, l’incoraggiamento a seguire Cristo nella “passione che porta alla risurrezione”. In spagnolo, l’esortazione sempre a ragazzi e studenti a seguire la parola e l’esempio di Gesù. In polacco il Papa ricorda la Domenica “Ad Gentes” celebrata oggi in Polonia, con il motto: “Offri la testimonianza della carità e aiuta la Chiesa nei paesi missionari”. Poi, il “cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai trecento ragazzi cresimati della diocesi di Ravenna-Cervia, guidati dall’arcivescovo mons. Giuseppe Verucchi; come pure agli alunni delle scuole San Giuseppe di Bassano del Grappa, Don Carlo Costamagna di Busto Arsizio, Santa Dorotea di Montecchio Emilia e Pietro Leone di Caltanissetta, inoltre i fedeli di Sanguinetto, presso Verona, quelli della Val Tiglione e gli altri gruppi parrocchiali”. A tutti l’augurio consueto di una buona domenica.

SIR, Radio Vaticana

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Il Papa: se Dio ha donato il proprio Figlio per noi nessuno potrà accusarci, condannarci, separarci dal suo immenso amore. La fede va vissuta insieme

Un grazie “di tutto cuore” per l’“accoglienza così cordiale e calorosa” e per lo “spirito di familiarità”. Lo ha rivolto Benedetto XVI, alla comunità della parrocchia romana di San Giovanni Battista de La Salle al Torrino parlando a braccio all’inizio dell'omelia. “Siamo realmente famiglia di Dio e che vedete nel Papa anche il papà è per me una cosa molto bella che mi incoraggia!”, ha aggiunto. Nell’omelia il Pontefice ha ripercorso le letture, a partire dalla prova di Abramo chiamato a sacrificare l’unico figlio Isacco. “Possiamo immaginare – ha sottolineato - cosa è successo nel suo cuore e nel cuore del figlio” ma “Dio non vuole la morte ma la vita”: "Abramo si fida talmente totalmente di Dio da essere disposto anche a sacrificare il proprio figlio e, con il figlio, il futuro, perché senza figlio la promessa della Terra era niente, finisce nel niente. E sacrificando il figlio sacrifica se stesso, tutto il suo futuro, tutta la promessa. È realmente un atto di fede radicalissimo". Nella seconda lettura, San Paolo afferma che Dio stesso ha compiuto un sacrificio: ci ha dato il suo proprio Figlio, lo ha donato sulla Croce per vincere il peccato e la morte. “Se Dio dà se stesso nel Figlio – ha evidenziato il Papa – ci dà tutto”: "Noi siamo nel cuore di Dio, questa è la nostra grande fiducia. Questo crea amore e nell’amore andiamo verso Dio. Se Dio ha donato il proprio Figlio per tutti noi, nessuno potrà accusarci, nessuno potrà condannarci, nessuno potrà separarci dal suo immenso amore". Infine la riflessione di Benedetto XVI si è spostata sull’episodio evangelico della Trasfigurazione. A Pietro, Giacomo e Giovanni Gesù mostra la “strada dell’amore luminoso che vince le tenebre”, una strada che passa “attraverso il dono totale di sé” e “lo scandalo della Croce”. La trasfigurazione è dunque “un momento anticipato di luce”: "E’ l’esodo definitivo che ci apre la porta verso la libertà e la novità della Risurrezione, della salvezza dal male. Ne abbiamo bisogno nel nostro cammino quotidiano, spesso segnato anche dal buio del male!". Facendo riferimento alla posizione della chiesa, posta nel punto più alto del quartiere, e dotata di un campanile slanciato, quasi un dito o una freccia verso il cielo, il Papa ha notato: “Come i tre apostoli del Vangelo, anche noi abbiamo bisogno di salire sul monte della trasfigurazione per ricevere la luce di Dio, perché il suo Volto illumini il nostro volto”. "E' nella preghiera personale e comunitaria che noi incontriamo il Signore non come un'idea, come una proposta morale, ma come una Persona che vuole entrare in rapporto con noi, che vuole essere amico e vuole rinnovare la nostra vita per renderla come la sua. "Questo incontro - ha aggiunto il Pontefice - non è solo un fatto personale; questa vostra chiesa posta nel punto più alto del quartiere vi ricorda che il Vangelo deve essere comunicato, annunciato a tutti. Non aspettate che altri vengano a portarvi messaggi diversi, che non conducono alla vera vita, ma fatevi voi stessi missionari di Cristo ai fratelli là dove vivono, lavorano, studiano o soltanto trascorrono il tempo libero". Il Pontefice ha mostrato apprezzamento per le opere di evangelizzazione parrocchiali, “in particolare attraverso l’oratorio chiamato ‘Stella polare’, dove, grazie al volontariato di persone competenti e generose e con il coinvolgimento delle famiglie, si favorisce l’aggregazione dei ragazzi attraverso l’attività sportiva, senza trascurare però la loro formazione culturale, attraverso l’arte e la musica, e soprattutto si educa al rapporto con Dio, ai valori cristiani e ad una sempre più consapevole partecipazione alla celebrazione eucaristica domenicale”. Il Santo Padre ha lodato poi “il senso di appartenenza alla comunità parrocchiale”: “La fede va vissuta insieme e la parrocchia è un luogo in cui si impara a vivere la propria fede nel ‘noi’ della Chiesa”. Di qui l’incoraggiamento “affinché cresca anche la corresponsabilità pastorale, in una prospettiva di autentica comunione fra tutte le realtà presenti, che sono chiamate a camminare insieme, a vivere la complementarietà nella diversità, a testimoniare il ‘noi’ della Chiesa”. Bene anche l’impegno nella preparazione dei ragazzi e dei giovani ai Sacramenti della vita cristiana. "Il prossimo 'Anno della fede' - ha continuato il Papa - sia un'occasione propizia anche per questa parrocchia per far crescere e consolidare l'esperienza della catechesi sulle grandi verità della fede cristiana, in modo da permettere a tutto il quartiere di conoscere e approfondire il Credo della Chiesa, e superare quell'analfabetismo religioso che è uno dei più grandi problemi di oggi". Essendo la parrocchia “una comunità giovane, costituita da famiglie giovani”, con tanti bambini e ragazzi, Benedetto XVI ha ricordato “il compito della famiglia e dell’intera comunità cristiana di educare alla fede, aiutati in ciò dal tema del corrente anno pastorale, dagli orientamenti pastorali proposti dalla Conferenza Episcopale italiana e senza dimenticare il profondo e sempre attuale insegnamento di San Giovanni Battista de La Salle”. “Care famiglie – ha affermato il Papa -, voi siete l’ambiente di vita in cui si muovono i primi passi di fede; siate comunità in cui si impara a conoscere e ad amare sempre di più il Signore, comunità in cui ci si arricchisce a vicenda per vivere una fede veramente adulta”. Infine, il Pontefice ha richiamato “l’importanza e la centralità dell’Eucaristia nella vita personale e comunitaria. La Santa Messa sia al centro della vostra domenica”. “Riuniti attorno all’Eucaristia, infatti, avvertiamo più facilmente – ha sottolineato - come la missione di ogni comunità cristiana sia quella di recare il messaggio dell’amore di Dio a tutti gli uomini. Ecco perché è importante che l’Eucaristia sia sempre il cuore della vita dei fedeli”.
Terminata la celebrazione eucaristica, dopo un breve colloquio con i sacerdoti della Parrocchia, il Santo Padre si è recato sul Sagrato della chiesa dove si è congedato dai fedeli convenuti per l’occasione. il Papa ha ricordato che “siamo una famiglia con tutti i Santi” e che è necessario percepire ogni giorno che c’è Dio vicino a noi perché “centro della nostra vita”.

SIR, Radio Vaticana, TMNews

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIOVANNI BATTISTA DE LA SALLE AL TORRINO - il testo integrale dell'omelia del Papa

Benedetto XVI in visita pastorale alla parrocchia di San Giovanni Battista de La Salle al Torrino: una gioia vedere tanti bambini, Roma vive e vivrà!

Domenica particolare per Benedetto XVI, che si è recato di prima mattina in visita pastorale al Torrino, quartiere alla periferia Sud della capitale. Il Papa è giunto nella parrocchia di San Giovanni Battista de la Salle per presiedere la Santa Messa nella II Domenica di Quaresima. "È una gioia per me vedere tanti bambini. Allora Roma vive e vivrà anche domani!", ha detto Benedetto XVI accolto al suo arrivo da centinaia di bambini e ragazzi. "Voi siete in cammino di catechesi: imparate Gesù, imparate che cosa ha fatto, detto, sofferto; imparate, così, anche la Chiesa, i Sacramenti e così imparate anche a vivere, perché vivere è un’arte, e Gesù ci mostra quest’arte". Affacciate alle transenne, allestite per il passaggio del Pontefice, numerose persone sventolano con un grido di gioia le bandierine raffiguranti il simbolo del Vaticano. Tra queste, appunto, tantissimi bambini, incuriositi dall'evento insolito che ha raccolto gli abitanti dell'area urbana davanti alla parrocchia, sotto un controllo di un corposo servizio d'ordine. Passando lungo il cordone, Benedetto XVI si è avvicinato ad alcuni dei bambini per accarezzarli, prima di entrare nella chiesa, e si è intrattenuto insieme a loro per una decina di minuti. Poi in chiesa, poco prima dell'inizio della Messa, Maurizio, dodici anni, con un ritardo mentale e Alessandro, "sette anni compiuti a gennaio, mi raccomando", con una disabilità fisica, hanno dato al Papa la maglietta gialla dell’oratorio parrocchiale con stampato il nome Benedetto e il numero sedici. Un dono, ha spiegato il parroco, "a significare il nostro desiderio di vivere nella Chiesa come in una famiglia e il nostro impegno a crescere umanamente e spiritualmente per divertirci e convertirci a Gesù Cristo e al suo Vangelo di vita". Sempre con lo stile della vita familiare, il parroco ha confidato al Papa che non è stato facile decidere cosa regalare, per non essere scontati, a un papà che, ha aggiunto, "peraltro non indossa le cravatte". Ecco allora la maglia dell’oratorio per riassumere una forte tensione formativa, presa anche dalla testimonianza di san Giovanni Battista de La Salle, patrono degli educatori. E poi ecco il cero pasquale decorato a mano dal vice parroco giapponese don Hiroto Tanaka, nato in una famiglia buddista e divenuto cristiano con il nome di Giovanni. Il terzo dono lo hanno consegnato a Benedetto XVI quattro bambini, nel giorno del loro compleanno: la raccolta di lettere e disegni che i loro coetanei hanno preparato proprio per l’occasione. "Sebbene educati da noi adulti - ha detto il parroco al Papa - i bambini sono i nostri maestri nell’accogliere il Regno dei cieli. Essi in realtà le consegnano se stessi e il loro amore e, insieme ai ragazzi, ai giovani, ai novelli sposi qui presenti, rappresentano la speranza certa di questa comunità parrocchiale nell’Anno internazionale dedicato alla famiglia".

Corriere della Sera.it, L'Osservatore Romano