sabato 3 dicembre 2011

Osservatore vaticano a Ginevra: dialogare in modo che i diritti legittimi degli individui e delle comunità minoritarie in Siria siano rispettati

La Santa Sede rinnova la sua "grande preoccupazione" per quanto sta accadendo in Siria, che continua a contare le vittime innocenti, oggi 18 morti negli scontri con l’esercito. Mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu a Ginevra, ai microfoni di Radio Vaticana, chiede alla comunità internazionale "non solo di muoversi con delle sanzioni, come di fatto è avvenuto, ma di prendere in considerazione tutte le esigenze di tutte le persone, sia le minoranze, sia le persone al potere, e soprattutto di garantire per un dopo-crisi una partecipazione giusta di tutte le forze del Paese per una ricostruzione e una possibilità di convivenza serena e pacifica". Tomasi, che ieri era intervenuto alla Sessione speciale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite, ha auspicato che "siano accolte le legittime aspirazioni della popolazione e che ponga fine alle violenze". L’Onu ha denunciato una carneficina in Siria dove dall’inizio delle proteste di marzo sono morte 4.000 persone, di cui 307 bambini. "La violenza - ha detto il vescovo - non porta bene a nessuno e la linea che abbiamo adottato è stata quella di insistere sulla necessità della riconciliazione ma nel rispetto dei diritti umani di ogni persona. Per il futuro del Paese, non si può semplicemente continuare su una linea violenta, ma bisogna dialogare in modo che i diritti legittimi degli individui e delle comunità minoritarie che di fatto costituiscono la Siria, possano essere rispettati e si possa aprire la porta per una partecipazione di queste comunità nella gestione del Paese". Mons. Tomasi ha ribadito che "la società ha diritto di partecipare nella vita pubblica e di avere i suoi diritti fondamentali rispettati". "La decisione presa dal Consiglio dei diritti umani, di votare una Risoluzione che impegni in qualche modo la comunità internazionale a fare il possibile perchè‚ i diritti umani dellepersone siano rispettati, - osserva l’esponente vaticano - è un segnale di volontà politica di aiutare e di fare in modo che la situazione in Siria si stabilizzi. La Risoluzione è stata votata a larga maggioranza con 37 voti in favore e solo quattro contro. Quindi, il segno di una volontà politica di aiutare questo Paese, esiste".

Vatican Insider

Siria. La Santa Sede: siano rispettate le legittime aspirazioni della società civile, stop alle violenze

Bertone: ponendo attenzione ai valori universali che accomunano religioni e culture Benedetto XVI individua nella verità il fondamento della pace

Papa Benedetto XVI ''ponendo puntuale attenzione ai valori universali che accomunano le religioni, le culture e i diversi sistemi di pensiero'' ha ''individuato in un valore assoluto, la verità, il fondamento della pace''. Lo ha detto oggi pomeriggio il Segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), ricevendo a Reggio Calabria, il premio ''Beato Giovanni Paolo II'' per la pace, conferitogli dall'associazione Anassilaos. Il porporato vaticano ha sottolineato come la predicazione di Papa Ratzinger si collochi nel solco di quella dei suoi predecessori: ''Come l'alto Magistero di pace del Beato Giovanni Paolo II si è posto in continuità con le linee dei suoi Predecessori, così il luminoso e fecondo insegnamento sulla pace del nostro Santo Padre Benedetto XVI segue le grandi traiettorie dottrinali di quanti lo hanno preceduto sulla Cattedra di Pietro''. Così, sulle orme di Papa Wojtyła, l'attuale Pontefice non si stanca ''di richiamare i cristiani alla centralità di Gesù che, abbattendo ogni muro di separazione, mostra la possibilità reale, concreta e non generica di un impegno per la pace universale, senza la quale 'è a rischio il futuro del pianeta'''.

Asca

Il Papa e Rabbino capo inglese insieme alla ricerca dell'anima dell'Europa. La lectio magistralis all'Università Gregoriana e l'udienza in Vaticano

L’Europa possiede ancora un’anima o l’ha persa per strada? Il mondo ebraico e quello cristiano si scoprono più che mai vicini nel valutare il futuro del continente e i rischi di quella che viene definita una deriva laicista. La preoccupazione di una Europa concentrata più sulle sorti economiche dell’Euro che non sui valori che sarebbero alla base dello sviluppo culturale dei Paesi membri, accomuna la comunità rabbinica così come i vertici della Chiesa Cattolica (e di quella ortodossa). La domanda "L’Europa ha perso l’anima?" che da tempo Benedetto XVI pone alla politica e all’economia e fa da filo conduttore alla predicazione dall’inizio del suo pontificato, verrà sviluppata a Roma da Lord Jonathan Sack, la massima autorità ebraica britannica, Rabbino Capo delle Congregazioni Ebraiche Unite del Commonwealth invitato dal Vaticano a tenere alla Pontificia Università Gregoriana una lectio magistralis dedicata appunto alla grande questione. Il tema Sacks lo conosce bene. In questi anni lo ha affrontato compiutamente elencando gli effetti negativi del materialismo e del secolarismo della società europea, mettendone in evidenza gli effetti che minano i valori basilari della famiglia, la cellula della società. Tre anni fa denunciò anche, in un importante intervento, la tendenza degli europei al consumismo a discapito dell’altruismo. Nella sua analisi l’Europa viene vista come una società in via di declino. La responsabilità maggiore grava sulla mentalità dominante di coloro che sono ai vertici delle istituzioni e che non difendono adeguatamente la famiglia, la vita, la solidarietà intergenerazionale. Allo stesso modo il Papa, che avrà con Lord Sacks incontro in Vaticano, è d’accodo sul fatto che non si può continuare a pensare di edificare una ”casa comune” trascurando l’identità propria dei popoli. Si tratta, infatti, di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il cristianesimo e la tradizione giudaica hanno contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo. Tali valori, secondo Papa Ratzinger, costituiscono l’anima del continente e dovrebbero restare punti fermi nell’Europa del terzo millennio "per essere un fermento di civiltà". Ma se dovessero venir meno, come "potrebbe allora il vecchio continente continuare a svolgere la funzione di lievito per il mondo intero?". Il timore di una Europa senza Dio è ben presente anche agli ortodossi. Già nel 2006, per la prima volta, un organismo della Santa Sede e il Patriarcato di Mosca hanno organizzato insieme un incontro a Bruxelles grazie al quale è nata una piattaforma di lavoro comune per contrastare il "processo di perdita di identità" e per "proporre con forza un progetto di futuro".



Franca Giansoldati, Il Messaggero