venerdì 28 dicembre 2012

Il Papa: in questi tempi instabili e inclini alla violenza che conosce il Medio Oriente, è sempre più urgente che i discepoli di Cristo offrano una testimonianza autentica della loro unità, affinché il mondo creda al messaggio di amore, di pace e riconciliazione del Vangelo

In questi tempi instabili e inclini alla violenza che conosce il Medio Oriente, è sempre più urgente che i discepoli di Cristo offrano una testimonianza autentica della loro unità, affinché il mondo creda al messaggio di amore, di pace e riconciliazione del Vangelo: è quanto scrive il Papa in un messaggio di saluto fraterno nell’amore di Cristo al nuovo Patriarca greco-ortodosso d'Antiochia e di tutto l'Oriente, Giovanni X, eletto il 17 dicembre scorso dal santo Sinodo riunito presso il monastero di Nostra Signora di Balamand, a Nord di Beirut. Succede al Patriarca Ignazio IV Hazim, spentosi il 5 dicembre all’età di 92 anni. Noi abbiamo la responsabilità, afferma il Papa, di proseguire insieme il nostro cammino per manifestare in maniera ancora più visibile la realtà spirituale della comunione, benché ancora incompleta, che già ci unisce. Benedetto XVI auspica, quindi, che i rapporti tra Patriarcato greco-ortodosso e Chiesa Cattolica si sviluppino ulteriormente attraverso forme di collaborazione fruttuosa e il proseguimento dell'impegno a risolvere le questioni che ancora dividono, grazie alla partecipazione attiva e costruttiva ai lavori della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. Il Papa, infine, assicurando le sue preghiere al nuovo Patriarca, eleva la sua invocazione a Cristo perché porti la consolazione a quanti sono vittime della violenza in Medio Oriente e inspiri a ciascuno gesti di pace.

Radio Vaticana 

Il 2012 di Benedetto XVI. Un anno vissuto intensamente e coraggiosamente: due viaggi internazionali e quattro visite in Italia, fede, famiglia, pace tra i temi maggiormente presenti nel suo Magistero. Un forte impegno per la trasparenza in Vaticano

Un anno vissuto intensamente e coraggiosamente. Nel 2012, Benedetto XVI ha compiuto due viaggi internazionali, a Messico e Cuba e in Libano, e quattro visite in Italia, tra cui ai terremotati dell’Emilia Romagna. Ha preso parte al VII Incontro Mondiale delle Famiglie, ha aperto l’Anno della fede, presieduto il Sinodo per la Nuova Evangelizzazione. Il Papa è inoltre approdato su Twitter ed ha pubblicato il suo ultimo volume sulla figura di Gesù di Nazaret. Fede, famiglia, pace tra i temi maggiormente presenti nel suo Magistero in questo anno che ha visto anche un forte impegno per la trasparenza in Vaticano. Pastore mite e fermo. E coraggioso. Nel 2012, un anno particolarmente intenso anche sul piano personale, Benedetto XVI affronta con decisione le sfide per la vita della Chiesa, 'ad intra e ad extra'. A partire dai suoi viaggi internazionali che ridanno speranza alle popolazioni incontrate. A marzo, il Papa torna nel Continente latinoamericano, visitando il Messico e Cuba. In terra messicana, denuncia la violenza, la corruzione e il narcotraffico con toni vibranti che ricordano l’appello di Giovanni Paolo II contro la mafia, ad Agrigento. In terra cubana, invece, il Papa chiede coraggio alle autorità dell’Avana e alla comunità internazionale: “Cuba ed il mondo - avverte - hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno” solo se ognuno si interroga sulla verità e “si decide a intraprendere il cammino dell'amore, seminando riconciliazione e fraternità”. E proprio nel segno della riconciliazione, avviene lo storico viaggio apostolico in Libano, a settembre. In una regione dilaniata dalla violenza, con la Siria sconvolta dalla guerra civile alle porte, il Papa si fa pellegrino di pace. Toccante l’incontro di Benedetto XVI a Beirut con i giovani siriani, cristiani e musulmani, ai quali dedica parole di coraggio e speranza:“E’ necessario - è la sua esortazione - che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana”.
La visita in Libano abbraccia idealmente tutta la regione. Motivo del viaggio è, infatti, la consegna dell’Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”, frutto del Sinodo dei vescovi mediorientali tenutosi, in Vaticano, nell’ottobre del 2010. Quest’anno, invece, è la volta del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. Un tema che sta particolarmente a cuore a Benedetto XVI che, per affrontare questa sfida, ha creato anche un dicastero 'ad hoc'. Il Papa ribadisce, con forza, che la Chiesa “esiste per evangelizzare” e che tutti i battezzati sono chiamati all’impegno dell’evangelizzazione: “Tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo; e a ciò corrisponde il dovere dei cristiani, di tutti i cristiani – sacerdoti, religiosi e laici –, di annunciare la Buona Notizia" (28 ottobre, Messa per la conclusione del Sinodo dei vescovi).
Legato al tema della Nuova Evangelizzazione è l’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI nel 50° del Concilio Vaticano II e nel 20° della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Un Anno che il Papa affida a Maria, in una visita al Santuario di Loreto sulle orme di Giovanni XXIII. “Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione - afferma il Papa - non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa!”. E sottolinea che la Chiesa è chiamata a far indietreggiare il processo di “desertificazione spirituale”: “Ecco allora come possiamo raffigurare questo Anno della fede: un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione, ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione” (11 ottobre, Messa per l'apertura dell'Anno della fede).
Il 2012 di Benedetto XVI è anche fortemente contraddistinto dall’impegno per valorizzare la famiglia, sempre più minacciata come ricorda anche nel discorso natalizio alla Curia Romana. A inizio giugno, a Milano, si celebra il VII Incontro  Mondiale delle Famiglie. A loro, a genitori e figli, il Papa affida un compito straordinario: voi, afferma, siete “l’unica forza che può veramente trasformare il mondo”. Il grande raduno resta memorabile anche per le parole che il Papa rivolge, con amore paterno, alle coppie separate: “Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono ‘fuori’ anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia; devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa” (Festa delle Testimonianze, 2 giugno 2012).
Se a Milano, la dimensione della visita è più internazionale che italiana, il Papa non manca di compiere altre visite in Italia: a Loreto, come ricordato per l’Anno della fede e il 50° del viaggio di Giovanni XXIII, ad Arezzo e San Sepolcro e, soprattutto ai terremotati dell’Emilia Romagna e della Lombardia. A Rovereto di Novi, tra i centri più colpiti, il Papa commosso assicura la vicinanza spirituale e concreta della Chiesa: “La Chiesa vi è vicina e vi sarà vicina con la sua preghiera e con l’aiuto concreto delle sue organizzazioni, in particolare della Caritas, che si impegnerà anche nella ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie” (Visita a San Marino di Carpi - Modena, 26 giugno).
In questo anno, il Papa pubblica anche un Motu Proprio sul servizio della carità e uno che istituisce la Pontificia Accademia di latinità. Eleva all’onore degli altari sette nuovi Santi e proclama “Dottori della Chiesa” San Giovanni d'Avila e Santa Ildegarda di Bingen. Crea inoltre 28 cardinali, in due Concistori: uno a febbraio, l’altro a novembre. Tante le nomine importanti, tra le quali spicca quella di mons. Gerhard Ludwig Müller a nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
E’ un anno, questo, anche di sofferenza personale per il Papa che si vede tradito in casa propria. A maggio, viene arrestato il suo aiutante di camera per la sottrazione di documenti personali diffusi poi dai mass media. E’ il culmine del cosiddetto “Vatileaks” che vedrà anche un processo e una condanna a carico di Paolo Gabriele al quale il Pontefice concederà la grazia pochi giorni prima di Natale. Nel pieno della dolorosa vicenda, il Papa confida ai fedeli i suoi sentimenti. L’amarezza è forte, ma non prevale: “Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia ed i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino” (Udienza generale, 30 maggio).
Coraggio e trasparenza il Papa chiede anche nella gestione dello Ior. Un processo che porta a dei risultati significativi. A luglio, infatti, l’autorità europea “Moneywal” giudica positivamente le misure prese in Vaticano per la prevenzione del riciclaggio di denaro. Durante l’anno, il settimo del suo Pontificato, il Papa non lesina energie per annunciare il Vangelo a più persone possibili. Lo fa nelle celebrazioni, in udienze ed incontri e ancora visitando parrocchie, carceri e istituti caritativi. Uno sforzo che il Pontefice porta anche nel “Continente digitale”. Il 12 dicembre, Benedetto XVI approda su Twitter. Il suo primo tweet, durante l’udienza generale, è un evento mondiale che viene seguito in diretta dai principali network internazionali. In meno di un mese, il suo account in 8 lingue, @Pontifex supera i due milioni di follower. Un successo è, infine, anche la pubblicazione del libro “L’infanzia di Gesù” con il quale il Papa conclude la sua trilogia su Gesù di Nazareth Un dono per tutti coloro, credenti e non, che sono in ricerca della verità.

Radio Vaticana

I 'cinguettii' del Papa. Successo o 'epic fail'? Avere catalizzato il dibattito su un account può anche portare a una maggiore presa di coscienza da parte dei cattolici di cosa significhi vivere la propria fede ed esserne ambasciatori, anche digitali

"Nuntio vobis gaudium magnum, habemus Papam super Twitter". Avrebbe potuto anche essere questo (o qualcosa del genere visto che il mio latino è molto arrugginito) l’annuncio con cui il 12 dicembre scorso dall’account @Pontifex veniva pubblicato il primo tweet grazie al quale il Papa entrava nella terra dei cinguettii. 14 giorni e 14 tweet dopo è sicuramente difficile capire che implicazioni avrà questa mossa, che va sicuramente misurata nel medio e lungo periodo, ma qualche riflessione, puramente tecnica e avulsa da qualsiasi considerazione religiosa, si può sicuramente fare. Il Papa su Twitter: una colossale mossa di Marketing? Sicuramente. Innanzitutto per Twitter. Non è un caso che un team dedicato cerchi di portare personaggi noti sul Social Network. Se Fiorello ha enormemente contribuito alla crescita di Twitter in Italia, pensate a cosa può fare il Pontefice su scala planetaria. Un colpo magistrale che ha permesso di amplificare il fatto con l’oliata macchina da guerra della comunicazione Vaticana. E per il Vaticano? Il fatto che uno degli ultimi monarchi assoluti apra un canale diretto di comunicazione ha sicuramente una portata simbolica epocale. Cristiani, cattolici, ma anche atei, gay, musulmani, ortodossi e chiunque non si riconosca nella dottrina cristiana e cattolica può ora dialogare direttamente con il Sommo Pontefice saltando a pié pari tutto l’apparato (almeno così dovrebbe essere nella logica di trasparenza e partecipativa dei social network). A giudicare dai tweet di commento, sono però più i secondi ad avere colto la palla al balzo (ma su questo torneremo più avanti). Al di là del valore simbolico, l’invio del primo tweet non è andato proprio liscio: il Papa seduto davanti a un tablet, il dito che si muove incerto finché un altro dito, digitalmente più preparato, entra in campo e schiaccia il magico pulsante Tweet. Uno scivolone di immagine in mondovisione. Probabilmente un minimo di spiegazione in più avrebbe potuto offrire un’immagine diversa e dare l’impressione che il Papa fosse più avvezzo al mezzo, aggiungendo maggiore credibilità alla sua nuova identità social. Le immagini, e l’espressione un po’ sperduta del Papa, lasciano invece il sapore di qualcosa di artificiale, di preparato ad uso e consumo di telecamere e fotografi. Del resto il Vaticano non ne ha fatto mistero: la gestione dell’account Twitter sarà affidata a un team articolato proveniente dalla Segreteria di Stato, dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, da una responsabile di Twitter (Claudia Diaz-Ortiz proiettata in un colpo sulla ribalta planetaria), da esperti di comunicazione. Già… e il Papa? Certo nessuno si aspetta che, mentre passeggia nei Giardini Vaticani, sfoderi il suo smartphone e inizi a digitare, ma dichiarare in modo così aperto che l’account sarà gestito da un team significa ammettere apertamente che si tratta di un account istituzionale più che dell’account personale del Papa. Ma allora l’accesso diretto al Pontefice, l’abbattimento delle barriere, la possibilità di dialogo diretto che fine fanno? Il ricorso a uno staff da parte di personaggi pubblici è scontato. Nemmeno Obama, probabilmente il simbolo dell’accessibilità diretta al potere attraverso i social network, presidia continuamente i propri account, ma la sua partecipazione diretta e il suo coinvolgimento in prima persona sono noti (i tweet personali sono distinti da quelli dello staff dalla firma “-bo”) e i suoi account sono realmente un canale diretto di contatto. Sorge quindi la domanda: il Papa vedrà mai i tweet e le risposte? Detterà mai un tweet? o tutto sarà filtrato dal suo team per porgergli una versione delle interazioni più o meno depurata? Al momento questa domanda non ha risposta. Sicuramente nella scelta pesa molto l’età anagrafica del Papa, poco avvezzo alle nuove tecnologie. Quindi se le esigenze di comunicazione premono verso una presenza sui social media occorre supportare questo Pontefice, e quelli che verranno per almeno un’altra trentina d’anni, con un team di persone più avvezze allo stile da 140 caratteri. Nulla di strano. Succede lo stesso anche in molte aziende in cui il CEO è presente sui social per parlare a nome dell’azienda, anche se il ghost writing è raramente dichiarato in modo così aperto. A parte questo, occorre però considerare che la particolare posizione del Papa rende la gestione totalmente diversa da quella dell’account di un politico o di un’azienda. Un politico deve coagulare e mantenere consensi e rispondere agli elettori delle proprie scelte. Un’azienda deve rispondere ai propri consumatori e agli altri stakeholder, deve mantenere aperto il dialogo con loro e gestire eventuali crisi. E il Papa? Non ha elettori a cui rispondere, nemmeno i cardinali, dato che non può correre per un secondo mandato. Non risponde ai propri fedeli delle proprie idee o azioni dato che è la loro guida spirituale e quindi ciò che afferma non può essere messo in discussione. Tutto ciò ha una profonda influenza sulla gestione dell’account Twitter.
Chi seguire? Si è fatta molta ironia in rete sul fatto che il Papa segua solo se stesso, ovvero i suoi altri account Twitter multilingua. Ma quando sei il Papa non è facile né, direi, opportuno, trovare chi seguire. Del resto nemmeno il Dalai Lama, con i suoi 6 milioni di follower, segue nessuno. Un’opzione teoricamente aperta e sicuramente interessante potrebbe essere quella di seguirsi tra pari, ovvero creare una piccola community online che raggruppi i leader di diverse religioni, ma al momento le opzioni sembrano ristrette al Dalai Lama e all’Ayatollah Khamenei. Il dialogo interconfessionale 2.0 per ora sembra realizzabile quanto la profezia dei Maya sulla fine del mondo.
Quali risorse multimediali? L’account appare gestito ancora in modo molto basico: non solo non appaiono hashtag o menzioni (anche se questa seconda ipotesi non appare molto praticabile per i motivi sopra esposti), ma nemmeno collegamenti a oggetti multimediali. Anche i contenuti dei tweet sembrano per il momento differenziati per sondare gli umori e valutare la risposta a ciascuna tipologia: da affermazioni a livello di catechismo si passa a domande aperte fino all’ultimo tweet natalizio in cui Benedetto XVI apre ai ricordi della propria infanzia. Twitter può però offrire una importante opportunità di approfondimento, per esempio collegando il tweet a estratti di discorsi del Papa, a brani di encicliche o ad altri testi rilevanti. Questo richiede però che l’organizzazione ecclesiastica non si fermi a un account Twitter ma operi un salto culturale in chiave digitale. L’apertura di un canale YouTube per i discorsi, di uno slideshare per i documenti e, perché no, di uno Instagram o Flickr per documentare i viaggi papali o altri momenti salienti diventano logiche conseguenze dell’apertura dell’account Twitter. Persino l’apertura di un blog papale può diventare un’opzione percorribile.
Quale dialogo? I social network sono uno strumento potente di ascolto e di dialogo. Per politici e aziende l’ascolto è fondamentale per definire le linee politiche più popolari o per capire come vengono accolti i prodotti e ricavare suggerimenti. Diversa la posizione per il Papa. Il suo ruolo è più di guidare attraverso la parola, non è un caso che esista il verbo “pontificare”,  che di ascoltare gli umori dei fedeli e adattare i dettami della fede ai desideri della maggioranza. La tempesta di commenti contrari, che spaziavano dall’ironico all’insulto, che ha investito l’account, difficilmente potrà produrre qualche cambiamento nella rotta della Chiesa, perché non è un organismo politico che risponde alla propria base. L’ascolto può però essere utile per avvicinare la nomenclatura ecclesiastica ai fedeli (e non) riducendo notevolmente il distacco dal mondo reale. Un problema, questo, abbastanza comune ai livelli più alti dei mondi politici e aziendali. Per gli stessi motivi è estremamente difficile che si inneschi un meccanismo di dialogo e di confronto. Per la sua posizione il Papa, o chi scrive per lui, molto difficilmente potrà ingaggiare discussioni dirette con i follower, soprattutto quelli contrari alle sue posizioni. I dogmi o la dottrina della Chiesa non possono diventare materia di discussione su Twitter. Molto interessante, a livello mediatico ma anche di presa di coscienza, sarebbe invece l’innesco di meccanismi di dialogo tra sostenitori e detrattori innescati dalle riflessioni papali ma per ora, a giudicare dai commenti, sembra che i cattolici fatichino a farsi ambasciatori delle proprie idee e a difenderle nel dibattito su Twitter. L’impossibilità di entrare nel merito innescando un dialogo diretto tra il Pontefice e chi la pensa in modo diverso rende impensabile adottare qualsiasi strategia di crisis management che sarebbe stata avviata se quella mole di commenti fosse stata riversata su un account aziendale. Passata la prima fase di euforia per la possibilità di inviare direttamente messaggi al Papa, è però probabile che commenti e critiche avranno andamenti ondulatori con picchi generati dagli interventi sugli argomenti maggiormente dibattuti in rete e nella società: ruolo delle donne, matrimoni gay, scandali legati alla pedofilia, tassazione dei beni della Chiesa e altro.
Quale ruolo per Twitter? Se non si costruiscono relazioni sociali, se non si alimenta il dialogo o si esercita l’ascolto, il social network diventa sostanzialmente un media tradizionale, un pulpito, per restare in tema, da cui comunicare ai fedeli in modo più tecnologico e diretto, ma pur sempre a senso unico. Significativo in questo senso il commento apparso pochi giorni fa su L’Osservatore Romano che sottolineava come il Papa avesse avuto più retweet di Justin Bieber. Sembrano quindi l’audience (follower) e i retweet (quasi un apostolato digitale) il metro di giudizio con cui il Vaticano misura il successo della propria presenza su Twitter. Persino se questo significa mettersi in competizione con personaggi che poco hanno a che fare con la religione. Un metro puramente quantitativo, quindi, che apparentemente si coniuga poco con gli obiettivi di base del Cristianesimo (o di qualunque altra religione) che dovrebbe misurare il proprio successo su basi qualitative, ovvero sull’applicazione reale dei precetti o sulla loro condivisione nella base dei fedeli. Tenendo conto che il cristianesimo conta circa 2 miliardi di fedeli nel mondo, molti dei quali, quindi, potenziali follower, se questo sarà il solo metro di giudizio possiamo dire che al Vaticano piace vincere facile.
Successo o epic fail? Resta ora da rispondere alla domanda del titolo. L’incerta partenza in mondovisione non è stata il massimo, come l’utilizzo di un account personale per ospitare comunicazioni istituzionali non è proprio in linea con la netiquette. Inoltre, a giudicare dal tono e dalla quantità dei commenti negativi scatenati dai cinguettii papali verrebbe da accendere la seconda risposta. Avere esposto il Papa al pubblico ludibrio senza avere i mezzi per contrastarlo direttamente, per i motivi visti sopra, non sembra essere stata una scelta particolarmente azzeccata. Ma una mossa di questo tipo va valutata nel medio e lungo periodo: commenti e critiche non sono altro che lo specchio della società e avere catalizzato il dibattito su un account può anche portare a una maggiore presa di coscienza da parte dei cattolici di cosa significhi vivere la propria fede ed esserne ambasciatori, anche digitali. Occorre anche capire se questa sia solo la prima fase di una strategia digitale del Vaticano: account a livello di parrocchia? Presidio più strategico dei diversi canali Social? Il lancio contemporaneo di ben 8 account multilingua testimonia un notevole impegno di risorse e il fatto che non si tratta di un esperimento: il Papa è arrivato su Twitter per restarci. Resta solo un dubbio da sciogliere, fondamentale però per l’essenza stessa dei Social Network, fatti di trasparenza e partecipazione personale: quanto ci sarà del Papa nei tweet e che accesso diretto avrà ai commenti e alle risposte? Su questa sottile linea di confine si giocherà, a mio avviso, la differenza tra il successo e l’epic fail.

Alessandro Santambrogio, Liquid

Mons. Nazzaro: il governatore di Aleppo ha molto apprezzato le parole intense che il Papa ha pronunciato il giorno di Natale a favore della pace in Siria. La Cattedrale e la parrocchia latina stracolme di fedeli

Il governatore di Aleppo, Mohammad Vakhid Akkad, accompagnato da altre autorità politiche locali, nella giornata di ieri ha voluto incontrare i Vescovi e i sacerdoti cattolici riuniti nella metropoli siriana per porgere loro gli auguri in occasione delle festività natalizie. In tale occasione, il governatore ha espresso il proprio apprezzamento per le frasi che Benedetto XVI ha dedicato alla tragica situazione siriana nel suo Messaggio natalizio. Lo racconta all'agenzia Fides mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo dei Latini. “Ieri - riferisce il vescovo francescano - noi vescovi e i sacerdoti cattolici di Aleppo eravamo riuniti per il nostro ritiro mensile. Quest'anno, vista la situazione, avevamo cancellato le tradizionali visite ufficiali che si svolgono in occasione del Natale. Ma il governatore ha saputo del nostro incontro ed è voluto venire lui stesso per salutarci e dirci anche che aveva molto apprezzato le parole intense che il Papa ha pronunciato il giorno di Natale a favore della pace in Siria. I capi delle nazioni - commenta Mons. Nazzaro - devono fare di tutto per fermare il conflitto: stanno distruggendo un Paese intero, e chiunque prevarrà, alla fine si troverà davanti solo un cumulo di macerie, umane e materiali”. La regione di Aleppo continua ad essere teatro di battaglia. Negli ultimi giorni forze ribelli e lealisti si combattono per il controllo dell'aeroporto militare. In questa situazione stravolta, il vescovo confessa che in città tanti cristiani hanno potuto vivere “in santa gioia cristiana” almeno il giorno del Natale: “Le Messe - racconta - la sera del 24 dicembre sono state anticipate, per permettere a tutti di tornare a casa presto. Io ho celebrato in Cattedrale alle 16.00, mentre in parrocchia la Messa è iniziata alle 17.00. Anche il 25 dicembre, alla Messa delle 10.00 e a quella di mezzogiorno, la Cattedrale e la parrocchia latina erano stracolme di fedeli. Lo stesso è accaduto nelle chiese degli altri riti. Una cosa sorprendente, se si pensa ai tanti che sono fuggiti dalla città o che sono sfollati. In questo momento, tutti vengono in chiesa per cercare un conforto e una parola di consolazione, che non trovano da nessun'altra parte. Si sentono spari e cannonate da tutte le parti. Non capiamo da dove partono e dove arrivino: sappiamo solo che portano dovunque morte e distruzione”.

Fides