domenica 28 ottobre 2012

Un Sinodo un po' troppo generalista: dai vescovi tante solenni dichiarazioni d’intenti ma poche indicazioni concrete. Le osservazioni più apprezzate e realistiche quelle pronunciate da Tommaso Spinelli, il più giovane dei partecipanti

Una blanda autocritica per gli scandali e un generico appello al rilancio della fede. Tante solenni dichiarazioni di intenti ma poche soluzioni concrete alle questioni più spinose sul tappeto. La montagna (il Sinodo dei vescovi per la nuova evangelizzazione) ha partorito il topolino (le 58 "propositiones" finali approvate ieri). Insomma, uno sguardo complessivo su secolarizzazione e Concilio Vaticano II, diritti umani e libertà religiosa, immigrati e dottrina sociale, catechesi e teologia, poveri pietà popolare, movimenti e parrocchie, ecumenismo e dialogo con la scienza, vita consacrata e ruolo dei giovani. Dai rappresentanti degli episcopati mondiali convocati a Roma sono arrivate poche indicazioni attuabili o prese di posizione che incideranno davvero sul governo della Chiesa "global" del terzo millennio. E la stessa forma del dibattito a tutto campo è apparsa dispersiva e inadeguata alla complessità dei problemi attuali della comunità mondiale dei credenti. Dunque, un'impostazione dei lavori eccessivamente macchinosa e un taglio troppo "generalista": troppa carne al fuoco, si sono lamentati alcuni Padri sinodali. Forse da un'assise con funzioni esclusivamente consultive non era lecito aspettarsi di più, ma significativamente in una struttura ecclesiastica burocratizzata e rimasta sostanzialmente incompiuta rispetto all'intuizione iniziale di Paolo VI, le osservazioni più apprezzate e realistiche sono state quelle pronunciate nell'aula da Tommaso Spinelli, il più giovane dei partecipanti, sulla necessità di ritrovare un entusiasmo che si sta spegnendo di fronte alle rigidità strutturali, ai carrierismi dei prelati e all'esempio negativo con cui parte della classe dirigente ecclesiastica contraddice i modelli della "purificazione" e della Chiesa povera indicati da Benedetto XVI. Le varie proposte emerse nel corso di tre settimane di discussioni vengono condensate in proposte che ora il Papa recepirà nell'Esortazione Apostolica che (tra diversi mesi) concluderà formalmente l'assemblea. Le "propositiones" (inizialmente 326 poi riassunte in 58) ripetono i temi già affrontati nel messaggio conclusivo ("nuntius") presentato venerdì dal card. Giuseppe Betori in Vaticano. In più rispetto al Messaggio c'è solo la "propositio" 49, in cui compare un accenno autocritico, per quanto generico, ai recenti scandali che hanno investito la Chiesa. "Di fronte agli scandali che hanno riguardato la vita sacerdotale e il ministero, per i quali ci rammarichiamo profondamente - si legge in trasparente riferimento alla pedofilia - proponiamo tuttavia di ringraziare e incoraggiare al fedele servizio di così tanti preti". Un tema che aveva sollevato molti interventi di Padri sinodali, quello delle coppie divorziate risposate, viene trattato all'interno di una 'propositio' sulla "famiglia cristiana" (48): "La nuova evangelizzazione deve cercare di affrontare significativi problemi pastorali attorno al matrimonio, il caso dei divorziati e risposati, la situazione dei loro figli, il destino delle spose abbandonate, le coppie che vivono al di fuori del matrimonio e la tendenza nella società a ridefinire il matrimonio". Due 'propositiones' sono dedicate, rispettivamente, al Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione di mons. Rino Fisichella e al 'Cortile dei gentili' del card. Gianfranco Ravasi. Il documento è stato approvato a maggioranza dai Padri sinodali in una votazione in cui una ventina di presuli si sono astenuti. "Il testo ufficiale in latino dell'elenco finale delle Proposizioni delle Assemblee generali ordinarie del Sinodo dei vescovi, oggetto di voto personale da parte dei Padri sinodali - sottolinea l'introduzione - è destinato al Sommo Pontefice, al quale viene debitamente consegnato. Tale testo per sua natura è riservato e non viene pubblicato per rispettare il carattere consultivo e propositivo dell'Assise sinodale. Per benevola decisione il Santo Padre Benedetto XVI - prosegue il teso - concede in questa occasione che una versione in lingua inglese, provvisoria, ufficiosa e non ufficiale, a cura della Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi, venga pubblicata nel Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede". Del resto già nell'introduzione si mettevano le mani avanti ricordando che "le Proposizioni nascono in un determinato momento del processo sinodale aperto all'eventuale promulgazione di un documento pontificio. Esse non esauriscono la ricchezza degli apporti dei 'Lineamenta', dell''Instrumentum laboris', della 'Disceptatio 'in aula, della 'Relatio ante disceptationem' e della 'Relatio post disceptationem' e del Messaggio ('Nuntius')".

Giacomo Galeazzi, Vatican Insider 

Giulio II inaugurò la conclusione della volta della Cappella Sistina celebrando la liturgia dei Vespri il 31 ottobre 1512: lo stesso gesto per omaggio al capolavoro assoluto di Michelangelo ripeterà a 500 anni di distanza esatti Benedetto XVI

Capolavoro assoluto di tutti i tempi, "lucerna dell'arte nostra", come la definì Giorgio Vasari, ancora oggi meta (ogni anno) di 5 milioni di visitatori provenienti da ogni parte del mondo (e che ne mettono a rischio l'integrità), la Cappella Sistina celebra il 31 ottobre i 500 anni dallo svelamento degli affreschi della volta. Il Pontefice Giulio II della Rovere, che l'aveva commissionata a Michelangelo Buonarroti nel 1508, dovette aspettare ben 4 anni prima di ammirare quell'immane, insuperata opera popolata di centinaia di figure e scene delle Scritture, capaci di rivoluzionare la storia dell'arte influenzandola per secoli. Solo nell'agosto del 1511, il 'papa guerriero' era riuscito a compiere una parziale visione degli affreschi, che andavano a sostituire nella volta della Sistina il magnifico cielo stellato dipinto da Pier Matteo d'Amelia, di certo ispirato dalla padovana Cappella degli Scrovegni. Una meraviglia che perfettamente si armonizzava con le decorazioni volute Sisto IV, anche lui un della Rovere, che aveva fatto edificare tra il 1477 e il 1483 la Cappella. A tal scopo erano stati chiamati i maestri indiscussi del '400 italiano da Botticelli al Ghirlandaio, da Signorelli a Perugino, il quale coordino' il lavoro dei ponteggi e realizzò per la parete dell'altare 'La Nativita' di Cristò e 'Mose' salvato dalle acqué, nonché la pala dell'Assunta. La nuova commessa di Giulio II si rese necessaria per la grande crepa che si era prodotta sulla volta per un inclinamento della parete meridionale. Vasari racconta che fu proprio il Bramante, uno dei maggiori sostenitori di Raffaello Sanzio, a suggerire al pontefice il nome di Michelangelo, conosciuto soprattutto come scultore. Tra il Buonarroti e il genio urbinate si stava consumando un'aperta rivalità, e il primo architetto del papa, sicuro che Michelangelo non sarebbe stato in grado di eguagliare i capolavori di Raffaello, secondo l'autore delle Vite trovò questo espediente per "levarselo dinanzi". Anche per la soluzione di mettere a punto dei ponteggi idonei a quell'impresa (la volta è a 20 metri da terra), Bramante elargì consigli dubbi, tali da danneggiare lo stesso edificio. Capita l'antifona, prosegue il Vasari, l'artista fiorentino decise di costruirsi da solo l'impalcatura e affrontò quell'immane lavoro con pochi collaboratori fidatissimi. I problemi arrivarono subito con lo strato di intonaco steso sulla volta, che cominciò ad ammuffire perché troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela creata da uno dei suoi assistenti, Jacopo l'Indaco. Questa non solo resistette alla muffa, ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana. Inizialmente il Buonarroti era stato incaricato di dipingere solo dodici figure, gli Apostoli, ma presto l'impegno cambiò. Su sua richiesta, ritenendo il progetto iniziale "cosa povera", ricevette da Giulio II un secondo incarico che lasciava all'artista la piena ideazione del programma. In solitudine Michelangelo si mise all'opera e concepì una possente architettura in cui inserì nove Storie centrali, raffiguranti episodi della Genesi, con ai lati figure di Ignudi, a sostenere medaglioni con scene tratte dal Libro dei Re. Alla base della struttura architettonica, ecco i dodici Veggenti, Profeti e Sibille, assisi su troni monumentali contrapposti più in basso agli Antenati di Cristo, raffigurati nelle Vele e nelle Lunette. Nei quattro Pennacchi angolari, l'artista rappresentò infine alcuni episodi della salvazione miracolosa del popolo d'Israele. Durante l'impresa, Michelangelo pretese che nessuno vedesse il suo capolavoro, rifiutando regolarmente le richieste di Giulio II di ammirare, insieme alla sua corte, lo stato dei lavori. Il rivale Raffaello, che in realtà ne comprendeva il genio, riuscì nel 1510 a contemplare parzialmente la prima parte degli affreschi e ne rimase così colpito da inserire un ritratto di Michelangelo (l'Eraclito) nella Scuola d'Atene. E quando fu necessario smontare parte dei ponteggi, anche il papa e il suo seguito videro quello che il Buonarroti stava realizzando. L'artista stesso si rese conto che doveva portare delle modifiche al suo modo di dipingere. Nelle scene del Peccato originale e della Cacciata dal Paradiso Terrestre e nella Creazione di Eva la raffigurazione divenne quindi più spoglia, con corpi più grandi e massicci, accentuando la grandiosità delle immagini. Ma non cedette mai alle pressioni del pontefice per aggiungere più oro e decorazioni. Nel tardo pomeriggio del 31 ottobre 1512, Giulio II inaugurò la conclusione della volta della Cappella Sistina celebrando la liturgia dei Vespri alla vigilia di Ognissanti. Lo stesso gesto che per omaggio al capolavoro assoluto di Michelangelo ripeterà a 500 anni di distanza esatti Papa Benedetto XVI.

Nicoletta Castagni, Ansa

Benedetto XVI: preghiera e solidarietà per alleviare il dolore dei familiari delle vittime e offrire aiuto ai danneggiati dall'uragano nei Caraibi. Ricordo le popolazioni della Basilicata e della Calabria che hanno subito un terremoto



"Nei giorni scorsi un devastante uragano, che si è abbattuto con particolare violenza su Cuba, Haiti, la Giamaica e le Bahamas, ha causato vari morti e ingenti danni, costringendo numerose persone a lasciare le proprie case". Lo ha ricordato Benedetto XVI nell'appello pronunciato subito dopo la preghiera dell'Angelus in Piazza San Pietro. "Desidero assicurare la mia vicinanza e il mio ricordo - ha aggiunto il Pontefice - a coloro che sono stati colpiti da questo disastro naturale, mentre invito tutti alla preghiera e alla solidarietà, per alleviare il dolore dei familiari delle vittime e offrire aiuto alle migliaia di danneggiati". Al termine dei saluti post-Angelus in sette lingue, Benedetto XVI ha ricordato anche gli abitanti delle località calabresi e lucane nei pressi del massiccio del Pollino, colpite venerdì scorso da una forte scossa di terremoto che ha provocato numerosi danni. Il Papa ha promesso la propria solidarietà spirituale: “Assicuro un ricordo nella preghiera per le popolazioni della Basilicata e della Calabria che hanno subito un terremoto nei giorni scorsi. A tutti auguro una buona domenica e anche una buona festa di Tutti i Santi”.

TMNews, Radio Vaticana

Il Papa: dal Sinodo esce rafforzato l’impegno per il rinnovamento spirituale della Chiesa, per poter rinnovare spiritualmente il mondo secolarizzato, dalla riscoperta di Gesù, della sua verità e della sua grazia, del suo 'volto' così umano e insieme così divino, sul quale risplende il mistero trascendente di Dio

Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana con i Padri sinodali per la conclusione della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.  Con il Sinodo dei vescovi, ha ricordato il Pontefice, “per tre settimane ci siamo confrontati sulla realtà della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana: tutta la Chiesa era rappresentata e, dunque, coinvolta in questo impegno, che non mancherà di dare i suoi frutti, con la grazia del Signore. Prima di tutto però il Sinodo è sempre un momento forte di comunione ecclesiale, e per questo desidero insieme con tutti voi ringraziare Dio, che ancora una volta ci ha fatto sperimentare la bellezza di essere Chiesa, e di esserlo proprio oggi, in questo mondo così com’è, in mezzo a questa umanità con le sue fatiche e le sue speranze”. Molto significativa, per il Santo Padre, è stata “la coincidenza di questa Assemblea sinodale con il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e quindi con l’inizio dell’Anno della fede”. “Ripensare al beato Giovanni XXIII, al servo di Dio Paolo VI, alla stagione conciliare, è stato – a giudizio di Benedetto XVI - quanto mai favorevole, perché ci ha aiutato a riconoscere che la nuova evangelizzazione non è una nostra invenzione, ma è un dinamismo che si è sviluppato nella Chiesa in modo particolare dagli anni ‘50 del secolo scorso, quando apparve evidente che anche i Paesi di antica tradizione cristiana erano diventati, come si suol dire, ‘terra di missione’”. Così è emersa “l’esigenza di un annuncio rinnovato del Vangelo nelle società secolarizzate, nella duplice certezza che, da una parte, è solo Lui, Gesù Cristo, la vera novità che risponde alle attese dell’uomo di ogni epoca, e dall’altra, che il suo messaggio chiede di essere trasmesso in modo adeguato nei mutati contesti sociali e culturali”. Oltre ad anticipare che offrirà a tutta la Chiesa una sintesi organica e indicazioni coerenti dell’Assemblea appena conclusa, Benedetto XVI ha affermato che “da questo Sinodo esce rafforzato l’impegno per il rinnovamento spirituale della Chiesa stessa, per poter rinnovare spiritualmente il mondo secolarizzato; e questo rinnovamento verrà dalla riscoperta di Gesù Cristo, della sua verità e della sua grazia, del suo ‘volto’, così umano e insieme così divino, sul quale risplende il mistero trascendente di Dio”.
Anche nei saluti in varie lingue, il Papa ha parlato del Sinodo. In spagnolo, ha chiesto di pregare affinché “questo evento ecclesiale produca abbondanti frutti nella vita della Chiesa” e ha rinnovato l’invito a pregare Maria attraverso il rosario “affidandole tutte le nostre difficoltà, sfide e gioie, affinché le presenti a suo figlio Gesù Cristo, luce del mondo e speranza dell’uomo”. In polacco ha ricordato che “la nuova evangelizzazione è compito di ognuno di noi, esige da noi l’intensificazione nello zelo, la rinascita della vita sacramentale, il ritorno alle pratiche di pietà da parte di coloro che si sono allontanati dalla Chiesa, l’annunzio del messaggio di Cristo a tutti coloro che non lo conoscono. Lo Spirito di Dio ravvivi i nostri cuori con la forza della fede, desti il bisogno di rimanere nella vicinanza con Dio”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS
 

Il Papa: in questi giorni ci siamo confrontati sull’urgenza di annunciare nuovamente Cristo là dove la luce della fede si è indebolita, là dove il fuoco di Dio è come un fuoco di brace, che chiede di essere ravvivato, perché sia fiamma viva che dà luce e calore a tutta la casa

Nella mattinata di oggi, XXX Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto nella Basilica Vaticana la Celebrazione Eucaristica con i Padri sinodali, in occasione della conclusione della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".
L'omelia del Pontefice è stata dedicata al miracolo della guarigione del cieco Bartimeo dal Vangelo di Marco. "La sua - ha sottolineato - è l'ultima guarigione prodigiosa che Gesù compie prima della sua passione, e non a caso è quella di un cieco, una persona cioè i cui occhi hanno perso la luce". "Egli - ha osservato il Papa - non è cieco dalla nascita, ma ha perso la vista: è l'uomo che ha perso la luce e ne è consapevole, ma non ha perso la speranza, sa cogliere la possibilità di incontro con Gesù e si affida a Lui per essere guarito". “Bartimeo rappresenta l’uomo che riconosce il proprio male e grida al Signore, fiducioso di essere sanato. La sua invocazione, semplice e sincera, è esemplare” ha ricordato il Papa. Nell’incontro con Cristo, vissuto con fede, “Bartimeo riacquista la luce che aveva perduto, e con essa la pienezza della propria dignità: si rialza in piedi e riprende il cammino, che da quel momento ha una guida, Gesù, e una strada, la stessa che Gesù percorre”. Ricordando l’osservazione di Sant’Agostino che Bartimeo fosse una persona decaduta da una condizione di “grande prosperità”, il Papa ha evidenziato che questa interpretazione “ci invita a riflettere sul fatto che ci sono ricchezze preziose per la nostra vita che possiamo perdere, e che non sono materiali”. In questa prospettiva, “Bartimeo potrebbe rappresentare quanti vivono in regioni di antica evangelizzazione, dove la luce della fede si è affievolita, e si sono allontanati da Dio, non lo ritengono più rilevante per la vita: persone che perciò hanno perso una grande ricchezza, sono ‘decadute’ da un’alta dignità - non quella economica o di potere terreno, ma quella cristiana -, hanno perso l’orientamento sicuro e solido della vita e sono diventati, spesso inconsciamente, mendicanti del senso dell’esistenza”.
Sono “le tante persone che hanno bisogno di una nuova evangelizzazione, cioè di un nuovo incontro con Gesù”, che “può aprire nuovamente i loro occhi e insegnare loro la strada”. La "Parola di Dio ha qualcosa da dire in modo particolare a noi, che in questi giorni ci siamo confrontati sull’urgenza di annunciare nuovamente Cristo là dove la luce della fede si è indebolita, là dove il fuoco di Dio è come un fuoco di brace, che chiede di essere ravvivato, perché sia fiamma viva che dà luce e calore a tutta la casa". “La nuova evangelizzazione – ha evidenziato il Pontefice - riguarda tutta la vita della Chiesa. Essa si riferisce, in primo luogo, alla pastorale ordinaria che deve essere maggiormente animata dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori dei fedeli che regolarmente frequentano la comunità e che si radunano nel giorno del Signore per nutrirsi della sua Parola e del Pane di vita eterna”. Il Santo Padre ha sottolineato tre linee pastorali emerse dal Sinodo: “La prima riguarda i Sacramenti dell’iniziazione cristiana”, con la riaffermazione dell’“esigenza di accompagnare con un’appropriata catechesi la preparazione al Battesimo, alla Cresima e all’Eucaristia” e dell’“importanza della Penitenza”. Attraverso questo itinerario sacramentale passa “la chiamata del Signore alla santità, rivolta a tutti i cristiani”. Infatti, “i veri protagonisti della nuova evangelizzazione sono i Santi: essi parlano un linguaggio a tutti comprensibile con l’esempio della vita e con le opere della carità”. La nuova evangelizzazione, ha proseguito Benedetto XVI, è “essenzialmente connessa con la missione ad gentes. La Chiesa ha il compito di evangelizzare, di annunciare il messaggio di salvezza agli uomini che tuttora non conoscono Gesù Cristo”.
Anche nelle riflessioni sinodali “è stato sottolineato che esistono tanti ambienti in Africa, in Asia e in Oceania i cui abitanti aspettano con viva attesa, talvolta senza esserne pienamente coscienti, il primo annuncio del Vangelo”. Pertanto “occorre pregare lo Spirito Santo affinché susciti nella Chiesa un rinnovato dinamismo missionario i cui protagonisti siano, in modo speciale, gli operatori pastorali e i fedeli laici”. La globalizzazione, poi, “ha causato un notevole spostamento di popolazioni”; pertanto, “il primo annuncio si impone anche nei Paesi di antica evangelizzazione”. Un terzo aspetto riguarda “le persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo”. Nel corso dei lavori sinodali “è stato messo in luce che queste persone si trovano in tutti i continenti, specialmente nei Paesi più secolarizzati. La Chiesa ha un’attenzione particolare verso di loro, affinché incontrino nuovamente Gesù Cristo”. Oltre ai metodi pastorali tradizionali, “sempre validi”, “la Chiesa cerca di adoperare anche metodi nuovi, curando pure nuovi linguaggi, appropriati alle differenti culture del mondo, proponendo la verità di Cristo con un atteggiamento di dialogo e di amicizia che ha fondamento in Dio che è Amore". In varie parti del mondo, “la Chiesa ha già intrapreso tale cammino di creatività pastorale”, come alcune “missioni cittadine”, il “Cortile dei gentili” e la “missione continentale”. I nuovi evangelizzatori, ha precisato il Papa, come Bartimeo, sono “persone che hanno fatto l’esperienza di essere risanati da Dio, mediante Gesù Cristo. E la loro caratteristica è una gioia del cuore”, che deriva dall’incontro con Cristo. Di qui, l’invito conclusivo, sulla scia di San Clemente di Alessandria, a “cancellare l’oblio della verità; l’ignoranza”, per “contemplare il vero Dio”.

TMNews, SIR, Radio Vaticana

CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI - il testo integrale dell'omelia del Papa
 

Dove e in che modo nasce il Bollettino del Sinodo dei vescovi: poco più di trenta persone per una macchina perfetta al servizio dei giornalisti

Poco più di trenta persone per una macchina perfetta che i giornalisti conoscono come “Bollettino del Sinodo”. Per capire come e dove questo piccolo miracolo in cinque lingue si compie ad ogni Assemblea sinodale, siamo andati a visitare gli uffici del Fungo. Si, non meravigliatevi del nome. L’entrata degli uffici affaccia su una piazzetta alle spalle del possente edificio dell’Aula Paolo VI contraddistinta da una strana struttura che tutti chiamano da sempre “il fungo”. In effetti è una specie di tettoia costruita per riparare dalla pioggia chi arriva in auto nel retro dell’Aula in automobile, primo fra tutti il Papa. La piazza oggi è intitolata a Giovanni Paolo II, ma nessuno la chiama così. Entrando per una porta, non proprio vistosa, si arriva ad una scaletta e su, su fino ad una serie di uffici e stanze. Scrivanie e computer, cartelle, fogli, sono disposti in un modo da rendere il lavoro funzionale. Ma di questo ti accorgi solo in un secondo momento. A dirigere la struttura Vik Van Brentegem, assistente della Sala Stampa della Santa Sede conosciuto dai giornalisti soprattutto per il suo ruolo di organizzatore del lavoro della stampa durante i viaggi del Papa. Il Bollettino del Sinodo è di fatto una parte del lavoro della Sala Stampa che per il periodo sinodale offre questo servizio speciale. Sulla scrivania di Van Brantegem, ad indicare chi è in effetti il vero direttore del lavoro, c’è un crocifisso. Non uno qualsiasi ma il bozzetto di un’opera d’arte di Francesco Somaini. E la giornata inizia sempre con la preghiera. Durante il Sinodo per la Nuova Evangelizzazione ogni giorno si leggono le vite dei Santi. Poi si inizia il lavoro. L’ufficio del Fungo è in contatto diretto con la Segreteria Generale del Sinodo. Dalla Segreteria arrivano i testi e le sintesi degli interventi che i Padri sinodali preparano per l’Assemblea. I formati sono i più diversi, nonostante il tentativo si renderli omogenei, e le lingue ovviamente sono le cinque lingue ufficiali del Sinodo: italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo. E qui comincia il lavoro dei traduttori. Con un sofisticato sistema di editor ognuno riceve il testo su cui lavorare. Si traduce dalle diverse lingue alla propria lingua madre. Tutti professionisti che eccellono in precisione e velocità. Ognuno riceve un ordine del giorno che segue il ritmo dei lavori in Aula. Con un sistema di codici, sigle e colori ognuno sa esattamente quel è il suo compito e sa comprendere il percorso che ogni testo fa per arrivare alla pubblicazione ufficiale sul Bollettino. Così una sigla fa capire chi è l’autore del testo, qual è la lingua originale, quante versioni ne sono state fatte e perfino a che ora la traduzione è stata completata. C’è una sigla per capire chi lo ha tradotto e chi lo ha controllato così da poter risalire ad eventuali errori. Si controllano le citazioni bibliche e dei documenti del Magistero, e tutto ogni volta per le cinque lingue. Esiste poi la edizione plurilingue che pubblica i testi così come sono stati presentati. Ogni edizione ha un colore, per rendere facile il lavoro anche dei giornalisti, e il colore è anche un elemento utile per i traduttori che sanno che le comunicazioni che li riguardano arrivano sul loro tavolo su una luminosa carta gialla. Un controllo dopo l’altro, un passo dopo l’altro le parole dei Padri sinodali diventano testi per i giornalisti ma anche per tutti coloro che vogliono seguire i lavori sinodali. Il Bollettino infatti viene anche pubblicato on line in tempo reale sul sito della Santa Sede. La sala centrale dove si trovano i traduttori sembra un ufficio consolidato da anni. In effetti ad ogni sinodo viene montato e smontato alla fine dei lavori. Ma certo la struttura è stata messa a punto negli anni. Ci sono editori, responsabili del menabò, coordinatori che permettono anche ai vari relatori per i media di preparare i loro briefing quotidiani. Si perché se il lavoro al Fungo è un lavoro nascosto, c’è anche il lavoro di cinque relatori, uno per ogni lingua, che hanno il compito di raccontare il sinodo ai giornalisti. Uno tra loro, monsignor Giorgio Costantino, ha iniziato nel 1990 e oggi è il punto di riferimento per i nuovi arrivati. Il lavoro si svolge così intenso e imprevedibile, ma perfettamente organizzato per le tre settimane durante le quali si celebra il Sinodo. A pochi metri intanto il Papa e i Sodales tengono le relazioni e gli interventi liberi. Interventi che non saranno pubblicati, rimangono la parte più privata del dibattito sinodale insieme al dibattito che si svolge nei Circoli minori, gruppi di lavoro divisi per lingue dove di preparano le Proposizioni che poi verranno votate e presentate al Papa. Tutti i testi del Sinodo vengono pubblicati nel Bollettino che alla fine viene raccolto in un unico volume che viene inviato ai dicasteri vaticani e alle università. Un documento per la storia. Oggi alla fine della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi saranno stati pubblicati più o meno 32 bollettini. Spesso i giornalisti guardano con indifferenza, questa carta colorata ammassata su di un tavolo, e dimenticano che ognuna di quelle pagine è il frutto del lavoro di un gruppo di giovani e meno giovani senza dei quali il Sinodo rimarrebbe chiuso nella mura dell’Aula.

Angela Ambrogetti, Korazym.org