giovedì 30 giugno 2011

60° anniversario di Ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI. Il video commemorativo della Fondazione Vaticana 'Joseph Ratzinger'

Per festeggiare con il Papa i 60 anni di sacerdozio giunti a Roma il fratello Georg e altri tre dei sacerdoti consacrati il 29 giugno 1951 a Frisinga

Per festeggiare insieme con il Papa il 60° anniversario di Ordinazione sacerdotale sono giunti a Roma altri quattro dei sacerdoti consacrati il 29 giugno 1951 a Frisinga. Lo rivela L'Osservatore Romano. Si tratta del fratello del Pontefice, mons. Georg Ratzinger, e dei sacerdoti Fritz Zimmermann, Bernhard Schweiger e Rupert Berger, che come i due Ratzinger celebrò la prima Messa a Traunstein l'8 luglio successivo. "Altri, per l'età - spiega il giornale vaticano - non sono potuti venire, mentre la maggior parte degli amici di quel giorno vive nella comunione dei Santi". Alla Messa nella Basilica Vaticana c'è stata anche "la partecipazione di alcuni gruppi e fedeli in abiti tradizionali del suo Paese".

Agi

I primi dati sulle visite a 'news.va', il portale che riunisce i media vaticani. Il 60° di Ordinazione di Joseph Ratzinger la notizia più cliccata

La statistica, recita un vecchio adagio, è quella scienza secondo la quale se una persona mangia un pollo e un’altra resta digiuna risulterà che ognuna delle due ne ha consumato mezzo. Questo non significa che i dati non servano a nulla, ma che bisogna saperli leggere, incrociare, valutare e illustrare, e occorre farlo con prudenza. L’operazione, ancora più complessa quando ci si confronta con internet, risulta però meno faticosa quando l’esito sembra conforme alle proprie aspettative, cosa che sta avvenendo in questi giorni per quanto riguarda l’analisi degli accessi a www.news.va, il nuovo portale dei media vaticani. Ideato dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali e inaugurato dallo stesso Benedetto XVI, che nel pomeriggio di martedì 28 giugno ha lanciato il primo tweet (foto), nel primo giorno il sito dove vengono convogliati contributi della Sala Stampa, del Vatican Information Service, della Radio Vaticana, del Centro Televisivo Vaticano, dell’agenzia Fides e de L'Osservatore Romano ha registrato 257.632 visite provenienti da oltre duecento Paesi del mondo. Come era prevedibile un ruolo predominante è spettato agli internauti di lingua inglese, esito confermato anche sui socialnetwork Twitter e Facebook: nel primo i riscontri diretti sono stati 77.321, dei quali quasi 60.000 provenienti da utenti di lingua inglese, nel secondo i "mi piace", oltre 7.000. Un piccolo primato, in questo avvio particolarmente riuscito, spetta proprio a L’Osservatore Romano, 'Unicuique suum' verrebbe da dire, anche se sarebbe inopportuno indirizzare il 'Non praevalebunt' che segue ai fratelli minori (per età) delle altre istituzioni vaticane. In realtà il quotidiano ha avuto il solo merito di adempiere al proprio dovere, mettendo d’apertura in prima pagina un testo intitolato "Il momento più importante della mia vita - Sessant’anni fa, il 29 giugno 1951, Joseph Ratzinger veniva ordinato sacerdote", che è risultato essere il più cliccato con 12.991 visite da internauti anglofoni e oltre 3.463 da navigatori di lingua italiana.

Marcello Filotei, L'Osservatore Romano

E' morto il card. Georg Sterzinsky. Il Papa: suo lungo operare caratterizzato alla conciliazione, unì la diocesi di Berlino come vescovo di tutti

Un vescovo che ha dedicato “il suo lungo operato al servizio della riconciliazione”. Così Benedetto XVI ricorda il card. Georg Sterzinsky (foto), arcivescovo emerito di Berlino, nel telegramma di condoglianze inviato oggi a mons. Matthias Heinrich, amministratore diocesano dell’arcidiocesi. Il card. Sterzinsky, scrive il Papa, “ha guidato una diocesi all’epoca divisa politicamente e con la caduta del Muro di Berlino e con l’unificazione della Germania unì la diocesi come vescovo di tutti”. Il suo “lungo operare”, soggiunge il Pontefice, “era soprattutto caratterizzato alla conciliazione”. “Aveva particolarmente a cuore le persone senza fissa dimora – sottolinea Benedetto XVI -, i rifugiati e gli immigrati e, attraverso la famiglia della Chiesa, ha cercato di offrire loro una patria”. Il Papa rivolge un pensiero anche agli ultimi anni di vita del card. Sterzinsky, segnata da una “lunga e grave malattia, che egli ha sopportato con pazienza e con fede”.
La Chiesa tedesca è, dunque, in lutto per la scomparsa del card. Sterzinsky. Dopo le difficoltà del secondo dopo guerra, che costrinsero la sua famiglia ad abbandonare la propria casa per trovare asilo nel 1946 a Thüringen, il futuro arcivescovo di Berlino cominciò a metà anni ’50 a svolgere studi filosofici e teologici presso il Seminario regionale di Erfurt. Nel 1960 è stato ordinato sacerdote. Per quindici anni, dal 1966 al 1981, è stato parroco della comunità di San Giovanni Battista nella Città Universitaria di Jena. Si trattava della più numerosa comunità parrocchiale compresa nel territorio della ex-Repubblica Democratica Tedesca. Successivamente, come amministratore apostolico dei Territori di Erfurt-Meiningen si è impegnato particolarmente in campo ecumenico. Il 28 maggio 1989 è stato eletto vescovo di Berlino, poi elevata a sede metropolitana. Dunque, come presule ha vissuto gli avvenimenti che hanno scandito l'abbattimento della cortina di ferro e il crollo del muro di Berlino. Nel 1990, con l’unificazione della Germania, anche la Conferenza Episcopale di Berlino è confluita nella Conferenza Episcopale di Germania, sotto la presidenza del vescovo di Mainz, Karl Lehmann. Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale nel Concistoro del 28 giugno 1991. Il Collegio cardinalizio è ora formato da 197 porporati di cui 114 elettori e 83 ultraottantenni. I cardinali tedeschi sono ora sette di cui 5 elettori e 2 ultraottantenni.

SIR, Radio Vaticana

Vian: Benedetto XVI ha dedicato e dedica ogni giorno della sua vita a scoprire la grandezza dell'amore di Dio e a cercare sempre più la sua amicizia

“Sull'amicizia - l'amicizia con Dio, l'amicizia cristiana, l'amicizia con ogni persona umana - Benedetto XVI ha modulato la sua omelia, una meditazione profonda sul sacerdozio rivolta a ogni fedele e a chiunque voglia ascoltare”. Lo scrive Gian Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, nel numero oggi in edicola, sulla celebrazione per la festa dei Santi Pietro e Paolo, nel 60° di Ordinazione sacerdotale della. Un ascolto possibile se si apre “il cuore alle parole di un uomo che ha dedicato e dedica ogni giorno della sua vita a scoprire la grandezza dell'amore di Dio e a cercare sempre più la sua amicizia. Per andare avanti, oltre ‘i confini dell'ambiente in cui viviamo, a portare il Vangelo nel mondo degli altri, affinché pervada il tutto e così il mondo si apra per il Regno di Dio’. Il Dio rivelatosi definitivamente in Gesù di Nazaret, che è ‘amico degli uomini’ e vuole dai suoi discepoli un frutto che rimanga: l'amore, che si può seminare nelle anime”. Secondo Vian, è allora “provvidenziale” che questo sessantesimo anniversario del sacerdozio di Benedetto XVI “cada negli stessi giorni in cui il quotidiano della Santa Sede compie un secolo e mezzo. Indicando al giornale che la strada è quella di ‘seguire il Dio che si mette in cammino, superando la pigrizia di rimanere adagiati su noi stessi, affinché Egli stesso possa entrare nel mondo’”.

SIR

Il sacerdozio di Benedetto XVI

Il Papa: 'L'Osservatore Romano' un 'giornale di idee', organo di formazione e non solo di informazione, mantenga fedelmente il compito di 150 anni

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al direttore de L’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, nella ricorrenza del 150° anniversario di fondazione del Quotidiano.
“Un lungo e significativo cammino ricco di gioie, di difficoltà, di impegno, di soddisfazioni, di grazia”. La ricorrenza, ha spiegato, “è innanzitutto motivo di ringraziamento a Dio pro universis beneficiis suis: per tutto quello, cioè, che la sua Provvidenza ha disposto in questo secolo e mezzo, durante il quale il mondo è cambiato profondamente, e per quanto dispone oggi, quando i cambiamenti sono continui e sempre più rapidi, soprattutto nell’ambito della comunicazione e dell’informazione”. Allo stesso tempo, offre anche “l’occasione per alcune riflessioni sulla storia e sul ruolo di tale quotidiano”, chiamato abitualmente “il giornale del Papa”. Il Papa ha ricordato che “L’Osservatore Romano ebbe origine in un contesto difficile e decisivo per il Papato, con la consapevolezza e la volontà di difendere e sostenere le ragioni della Sede Apostolica, che sembrava essere messa in pericolo da forze ostili". Fondato per iniziativa privata con l’appoggio del Governo pontificio, questo foglio serale si definì “politico religioso”, proponendosi come obiettivo “la difesa del principio di giustizia, nella convinzione, fondata sulla parola di Cristo, che il male non avrà l’ultima parola”. Questo obiettivo e questa convinzione sono stati espressi dai due celebri motti latini: “Unicuique suum” e, soprattutto, “Non praevalebunt”. "Nel 1870 la fine del potere temporale - avvertita poi come provvidenziale nonostante soprusi e atti ingiusti subiti dal Papato - non travolse - ha sottolineato il Pontefice - L'Osservatore Romano, né rese inutili la sua presenza e la sua funzione". Quindici anni dopo, la Santa Sede decise di acquisire la proprietà del quotidiano, e il controllo diretto da parte dell’autorità pontificia aumentò prestigio e autorevolezza del giornale, “che crebbero ulteriormente in seguito, soprattutto per la linea di imparzialità e di coraggio mantenuta di fronte alle tragedie e agli orrori che segnarono la prima metà del Novecento”. Seguirono “avvenimenti tragici”, ha riconosciuto il Pontefice: “il primo conflitto mondiale, che devastò l’Europa cambiandone il volto; l’affermarsi dei totalitarismi, con ideologie nefaste che hanno negato la verità e oppresso l’uomo; infine, gli orrori della shoah e della seconda guerra mondiale”. "In quegli anni tremendi, e poi durante il periodo della guerra fredda e della persecuzione anticristiana attuata dai regimi comunisti in molti Paesi, nonostante la ristrettezza dei mezzi e delle forze, il giornale della Santa Sede seppe informare con onestà e libertà, sostenendo l'opera coraggiosa di Benedetto XV, di Pio XI e di Pio XII in difesa della verità e della giustizia, unico fondamento della pace". Nella lettera è riportato anche quanto affermato nel 1961 dall'allora card. Giovanni Battista Montini, che due anni dopo sarebbe diventato Papa con il nome di Paolo VI, per il quale nel periodo più tragico del '900 "avvenne come quando in una sala si spengono tutte le luci, e ne rimane accesa una sola: tutti gli sguardi si dirigono verso quella rimasta accesa; e per fortuna questa era la luce vaticana, la luce tranquilla e fiammante, alimentata da quella apostolica di Pietro". E allora proprio "L'Osservatore apparve allora quello che, in sostanza, e' sempre: un faro orientatore". Nella seconda metà del Novecento, il giornale ha iniziato a circolare in tutto il mondo attraverso una serie di edizioni periodiche in diverse lingue. Attualmente sono otto, tra le quali, dal 2008, anche la versione in malayalam pubblicata in India, la prima interamente in caratteri non latini. Sempre dal 2008, “in una stagione difficile per i media tradizionali, la diffusione è sostenuta da abbinamenti con altre testate in Spagna, in Italia, in Portogallo, e ora anche da una presenza in Internet sempre più efficace”. Il Pontefice ha definito L'Osservatore Romano un “quotidiano 'singolarissimo' per le sue caratteristiche uniche”, indicando che in questo secolo e mezzo “ha innanzitutto dato conto del servizio reso alla verità e alla comunione cattolica da parte della Sede del Successore di Pietro”, senza dimenticare mai di “evidenziare anche la presenza, l’opera e la situazione delle comunità cattoliche nel mondo, che vivono talvolta in condizioni drammatiche”. “In questo tempo – segnato spesso dalla mancanza di punti di riferimento e dalla rimozione di Dio dall’orizzonte di molte società, anche di antica tradizione cristiana – il quotidiano della Santa Sede si presenta come un 'giornale di idee', come un organo di formazione e non solo di informazione”, ha segnalato il Pontefice. Per questo, ha esortato a “mantenere fedelmente il compito svolto in questo secolo e mezzo, con attenzione anche all’Oriente cristiano, all’irreversibile impegno ecumenico delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, alla ricerca costante di amicizia e collaborazione con l’Ebraismo e con le altre religioni, al dibattito e al confronto culturale, alla voce delle donne, ai temi bioetici che pongono questioni per tutti decisive”. “Continuando l’apertura a nuove firme – tra cui quelle di un numero crescente di collaboratrici – e accentuando la dimensione e il respiro internazionali presenti sin dalle origini del quotidiano, dopo centocinquant’anni di una storia di cui può andare orgoglioso, L’Osservatore Romano sa così esprimere la cordiale amicizia della Santa Sede per l’umanità del nostro tempo, in difesa della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio e redenta da Cristo”, ha concluso.

TMNews, Zenit

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL DIRETTORE DE L’OSSERVATORE ROMANO NELLA RICORRENZA DEL 150° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DEL QUOTIDIANO

Il Papa: l'amore per Cristo, a cui nulla deve essere anteposto, il requisito necessario per il servizio pastorale degli arcivescovi metropoliti

Questa mattina, nell’Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza gli arcivescovi metropoliti ai quali, ieri, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ha imposto il Pallio, accompagnati dai familiari e dai fedeli delle rispettive diocesi.
“Sono ancora vivi – ha detto il Papa nel discorso - nella mente e nel cuore di tutti noi i sentimenti e le emozioni che abbiamo vissuto ieri nella Basilica Vaticana, in occasione della celebrazione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nella quale ho avuto la gioia di imporre il Pallio a voi, arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’ultimo anno”. “L’odierno incontro, semplice e familiare – ha proseguito -, mi offre l’opportunità di prolungare il clima di comunione ecclesiale e di rinnovare il mio cordiale saluto a voi, cari fratelli nell’episcopato, come pure ai vostri familiari ed alle personalità che hanno voluto partecipare a questo lieto evento. Estendo il mio affettuoso pensiero alle vostre Chiese particolari, che ricordo nella preghiera affinché siano animate da costante slancio apostolico”. Quindi, salutando mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, e mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, ha rivolto agli arcivescovi metropoliti una particolare benedizione: “Il Signore vi benedica sempre e vi aiuti, nel vostro quotidiano ministero episcopale, a far crescere le comunità a voi affidate unite e missionarie, concordi nella carità, ferme nella speranza e ricche del dinamismo della fede”. Parlando quindi in francese, il Pontefice si è soffermato sul valore del Pallio imposto ai nuovi metropoliti nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo: “Voi che avete ricevuto il pallio, segno liturgico che esprime il particolare legame di comunione con il Successore di Pietro – ha detto – siate testimoni gioiosi e fedeli dell’amore del Signore” che cerca di riunire i suoi figli nell’unità della stessa famiglia. Sul valore della stola del Pallio si è anche soffermato parlando in lingua inglese. “Il Pallio - ha osservato – viene ricevuto dalle mani del Successore di Pietro e indossato dagli arcivescovi come segno di comunione nella fede e nell’amore” nella guida del Popolo di Dio. Il Pallio, ha soggiunto, richiama i vescovi “alla responsabilità di essere pastori secondo il cuore di Gesù”. Un legame, quello con la Sede Apostolica, che il Papa ha rammentato anche nei saluti in lingua spagnola. Il Pontefice ha così concluso il suo intervento tornando a parlare in italiano. Ha ringraziato il Signore per la “sua infinita bontà” nel “donare Pastori alla sua Chiesa”, ed ha assicurato loro la sua vicinanza: “A voi, cari arcivescovi metropoliti, assicuro la mia spirituale vicinanza e il mio orante sostegno al vostro servizio pastorale, il cui requisito necessario è l'amore per Cristo, a cui nulla deve essere anteposto”. Benedetto XVI, in conclusione, ha ripreso un’esortazione di San Cipriano: “Assolutamente nulla anteporre a Cristo, poiché neanche Lui ha preferito qualcosa a noi. Volontà di stare inseparabilmente uniti al suo amore, rimanere accanto alla sua croce con coraggio e dargli ferma testimonianza".

SIR, Radio Vaticana

Agli arcivescovi metropoliti che hanno ricevuto il Pallio (30 giugno 2011) - il testo integrale del discorso del Papa

Conferimento del 'Premio Ratzinger': un Papa che insegna a porre la questione di Dio per accompagnare gli uomini in ricerca alla fonte della vita vera

Un Papa che “ci insegna a porre la questione di Dio per accompagnare gli uomini assetati e in ricerca alla fonte della vita vera, della vita piena”. E’ il profilo di Papa Benedetto XVI, tracciato da mons. Giuseppe Scotti, presidente della Fondazione vaticana “Joseph Ratzinger-Benedetto XVI”, nella presentazione del “Premio Ratzinger”, che il Papa ha conferito oggi a tre teologi, in occasione del 60° anniversario della sua Ordinazione sacerdotale. “In diverse occasioni, a Roma e in varie capitali europee – ha ricordato mons. Scotti riferendosi a Benedetto XVI - ebbe a ricordare a quanti l’hanno accolto e ascoltato che ‘la questione di Dio non è un pericolo per la società, essa non mette in pericolo la vita umana! La questione di Dio non deve essere assente dai grandi interrogativi del nostro tempo’”. “Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell'ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture”, ha detto il relatore citando il discorso del Papa a Regensburg nel 2006. Un concetto, questo, ribadito recentemente, quando il Papa, nell’Angelus del 1° gennaio di quest’anno, ha menzionato “due tendenze opposte, due estremi entrambi negativi: da una parte il laicismo, che, in modo spesso subdolo, emargina la religione per confinarla nella sfera privata; dall’altra il fondamentalismo, che invece vorrebbe imporla a tutti con la forza”. Dopo aver espresso l’augurio per il sessantesimo anniversario dell’Ordinazione sacerdotale, ha voluto rinnovare il ricordo dell’emozione provata il 19 aprile 2005 quando "riconoscendo e accettando nella designazione dei cardinali la volontà di Dio, Ella - ha detto - si è tratteggiato come 'semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore'". Spiegando poi il senso del premio mons. Scotti ha sottolineato il fatto che "decidendo di assegnare un così alto riconoscimento a tre illustri teologi, Ella dice nuovamente a tutti, con la mitezza di chi in prima persona si fa quotidiano discepolo della Verità, che 'c’è una teologia che vuole conoscere di più per amore dell’amato', una teologia che “è stimolata dall’amore e guidata dall’amore, vuole conoscere di più l’amato. E questa è la vera teologia, che viene dall’amore di Dio'". A tracciare il profilo dei premiati, oltre alle parole di lode del Santo Padre, è stato il card. Camillo Ruini, presidente del Comitato scientifico della Fondazione: del prof. Simonetti, studioso di letteratura cristiana antica ha evidenziato “l’attenzione primaria ai testi, trattati con grande acutezza e perizia filologica e interrogati con penetrante acutezza”, del prof. Gonzalez teologo di fama internazionale, ha sottolineato il bagaglio di ampia conoscenze che ne fa un punto di riferimento nel panorama culturale in Spagna, del prof Heim, abate del monastero di Heiligenkreutz in Austria, ha ricordato la tesi di dottorato, “uno dei più acuti e importanti contributi allo studio del pensiero teologico” di Joseph Ratzinger.
L’abate Maximilian Hein ha parlato in nome dei tre premiati, ricordando tra le altre cose che oggi esiste una grande “chance”: “Come teologi possiamo cercare senza timore la verità, dal momento che il teologo non forma la verità, ma è la verità che forma il teologo. Non potremmo quindi cercare la verità se noi stessi non l’avessimo già incontrata. Da questo incontro possiamo nutrire speranza e avanzare nella fede. Per questo impresa è necessario il sostegno dei grandi teologi della storia della Chiesa, soprattutto dei Padri della Chiesa e dei Dottori della Chiesa”.

SIR, Radio Vaticana, Zenit

Il Papa: della teologia l’umiltà che si lascia 'toccare' da Dio, la disciplina che si lega all’ordine della ragione e preserva l’amore dalla cecità

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha conferito per la prima volta il "Premio Ratzinger" istituito dalla "Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI" a tre studiosi di teologia, il prof. Manlio Simonetti, italiano, laico, studioso di Letteratura cristiana antica e Patrologia, il prof. Olegario González de Cardedal, sacerdote spagnolo, docente di Teologia sistematica, il prof. Maximilian Heim, cistercense, tedesco, Abate del Monastero di Heiligenkreuz in Austria e docente di Teologia fondamentale e dogmatica.
All’inizio del suo discorso il Papa ha voluto ricordare i meriti dei premiati esprimendo "gioia e gratitudine" per il fatto che, con la consegna del suo premio teologico, la Fondazione che porta il suo nome dà "pubblico riconoscimento all'opera condotta nell'arco di un'intera vita da due grandi teologi, e ad un teologo della generazione piu' giovane dia un segno di incoraggiamento per progredire sul cammino intrapreso". "Con il professor Gonzalez de Cardedal - ha ricordato - mi lega un cammino comune di molti decenni. Entrambi abbiamo iniziato con San Bonaventura e da lui ci siamo lasciati indicare la direzione". "In una lunga vita di studioso, il professor Gonzalez - sono state le parole di Benedetto XVI - ha trattato tutti i grandi temi della teologia, e ciò non semplicemente riflettendone e parlandone a tavolino, bensì sempre confrontato al dramma del nostro tempo, vivendo e anche soffrendo in modo del tutto personale le grandi questioni della fede e con ciò le questioni dell'uomo d'oggi. In tal modo, la parola della fede non è una cosa del passato; nelle sue opere diventa veramente a noi contemporanea". "Il professor Simonetti - ha detto ancora il Pontefice - ci ha aperto in modo nuovo il mondo dei Padri. Proprio mostrandoci, dal punto di vista storico, con precisione e cura ciò che dicono i Padri, essi diventano persone a noi contemporanee, che parlano con noi". Infine ha sottolineato che "il padre Maximilian Heim è stato recentemente eletto abate del monastero di Heiligenkreuz presso Vienna - un monastero ricco di tradizione - assumendo con ciò il compito di rendere attuale una grande storia e di condurla verso il futuro".
"In questo - ha concluso Papa Benedetto - spero che il lavoro sulla mia teologia, che egli ci ha donato, possa essergli utile e che l'Abbazia di Heiligenkreuz possa, in questo nostro tempo, sviluppare ulteriormente la teologia monastica, che sempre ha accompagnato quella universitaria, formando con essa l'insieme della teologia occidentale". Che cos’è veramente la teologia? Si è chiesto poi Benedetto XVI, cogliendo l’occasione per offrire una dotta dissertazione. “La teologia”, ha premesso, secondo la tradizione “è scienza della fede”. “Ma qui sorge subito la domanda: è davvero possibile? O non è questo in sé una contraddizione? Scienza non è forse il contrario di fede? Non cessa la fede di essere fede, quando diventa scienza? E non cessa la scienza di essere scienza quando è ordinata o addirittura subordinata alla fede?". “Questioni”, queste, che “già per la teologia medievale rappresentavano un serio problema”, ma che “con il moderno concetto di scienza sono diventate ancora più impellenti, a prima vista addirittura senza soluzione”. “Se la teologia si ritira totalmente nel passato, lascia oggi la fede nel buio”: con questa affermazione Benedetto XVI ha spiegato la necessità di non relegare la teologia soltanto al “campo della storia”, operazione che tuttavia ha consentito di realizzare “opere grandiose”. Concentrarsi, invece, “sulla prassi, per mostrare come la teologia, in collegamento con la psicologia e la sociologia, sia una scienza utile che dona indicazioni concrete per la vita”, per il Papa “è importante, ma se la prassi è riferita solo a se stessa, oppure vive unicamente dei prestiti delle scienze umane, allora la prassi diventa vuota e priva di fondamento”. “E’ vero ciò in cui crediamo oppure no?”: questa, per il Santo padre, la “vera domanda”, perché “nella teologia è in gioco la questione circa la verità”, che è “il suo fondamento ultimo ed essenziale”. “Se Cristo è il Logos, la verità – ha spiegato il Papa - l’uomo deve corrispondere a Lui con il suo proprio logos, con la sua ragione. Per arrivare fino a Cristo, egli deve essere sulla via della verità”. “La fede cristiana, per la sua stessa natura – ha detto il Pontefice - deve suscitare la teologia, doveva interrogarsi sulla ragionevolezza della fede, anche se naturalmente il concetto di ragione e quello di scienza abbracciano molte dimensioni, e così la natura concreta del nesso tra fede e ragione doveva e deve sempre nuovamente essere scandagliata”. “Per quanto si presenti dunque chiara nel cristianesimo il nesso fondamentale tra Logos, verità e fede, la forma concreta di tale nesso ha suscitato e suscita sempre nuove domande”, ha fatto notare il Papa, che sulla scorta di San Bonaventura si è soffermato su “un duplice uso della ragione”: il “dispotismo della ragione”, che “si fa giudice supremo di tutto” ed il cui uso “è certamente impossibile nell’ambito della fede”, e un secondo uso della ragione, che “vale per l’ambito del ‘personale’, per le grandi questioni dello stesso essere uomini”, conciliabile invece con l’ambito della fede. Il primo uso della ragione può essere sintetizzato, ha affermato il Papa, con “un procedimento di prova sperimentale”: una “modalità”, cioè, di uso della ragione, che “nell’età moderna, ha raggiunto il culmine del suo sviluppo nell’ambito delle scienze naturali”. “La ragione sperimentale appare oggi ampiamente come l’unica forma di razionalità dichiarata scientifica”, partendo dalla convinzione che “ciò che non può essere scientificamente verificato o falsificato cade fuori dell’ambito scientifico”.
“Con questa impostazione sono state realizzate opere grandiose”, ha ammesso il Papa, definendola “giusta e necessaria nell’ambito della conoscenza della natura e delle sue leggi”: tuttavia, esiste “un limite a tale uso della ragione”, poiché “Dio non è un oggetto della sperimentazione umana”. Dio “è Soggetto e si manifesta soltanto nel rapporto da persona a persona: ciò fa parte dell’essenza della persona”. In questa prospettiva, Bonaventura fa cenno ad un secondo uso della ragione: “L’amore vuole conoscere meglio colui che ama. L’amore, l’amore vero, non rende ciechi, ma vedenti. Di esso fa parte proprio la sete di conoscenza, di una vera conoscenza dell’altro”. Per questo, i Padri della Chiesa, ha ricordato il Papa, “hanno trovato i precursori e gli antesignani del cristianesimo – al di fuori del mondo della rivelazione di Israele – non nell’ambito della religione consuetudinaria, bensì negli uomini in ricerca di Dio, nei filosofi: in persone che erano assetate di verità ed erano quindi sulla strada verso Dio”. “Quando non c’è questo uso della ragione – ha affermato il Santo Padre - allora le grandi questioni dell’umanità cadono fuori dell’ambito della ragione e vengono lasciate all’irrazionalità. Per questo un’autentica teologia è così importante. La fede retta orienta la ragione ad aprirsi al divino, affinché essa, guidata dall’amore per la verità, possa conoscere Dio più da vicino”. Fa quindi parte della teologia, ha concluso il Pontefice, “da un lato, l’umiltà che si lascia “toccare” da Dio, dall’altro, la disciplina che si lega all’ordine della ragione, preserva l’amore dalla cecità ed aiuta a sviluppare la sua forza visiva”. Ha concluso Benedetto XVI, questa la sfida insita nella teologia, di cui l’uomo ha bisogno:“perché essa ci spinge ad aprire la nostra ragione interrogandoci circa la verità stessa, circa il volto di Dio".

Agi, SIR, Radio Vaticana

CONFERIMENTO DEL "PREMIO RATZINGER" - il testo integrale del discorso del Papa