mercoledì 13 maggio 2009

Il Papa lascia Betlemme: i muri possono essere abbattuti. Prima è necessario rimuovere le barriere del cuore contro il prossimo

“I muri non durano per sempre. Essi possono essere abbattuti. Innanzitutto però è necessario rimuovere i muri che noi costruiamo attorno ai nostri cuori, le barriere che innalziamo contro il nostro prossimo”. Lo ha ribadito Benedetto XVI nel discorso che ha chiuso la sua visita a Betlemme. Rivolgendosi al presidente palestinese Mahmoud Abbas, il Papa ha ripercorso alcuni momenti della sua giornata “memorabile” nella città della Natività: “con angoscia, ho visto la situazione dei rifugiati, ho visto il muro che si introduce nei vostri territori, separando i vicini e dividendo le famiglie, circondare il vicino campo e nascondere molta parte di Betlemme”. Una vista, quella del muro, che ha riportato il Pontefice “ai tristi ricordi del muro” in Germania. “Venti anni fa, nel 1989, - ha affermato il Papa - quel muro venne giù, e così le divisioni che l'avevano provocato finalmente furono superate. L’esperienza di Berlino sia una fonte di speranza per i popoli di queste terre. Benché differenti fossero le circostanze, gli eventi del 1989 sottolineano il fatto che i muri non durano per sempre. Essi possono essere abbattuti. Innanzitutto però è necessario rimuovere i muri che noi costruiamo attorno ai nostri cuori, le barriere che innalziamo contro il nostro prossimo”.
Forte di questa certezza Benedetto XVI ha voluto lanciare “un rinnovato appello all’apertura e alla generosità di spirito, perché sia posta fine all'intolleranza ed all’esclusione. Non importa quanto intrattabile e profondamente radicato possa apparire un conflitto ci sono sempre dei motivi per sperare che esso possa essere risolto, che gli sforzi pazienti e perseveranti di quelli che operano per la pace e la riconciliazione, alla fine portino frutto”. “Il mio vivo augurio per voi, popolo della Palestina, è che ciò accada presto, e che voi finalmente possiate godere la pace, la libertà e la stabilità che vi sono mancate per così tanto tempo”. Il Papa non ha mancato di assicurare tutto il suo impegno “per esortare coloro che sono coinvolti nei negoziati di pace a lavorare per una soluzione giusta che rispetti le legittime aspirazioni di entrambi, Israeliani e Palestinesi”. A tale riguardo, “come importante passo in questa direzione” Benedetto XVI ha annunciato che “la Santa Sede desidera stabilire presto, in accordo con l'Autorità Palestinese, la Commissione Bilaterale di Lavoro Permanente che è stata delineata nell'Accordo di base, firmato in Vaticano il 15 febbraio 2000”.


Visita al campo profughi di Aida. Il Papa: tragico che vengano eretti muri. Coraggio e immaginazione per il difficile compito della pace

Dal campo profughi di Aida, a Betlemme, Benedetto XVI ha rinnovato oggi l’appello alla comunità internazionale e “a tutte le parti coinvolte perché esercitino la propria influenza in favore di una soluzione giusta e duratura, nel rispetto delle legittime esigenze di tutte le parti”, riconoscendo il diritto dei palestinesi e degli israeliani “di vivere in pace e con dignità”. “Gli sforzi diplomatici potranno avere successo – ha sottolineato il Papa, nell’ambito della sua visita in Terrasanta - soltanto se gli stessi palestinesi e israeliani saranno disposti a rompere con il ciclo delle aggressioni”. Benedetto XVI ha espresso parole di vicinanza e comprensione nei confronti dei palestinesi che vivono nel campo, “in condizioni precarie e difficili, con limitate opportunità di occupazione” e “legittime aspirazioni ad una patria permanente, ad uno Stato palestinese indipendente”, che “restano incompiute”. “Tutto il mondo desidera fortemente che sia spezzata questa spirale – ha affermato Benedetto XVI -, anela a che la pace metta fine alle perenni ostilità”. “Incombente su di noi – ha osservato -, mentre siamo qui riuniti questo pomeriggio, è la dura consapevolezza del punto morto a cui sembrano essere giunti i contatti tra Israeliani e Palestinesi – il muro”.
“In un mondo in cui le frontiere vengono sempre più aperte – al commercio, ai viaggi, alla mobilità della gente, agli scambi culturali – è tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri. Quanto aspiriamo a vedere i frutti del ben più difficile compito di edificare la pace! Quanto ardentemente preghiamo perché finiscano le ostilità che hanno causato l’erezione di questo muro!” ha ribadito Benedetto XVI, esortando entrambe le parti ad avere “grande coraggio per superare la paura e la sfiducia, se si vuole contrastare il bisogno di vendetta per perdite o ferimenti. Occorre magnanimità per ricercare la riconciliazione dopo anni di scontri armati”. Tuttavia, ha precisato, “la storia ci insegna che la pace viene soltanto quando le parti in conflitto sono disposte ad andare oltre le recriminazioni e a lavorare insieme a fini comuni, prendendo sul serio gli interessi e le preoccupazioni degli altri e cercando decisamente di costruire un’atmosfera di fiducia. Deve esserci una determinazione ad intraprendere iniziative forti e creative per la riconciliazione: se ciascuno insiste su concessioni preliminari da parte dell’altro, il risultato sarà soltanto lo stallo delle trattative”. Secondo il Papa “la soluzione a lungo termine ad un conflitto come questo non può essere che politica”. “Possa la pace fiorire ancora una volta in queste terre! Dio benedica il suo popolo con la pace”, ha concluso.
Al campo dei rifugiati di Aida, a Betlemme, il Papa ha incontrato due famiglie - una cristiana e una musulmana - che hanno un parente nelle prigioni israeliane. Benedetto XVI era accompagnato dal presidente palestinese Mahmoud Abbas. il Papa ha donato al presidente del campo 50 mila euro per la costruzione di tre sale di una scuola che saranno intitolate al suo nome. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas nel suo saluto al Papa ha lanciato ''un messaggio di pace'' agli israeliani. ''Davanti a Sua Santità, mando un messaggio di pace ai nostri vicini israeliani e chiedo loro di rinunciare all'occupazione, alla colonizzazione, agli arresti e alle umiliazioni'' inflitte ai palestinesi, ha dichiarato Abbas nel campo profughi di Aida, vicino Betlemme. ''La loro sicurezza e la loro accettazione nella regione - ha aggiunto - possono essere raggiunte solamente attraverso la pace, che porterà prosperità e coesistenza a tutti i popoli della regione''. ''Questo campo, come decine di altri in Palestina e altrove, simbolizza la Nakba, l'esodo e lo sradicamento che hanno colpito il nostro popolo nel 1948'', in occasione della creazione dello Stato d'Israele, ha sottolineato. Circa 760.000 palestinesi sono stati costretti all'esodo dopo la creazione dello Stato d'Israele. Oggi, con i loro discendenti, sono quasi cinque milioni, ripartiti tra Giordania, Libano, Siria, Striscia di Gaza e Cisgiordania. Abbas ha inoltre denunciato la barriera di separazione eretta da Israele in Cisgiordania, parlando di un ''muro dell'apartheid che soffoca non solamente questo campo, ma anche delle città palestinesi, in particolare Betlemme e Gerusalemme''.

Visita all’Aida Refugee Camp di Betlemme (13 maggio 2009) - il testo integrale del discorso del Papa

Visita al Caritas Baby Hospital. Il Papa: i bambini innocenti siano al sicuro dai conflitti. Ogni giorno vi accompagno con la preghiera

Un quarto d'ora in giro per le stanze dell'ospedale pediatrico 'Caritas Baby Hospital' e anche l'emozione di tenere in braccio un bimbo nato prematuro, Elias, che oggi pesa due chili e mezzo: il Papa, oggi in visita alla struttura, vi ha anche portato in dono un respiratore, proprio per la cura dei bimbi prematuri. Nell'ospedale Benedetto XVI è stato accolto dall'arcivescovo Robert Zollisch e dal vescovo Kurt Koch, rappresentanti delle conferenze episcopali tedesca e svizzera, che sostengono l'ospedale pediatrico dove ogni anno vengono assicurate circa 30 mila prestazioni ambulatoriali e 4 mila degenze. Vi lavorano 20 medici, 6 suore francescane di Padova e 200 collaboratori, molti dei quali sono donne palestinesi. Attualmente può contare di 80 posti letto ed ogni anno accoglie, curando, migliaia di bambini di Betlemme e di tutta la Palestina da più di 50 anni. Il Papa ha visitato anche la cappella. Due fratellini ospiti del Centro, Bashir e Bashar, hanno consegnato a Benedetto XVI un quadro con il logo dell'ospedale (due gemellini) ricamato a punto croce dalle donne del progetto ricami, promosso dalla associazione Children's Relief Bethlehem che gestisce la struttura insieme e che il Papa ha voluto ringraziare. Benedetto XVI, nel suo discorso, ha affermato che "i bambini innocenti meritano un posto sicuro da tutto ciò che può far loro male in tempi e luoghi di conflitto". "Questa istituzione - ha detto - è un'oasi quieta per i più vulnerabili, e ha brillato come faro di speranza circa la possibilità che l'amore ha di prevalere sull'odio e la pace sulla violenza". Il Papa ha rivolto un saluto ed espresso il suo “apprezzamento” per “l’inestimabile servizio” ai medici, alle infermiere e a tutto il personale del centro. Poi si è rivolto ai bimbi presenti e alle loro famiglie: “Il Papa – ha detto – è con voi! Oggi egli è con voi in persona, ma ogni giorno egli accompagna spiritualmente ciascuno di voi nei suoi pensieri e nelle sue preghiere, chiedendo all’Onnipotente di vegliare su di voi con la sua premurosa attenzione”. Il discorso si è concluso con una preghiera alla Madonna di Fatima, di cui oggi ricorre la festa: "Maria, Salute degli Infermi, Rifugio dei Peccatori, Madre del Redentore: noi ci uniamo alle molte generazioni che ti hanno chiamata 'Benedetta'. Ascolta i tuoi figli mentre invochiamo il tuo nome. Tu hai promesso ai tre bambini di Fatima: 'Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionfera''. "Che cosi' avvenga, che l'amore trionfi sull'odio, la solidarieta' sulla divisione e la pace su ogni forma di violenza", ha auspicato il Pontefice, chiedendo a Gesù di "benedire questi bambini e tutti i bambini che soffrono in tutto il mondo. Possano ricevere la salute del corpo, la forza della mente e la pace dell'anima". Padre Schnydrig descrisse questo luogo come "uno dei più piccoli ponti costruiti per la pace". "Ora - ha rilevato il Pontefice - essendo cresciuto da quattordici brande ad ottanta letti, e curandosi delle necessita' di migliaia di bambini ogni anno, questo non è più un ponte piccolo ma accoglie insieme persone di origini, lingue e religioni diverse, nel nome del Regno di Dio, il Regno della Pace". "Di cuore - ha poi concluso rivolto alle suore - vi incoraggio a perseverare nella vostra missione di manifestare amore per tutti gli ammalati, i poveri e i deboli".

Visita al Caritas Baby Hospital di Betlemme (13 maggio 2009) - il testo integrale del discorso del Papa

Il saluto del Patriarca di Gerusalemme: le nostre ferite devono guarire, i cuori purificati dall'odio, il popolo vivere in pace e sicurezza

Il Patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal denuncia il muro divisorio che Israele ha costruito vicino al confine con la Cisgiordania, all'inizio della Santa Messa celebrata da Benedetto XVI nella piazza della Mangiatoia di Betlemme. "Santissimo Padre - ha detto Twal - questa terra dove Gesù ha scelto di vivere per salvare il mondo, ha bisogno di pace, di giustizia e di riconciliazione. Le nostre ferite hanno bisogno di essere guarite, i prigionieri d'essere rilasciati, i nostri cuori d'essere purificati dall'odio, e il nostro popolo di vivere in pace e in sicurezza. Il nostro popolo soffre e continua a soffrire l'ingiustizia, la guerra (la guerra di Gaza è ancora una ferita aperta per centinaia di migliaia di persone), l'occupazione e la mancanza di speranza in un avvenire migliore. Quando noi abbiamo accolto il Suo predecessore, il Papa Giovanni Paolo II - ha detto ancora il Patriarca latino di Gerusalemme - noi avevamo la speranza di pervenire alla pace, ma questa pace non è mai venuta. Molti hanno allora abbandonato ogni speranza e hanno lasciato la Terra Santa per andare in cerca di un avvenire migliore in altri paesi. Ecco perché il numero dei Palestinesi, soprattutto cristiani, è diminuito e continua a diminuire. Finché noi non troveremo la pace e la tranquillità - ha detto Twal - ho paura che questo continui. Finché l'instabilità politica perdura, finché si estende il muro che separa Betlemme da Gerusalemme e dal resto del mondo, noi non potremo trovare la pace per la nostra terra".

Messa a Betlemme. Il Papa: non abbiate paura! Avete le risorse per edificare la cultura della pace e del rispetto. Abbraccio i fedeli di Gaza

Sono accorsi in 5mila a cantare ''Venite adoremus'', sempre attuale a Betlemme, e a gridare anche slogan come ''Viva il Papa, viva Palestina'' e ''Viva il Papa, viva Gaza''. Tra i fedeli presenti oggi nella piazza della Mangiatoia per la Santa Messa celebrata da Papa Benedetto XVI, accanto alle insegne palestinesi e della Santa Sede, sventolavano anche moltissime bandiere croate, polacche, spagnole e messicane. Numerosi i pellegrini venuti dall'estero, portati dal movimento neocatecumenale e dal movimento dei Focolari, per partecipare alla celebrazione papale, tanto che alcuni palestinesi si sono lamentati di non aver trovato posto all'interno della piazza.
“Il mio cuore si volge in maniera speciale ai pellegrini provenienti dalla martoriata Gaza a motivo della guerra: vi chiedo di portare alle vostre famiglie e comunità il mio caloroso abbraccio, le mie condoglianze per le perdite, le avversità e le sofferenze che avete dovuto sopportare. Siate sicuri della mia solidarietà con voi nell’immensa opera di ricostruzione che ora vi sta davanti e delle mie preghiere che l’embargo sia presto tolto”. Così Benedetto XVI nell'omelia. “Per gli uomini e le donne di ogni luogo – ha detto il Papa - Betlemme è associata al gioioso messaggio della rinascita, del rinnovamento, della luce e della libertà”.
E tuttavia, ha sottolineato, “qui, in mezzo a noi, quanto lontana sembra questa magnifica promessa dall’essere compiuta! Quanto distante appare quel Regno di ampio dominio e di pace, sicurezza, giustizia ed integrità, che il profeta Isaia aveva annunciato e che proclamiamo come fondato in maniera definitiva con la venuta di Gesù Cristo, Messia e Re!”. Nell’assumere la nostra carne, ha proseguito il Santo Padre, “Gesù ci ha chiamato ad essere testimoni della sua vittoria sul peccato e sulla morte”. E questo, ha evidenziato Benedetto XVI, “è ciò che il messaggio di Betlemme ci chiama ad essere: testimoni del trionfo dell’amore di Dio sull’odio, sull’egoismo, sulla paura e sul rancore che paralizzano i rapporti umani e creano divisione fra fratelli che dovrebbero vivere insieme in unità, distruzioni dove gli uomini dovrebbero edificare, disperazione dove la speranza dovrebbe fiorire!”.Ma quali sono le virtù richieste a uomini e donne che vivono nella speranza? In primo luogo, ha ricordato il Papa, “la costante conversione a Cristo che si riflette non solo sulle nostre azioni, ma anche sul nostro modo di ragionare: il coraggio di abbandonare linee di pensiero, di azione e di reazione infruttuose e sterili. La cultura di un modo di pensare pacifico basato sulla giustizia, sul rispetto dei diritti e dei doveri di tutti, e l’impegno a collaborare per il bene comune”. E poi, ancora, “la perseveranza, perseveranza nel bene e nel rifiuto del male. Qui a Betlemme si chiede ai discepoli di Cristo una speciale perseveranza: perseveranza nel testimoniare fedelmente la gloria di Dio qui rivelata nella nascita del Figlio suo, la buona novella della sua pace che discese dal cielo per dimorare sulla terra”.
“Non abbiate paura!”: questo è il messaggio che il Papa ha portato a Betlemme, assicurando le preghiere e la solidarietà della Chiesa universale. “Adoperatevi – è stato l'invito di Benedetto XVI - con iniziative concrete per consolidare la vostra presenza e per offrire nuove possibilità a quanti sono tentati di partire. Siate un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione”. “Edificate le vostre Chiese locali – ha aggiunto il Papa - facendo di esse laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure di solidarietà e di carità pratica”. Al di sopra di tutto, ha esortato il Santo Padre - siate testimoni della potenza della vita, della nuova vita donataci dal Cristo risorto, di quella vita che può illuminare e trasformare anche le più oscure e disperate situazioni umane”. “La vostra terra – ha sostenuto il Pontefice - non ha bisogno soltanto di nuove strutture economiche e politiche, ma in modo più importante, potremmo dire, di una nuova infrastruttura 'spirituale', capace di galvanizzare le energie di tutti gli uomini e donne di buona volontà nel servizio dell’educazione, dello sviluppo e della promozione del bene comune”. “Avete le risorse umane – ha concluso Benedetto XVI - per edificare la cultura della pace e del rispetto reciproco che potranno garantire un futuro migliore per i vostri figli. Questa nobile impresa vi attende. Non abbiate paura!”.


L'arrivo a Betlemme. Il Papa: imploro Dio per una pace giusta e durevole nei territori palestinesi. Giovani non ricorrete alla violenza

“Il mio pellegrinaggio nelle terre della Bibbia non sarebbe stato completo senza una visita a Betlemme, la città di Davide e il luogo di nascita di Gesù Cristo. Né avrei potuto venire in Terra Santa senza accettare il gentile invito del presidente Abbas a visitare questi Territori per salutare il popolo palestinese”. Lo ha detto Benedetto XVI nella cerimonia di benvenuto al palazzo presidenziale di Betlemme. “So – ha aggiunto - quanto avete sofferto e continuate a soffrire a causa delle agitazioni che hanno afflitto questa terra per decine di anni”. Oltre a manifestare vicinanza a quanti hanno piangono la perdita di familiari e di loro cari nelle ostilità e anche delle case, il Papa ha assicurato di implorare Dio per “una pace giusta e durevole, nei territori palestinesi e in tutta la regione”. “Signor presidente – ha affermato rivolgendosi a Mahmoud Abbas - la Santa Sede appoggia il diritto del suo popolo ad una sovrana patria palestinese nella terra dei vostri antenati, sicura e in pace con i suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti”. Anche se al presente questo obiettivo sembra lontano , “incoraggio lei e tutto il suo popolo a tenere viva la fiamma della speranza, speranza che si possa trovare una via di incontro tra le legittime aspirazioni tanto degli israeliani quanto dei palestinesi alla pace e alla stabilità”. “Supplico – ha dichiarato Benedetto VXI - tutte le parti coinvolte in questo conflitto di vecchia data ad accantonare qualsiasi rancore e contrasto che ancora si frapponga sulla via della riconciliazione, per arrivare a tutti ugualmente con generosità e compassione, senza discriminazione. Una coesistenza giusta e pacifica fra i popoli del Medio Oriente può essere realizzata solamente con uno spirito di cooperazione e mutuo rispetto, in cui i diritti e la dignità di tutti siano riconosciuti e rispettati”.
Di qui la richiesta “di riprendere con rinnovato impegno ad operare per questi obiettivi” e alla Comunità internazionale “di usare della sua influenza in favore di una soluzione. Credo e confido che tramite un onesto e perseverante dialogo, con pieno rispetto delle aspettative di giustizia, si possa raggiungere in queste terre una pace durevole”. Inoltre, il Papa spera che “i gravi problemi riguardanti la sicurezza in Israele e nei Territori palestinesi vengano presto decisamente alleggeriti così da permettere una maggiore libertà di movimento, con speciale riguardo per i contatti tra familiari e per l’accesso ai luoghi santi”. I palestinesi, così come ogni altro popolo, infatti, ha ribadito il Santo Padre, “hanno un naturale diritto a sposarsi, a formarsi una famiglia e avere accesso al lavoro, all’educazione e all’assistenza sanitaria”. “Prego anche – ha sottolineato il Pontefice - perché, con l’assistenza della Comunità internazionale, il lavoro di ricostruzione possa procedere rapidamente dovunque case, scuole od ospedali siano stati danneggiati o distrutti”. Questo è essenziale, secondo Benedetto XVI, “affinché il popolo di questa terra possa vivere in condizioni che favoriscano pace durevole e benessere”. Poi un appello ai tanti giovani presenti oggi nei Territori palestinesi: “Non permettete – ha esortato il Papa - che le perdite di vite e le distruzioni, delle quali siete stati testimoni suscitino amarezze o risentimento nei vostri cuori. Abbiate il coraggio di resistere ad ogni tentazione che possiate provare di ricorrere ad atti di violenza o di terrorismo”.
Al contrario, ha aggiunto, “fate in modo che quanto avete sperimentato rinnovi la vostra determinazione a costruire la pace. Fate in modo che ciò vi riempia di un profondo desiderio di offrire un durevole contributo per il futuro della Palestina, così che essa possa avere il suo giusto posto nello scenario del mondo. Che ciò ispiri in voi sentimenti di compassione per tutti coloro che soffrono, impegno per la riconciliazione ed una ferma fiducia nella possibilità di un più luminoso futuro”.
Il presidente palestinese Mahmud Abbas è tornato a denunciare l'occupazione israeliana ringraziando Benedetto XVI per la comprensione delle ''sofferenze'' subite dal popolo palestinese. ''In questa Terra Santa c'è chi ancora continua a costruire muri di separazione e non ponti e tenta, con la forza dell'occupazione, di costringere musulmani e cristiani a lasciare il Paese'', ha detto il leader chiedendo allo stesso Papa di lavorare insieme verso una risoluzione del conflitto e criticando con forza l'occupazione israeliana e i muri separatori della Cisgiordania. ''Sua Santità è del tutto consapevole della situzione a Gerusalemme circondata dal muro dell'apartheid che impedisce alla nostra gente della Cisgiordania di raggiungere la Basilica del Santo Sepolcro o la Moschea di Al Aqsa'', ha spiegato Abbas riferendosi ai principali siti cristiani e musulmani di Gerusalemme. ''E' tempo che le sofferenze finiscano e vengano sostituite dall'amore e dalla pace'', ha aggiunto Abbas che ha definito il messaggio del Papa ricco ''di speranza per un domani senza più occupazione, profughi o prigionieri, ma basato sulla coesistenza pacifica e sulla prosperità''.