giovedì 31 gennaio 2013

Dopo due anni di lavoro disponibili su internet un primo gruppo di 256 manoscritti digitalizzati della Biblioteca Apostolica Vaticana, provenienti dal Fondo Palatino. Prima tappa del progetto di digitalizzazione degli ottantamila manoscritti conservati

Sì, i miracoli tecnologici esistono. Eccome se esistono. A partire da oggi a chiunque, in qualsiasi latitudine del pianeta si trovi, è consentito sfogliare col proprio computer, pagina dopo pagina, i 256 codici miniati che fanno parte del Fondo Palatino della Biblioteca Apostolica Vaticana. Manoscritti rarissimi conservati gelosamente in un bunker sotto il Palazzo Apostolico in condizioni ideali, al buio totale, ad un tasso di umidità relativa del 50%, tra i 18 e i 20 gradi centigradi, ma che una gigantesca operazione di digitalizzazione intrapresa da Benedetto XVI ha reso finalmente fruibili. E’ facile. Basta andare sul sito della Biblioteca (www.vaticanlibrary.va) per iniziare uno straordinario viaggio nel tempo e nello spazio. Ci sono voluti due anni, una montagna di lavoro, una equipe di 12 persone impiegate in pianta stabile e una tecnologia all’avanguardia per arrivare ad una riproduzione perfetta e ad altissima definizione. Basta un clic e voilà. Dall’elenco dei numeri che appaiono sul sito, dall’uno al 256, tanti sono i volumi riprodotti, si materializzano i capolavori, prendono corpo le immagini, si svelano i colori sapientemente miscelati dai monaci che nel Medio Evo operavano silenziosi facendo arrivare fino a noi questo sterminato giacimento. Evangeliari, commentari, trattati di morale, studi sulla geografia, atlanti di Battista Agnese ma anche opere filosofiche, commedie. Tra i libri, spulciando, ci sono pure Petrarca e Alighieri. E poi pergamene, classici come il "De Officis", un'opera filosofica di Cicerone che tratta dei doveri a cui ogni uomo deve attenersi in quanto membro dello Stato; c’è il registro delle epistole di Gregorio Magno, i "Fatti e detti memorabili" di Valerio Massimo che passa in rassegna dei vizi e delle virtù illustrandoli attraverso personaggi ed episodi storici. L’oro dei capolettera sfavillano illuminando i colori vividi dei fregi arabescati a tempera, racchiudendo frasi latine sulle quali, si sono esercitate schiere di liceali per le versioni. Eccone una, presa tra tante: "Presso gli antichi nessuna azione, non solo pubblica, ma anche privata, veniva compiuta, se prima non fossero stati presi i relativi auspìci. Questa consuetudine ha fatto in modo che anche oggi gli àuspici partecipino alle nozze: ed anche se costoro non chiedono più gli auspìci, il loro stesso nome rivendica ad essi le vestigia dell'antica usanza". Forse l’opera più curiosa del fondo Palatino, ricchissima di illustrazioni e catalogata al numero 1071 è il trattato di falconeria di Federico II, il "De arte venandi cum avibus". L’imperatore tedesco, a capo del Sacro Romano Impero era letteralmente affascinato dalla caccia con il falco da introdurla e diffonderla in occidente. La considerava non solo uno svago ma una manifestazione simbolica del potere legata a precisi rituali. Federico II (1194-1250) si documentò a fondo, convocando a corte diversi falconieri arabi. Dal mondo arabo imparò l'uso del cappuccio in sostituzione della tecnica "di cigliare", che consisteva nel cucire le palpebre dei rapaci per poi allentare gradualmente la chiusura della sutura con l'avanzare del livello di addestramento. Il trattato sulla falconeria fu miniato subito dopo la sua morte e contiene due particolarità. La prima è il ritratto, quasi fotografico, dell’imperatore che appare nella pagina di introduzione. "Chi lo realizzò conosceva sicuramente quest’uomo" spiega Ambrogio Piazzoni, vice prefetto della Biblioteca Vaticana. La seconda cosa singolare riguarda la completezza delle illustrazioni sulle specie di uccelli esistenti, molte delle quali ormai estinte. Gli animali sono talmente ben disegnati e descritti da rendere possibile una analisi del panorama ornitologico in Europa all’epoca federiciana. "Questo trattato è famosissimo e viene consultato persino dagli studiosi di ornitologia". La fruizione planetaria grazie al digitale portata avanti dal Prefetto monsignor Pasini rientra nella filosofia costitutiva della Biblioteca Vaticana. Fra gli scopi che le diede Niccolo V (1447-1455) c’è proprio quello di raccogliere i libri per "la comune utilità degli uomini di scienza". Fino ad allora il privilegio di consultare gli allora 350 volumi era di esclusivo appannaggio della curia. Con il tempo grazie ad importanti lasciti avvenuti nel corso di cinque secoli il patrimonio librario conservato al di là del Tevere è cresciuto a dismisura fino a diventare il numero uno al mondo. I codici custoditi sono circa 80mila; latini, ma anche greci, ebraici, copti, siriaci, armeni, etiopici, cinesi, giapponesi e coreani. Se tutto andrà avanti senza intoppi nell’arco di una decina d’anni saranno interamente digitalizzati. Si tratta di una operazione imponente che richiede però notevoli risorse finanziarie. In Vaticano non hanno timori, la Provvidenza farà il resto...
 
Franca Giansoldati, Il Messaggero
 

Marco e Impagliazzo e mons. Lucio Andrice Muandula nominati consultore e membro del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. II Papa annovera tra i membri dei dicasteri e organismi della Curia romana i cardinali creati nel Concistoro del 24 novembre

Il Papa ha nominato membro del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti mons. Lucio Andrice Muandula, vescovo di Xai-Xai, e presidente della Conferenza Episcopale del Mozambico. Il Papa inoltre ha nominato consultore dello stesso dicastero Marco Impagliazzo, ordinario di Storia contemporanea presso l'Università per stranieri di Perugia, e presidente della Comunità di Sant'Egidio. II Santo Padre ha inoltre annoverato tra i membri dei dicasteri e degli organismi della Curia romana i cardinali creati e pubblicati nel Concistoro del 24 novembre 2012: nella Congregazione per la Dottrina della Fede John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, nella Congregazione per le Chiese Orientali Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, e Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi, nella Pontificia Commissione per l'America Latina Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá, nella Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli James Michael Harvey, arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, nel Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica Béchara Boutros Raï, nel Comitato di Presidenza del Pontificio Consiglio per la Famiglia John Olorunfemi Onaiyekan e Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila; nel Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace Rubén Salazar Gómez, nel Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti Béchara Boutros Raï e Luis Antonio G. Tagle, nel Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso Baselios Cleemis Thottunkal, nel Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali Béchara Boutros Raï, nell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica James Michael Harvey,.

Avvenire, Radio Vaticana

RINUNCE E NOMINE

Mons. Fellay: morire per salvaguardare la fede cattolica, tutto perdere per salvaguardare la fede, ecco quello che noi vogliamo ed ecco perché Roma ci condanna

"Morire per salvaguardare la fede cattolica, tutto perdere per salvaguardare la fede, ecco quello che noi vogliamo ed ecco perché Roma ci condanna". Lo ha detto domenica scorsa, alla fine della sua omelia, mons. Bernard Fellay (foto), superiore della Fraternità San Pio X. Fellay ha celebrato l'ordinazione sacerdotale di don Bertrand Lundi nella chiesa parigina di Saint-Nicolas du Chardonnet. Negli accenni dell'omelia dedicati ai rapporti con la Santa Sede, il vescovo lefebvriano ha anche dichiarato: "Questa è la nostra storia, quella della Fraternità, quella del nostro fondatore. E questa storia, miei carissimi fratelli, continua. Direi finanche che, davanti a questa realtà sublime, parlare di accordi o meno con Roma, è una sciocchezza" ("est une bagatelle"). Parole pronunciate dopo aver ricordato l'azione di mons. Lefebvre, al cui "carisma" aveva fatto cenno anche la lettera inviata prima di Natale allo stesso Fellay e ai preti della Fraternità dall'arcivescovo statunitense Augustin Di Noia, vicepresidente della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", nel tentativo di sbloccare lo stallo nel dialogo tra la Santa Sede e il gruppo tradizionalista. Ha provocato discussioni, in particolare su uno dei forum più vicini all'ala più intransigente della Fraternità, il fatto che il neo-sacerdote, proveniente da una famiglia legata da decenni al gruppo tradizionalista, indossasse una pianeta che portava ricamato uno stemma papale simile a quello di Benedetto XVI (anche se con la tiara e non con la mitria). Altre polemiche sui forum tradizionalisti hanno riguardato un sacerdote dell'Istituto Buon Pastore, in comunione con Roma, che sarebbe stato invitato alla cerimonia ma al quale poi non sarebbe stato permesso di accedere al presbiterio per assistere all'ordinazione. Le parole di Fellay non vanno sopravvalutate e sarebbe sbagliato trarre da esse conclusioni circa la risposta che il Vaticano attende alla proposta consegnata lo scorso 14 giugno. Ma non c'è dubbio che si tratti di espressioni comunque indicative.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Card. Sepe: il Papa ha chiesto ai vescovi della Campania di farsi voce dei più deboli, dei più umiliati, di coloro che vengono sopraffatti, soprattutto dei giovani che non riescono a causa della mancanza di lavoro a realizzare i propri sogni e aspirazioni, di lottare contro la camorra

Un forte incoraggiamento a continuare la lotta della Chiesa alla criminalità organizzata e in favore dell'occupazione dei giovani. È quello che Benedetto XVI ha rivolto oggi ai vescovi della Campania, ricevendone un secondo gruppo in visita "ad Limina apostolorum". "Il Papa era già intervenuto altre volte, ma in questo caso ha chiesto di farci voce - noi come Chiesa, e nel nome di Cristo - dei più deboli, dei più umiliati, di coloro che vengono sopraffatti, soprattutto di quelli che non riescono a causa della mancanza di lavoro - mi riferisco ai giovani - a realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni", ha spiegato il card. Crescenzio Sepe (foto), arcivescovo di Napoli, ai microfoni della Radio Vaticana. Parlando delle preoccupazioni e dei problemi avvertiti dal Pontefice, il card. Sepe ha sottolineato che "prima di tutto sono quelli di ordine sociale: mancanza di lavoro, presenza delle attività camorristiche che impediscono lo sviluppo non solo sociale ma anche umano dei nostri territori, l'inquinamento, e tutte quelle cose che purtroppo caratterizzano un po' il nostro vivere in questa realtà campana". "Ma, in ogni caso - ha proseguito -, il Santo Padre, sia perché precedentemente era spesso intervenuto, sia perché ha visto l'impegno dei vescovi e dei sacerdoti, ci ha detto di andare avanti". Sepe, rimarcando la vicinanza del Papa ai problemi del territorio, ha anche detto che i presuli tornano in Campania "carichi di questa bontà". "La visita 'Aad Limina' - ha concluso - è sempre un segno di profonda comunione dei vescovi con il Papa e dei vescovi tra loro. Alla fine ho visto anche le sensazioni degli altri confratelli vescovi che erano molto soddisfatti e soprattutto molto carichi per questo incoraggiamento ricevuto dal Papa".
 
Vatican Insider
 

Incidenti nel carcere di Uribana in Venezuela. Telegramma di cordoglio del Papa: lavorare in uno spirito di collaborazione e buona volontà per superare i problemi ed evitare la ripetizione in futuro di tali eventi drammatici

Dopo i violenti scontri verificatisi il 25 gennaio scorso nel carcere venezuelano di Uribana, costati la vita a 58 persone, in gran parte detenuti, il Papa invita le autorità del Paese a operare perché questi fatti drammatici non si ripetano mai più. Benedetto XVI esorta le istituzioni a “continuare a lavorare in uno spirito di collaborazione e buona volontà per superare i problemi ed evitare la ripetizione in futuro di tali eventi drammatici”. L’appello è contenuto in un telegramma di cordoglio inviato, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, in cui il Papa esprime il proprio profondo dolore per i “tragici incidenti” assicurando la sua preghiera per i defunti e “la sua più profonda vicinanza spirituale e solidarietà” alle famiglie delle vittime e ai circa 90 feriti. Proprio ieri, il governo venezuelano ha prorogato di altri tre mesi lo stato di emergenza carceraria per la costruzione di nuovi penitenziari. Secondo l’Osservatorio venezuelano delle prigioni, nel Paese ci sono oltre 45 mila detenuti in strutture che potrebbero ospitarne al massimo 15 mila. L’esecutivo ha aperto un’inchiesta su quanto accaduto: secondo una prima ricostruzione, ad innescare gli incidenti sarebbe stata una perquisizione condotta dalla Guardia nazionale. Alcune bande avrebbero approfittato dell’occasione per aggredire gli agenti: ne sarebbe nato uno scontro durissimo, con i detenuti che avrebbero rubato le armi, ma si ipotizza che altre munizioni fossero all’interno del carcere. Testimoni hanno parlato anche di due esplosioni. Il penitenziario dovrebbe ospitare 850 persone ma al momento ce ne sono 2.500. Per la Commissione Onu per i diritti umani la responsabilità degli scontri è da attribuire alle autorità venezuelane. La Chiesa venezuelana, da parte sua, parla di una “politica penitenziaria inefficace del governo, dinanzi al sovraffollamento, alla mancanza di cibo adeguato, alla violenza incontrollata, ai ritardi procedurali e all'umiliazione subita dalle famiglie” dei detenuti e invoca “un'indagine indipendente e imparziale, che permetta di processare e punire i responsabili”.

Radio Vaticana

Presentata l'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura. Card. Ravasi: porsi in ascolto della questione giovanile che, anche nella Chiesa, diventa più accesa a causa, tra l'altro, dell'evidente difficoltà nella trasmissione della fede

Nel mondo dei giovani la Chiesa non dev’essere "un termometro per valutarne solo lo stato di salute, ma un termostato per scaldarne gli ambienti", a cominciare da quelli virtuali. È una vera e propria immersione nelle culture giovanili emergenti, un dialogo a tutto campo, aperto e senza reticenze o censure, la proposta del card. Gianfranco Ravasi per l’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, che si svolgerà dal 6 al 9 febbraio. Presentandone i contenuti nella Sala Stampa della Santa Sede, nella mattina di giovedì 31 gennaio, giorno della festa di don Bosco, "un uomo che ha saputo creare una sintonia nuova con i ragazzi", il porporato ha messo in evidenza come oggi i giovani abbiamo tanto da dire, con la loro ricchezza e le loro contraddizioni; e ha invitato gli adulti a fare un esame di coscienza per averli esclusi "con corruzione, incoerenza, disoccupazione". La plenaria vuole proprio conoscere dal di dentro le culture e i linguaggi dei giovani per consegnare nelle mani della Chiesa le chiavi giuste per comunicare con loro direttamente ed efficacemente. Il cardinale ha invitato ad avere fiducia nelle nuove generazioni, indicando l’eccezionale impegno nel volontariato; e anche nella Chiesa, ha aggiunto, non bisognerebbe aver paura di affidare loro incarichi di primo piano. Ha poi messo in guardia dal rischio di rincorrere le mode del momento per cercare di stare comunque al passo con i tempi. Questa, ha rilevato, è una generazione che fa molte domande e diventa decisivo dare risposte che abbiano un senso pieno. Dal porporato è arrivato anche un invito a non disperdere le grandi esperienze delle parrocchie e degli oratori. In queste prospettive la cultura ha oggi più che mai la funzione di segnalare i movimenti interiori degli uomini e, secondo l’ispirazione del Concilio Vaticano II, di scrutare i segni dei tempi, non tanto per registrarli quanto per incidere in essi. Per la Chiesa entrare nei nuovi mezzi di comunicazione, a cominciare da Twitter, non è una necessità fine a se stessa ma un modo per comunicare davvero e comprendere come il mondo stia cambiando. Il "segreto" di tutto, ha spiegato il card. Ravasi, è la conversione: "Convertitevi e credete al Vangelo" è, del resto, una perfetta espressione per Twitter. Mettendo da parte ogni "stampo freddo nell’analisi del mondo giovanile", il porporato ha suggerito di puntare piuttosto "sulla fede nei giovani, cioè sulla fiducia nelle loro potenzialità, pur sepolte sotto quelle differenze che a prima vista impressionano". Si tratta di entrare in questa "zona grigia del mondo giovanile" per stare accanto alle persone, soprattutto a quelle più deluse da "una politica che non può guardare solo all’economia" senza avere anche "un respiro alto e grandi prospettive". Porsi "in ascolto della questione giovanile", che, anche nella Chiesa, "diventa più accesa a causa, tra l'altro, dell'evidente difficoltà nella trasmissione della fede". La plenaria tenterà di elaborare una "buona visione" relativamente "alle trasformazioni della cultura e della società, ai problemi della famiglia, ai conflitti intergenerazionali e più in generale a come la generazione giovanile di oggi vive ed entra in rapporto con tali cambiamenti sociali". "Che sia avvenuto un salto generazionale lo si registra subito a livello di comunicazione", ha detto Ravasi. "Già in partenza, infatti, mi accorgo che il loro udito è diverso dal mio: mi sono persino esposto all'ascolto di un cd di Amy Winehouse per averne la prova immediata. Eppure in quei testi così lacerati musicalmente e tematicamente emerge una domanda di senso comune a tutti". Per Ravasi la lingua dei giovani "è diversa dalla mia, e non solo perché usano un decimo del mio vocabolario", "la loro comunicazione ha adottato la semplificazione del twitter, la pittografia dei segni grafici del cellulare; al dialogo fatto di contatti diretti visivi, olfattivi e così via hanno sostituito il freddo 'chattare' virtuale attraverso lo schermo". Inoltre, "il loro passeggiare per le strade con l'orecchio otturato dalla cuffia delle loro musiche segnala che sono 'sconnessi' dall'insopportabile complessità sociale, politica, religiosa che abbiamo creato noi adulti. In un certo senso - ha aggiunto il porporato - calano una visiera per autoescludersi anche perché noi li abbiamo esclusi con la nostra corruzione e incoerenza, col precariato, la disoccupazione, la marginalità. E qui dovrebbe affiorare un esame di coscienza nei genitori, nei maestri, nei preti, nella classe dirigente". In questo senso, bisogna "dare più attenzione ai giovani anche nella Chiesa, dove dovrebbero poter accedere anche a incarichi di responsabilità". Hanno fatto seguito le testimonianze di due giovani, il fiorentino Alessio Antonielli e Farasoa Mihaja Bemahazaka, originaria del Madagascar, studentessa di economia a commercio a Firenze. Insieme hanno indicato "negli incontri personali, nelle relazioni dirette di amicizia, nelle testimonianze credibili, il sistema migliore per evangelizzare i giovani". Non solo dunque il mondo virtuale. Alessio, in particolare, ha riconosciuto nelle domande esistenziali la cifra comune alle esperienze di tutti i giovani. La risposta però deve superare "superficialità, pressappochismo e indifferenza" che caratterizzano le realtà giovanili. Per questo Antonielli ha invitato la Chiesa ad aumentare ancora "la quantità della sua presenza nelle nuove piazze". È decisivo, ha aggiunto, "tradurre bene il messaggio", mettendo mano al vocabolario dei "nativi digitali" che hanno il loro "alfabeto emotivo" nel maneggiare i sempre più moderni e numerosi strumenti tecnologici che, con rapidità, creano relazioni e accorciano distanze. "Oggi i giovani - ha concluso - vogliono le risposte in un click. Non so quale sia la soluzione ma questo è lo scopo della plenaria". Lo ha confermato mons. Carlos Alberto de Pinho Moreira Azevedo, delegato del Pontificio Consiglio, presentando il programma dei lavori. "Vogliamo indagare con oggettività - ha detto - il fenomeno nuovo, complesso e frammentato delle culture giovanili", consapevoli che "anche nella fede c’è bassa natalità". Così non è un caso che la plenaria si apra nel pomeriggio del 6 febbraio con un concerto della rock band vicentina The Sun.

L'Osservatore Romano, TMNews

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ASSEMBLEA PLENARIA ANNUALE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA (6-9 FEBBRAIO 2013)

Nuovo incontro nei negoziati bilaterali tra la Santa Sede e la Palestina: atmosfera aperta e cordiale, si giunga a una rapida conclusione. Contributo vaticano di 100mila euro per il restauro del tetto della Basilica della Natività a Betlemme

In seguito ai negoziati bilaterali che si sono svolti negli anni passati con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, si è tenuto ieri un incontro ufficiale a Ramallah, presso il Ministero degli Affari Esteri dello Stato di Palestina. I colloqui sono stati guidati da Riad Al-Malki, ministro degli Affari Esteri dello Stato della Palestina, e da mons. Ettore Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati. Le parti, informa un comunicato congiunto, hanno avuto uno scambio di vedute sulla bozza d’accordo in esame, in particolare sul Preambolo e sul Capitolo I del documento. I colloqui si sono realizzati “in un’atmosfera aperta e cordiale, espressione dei buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina”. Le delegazioni, spiega la nota, “hanno espresso l’augurio che i negoziati siano accelerati e giungano ad una rapida conclusione”. È stato così concordato che si riunirà un “gruppo tecnico congiunto per darvi seguito”. È stata infine espressa gratitudine per il contributo della Santa Sede di 100 mila euro per il restauro del tetto della Basilica della Natività a Betlemme.

Radio Vaticana

JOINT COMMUNIQUÉ ON THE BILATERAL MEETING BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF PALESTINE (30 JANUARY 2013)