mercoledì 11 marzo 2009

Domani l'udienza di Benedetto XVI alla delegazione del Gran Rabbinato d'Israele e alla Commissione per i rapporti con gli ebrei

Domani il Papa incontrerà una delegazione del Gran Rabbinato di Israele e della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo. Commissione quest’ultima che fa parte del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, guidato dal card. Walter Kasper. All’incontro con il Papa parteciperanno Oded Wiener, Direttore Generale del Gran Rabbinato e David Rosen, Presidente dell’IJCIC (International Jewish Committee for Interreligious Consultations). Al termine dell’udienza con il Papa i due Rabbini terranno un briefing presso la sede della Radio Vaticana.

Il Papa in Terra Santa. Il vice presidente della Coreis: viaggio di alto valore simbolico e di testimonianza di pace

“Un viaggio di particolare pregnanza simbolica per ebrei, cristiani e musulmani, di alto simbolismo fraterno e di testimonianza di pace”. Così Yahya Sergio Yahe Pallavicini, imam della moschea di via Meda a Milano e vice presidente della Coreis, la Comunità religiosa islamica, descrive all'agenzia SIR il significato del pellegrinaggio di Papa Benedetto XVI in Terra Santa. Pallavicini è uno dei 138 saggi musulmani che il 13 ottobre 2007 hanno la lettera “A commun Word” ed ha partecipato lo scorso anno dal 4 al 6 novembre al primo Forum cattolico-musulmano in Vaticano. Riguardo all’incontro del Papa con il Gran Muftì di Gerusalemme e la visita alla moschea di Al-Aqsa, Pallavicini afferma: “Sarà un momento di una particolare pregnanza simbolica non solo per i musulmani ma anche per ebrei, cristiani e musulmani nel loro insieme. La spianata delle due moschee si trova proprio al di sopra dello spazio che era occupato al suo tempo dal Tempio di Salomone e si affaccia sul Muro del Pianto che è l’unico muro rimasto del Tempio della lamentazione dove gli ebrei pregano. Quindi il Pontefice, che è la massima autorità del cristianesimo cattolico, si trova in uno spazio che simboleggia, ancor più con la sua presenza, l’unione fraterna delle tre religioni che si rifanno ad Abramo”. “Se poi – aggiunge Pallavicini - noi contestualizziamo questa immagine simbolica nel momento storico che stiamo vivendo, dove conflitti, violenze, giochi di potere sembrano prevalere, è chiaro che la visita del Papa diventa anche un forte segnale di pace”. I conflitti che hanno segnato in questo ultimo periodo il Medio Oriente “pesano” sui rapporti di dialogo tra le tre religioni del Libro. “Soprattutto – spiega l’imam - nelle persone più semplici si insinua il dubbio che la religione o il sacro o la sensibilità spirituale non ce la possono fare. Abbiamo un nemico, che oltre ad essere la violenza fisica o militare è l’arroganza di una violenza psicologica che va ad influire le mentalità. Per cui vengono messi in discussioni quelli che sono i principi naturali del vivere comune. Noi, certamente non possiamo entrare in politica però possiamo e dobbiamo essere testimoni di una politica della natura spirituale, di una politica che possa restituire l’ordine naturale del vero senso della vita, dell’uomo e della terra. Questo è quello che dobbiamo fare ora e lo dobbiamo fare insieme, ebrei, cristiani e musulmani, credenti e non credenti”.

Revoca della scomunica ai lefebvrani. Il card. Bertone: la Chiesa non esclude nessuna energia

''Ciascuno può avere il suo posto, noi non escludiamo nessuna energia nella Chiesa'': sono le parole del card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), segretario di Stato Vaticano che ha risposto alle domande dei giornalisti sulla lettera del Papa ai vescovi cattolici sulla revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Il card. Bartone ha parlato a margine della presentazione alla biblioteca del Senato del libro ''Ti credevo un altro'', del vice direttore de L'Osservatore Romano, Carlo di Cicco.

Revoca della scomunica ai lefebvrani. Il card. Cañizares: non è stato bello il modo in cui il Papa è stato trattato anche da dentro la Chiesa

Le dichiarazioni negazioniste del vescovo lefebvriano Richard Williamson sono ''farneticazioni che il Papa e la Santa Sede hanno ripetutamente e fermamente respinto'', ma ''non è stato un bello spettacolo il modo in cui il Papa è stato trattato, anche da chi è dentro la Chiesa, in tutta questa vicenda''. E' quanto afferma il card. Antonio Canizares Llovera (nella foto con Benedetto XVI), nella prima intervista da Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, rilasciata al mensile 30 Giorni. ''Il motu proprio è una grazia che fortificherà la fede di gruppi tradizionalisti - aggiunge il 'ministro' della Liturgia - che già sono organicamente presenti nella Chiesa e che aiuterà il rientro dei cosiddetti lefebvriani''. Canizares spiega inoltre che la revoca della scomunica ai lefebvriani ''è stato un gesto di misericordia gratuita del Santo Padre, per aiutare un loro pieno inserimento nella Chiesa cattolica. E' ovvio - osserva il porporato - che questo potrà avvenire solo dopo che loro riconosceranno tutto il Magistero della Chiesa, compreso il Concilio Vaticano II. Ma dobbiamo riconoscere - rileva - che l'unità è inseparabile dalla Croce''. A proposito della riforma liturgica, Canizares poi dichiara: ''Un approfondimento e un rinnovamento della liturgia erano necessari, ma per come l'ho vissuta io non e' stata una operazione perfettamente riuscita. A volte si è concepita la riforma come una rottura e non come uno sviluppo organico della Tradizione''. ''Da qui - dice Canizares - tutti i problemi suscitati dai tradizionalisti legati al rito del 1962''. Sul fatto di essere stato definito dalla stampa ''anti Zapatero di ferro'' per la sue ferme posizioni in Spagna contro le aperture ''laiciste'' del governo spagnolo, Canizares replica infine di non essere ''anti-nessuno'' e di essere ''rispettoso del potere costitutio'' ma non per questo la parola dei vescovi ''puo' essere incatenata'', mentre bolla come ''fantapolitica'' l'indiscrezione secondo cui sarebbe stato trasferito a Roma per fare un favore al governo spagnolo infastidito dal suo atteggiamento critico.

Il Papa in Terra Santa. Il parroco di Gaza: abbiamo bisogno di parlargli, vorremo un incontro con lui a Gerusalemme

“Dalla Striscia sono in tanti a voler andare dal Papa ma nessuno ha fiducia in Israele”. La notizia che da Gaza saranno almeno 2 i bus che porteranno i fedeli da Benedetto XVI, durante la sua visita in Terra Santa, viene confermata all'agenzia SIR dal parroco di Gaza, padre Manuel Musallam. “Ci stiamo organizzando ma le difficoltà sono molte. Non tutti, infatti, potranno andare, bisognerà operare delle scelte. Non ci sono solo i cattolici che desiderano incontrare il Papa ma anche i cristiani delle altre denominazioni e i musulmani”. Padre Musallam esprime anche una speranza, “o meglio – dice – un desiderio: che la delegazione di Gaza possa incontrare Benedetto XVI magari solo per pochi minuti. E questo potrebbe accadere a Gerusalemme. Abbiamo il diritto di esporre al Pontefice la nostra situazione. Non basta stare tra la folla dei fedeli e salutare il Papa che passa. Abbiamo bisogno di parlargli”. L’incontro con Benedetto XVI, negli auspici di Musallam, “potrebbe avvenire nel Patriarcato latino alla presenza dello stesso patriarca Twal”. Qualora questo incontro dovesse avvenire è già pronto un piccolo regalo per Benedetto XVI: “un tipico abito palestinese fatto mano dalle donne di Gaza con cui rivestire una statua della Vergine in Vaticano, non importa quale, così che il Papa vedendola tutti i giorni possa ricordare nelle sue preghiere la Striscia di Gaza”.

Conferma della Sala Stampa vaticana: domani la presentazione della lettera del Papa sulla revoca della scomunica ai lefevriani

Verrà presentata domani, la ''Lettera di Sua Santità Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei 4 vescovi consacrati dall'arcivescovo Lefebvre''. Lo conferma in via ufficiale arriva da parte della Sala Stampa della Santa Sede, dopo che ampi stralci del testo della missiva sono stati diffusi già oggi dagli organi di stampa. Il testo della lettera del Pontefice sarà distribuito in sei lingue.

Benedetto XVI esprime la più ferma condanna per gli atti di terrorismo nell'Irlanda del Nord: si moltiplichino gli sforzi per una società pacifica

Ferma condanna del Papa agli attentati avvenuti nel Nord Irlanda che hanno provocato l'uccisione di agenti inglesi e irlandesi. Al termine dell'Udienza generale del mercoledì, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha chiesto che si "moltiplichino gli sforzi per continuare a costruire, attraverso la pazienza del dialogo, una società pacifica, giusta e riconciliata". "Ho appreso con profondo dolore - ha detto il Pontefice - le notizie dell'assassinio di due giovani soldati britannici e di un agente della polizia nell'Irlanda del Nord. Mentre assicuro la mia spirituale vicinanza alle famiglie delle vittime e ai feriti - ha proseguito Papa Ratzinger - esprimo la più ferma condanna per tali esecrabili atti di terrorismo, che, oltre a profanare la vita umana, pongono in serio pericolo il processo politico in corso nell'Irlanda del nord e rischiano di spegnere le tante speranze da esso suscitate nella regione e nel mondo intero. Prego il Signore - ha concluso - affinchè nessuno si lasci vincere nuovamente dall'orrenda tentazione della violenza, ma ognuno moltiplichi gli sforzi per continuare a costruire, attraverso la pazienza del dialogo, una società pacifica, giusta e riconciliata".


Il Papa all'Udienza generale: il cristianesimo favorendo la cultura promuove il progresso dell'uomo. La nostra fede è spesso tiepida e burocratizzata

“Il cristianesimo, favorendo la diffusione della cultura, promuove il progresso dell’uomo. Sta a noi, ora, essere all’altezza di un così prestigioso patrimonio e farlo fruttificare a vantaggio delle generazioni che verranno”. Con queste parole il Papa, durante la catechesi dell’Udienza generale in Piazza San Pietro, ha attualizzato la figura di Bonifacio, nato nel 675 e morto nel 754, “grande missionario dell’VIII secolo”, che con la sua opera evangelizzatrice divenne “padre di tutti gli abitanti della Germania”. Bonifacio, ha detto Benedetto XVI sempre a braccio, “sapeva che fa parte della missione evangelizzatrice evangelizzare e umanizzare la cultura”. Per merito di Bonifacio, dei suoi monaci e delle sue monache, “fiorì anche quella cultura umana che è inseparabile dalla fede e ne rivela la bellezza”, ha ricordato il Santo Padre, citando le “significative opere intellettuali” lasciateci dal vescovo, a partire dal “suo copioso epistolario, in cui lettere pastorali si alternano a lettere ufficiali e ad altre di carattere privato,che svelano fatti sociali e soprattutto il suo ricco temperamento umano”. “A distanza di secoli, quale messaggio possiamo noi raccogliere dall’insegnamento e dalla prodigiosa attività di questo grande missionario e martire?”, si è chiesto il Papa, per il quale la prima eredità di Bonifacio è “la centralità della Parola di Dio, che egli visse, predicò e testimoniò fino al dono supremo di sé nel martirio”. “Era talmente appassionato della Parola di Dio – le parole del Papa - da sentire l’urgenza e il dovere di portarla agli altri, anche a proprio personale rischio”. Seconda eredità, la “fedele comunione con la sede apostolica”, che Bonifacio “sempre conservò tale comunione come regola della sua missione e la lasciò quasi come suo testamento”. “La testimonianza coraggiosa di Bonifacio è un invito per tutti noi ad accogliere nella nostra vita la parola di Dio come punto di riferimento essenziale, ad amare appassionatamente la Chiesa, a sentirci corresponsabili del suo futuro, a cercarne l’unità attorno al successore di Pietro”. “Frutto di questo impegno – ha proseguito Benedetto XVI - fu il saldo spirito di coesione intorno al Successore di Pietro che Bonifacio trasmise alle Chiese del suo territorio di missione, congiungendo con Roma l’Inghilterra, la Germania, la Francia e contribuendo così in misura determinante a porre quelle radici cristiane dell’Europa che avrebbero prodotto fecondi frutti nei secoli successivi”. Infine, Bonifacio “promosse l’incontro tra la cultura romano-cristiana e la cultura germanica”. “Trasmettendo l’antico patrimonio di valori cristiani – ha detto il Papa - egli innestò nelle popolazioni che evangelizzava un nuovo stile di vita più umano, grazie al quale venivano meglio rispettati i diritti inalienabili della persona. Da autentico figlio di san Benedetto, egli seppe unire preghiera e lavoro manuale e intellettuale, penna e aratro”. “Mi stupisce – ha detto Benedetto XVI a braccio, al termine della catechesi - il suo zelo ardente per il Vangelo: in 40 anni, esce da una vita monastica bella e fruttuosa per annunciare il Vangelo ai semplici, ai barbari. E a 80 anni ancora una volta va,in Frisia dove aveva cominciato la sua opera evangelizzatrice, e prevede il suo martirio per annunciare il Vangelo”. Il Papa ha concluso la catechesi dell’Udienza, davanti a più di 20 mila fedeli radunati in una Piazza San Pietro assolata, paragonando la fede di Bonifacio con “la nostra fede, così spesso tiepida e burocratizzata”, l’ha definita sempre fuori testo, invitando i fedeli a guardare a questa figura per “vedere come dobbiamo rinnovare la nostra fede, per dare il dono prezioso del Vangelo all’uomo del nostro tempo”.
“Non stancatevi di affidarvi a Cristo e di diffondere il Vangelo in ogni ambiente”. Con queste parole il Papa ha poi salutato i fedeli di lingua italiana. “Questo nostro tempo, del quale si sottolineano spesso le ombre che lo segnano – l’analisi di Benedetto XVI riguardo allo scenario attuale – deve essere illuminato dal sole vivo della speranza, da Cristo nostra speranza. Egli ha promesso di restare sempre con noi e in molti modi manifesta la sua presenza”. “A voi il compito di annunciarne e testimoniarne l’indefettibile amore che ci accompagna in ogni situazione”. Poi un’aggiunta speciale per i giovani: “Il cammino quaresimale che stiamo percorrendo – l’augurio di Benedetto XVI rivolto a loro – sia occasione di autentica conversione perché possiate giungere alla maturità della fede in Cristo”.

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi del Papa

Un uomo paralizzato all'Udienza per incontrare il Papa: ho voglia di vivere, sono entusiasta e curioso. Confido nel Signore e nella Sua persona

Giampiero Steccato (nella foto con Benedetto XVI), l'uomo di 58 anni, ex impiegato delle ferrovie di Piacenza paralizzato da oltre 10 anni perché affetto dalla "sindrome di "Locked-in", ma pienamente cosciente anche se impossibilitato a esprimersi verbalmente, è a Roma per partecipare all'Udienza generale in Piazza San Pietro e consegnare Papa Benedetto XVI un messaggio per "il diritto alla vita". Accompagnato dalla moglie Lucia, dai due figli Daniele e Silvia e dall'amico, Giovanni Badini, e assistito dall'ex primario di cardiologia Ugo Gazzola, l'uomo è volato con un C-27J dell'Aeronautica Militare dall'aeroporto di San. Damiano, a Piacenza, allo scalo militare di Ciampino, dove è giunto alle 8.45. Qui il gruppo ha trovato ad attenderli un'ambulanza della Croce Rossa italiana che li ha condotti in Vaticano. Giampiero Steccato consegnerà a Papa Benedetto XVI un appello messaggio nel quale é scritto tra l'altro: "ho voglia di vivere". "Santità, è inutile cercare di significarLe la mia emozione e la gioia di questa giornata. Con queste poche righe - scrive Giampiero Steccato - vorrei trasmetterLe quello che il mio corpo rischia di celare: ho voglia di vivere, sono entusiasta e curioso, amo la natura ed il mondo in cui ho la fortuna e il privilegio di esistere. "Sono consapevole - continua l'appello - che la mia fortuna é frutto della volontà del Signore e ringrazio infinite volte per quanto mi viene concesso. Confido proprio nel Signore e anche nella Sua persona, perché spero che con la Sua influenza possa permettere all'umanità un futuro migliore, la pace per chi vive in guerra, un po' di pane per coloro che hanno fame e un po' di solidarietà in una società troppo individualista. Grazie". Il trasferimento "straordinario" per esaudire il desiderio di Gian Piero Steccato, che ha una paralisi totale della muscolatura degli arti e di gran parte dei nervi cranici, si è concretizzato grazie all'interessamento del vescovo di Piacenza e la disponibilità della Presidenza del Consiglio e dello Stato Maggiore dell'Aeronautica che ha organizzato il suo trasporto considerato "di natura umanitaria". L'odissea della sua malattia progressiva, che non gli ha mai tolto piena coscienza, e la possibilità di comunicare tramite un palmare che utilizza con un dito, e la vicenda di Eluana Englaro, hanno portato Steccato a cambiare parere rispetto al primitivo desiderio di non voler vivere senza "certe condizioni". Ora, come ha fatto sapere durante l'odissea di Eluana, vuole dare pubblica testimonianza a favore del diritto alla vita di "tutti quelli che non possono dire la loro" perché colpiti da gravi disabilità. A quanto si apprende, al termine dell'incontro con il Papa, in una sala attigua all'aula Paolo VI, Steccato riceverà alimentazione e medicine. Poi, nel primo pomeriggio di nuovo a Ciampino con l'ambulanza della Cri e il rientro a Piacenza. "Vogliamo ringraziare di cuore l'Aeronautica militare e tutti coloro che hanno permesso questo viaggio. Un grazie particolare a coloro che ci hanno assistiti sull'aereo: sono stati molto bravi, è andato tutto benissimo, papà è stato contento e non ha mai avuto paura": lo ha detto Silvia Steccato, la figlia di Giampiero poco prima di lasciare Ciampino diretta con il padre e gli altri familiari in Vaticano. "Il nostro è un viaggio che non avremmo mai pensato di riuscire a fare - ha aggiunto - una cosa impossibile come la visita al Papa, il volo su quest'aereo, che invece si avvera. Che cosa ci aspettiamo dall'udienza? Nessuna risposta, soltanto essere rincuorati. Quel che poi verrà sarà ". Quanto all'assistenza di cui usufruisce Giampiero Steccato, la figlia ha detto che "bisogna lottare un pò per essere assistiti adeguatamente, non stancarsi mai di chiedere e non ascoltare le critiche e i commenti che a volte vengono. Ma, come dimostra il nostro caso, si può essere assisiti".

Revoca della scomunica ai lefebvrani. Andrea Tornielli e 'Il Foglio' anticipano la lettera umile e forte di Benedetto XVI


Williamson, esclusivo Ecco la lettera umile e forte del Papa
di Andrea Tornielli

E’ un testo articolato, bello, umile e allo stesso tempo forte: il Papa vuole fare chiarezza circa le polemiche sollevate dalla revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani e dal caso Williamson, e interviene sulle critiche divampate anche e soprattutto dentro la Chiesa. Lo fa con una lettera inviata a tutti i vescovi cattolici, ricordando che il caso “ha suscitato all’interno e fuori della Chiesa cattolica una discussione di tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata“. Benedetto XVI ricorda la “valanga di proteste” e l’accusa a lui rivolta di voler tornare indietro rispetto al Concilio. “Una disavventura per me imprevedibile è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica. Il gesto discreto di misericordia verso quattro vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all’improvviso come una cosa totalmente diversa: come una smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di ciò che in questa materia il Concilio aveva chiarito per il cammino della Chiesa“. L’invito alla riconciliazione con un gruppo che si era separato, è stato dunque presentato come una volontà di creare nuove fratture fra cristiani ed ebrei. Nelle parole di Papa Ratzinger emerge tutto il dolore che questa strumentalizzazione gli ha provocato, dato che proprio la riconciliazione tra cristiani ed ebrei “fin dall’inizio era stato un obbiettivo del mio personale lavoro teologico“. Benedetto XVI spiega che in futuro la Santa Sede dovrà prestare più attenzione alle notizie diffuse su Internet (le dichiarazioni di Williamson erano circolavano infatti sul Web già prima della pubblicazione della revoca della scomunica) e aggiunge: “Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco. Proprio per questo ringrazio tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia e di fiducia“. Il Papa si rammarica poi per il fatto che la stessa revoca della scomunica, “la portata e i limiti del provvedimento” non siano stati “illustrati in modo sufficientemente chiaro al momento della sua pubblicazione“. E precisa che la scomunica colpisce persone, non istituzioni: la revoca è un atto disciplinare, che rimane ben distinto dall’ambito dottrinale: “Il fatto che la Fraternità San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali” e i suoi ministri, anche se “sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica, non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa“.
Continuando su questo tema, il Pontefice annuncia di voler collegare la commissione Ecclesia Dei, che si occupa dei lefebvriani, con la Congregazione per la dottrina della fede. E a proposito del Concilio dice: “Non si può congelare l’autorità magisteriale della Chiesa all’anno 1962 - ciò deve essere ben chiaro alla Fraternità. Ma ad alcuni di coloro che si segnalano come difensori del Concilio deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta con sé l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive“.
Benedetto XVI - ed è la parte più commovente della lettera - risponde poi alla domanda critica che molti gli hanno rivolto in queste settimane: la revoca della scomunica era necessaria? Era davvero una priorità? Il Papa risponde che la sua priorità come pastore universale “è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo … in Gesù crocifisso e risorto“. Nel momento in cui Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini, bisogna “avere a cuore l’unità dei credenti“, perché la loro discordia e contrapposizione “mette in dubbio la credibilità del loro parlare di Dio“. Anche “riconciliazioni piccole e medie” fanno dunque parte delle priorità per la Chiesa. Il “sommesso gesto di una mano tesa” ha invece dato origine a un grande chiasso, trasformandosi così “nel contrario di una riconciliazione“. Ma il Papa spiega come sia invece necessario cercare di reintegrare, prevenire ulteriori radicalizzazioni, impegnarsi per sciogliere irrigidimenti e dar spazio a ciò che vi è di positivo. “Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità” - i lefebvriani - “nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi…117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa?“. Benedetto XVI non si nasconde che dalla Fraternità da molto tempo siano venute “molte cose stonate - superbia, saccenteria, unilateralismi ecc. Per amore di verità devo aggiungere che ho ricevuto anche una serie di testimonianze commoventi di gratitudine, nelle quali si rendeva percepibile un’apertura dei cuori“. Ma aggiunge che anche nell’ambiente ecclesiale sono emerse stonature: “A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo“.
Benedetto XVI ha dunque revocato la scomunica ai vescovi lefebvriani con lo sguardo del pastore preoccupato per l’unità della Chiesa, che tende la mano e offre misericordia. Quel gesto sommesso non significa ancora piena unità, finché le questioni dottrinali non saranno chiarite. La sciagurata intervista negazionista di Williamson non era conosciuta dal Papa quando ha approvato il decreto: leggere ciò che è avvenuto come un cambiamento di rotta rispetto a quanto stabilito dal Concilio nel rapporto con gli ebrei è stata una strumentalizzazione, alla quale si sono prestati anche cattolici, nonostante il Pontefice ammetta che andava chiarita meglio la portata del provvedimento. La Chiesa non torna indietro rispetto al Vaticano II, ma il Vaticano II non rappresenta una frattura, un nuovo inizio, rispetto alla bimillenaria storia cristiana. C’è da augurarsi che tutti i vescovi, anche e soprattutto coloro che hanno criticato il Papa, leggano bene le parole umili e forti del servo dei servi di Dio e comprendano l’atteggiamento di un padre misericordioso, che cerca di favorire l’unità dei credenti in Cristo, per testimoniarlo in un mondo che ha fatto sparire Dio dal suo orizzonte.


Contrattacco Benedetto: Ecco la lettera con cui B-XVI spiega tutto sui lefebvriani

Con una mossa a sorpresa, umile e allo stesso tempo forte, Benedetto XVI ha deciso di spiegare personalmente all’episcopato cattolico la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani che ha suscitato non poche polemiche. Lo ha fatto con una lettera autografa rivolta a tutti i vescovi del mondo che verrà resa nota presto, forse già domani. Una lettera accorata e ferma in cui il Pontefice spiega il vero significato del suo gesto, ne ribadisce la necessità e l’urgenza inquadrandola nella priorità “suprema e fondamentale” della sua missione di successore di Pietro, non senza ammettere gli errori commessi nella gestione di tutta l’affaire. Una “parola chiarificatrice”, insomma, che ha come obiettivo dichiarato quello di “contribuire in questo modo alla pace nella chiesa”.
Cominciamo dagli “sbagli” riconosciuti. Sono essenzialmente due: la Santa Sede non si è accorta che tramite “Internet” si poteva venire a conoscenza delle dichiarazioni negazioniste di Williamson che invece si sono sovrapposte in modo “imprevedibile” alla remissione della scomunica, provocando un corto circuito mediatico che ha fatto travisare l’intera vicenda. D’ora in poi, è la conclusione, il Vaticano dovrà prestare più attenzione a Internet come fonte di informazioni. Il secondo “sbaglio” nella gestione della vicenda è stato quello di un modo “non sufficientemente chiaro” di illustrare la remissione della scomunica. Benedetto XVI spiega che la revoca della scomunica è personale, riguarda i quattro vescovi, e non implica il riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X che potrà avvenire solo dopo un suo riallineamento dottrinale, con tanto di accettazione del Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi.
A questo proposito il Papa fa un annuncio importante. Siccome la questione è dottrinale, la pontificia Commissione Ecclesia Dei, che segue le pratiche dei lefebvriani che vogliono rientrare pienamente in comunione con Roma, sarà collegata alla Congregazione per la dottrina della fede, in modo tale che per queste pratiche ci sia anche un coinvolgimento dei prefetti delle altre Congregazioni vaticane e dei rappresentanti dell’episcopato mondiale che partecipano al lavoro collegiale dell’ex Sant’Uffizio. Riguardo al Vaticano II Papa Ratzinger è chiaro: i lefebvriani non possono pretendere di “congelare” l’autorità magisteriale della chiesa al 1962, ma d’altra parte coloro che si proclamano “grandi difensori del Concilio” devono comprendere che il Vaticano II porta con sé “l’intera storia dottrinale della chiesa”.
A questo punto il Papa nella sua lettera affronta forse la domanda più delicata: ma era proprio necessaria questa revoca? Era una priorità reale? Su questo punto Benedetto XVI non mostra tentennamenti. Il Pontefice sa bene che una certa pubblicistica era interessata a suggerire che la questione lefebvriana fosse una sua maniacale fissazione personale. Ma il Papa non vuole polemizzare e ribadisce, con assoluta disinvoltura, che fin dagli inizi il suo pontificato ha voluto avere come priorità assoluta quella stabilita da Gesù per il Successore di Pietro, e cioè “rendere Dio presente a questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio”, in un mondo in cui “Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini”. Questa “priorità suprema” per Benedetto XVI ha come logica conseguenza che si debba “avere a cuore l’unità dei credenti”, e quindi anche l’ecumenismo. E’ alla luce di questa vera priorità che – spiega il Papa – trovano posto anche “le riconciliazioni piccole e medie” come quella in corso d’opera con i lefebvriani.
Un tentativo di riconciliazione che riguarda una realtà – ricorda il Papa – estesa a migliaia di fedeli e soprattutto a 491 sacerdoti: “Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità?”. Benedetto XVI si mostra cosciente che dai lefebvriani si sono sentite “molte cose stonate”, frutto di superbia e fissazioni unilateraliste; ma allo stesso tempo ammette che “qualche stonatura” si è sentita anche dentro la chiesa: “A volte – conclude con una punta di amarezza – si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.