venerdì 7 dicembre 2012

Mons. Celli: forse anche prima di Natale l'account del Papa su Twitter potrebbe raggiungere il milione di followers, ma non cerca popolarità, vuole stare accanto agli uomini e alle donne di oggi nel loro cammino non facile

Il Papa su Twitter procede spedito verso il milione di followers: a quattro giorni dall’apertura dell’account @Pontifex sono già più di 700mila. Ma mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, in merito alla presenza di Benedetto XVI su Twitter propone, in un’intervista a Radio Vaticana, una chiave di lettura che non si basa solo sui numeri: "Noi pensiamo che nei prossimi giorni, forse anche prima di Natale, potremo raggiungere il milione di followers. Queste cifre mi indicano qualcosa, ma non mi emozionano particolarmente. Il Papa – spiega - nella sua missione di pastore della Chiesa universale non cerca popolarità, non è un divo della canzone o di altri settori della vita. Io guardavo in questi giorni quanti followers hanno certi personaggi del mondo dello spettacolo. Per noi – sottolinea - non è questo. Il desiderio del Papa è fondamentalmente quello di essere presente, di essere accanto, accanto all’uomo e alla donna di oggi, che affrontano un cammino non facile. Il Papa pochi giorni fa parlava di una desertificazione del mondo spirituale. Ecco perché io vedo positivamente questa presenza del Papa nel mondo dei tweet". A coloro che si domandano il motivo per cui Benedetto XVI è "sbarcato" su Twitter però poi non interagisce, il Presule risponde: "Sì, è vero. In un certo senso siamo in contraddizione con la natura stessa dei tweet. Però, anche se solamente il 10 per cento dei 700mila followers – un domani speriamo un milione – scrivessero al Papa, sarebbe materialmente impossibile poter rispondere. Noi vediamo, in questi giorni che abbiamo aperto questo momento interattivo, quanti tweet sono arrivati: tweet positivi, tweet negativi e tweet offensivi"; questi ultimi comunque non erano inaspettati: "Quando uno entra in questo mondo deve aspettarselo. La cosa, quindi, non ci ha colto di sorpresa. Direi che ciò che ci ha sorpreso è la quantità di tweet che sono arrivati. Non ci ha stupito, però, che in certi momenti riemergano sofferenze, riemerga quella schiuma un poco nera. Lo avevamo messo in programma. Sono venute fuori, però, anche domande interessanti sulla fede. E’ vero, a volte abbiamo avuto dei tweet scherzosi, ma anche questo risponde alla cultura del momento. Io dico, un poco sorridendo, che non risolveremo con i tweet i problemi della Chiesa. Volesse il Cielo fosse così semplice!". "Per me è importante – prosegue e ribadisce - che il Papa sia presente accanto agli uomini e alle donne di oggi. Oggi l’uomo ha una profonda nostalgia anche di Dio, e fa fatica a trovare, alle volte, il senso alla propria vita. Io ogni volta che mi avvicino a questa realtà penso a quella famosa frase di Gesù: 'Voi che siete stanchi, affaticati, venite a me e troverete riposo'. L’uomo di oggi trova una profonda stanchezza nel vivere, che alle volte cerca di evitare, ricorrendo a vari sistemi e alle volte anche negando se stesso. Ma ciò che noi vorremmo essere – e credo che il Papa senta profondamente questo bisogno – è di essere accanto. Ecco perché durante la conferenza stampa di presentazione io parlavo di pillole di saggezza o di scintille di verità". "Direi 'benvenuta' – conclude - a questa presenza di Papa Benedetto nel mondo dei tweet. Penso e spero che poi saranno gli amici – la parola followers mi entusiasma meno – a ritwittare questi messaggi del Santo Padre e a far sì che pervengano là dove è possibile".
 
Domenico Agasso jr, Vatican Insider
 

Consegnata a Benedetto XVI la nuova Papamobile: una Mercedes-Benz Classe M dotata di un allestimento speciale che consentirà al Papa di essere vicino alla gente che incontra durante i suoi viaggi apostolici, nella massima sicurezza e comfort

Nel pomeriggio di oggi, nei Giardini vaticani, è avvenuta la consegna al Benedetto XVI della nuova Papamobile Mercedes, in due esemplari. “La nuova Papamobile per Benedetto XVI – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - è una Mercedes-Benz Classe M dotata di un allestimento speciale che consentirà al Pontefice di essere vicino alla gente che incontra durante i suoi viaggi apostolici, nella massima sicurezza e comfort. La nuova Papamobile accompagnerà il Santo Padre già domani, in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione e del tradizionale omaggio del Papa alla statua della Vergine in Piazza di Spagna, a Roma”. La nuova Papamobile, prosegue il comunicato, “presenta all’interno numerose tecnologie innovative volte a rendere ancora più efficiente l’impianto di climatizzazione e di illuminazione, così come la comunicazione tra il guidatore e la cupola posteriore. La carrozzeria è, come da tradizione, bianca madreperla e la vettura è complessivamente più bassa di alcuni centimetri rispetto alla precedente Papamobile, per consentire più agevolmente il trasporto aereo, indispensabile nei numerosi viaggi che la vedranno impegnata. Il progetto della nuova Papamobile è stato avviato un anno fa e sono serviti circa nove mesi per adattare la vettura alle esigenze del Santo Padre. Il concept e la produzione sono stati curati dagli ingegneri Mercedes con il supporto di partner esterni. L’alimentazione è a benzina verde, come per i modelli precedenti”. “È per noi una gioia poter accompagnare Sua Santità Benedetto XVI nei suoi viaggi”, ha dichiarato Dieter Zetsche, presidente di Daimler AG. “Un impegno importante che portiamo avanti con passione da tanti decenni per sentirci sempre al fianco del Santo Padre ed abbracciarlo ovunque egli sia”. Da oltre 80 anni, Mercedes-Benz segue con dedizione il Santo Padre nei suoi viaggi apostolici. Un impegno iniziato nel 1930 con la Nurburg 460 pullman limousine consegnata a Pio XI, proseguito negli anni ‘60 con Giovanni XXIII, al quale fu consegnata una 300d automatica e decappottabile, e Paolo VI che ricevette una Mercedes Benz 600 Pullmann Landaulet e più tardi una 300 SEL. Negli ultimi anni Giovanni Paolo II ha viaggiato a bordo di Classe G, per le celebrazioni in Piazza San Pietro, e della Classe M che oggi viene sostituita e consegnata a Papa Benedetto XVI. Fin dall’inizio del pontificato di Papa Giovanni Paolo II fu avvertita l’esigenza di una autovettura panoramica che consentisse al Papa una maggiore visibilità. Infatti, proprio Papa Wojtyła, nei suoi primi viaggi internazionali cominciati nel gennaio 1979 con la Repubblica Dominicana e il Messico, aveva preso l’abitudine a sedersi a fianco degli autisti di grandi autobus quando percepiva che l’autovettura ordinaria a lui destinata non offrisse un sufficiente contatto visivo con i fedeli. In quei due anni di viaggi, dal gennaio 1979 all’aprile 1981, i Paesi ospitanti, tenuti a fornire adeguati mezzi di trasporto, adattarono prevalentemente grandi autobus trasformandoli in moderne carrozze papali con qualche semplice modifica di allestimento e collocando ben in vista lo stemma pontificio. Proprio in questi giorni ha fatto notizia il ritrovamento di un autobus papale irlandese utilizzato da Papa Giovanni Paolo II nel settembre 1979 e rinvenuto casualmente nel Museo delle Cere di Dublino. Ma la prima autovettura panoramica nella configurazione attuale, quella conosciuta oggi comunemente con il nome di “Papamobile”, prese vita nel maggio 1982 con il viaggio apostolico in Gran Bretagna. Dopo l’attentato subìto da Papa Wojtyła nel maggio 1981 non ci furono viaggi apostolici per un anno e i Paesi ospitanti si resero immediatamente conto che oltre a soddisfare le esigenze di visibilità occorreva garantire la sicurezza del Pontefice. Nacquero quindi le auto panoramiche blindate costruite non più con grandi autobus ma elaborate su telai di vetture fuoristrada a quattro ruote motrici. Le prime due furono appunto costruite dalla British Leyland in Gran Bretagna mentre un’altra coppia di Papamobili fu costruita nello stesso anno in Spagna dalla Range Rover in occasione del viaggio apostolico del novembre 1982. Di questi esemplari, inglesi e spagnoli, ne furono donati alcuni alla Santa Sede per essere utilizzati nei successivi viaggi apostolici. Moltissimi Paesi però costruirono autonomamente ulteriori versioni di Papamobili, sia come gesto di creativa partecipazione locale per soddisfare le esigenze di mobilità del Papa nei viaggi sia per ovviare talvolta alle complesse e costose difficoltà di trasporto delle autovetture panoramiche dal Vaticano ai Paesi di destinazione, spesso in altri continenti. Ne furono così costruite alcune decine, di varie marche e modelli automobilistici, che oggi si trovano in vari musei del mondo a testimoniare il passaggio di una visita papale. Verso la fine degli anni 80’ la Daimler Benz costruì una versione di Papamobile molto elegante e sofisticata su telaio Mercedes classe GL offrendone due esemplari a Papa Giovanni Paolo II per i suoi viaggi. E instaurò con l’occasione la prassi che al momento della dismissione delle auto una fosse destinata al Museo di Stoccarda e l’altra ai Musei Vaticani (Museo delle carrozze). Così fu attuato infatti nel 2002 quando furono offerte sempre a Giovanni Paolo II due nuove Papamobili su telaio Mercedes classe M, le quali sono state poi utilizzate da Benedetto XVI fino ad oggi.

Radio Vaticana

Una nuova Papamobile per Benedetto XVI

Anno della fede. Mons. Müller: la Commissione Teologica internazionale si sente direttamente interpellata, in cui anche i teologi sono chiamati a riscoprire con rinnovato vigore ciò che essenziale nella loro vocazione, che è quella di servire la 'fede che cerca di comprendere'

Le prospettive della Commissione Teologica Internazionale e la figura stessa del teologo, così come sono emerse dai lavori della sessione plenaria, sono state presentate a Benedetto XVI durante l'udienza dall’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller (foto), prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella sua veste di nuovo presidente. "Ogni incontro di questa Commissione con il Papa ha per noi un significato del tutto speciale" ha detto mons. Müller, ricordando, proprio "nel giorno della festa di Sant’Ambrogio", che il card. Ratzinger è stato "membro dal primo quinquennio dei lavori della Commissione divenendone poi presidente, e ora come Successore di Pietro è il primo destinatario del servizio svolto dalla Commissione, chiamata a offrire il suo aiuto al Magistero della Chiesa". Nella plenaria, ha detto l’arcivescovo al Pontefice, "la Commissione ha proceduto con una riflessione collegiale su tre importanti questioni teologiche elaborando uno studio sul tema 'Dio Trinità, unità degli uomini. Cristianesimo e monoteismo'; riflettendo sulla dottrina sociale ecclesiale nella sua relazione con la fede e la missione della Chiesa; affrontando il tema nuovo del 'sensus fidei'". Facendo il punto delle iniziative, il presidente ha reso noto che "nell’arco di quest’anno è stato intrapreso un maggiore impegno per la promozione dei documenti pubblicati dalla Commissione - sin dalla sua fondazione per volontà del servo di Dio Papa Paolo VI l’11 aprile 1969 - fino all’ultimo su 'La teologia oggi. Prospettive, principi e criteri'. Sono ormai venticinque. Questi documenti, come ha scritto il card.Ratzinger da presidente della Commissione, costituiscono “'n capitolo della storia della teologia post-conciliare, la cui importanza non è stata ancora riconosciuta'". Inoltre "in questi ultimi mesi la Commissione si è impegnata affinché tutti i testi, in diverse traduzioni, siano raggiungibili anche per mezzo della pagina internet sul sito vaticano", per essere a disposizione "dell’intera comunità teologica, dei pastori e dei fedeli della Chiesa". La Commissione inoltre, ha assicurato il presidente, si sente direttamente interpellata dall’"indizione dell’Anno della fede, in cui anche i teologi sono chiamati a riscoprire con rinnovato vigore ciò che essenziale nella loro vocazione, che è quella di servire la 'fede che cerca di comprendere'". La «partecipazione a questo 'kairòs' della Chiesa" è stata espressa anche con un messaggio e con il pellegrinaggio a Santa Maria Maggiore, compiuto ieri. Proprio la Messa nella Basilica Liberiana è stata per l’arcivescovo Müller l’occasione per proporre una riflessione sul significato del lavoro teologico oggi. È bene, ha detto, "nell’Anno della fede tornare con rinnovato vigore spirituale e teologico" all’immagine di Maria "beata perché ha creduto". Infatti "la fede della Vergine diventa, sin dai primi passi del Vangelo, modello del pellegrinaggio nella fede come la descriverà il Concilio Vaticano II". L’arcivescovo ha quindi fatto notare che non si tratta di "una fede passiva, che accetta in modo immobile quanto proposto da Dio, quasi in una logica di obbligo che renderebbe schiavi. Ma è la fede che, nel dialogo con Dio, diventa collaboratrice e coprotagonista della salvezza, si fa concretezza della storia, si incarna tangibilmente nel mondo che in fondo, coscientemente o meno, attende la salvezza stessa". Per il presidente della Commissione, in sostanza, la questione centrale è "il primato della fede. Per Agostino non c’è dubbio che Maria è più felice nel ricevere la fede di Cristo che nel concepire la carne di Cristo". E "in questa nostra comunità teologica - ha affermato - vogliamo rilevare oggi un solo aspetto particolare del cammino credente della Vergine. Nella luce della fede, lei è la creatura sapiente abbandonata nelle mani di Dio. Il dono della fede introduce alla vera sapienza del mistero". Così "Maria è invocata dalla secolare preghiera della Chiesa quale Sede della Sapienza. Un’invocazione che interpella e obbliga nel cuore ogni teologo. Gli uomini e le donne della scienza teologica non potrebbero corrispondere pienamente all’oggetto della propria scienza se trascurassero il suo aspetto sapienziale. La sapienza nella scienza teologica ci fa comprendere per il meglio che il mistero studiato - Deus- Trinitas , Dio di Gesù Cristo - non è semplicemente un oggetto affidato alle nostre menti, ma è il vero Soggetto del nostro pensare. Cristo è il vero Teologo delle antiche Scritture, noi assieme a Maria siamo tutti discepoli del Verbo". "La Commissione - ha rilevato ancora mons. Müller - nell’ultimo documento ha voluto concludere la propria riflessione sulla teologia oggi, aprendo proprio questa prospettiva sapienziale. Non trascurando mai competenza e professionalità scientifica dell’impegno teologico, questo va compreso nell’ampio orizzonte della sapienza che, nel tesoro della fede, è stata affidata alla Chiesa". L’arcivescovo ha quindi invitato a «tenere presente il profondo rapporto di Maria con il modo di pensare teologico. Chi tra gli uomini ha conosciuto meglio di Lei il Figlio di Dio? Chi tra le creature ha avuto migliore dimestichezza con il soggetto e oggetto della nostra scienza? La Vergine sapiente, nel suo atteggiamento di fede, ci insegna la fedeltà e la prudenza, lo zelo e la pietà, come la vera libertà dei cultori delle scienze teologiche". Ed è proprio a Maria, "pellegrina nella fede e madre della Chiesa", che il presidente ha affidato "la Commissione Teologica Internazionale e, idealmente, tutta la comunità teologica nella Chiesa". L’auspicio, ha concluso, è che "teologi e teologhe, con il loro prezioso e indispensabile lavoro, seguendo il modello dell’Immacolata “esp erta” di Cristo, possano costituire la ricchezza del quotidiano cammino ecclesiale nell’intelligenza della fede".

L'Osservatore Romano

Il Papa: senza l’apertura al trascendente, che permette di trovare delle risposte agli interrogativi sul senso della vita e sulla maniera di vivere in modo morale, l’uomo diventa incapace di agire secondo giustizia e di impegnarsi per la pace

Questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i membri della Commissione Teologica Internazionale, a conclusione dei lavori della Sessione Plenaria della medesima Commissione. Nel suo discorso il Papa ha espresso il suo apprezzamento per il Messaggio della Commissione in occasione dell'Anno della fede che "mette bene in luce il modo specifico in cui i teologi, servendo fedelmente la verità della fede, possono partecipare allo slancio evangelizzatore della Chiesa". Il Messaggio riprende i temi del documento “La teologia oggi. Prospettve, principi e criteri”, ed "intende presentare, per così dire, il codice genetico della teologia cattolica, cioè i principi che definiscono la sua stessa identità e, di conseguenza, garantiscono la sua unità nella diversità delle sue realizzazioni". "In un contesto culturale dove taluni sono tentati o di privare la teologia di uno statuto accademico - ha detto il Papa - a causa del suo legame intrinseco con la fede, o di prescindere dalla dimensione credente e confessionale della teologia, con il rischio di confonderla con le scienze religiose, il vostro documento ricorda opportunamente che la teologia è inscindibilmente confessionale e razionale e che la sua presenza all’interno dell’istituzione universitaria garantisce una visione ampia ed integrale della stessa ragione umana". "Tra i criteri della teologia cattolica - ha affermato il Papa - il documento menziona l’attenzione che i teologi devono riservare al 'sensus fidelium'. Il Concilio Vaticano II, ribadendo il ruolo specifico ed insostituibile che spetta al Magistero, ha sottolineato nondimeno che l’insieme del Popolo di Dio partecipa dell’ufficio profetico di Cristo". "Questo dono, il 'sensus fidei', costituisce nel credente una sorta di istinto soprannaturale che ha una connaturalità vitale con lo stesso oggetto della fede. Esso è un criterio per discernere se una verità appartenga o no al deposito vivente della tradizione apostolica. Presenta anche un valore propositivo perché lo Spirito Santo non smette di parlare alle Chiese e di guidarle verso la verità tutta intera. Oggi, tuttavia, è particolarmente importante precisare i criteri che permettono di distinguere il 'sensus fidelium' autentico dalle sue contraffazioni. In realtà, esso non è una sorta di opinione pubblica ecclesiale, e non è pensabile poterlo menzionare per contestare gli insegnamenti del Magistero, poiché il 'sensus fìdei' non può svilupparsi autenticamente nel credente se non nella misura in cui egli partecipa pienamente alla vita della Chiesa, e ciò esige l’adesione responsabile al suo Magistero". "Oggi, questo stesso senso soprannaturale della fede dei credenti porta a reagire con vigore anche contro il pregiudizio secondo cui le religioni, ed in particolare le religioni monoteiste, sarebbero intrinsecamente portatrici di violenza, soprattutto a causa della pretesa che esse avanzano dell’esistenza di una verità universale. Alcuni ritengono che solo il 'politeismo dei valori' garantirebbe la tolleranza e la pace civile e sarebbe conforme allo spirito di una società democratica pluralistica". "Da una parte, è essenziale ricordare che la fede nel Dio unico, Creatore del cielo e della terra, incontra le esigenze razionali della riflessione metafisica, la quale non viene indebolita ma rinforzata ed approfondita dalla Rivelazione del mistero del Dio-Trinità. Dall’altra parte, bisogna sottolineare la forma che la Rivelazione definitiva del mistero dell’unico Dio prende nella vita e morte di Gesù Cristo, che va incontro alla Croce come 'agnello condotto al macello'. Il Signore attesta un rifiuto radicale di ogni forma di odio e violenza a favore del primato assoluto dell’agape. Se dunque nella storia vi sono state o vi sono forme di violenza operate nel nome di Dio, queste non sono da attribuire al monoteismo, ma a cause storiche, principalmente agli errori degli uomini. Piuttosto è proprio l’oblio di Dio ad immergere le società umane in una forma di relativismo, che genera ineluttabilmente la violenza. Quando si nega la possibilità per tutti di riferirsi ad una verità oggettiva, il dialogo viene reso impossibile e la violenza, dichiarata o nascosta, diventa la regola dei rapporti umani. Senza l’apertura al trascendente, che permette di trovare delle risposte agli interrogativi sul senso della vita e sulla maniera di vivere in modo morale, l’uomo diventa incapace di agire secondo giustizia e di impegnarsi per la pace". "Se la rottura del rapporto degli uomini con Dio porta con sé uno squilibrio profondo nelle relazioni tra gli uomini stessi, la riconciliazione con Dio, operata dalla Croce di Cristo, 'nostra pace' è la sorgente fondamentale dell’unità e della fraternità. In questa prospettiva, si colloca anche la vostra riflessione" sulla "dottrina sociale della Chiesa nell’insieme della dottrina della fede. Essa conferma che la dottrina sociale non è un’aggiunta estrinseca, ma, senza trascurare l’apporto di una sana filosofia sociale, attinge i suoi principi di fondo alle sorgenti stesse della fede. Tale dottrina cerca di rendere effettivo, nella grande diversità delle situazioni sociali, il comandamento nuovo che il Signore Gesù ci ha lasciato: 'Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri'", ha concluso il Pontefice.

VIS Notizie

UDIENZA AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE - il testo integrale del discorso del Papa
 

Benedetto XVI nomina prefetto della Casa Pontificia mons. Georg Gänswein, suo segretario particolare, elevandolo alla dignità di arcivescovo. Continuerà a svolgere l'incarico precedente e sarà ordinato dal Papa il 6 gennaio

Papa Benedetto XVI ha nominato Prefetto della Casa Pontificia mons. Georg Gänswein (foto), suo segretario particolare, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Urbisaglia, con dignità di arcivescovo. Il comunicato della Sala Stampa vaticana, fa notare il sito della Radia Vaticana nel riportare la notizia, "non parla della nomina di un nuovo segretario particolare del Papa, pertanto mons. Gänswein continuerà a svolgere anche l'incarico precedente". Sarà ordinato vescovo da Benedetto XVI il 6 gennaio, Solennità dell'Epifania, in una celebrazione in cui potrebbe essere ordinato vescovo anche Vincenzo Zani, segretario della Congreazione per l'Educazione Cattolica, e Fortunatus Nwachukwu, capo del protocollo della Segreteria di Stato inviato nunzio apostolico in Nicaragua. E fu in qualche modo eloquente il fatto che Gänswein e Nwachukwu siano arrivati insieme alle visite di calore ai cardinali creati nell'ultimo Concistoro, e insieme siano andati a salutare la neo-porpora James Micheal Harvey, il predecessore di Gänswein come prefetto della Casa Pontificia, ora arciprete della Basilica di San Paolo Fuori Le Mura. Mons. Georg, nato 56 anni fa a Waldshut (Baden-Württemberg, Germania), è stato ordinato sacerdote il 31 maggio 1984 e incardinato nell'arcidiocesi di Freiburg im Breisgau. Laureato in Diritto Canonico nel 1993 presso la Katholisch-Theologische Fakultät della Ludwig-Maximilians-Universität di München, dopo essere stato giudice del Tribunale Diocesano e collaboratore personale dell'arcivescovo di Freiburg im Breisgau, nel 1995 è stato assunto presso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Nel 1996 è stato trasferito alla Congregazione per la Dottrina della Fede, dove in seguito ha svolto l'ufficio di segretario personale del prefetto, l'allora card. Joseph Ratzinger, di cui è diventato segretario particolare con la sua elezione al Pontificato. Oltre al tedesco, conosce anche l'italiano, il francese, l'inglese, lo spagnolo e il latino.
 
TMNews, Korazym.org

NOMINA DEL PREFETTO DELLA CASA PONTIFICIA

Il Papa: dal Patriarca Ignazio IV Hazim una testimonianza luminosa di fede e di carità e per la grande causa della riconciliazione e della pace, un contributo positivo ed efficace al processo di riavvicinamento tra le due Chiese

Il Patriarca greco-ortodosso Ignazio IV Hazim (foto) “ha offerto una testimonianza luminosa di fede e di carità” e per la “grande causa della riconciliazione e della pace”. E’ quanto scrive il Papa in una lettera in occasione della morte del capo della Chiesa greco-ortodossa di Siria, spentosi mercoledì scorso all’età di 92 anni a Beirut. Il Papa sottolinea il “contributo positivo ed efficace” che il Patriarca Ignazio IV ha portato al “processo di riavvicinamento tra le nostre due Chiese” e auspica che si prosegua nel “cammino di dialogo e nella ricerca della piena comunione in Cristo”. Concludendo il suo messaggio, Benedetto XVI assicura le sue preghiere per “la pace nella regione” e per i fedeli provati della Chiesa greco-ortodossa di Siria.

Radio Vaticana

Cantalamessa: la nostra situazione è tornata a essere la stessa del tempo degli apostoli. Abbiamo davanti, almeno in certi ambienti, un mondo postcristiano da rievangelizzare. Dobbiamo riportare alla luce la spada dello Spirito che è l’annuncio, in Spirito e potenza, di Cristo morto e risorto

"Vorrei mostrare come fare perché il Catechismo della Chiesa Cattolica, da strumento muto, come un violino di pregio posato su un panno di velluto, si trasformi in strumento che suona e scuote i cuori". Ha usato una metafora musicale il cappuccino Raniero Cantalamessa per introdurre la prima Predica di Avvento, tenuta questa mattina, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, alla presenza di Benedetto XVI e della Curia romana. Scegliendo di dedicare il primo degli appuntamenti in preparazione al Natale al tema dell’Anno della fede, il predicatore della Casa Pontificia si è soffermato in particolare sull’opera, di cui ricorre il ventennale, curata dal card. Joseph Ratzinger. Per questo, ha esordito con una battuta, "non parlerò del contenuto del Catechismo; sarebbe come voler spiegare la Divina Commedia a Dante Alighieri". Piuttosto, il relatore ha sottolineato la necessità per i cristiani di oggi "di passare dalla partitura all’esecuzione, dalla pagina muta a qualcosa di vivo che fa vibrare l’anima": in pratica, cioè nell’Anno della Fede lo studio e la riscoperta del Catechismo apre alla "ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito e offerto nei suoi duemila anni di storia". Per questo ha citato la visione di Ezechiele, della mano tesa che porge un rotolo. "Il Pontefice - ha spiegato - è la mano che, in quest’anno, porge di nuovo alla Chiesa il Catechismo dicendo: 'Prendi questo libro, mangialo'". E mangiare un libro significa "non solo studiarlo, analizzarlo, memorizzarlo, ma farlo carne della propria carne e sangue del proprio sangue, 'assimilarlo'. Trasformarlo da fede studiata in fede vissuta". Però siccome ciò «non è possibile con tutta la mole del libro», allora "bisogna cogliere il principio che informa e unifica il tutto, il cuore pulsante del Catechismo", ovvero Gesù. In proposito il predicatore ha chiarito la distinzione tra 'kerygma' e 'didaché'. "Il primo, che Paolo chiama anche 'il vangelo', riguardava l’opera di Dio in Cristo, il mistero pasquale di morte e risurrezione, e consisteva in formule brevi di fede, mentre la seconda si riferiva all’insegnamento successivo, alla formazione completa del credente". Dunque la fede "sbocciava solo in presenza del kerygma", che "non era un riassunto della fede, ma il seme da cui nasce tutto il resto. E anche il più antico nucleo del credo riguardava Cristo, di cui metteva in luce la duplice componente, umana e divina". Poi il "nucleo primitivo, o credo cristologico, venne inglobato in un contesto più ampio. Questo sviluppo della dottrina cristiana è un arricchimento, non un allontanamento dalla fede originaria". Quindi per attualizzare il discorso "sta a noi oggi - in primo luogo ai vescovi, ai predicatori, ai catechisti - far risaltare il carattere a parte del 'kerygma' come momento germinativo della fede. In un’opera lirica, per riprendere l’immagine musicale, c’è il recitativo e c’è il cantato e nel cantato ci sono gli acuti che scuotono l’uditorio e provocano emozioni forti, brividi". Del resto, ha avvertito, "la nostra situazione è tornata a essere la stessa del tempo degli apostoli. Abbiamo davanti, almeno in certi ambienti, un mondo postcristiano da rievangelizzare. Dobbiamo riportare alla luce la spada dello Spirito che è l’annuncio, in Spirito e potenza, di Cristo morto e risorto". Inotre il 'kerygma' è per il predicatore della Casa Pontificia "anche un certo clima spirituale, uno sfondo sul quale tutto si colloca. Sta all’annunciatore permettere allo Spirito Santo di creare questa atmosfera". Per questo il Ccc può assumere oggi il ruolo che nella Chiesa apostolica spettava alla didachè: formare la fede, darle un contenuto, mostrarne le esigenze etiche e pratiche, portare la fede a rendersi «operante nella carità". Soprattutto padre Cantalamessa ha posto l’accento sulla terza 'c' del titolo del Catechismo, cioè dell’aggettivo cattolica. Per lui "la forza di alcune Chiese non cattoliche è di puntare tutto sul momento iniziale, la venuta alla fede, l’adesione al 'kerygma' e l’accettazione di Gesù come Signore, visto come un 'nascere di nuovo', o 'seconda conversione'. Ma questo può divenire un limite se ci si ferma a esso. Noi cattolici abbiamo da imparare qualcosa da tali Chiese, ma abbiamo anche tanto da dare. Nella Chiesa cattolica tutto ciò è l’inizio, non la fine della vita cristiana. Dopo quella decisione, si apre il cammino verso la crescita e, grazie alla sua ricchezza sacramentale, al magistero, all’esempio di tanti santi, la Chiesa è in una situazione privilegiata per condurre i credenti alla perfezione". E se il 'kerygma' è l’acuto della catechesi, per produrlo non basta alzare il tono della voce, occorre l’unzione dello Spirito Santo. "C’è bisogno di istruzione dall’esterno, c’è bisogno di maestri; ma la loro voce penetra nel cuore solo se a essa si aggiunge quella interiore dello Spirito. È l’unzione dello Spirito che fa passare dalle enunciazioni di fede alla loro realtà". E ha citato come caso di "unzione della fede" quello sperimentato da Pascal nella notte del 23 novembre 1654 e una propria esperienza personale mentre assisteva a una Messa natalizia di mezzanotte presieduta da Giovanni Paolo II in San Pietro. Perché, ha concluso, l’unzione dello Spirito Santo produce "un effetto collaterale nell’annunciatore: gli fa sperimentare la gioia di proclamare Gesù e il suo Vangelo. Trasforma l’evangelizzazione da incombenza e dovere, in un onore".
 
L'Osservatore Romano
 
L'Anno della fede e il Catechismo della Chiesa Cattolica - il testo integrale della predica di padre Cantalemessa