mercoledì 9 novembre 2011

Durante la Messa per il bicentenario dell'indipendenza dell'America Latina Benedetto XVI potrebbe annunciare un viaggio apostolico in Messico e a Cuba

Papa Benedetto XVI compirà un viaggio apostolico in Messico e a Cuba nella primavera del 2012, è emerso in Vaticano. Questa notizia è stata rilasciata dal conduttore Joaquin Lopez Doriga la notte scorsa, assicurando che Papa Benedetto XVI farà l'annuncio ufficiale del viaggio in Messico e Cuba il prossimo 12 dicembre. Quello che sarà il sesto viaggio di un Papa in Messico, sarà annunciato nella Basilica di San Pietro in Vaticano, durante la Messa celebrata da Benedetto XVI, in onore del bicentenario della l'indipendenza dei diversi paesi dell'America Latina, secondo quanto ha informato il Vaticano in un comunicato.

Diario Respuesta

Sgarbo anticattolico dell'Irlanda: verrà chiusa l'ambasciata del Paese presso la Santa Sede. Ma la diplomazia di Benedetto XVI invece cresce

L’annuncio è stato dato con uno scarno comunicato giovedì scorso. L’Irlanda ha deciso di chiudere la propria ambasciata presso la Santa Sede, ufficialmente per la necessità di fare economia in questi tempi di gravi restrizioni di bilancio imposte dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. Costa troppo, dice Dublino, mantenere Villa Spada (foto), il sontuoso palazzo romano del XVII secolo che, dopo essere stato usato da Giuseppe Garibaldi nel 1849, successivamente passato nelle mani della famiglia Agnelli, è divenuto nel 1946 proprietà dell’Irlanda che vi ha posto la rappresentanza diplomatica presso la Santa Sede. Una rappresentanza importante perché di proprietà di uno di quei Paesi europei che il Vaticano ha sempre sentito più di altri vicino e amico. Ma oramai è deciso. Il dietrofront è irrevocabile. L’Irlanda deve risparmiare e, insieme alle rappresentanze di Iran e Timor est, chiude anche quella presso il Vaticano. Scrive Le Monde: a conti fatti si tratta di una “notevole umiliazione diplomatica”. Anche perché “la vera ragione è l’atteggiamento della Chiesa d’Irlanda nello scandalo dei reati sessuali commessi da preti e religiosi”. Che il motivo della chiusura non sia soltanto quello economico sembra evidente anche da come le gerarchie hanno reagito alla notizia. Se il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha cercato di buttare acqua sul fuoco ricordando che comunque le relazioni diplomatiche restano in piedi, diversa, invece, è stata la reazione del card. Seán Brady. Senza giri di parole il primate dell’Eire ha detto che “questa decisione mostra poca considerazione per l’importante ruolo svolto dal Vaticano nelle relazioni internazionali e dei legami storici tra il popolo irlandese e la Santa Sede nel corso dei secoli”. Per Brady è grave il deficit di memoria che l’Irlanda mostra nei confronti della sua stessa storia: nel 1929, quando nacque la Repubblica d’Irlanda, le sue prime quattro rappresentanze diplomatiche all’estero furono quelle presso Washington, Londra, la Lega delle Nazioni e la Santa Sede. Sembra un paradosso. Proprio nel momento in cui la diplomazia vaticana raggiunge innegabili traguardi ampliando il numero dei Paesi coi quali vanta relazioni diplomatiche, deve soffrire l’addio della cattolica Irlanda, un addio che secondo alcuni potrebbe provocarne altri a cascata: “Altri Paesi potrebbero decidere di imitare l’Irlanda”, scrive il quotidiano irlandese on line The Evening Herald citando non ben identificate “fonti vaticane”. E di “effetto domino” parla anche Massimo Franco in un pezzo uscito su The Guardian. In effetti, c’è chi legge nella notizia della chiusura della rappresentanza irlandese un segno del declino dell’influenza vaticana nel mondo. Sul National Catholic Reporter è stato John Allen a citare l’ultimo lavoro di Franco “C’era una volta un Vaticano” per dire che la decisione dell’Irlanda non fa altro che confermare quanto il notista politico del Corriere della Sera scriveva nel suo libro: oggi l’influenza del Vaticano nello scacchiere internazionale è ridotta al lumicino. Ma davvero così stanno le cose? Davvero la nuova diplomazia “più Vangelo e meno politica” voluta da Papa Benedetto XVI quando nel 2006 ha portato il card. Tarcisio Bertone alla guida della Segreteria di Stato vaticana, e il corso Dominique Mamberti a capo della sezione “esteri” della stessa Segreteria, ha perso autorevolezza e capacità d’influenza? I dati sembrano in realtà dire altro. Circa un anno fa fu Avvenire, in occasione dell’udienza del Papa al corpo diplomatico accreditato in Vaticano, a rimarcare, numeri alla mano, il ruolo ricoperto dalla Chiesa Cattolica nello scenario “geopolitica” mondiale. Un “ruolo”, scrisse il quotidiano dei vescovi italiani, “che, in base al sempre crescente numero di paesi che vogliono intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede, sembra continuare a suscitare un notevole interesse nella comunità internazionale. Basti ricordare che, come disvelato nei famosi cablogrammi diffusi da Wikileaks, l’ambasciata Usa in Vaticano in vista della visita del presidente Obama sottolineava come la Santa Sede fosse ormai seconda solo agli States per numero di paesi con cui intrattiene rapporti diplomatici”. Eppure nel 1900 questi Paesi erano appena una ventina. Ma nel 1978 ammontavano già a 84. Nel 2005 erano 174 e con Benedetto XVI sono diventati 178. Nel 2006, infatti, sono stati allacciati i rapporti col neonato Montenegro, nel 2007 con gli Emirati arabi uniti, nel 2008 col Botswana, il 9 dicembre 2009 infine è stata la volta della Federazione russa. La Santa Sede ha poi legami diplomatici con l’Unione europea e il Sovrano militare ordine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali organizzazioni internazionali governative, come, ad esempio, l’Onu, il Consiglio d’Europa, la Fao, l’Unesco, il Wto e, inoltre, presso la Lega degli Stati arabi e l’Organizzazione dell’unità africana. Dell’Osce, poi, è membro fondatore. A parte il Kosovo, il cui inevitabile riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso, la Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con sedici stati, perlopiù asiatici, in buona parte a maggioranza islamica. E’ alla luce di questi dati che l’addio irlandese è difficile da capire. Scrive Sandro Magister: “Una nazione che ha sempre puntato moltissimo sulla propria identità cattolica e sullo storico legame con la Santa Sede – anche in opposizione alla protestante corona inglese che per secoli l’ha dominata non senza vessazioni – si trova oggi ad avere un legame diplomatico con il Vaticano di rango inferiore rispetto a quello intrattenuto dal Regno Unito, che solo nel 1982 ha stabilito pieni rapporti con la sede di Pietro. E così mentre lo scorso 10 settembre il nuovo ambasciatore inglese Nigel Marcus Baker, già consigliere privato del principe Carlo, consegnava le lettere credenziali nelle mani di Benedetto XVI definendo ‘eccellenti’ i rapporti tra Buckingham Palace e il papato, la splendida Villa Spada sul Gianicolo dovrà cambiare la propria storica destinazione d’uso”. Certo, la storia dei rapporti tra Vaticano e Regno Unito non è sempre stata rose e fiori. Il diplomatico inglese Ivor Roberts ha raccontato sul settimanale cattolico di Londra The Tablet che alcuni anni fa, tra il 2004 e il 2005, anche alcuni esponenti del governo britannico “si baloccavano con l’idea di chiudere” la loro ambasciata presso la Santa Sede e di far risiedere il loro ambasciatore nello stesso edificio del collega accreditato presso lo stato italiano. Il motivo? Il medesimo accampato oggi pubblicamente da Dublino: difficoltà di bilancio e necessità di tagliare le spese. Ma, scrive Magister, “nel Regno Unito quei calcoli vennero vanificati da una forte reazione contraria del primo ministro, che all’epoca era Tony Blair”. Un’ostinazione, quella di Blair, paragonabile a quella mostrata recentemente da quattro Paesi che, dopo lunghe trattative, sono riusciti per la prima volta ad aprire una loro sede di rappresentanza presso il Vaticano: sono l’Australia, il Camerun, Timor est e il Benin, il Paese africano, quest’ultimo, che il Papa visiterà tra pochi giorni. L’impressione è che Blair sia stato lungimirante. Il presunto antagonismo del popolo inglese nei confronti della Chiesa e del Papa, infatti, ha mostrato la sua inconsistenza un anno fa quando Joseph Ratzinger arrivò nel Regno Unito. E la stessa cosa si può dire dell’Irlanda. Scrive David Quinn sul The Independent che la mossa di chiudere l’ambasciata è motivata probabilmente dalla pressione dell’opinione pubblica dopo lo scandalo degli abusi sessuali sui minori. Ma, dati alla mano, tutta questa diffidenza nei confronti dei preti non c’è. Secondo un sondaggio del think tank religioso Iona Institute, un’organizzazione non governativa dedita al rafforzamento della società civile mediante il sostegno alla religione e al matrimonio, soltanto un quarto degli irlandesi ha un giudizio negativo sulla Chiesa in seguito all’uscita delle notizie di pedofilia nel clero. Mentre più della metà degli irlandesi crede che la Chiesa Cattolica e i suoi insegnamenti siano un valore importante per tutto il Paese. Il tutto nonostante la maggior parte degli irlandesi, anche in seguito alle notizie diffuse dalla stampa, abbia una visione gonfiata riguardo alla pedofilia nella Chiesa. Per la gente il numero di preti pedofili nel Paese è di gran lunga maggiore di quanti in realtà si sono macchiati di questo crimine.

Paolo Rodari, Il Foglio

Il Papa: il Tirolo l’hanno fatto gli angeli, orgoglioso e felice di farne parte. Natura, creazione e vita degli uomini si raccordino in unica melodia

Al termine dell’Udienza generale, nell’auletta dell’Aula Paolo VI, è stata conferita a Benedetto XVI la cittadinanza onoraria di Natz-Schabs, piccolo comune altoatesino, nella provincia autonoma di Bolzano. Un riconoscimento dalla dimensione familiare e non solo istituzionale: in questo paese, infatti, nacquero Maria Tauber e Maria Tauber-Peintner, rispettivamente bisnonna e nonna materna di Jospeh Ratzinger. In un breve discorso di ringraziamento, pronunciato a braccio, il Papa è tornato a ritroso con la memoria, quando in casa si raccontava della bellezza della terra tirolese. “Il Tirolo l’hanno fatto gli angeli”: Joseph Ratzinger è tornato bambino con i ricordi quando la mamma gli parlava della bellezza della terra di origine della nonna, di cui sentiva tanta nostalgia. Ricordi che restano nel cuore del Papa insieme alle visite che fin da ragazzo ha potuto fare in terra altoatesina. E che rammenta con vivezza di particolari. La prima volta, confida alla delegazione di Natz-Schabs, era il 1940 e aveva 13 anni. L’occasione è una gita in bicicletta con i fratelli. “Abbiamo potuto constatare – ha detto il Papa – che era veramente vero: che erano stati gli angeli” ad aver fatto quelle terre. Poi, ha soggiunto, visitandolo da più grande negli anni Cinquanta, ho “potuto percepire la particolare vicinanza di Dio che si esprime nella bellezza di queste terre”. Ma, ha osservato, non sono così belle “soltanto attraverso la Creazione, ma perché gli uomini hanno risposto al Creatore”. Ha rivolto il pensiero “ai campanili gotici, alle belle case, alla cordialità e alla gentilezza delle persone, alla bella musica”. Sappiamo, ha detto, che “gli uomini hanno risposto e da questa collaborazione – tra il Creatore, i suoi angeli e gli uomini – è nata una terra bellissima. Una terra straordinariamente bella”. Una terra, ha soggiunto, di cui “sono orgoglioso e felice di farne parte, in un modo o nell’altro”. Di qui l’augurio del Papa affinchè l’Alto Adige resti così com’è, che “la natura, la creazione e la vita degli uomini si raccordino in un’unica melodia, che la fede sia portatrice di gioia e aiuti a superare anche situazioni difficili”. Ogni generazione, ha concluso il Papa, “possa ricominciare a lavorare per mantenere questa terra bella com’è, bella dal di dentro, e che così possa rimanere una patria che aiuti gli uomini a vivere una degna vita umana”. E’ stato il sindaco Peter Gassser a consegnare al Pontefice il certificato del conferimento della cittadinanza onoraria. Già il 22 ottobre scorso, informa L’Osservatore Romano, la comunità cittadina aveva festeggiato l’evento con una giornata commemorativa durante la quale era stata scoperta e benedetta una lapide in memoria delle due donne. Nella circostanza, il piazzale antistante è stato intitolato a Papa Benedetto XVI. In precedenza, dodici cittadine, in Germania, Austria e Italia, hanno conferito al card. Ratzinger e a Benedetto XVI la cittadinanza onoraria: Pentling (31 maggio 1987), Marktl am Inn (13 luglio 1997), Traunstein (8 febbraio 2006), Altötting (7 giugno 2006), Ratisbona (21 giugno 2006), Aschau (4 ottobre 2006), Tittmoning (24 gennaio 2007), Bressanone (9 agosto 2008), Mariazell (21 gennaio 2009), Introd (16 dicembre 2009), Frisinga (16 gennaio 2010), Romano Canavese (17 marzo 2010).

Radio Vaticana, L'Osservatore Romano

CONFERIMENTO AL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DELLA CITTADINANZA ONORARIA DI NATZ-SCHABS/NAZ-SCIAVES (BOLZANO, ITALIA) - il testo integrale del discorso del Papa

Benedetto XVI: vicinanza alle popolazioni di America Latina e Asia colpite dal maltempo, collaborare con spirito generoso a soccorrere le persone



Solidarietà del Papa per le vittime di alluvioni, allagamenti, frane in America Latina e sud-est asiatico. "In questo periodo - ha detto il Papa a conclusione dell'Udienza generale in Piazza San Pietro - varie parti del mondo, a partire dall'America Latina, specie quella centrale, fino al sud-est asiatico, sono state colpite da alluvioni, allagamenti, frane, che hanno provocato numerosi morti, dispersi, senza tetto. Ancora una volta desidero manifestare la mia vicinanza a tutti coloro che soffrono per questi disastri naturali, mentre invito alla preghiera per le vittime e i loro familiari e alla solidarietà - ha concluso Benedetto XVI - affinché le istituzioni e gli uomini di buona volontà collaborino, con spirito generoso, a soccorrere le migliaia di persone provate da tali calamità".

TMNews

Il Papa: l'ascolto della Parola è incontro personale con il Signore della vita che deve tradursi in scelte concrete e diventare cammino e sequela

Udienza generale questa mattina in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Prevista all'interno, nell'Aula Paolo VI, l'Udienza generale si è tenuta nella piazza perchè i fedeli erano oltre 20mila, cioè più del doppio dei 9mila previsti in base alle richieste giunte nei giorni scorsi alla Prefettura della Casa Pontificia. Il sole che dopo tanta pioggia si è affacciato su Roma questa mattina ha incoraggiato una maggiore partecipazione e il saluto della folla al Pontefice, giunto sulla jeep scoperta, è stato molto caloroso. Nella catechesi, riprendendo il ciclo sulla preghiera, il Papa ha incentrato la sua meditazione sul Salmo 119 (118), “un imponente e solenne canto sulla Torah, termine che, nella sua accezione più ampia e completa, va compreso come insegnamento, istruzione, direttiva di vita”. “La Torah – ha ricordato Benedetto XVI - è rivelazione, è Parola di Dio che interpella l’uomo e ne provoca la risposta di obbedienza fiduciosa e di amore generoso. E di amore per la Parola di Dio è tutto pervaso questo salmo, che ne celebra la bellezza, la forza salvifica, la capacità di donare gioia e vita” e dimostra che “la legge divina non è giogo pesante di schiavitù, ma dono di grazia che fa liberi e porta alla felicità”. “La fedeltà del salmista – ha commentato il Santo Padre - nasce dall’ascolto della Parola, da custodire nell’intimo, meditandola e amandola, proprio come Maria, che ‘custodiva, meditandole nel suo cuore’ le parole che le erano state rivolte e gli eventi meravigliosi in cui Dio si rivelava, chiedendo il suo assenso di fede”. Maria, ha spiegato infatti il Papa, “è beata perché il suo grembo ha portato il Salvatore, ma soprattutto perché ha accolto l’annuncio di Dio, è stata attenta e amorosa custode della sua Parola”. Il Salmo 119, ha proseguito Benedetto XVI, “è tutto intessuto intorno a questa Parola di vita e di beatitudine”. ”Se il suo tema centrale è la Parola e la Legge del Signore – le parole del Papa - accanto a questi termini ricorrono in quasi tutti i versetti dei sinonimi come precetti, decreti, comandi, insegnamenti, promessa, giudizi; e poi tanti verbi ad essi correlati come osservare, custodire, comprendere, conoscere, amare, meditare, vivere”. “Tutto l’alfabeto – ha affernato il Pontefice - si snoda attraverso le 22 strofe di questo Salmo, e anche tutto il vocabolario del rapporto fiducioso del credente con Dio; vi troviamo la lode, il ringraziamento, la fiducia, ma anche la supplica e il lamento, sempre però pervasi dalla certezza della grazia divina e della potenza della Parola di Dio. Anche i versetti maggiormente segnati dal dolore e dal senso di buio rimangono aperti alla speranza e sono permeati di fede”, e la “fedeltà” del salmista, “anche se messa alla prova, trova forza nella Parola del Signore”. “Anche davanti alla prospettiva angosciante della morte – ha concluso il Papa - i comandi del Signore sono il suo punto di riferimento e la sua speranza di vittoria”. “La Legge di Dio chiede l’ascolto del cuore, un ascolto fatto di obbedienza non servile, ma filiale, fiduciosa, consapevole. L’ascolto della Parola è incontro personale con il Signore della vita, un incontro che deve tradursi in scelte concrete e diventare cammino e sequela”. Proseguendo nella sua riflessione, il Papa ha si è voluto soffermare su un versetto particolare di un Salmo che, ha commentato, è come un “vocabolario del rapporto fiducioso del credente con Dio”. Il versetto in questione, il 57, che afferma “Il Signore è mia parte di eredità”, si riferisce in particolare ai sacerdoti della tribù ebraica di Levi i quali, ha spiegato Benedetto XVI, in quanto “mediatori del sacro”, non potevano essere “proprietari di terre” poiché Dio era “la loro terra” e dunque a Lui dovevano affidare ogni necessità: “Questi versetti sono di grande importanza anche oggi per tutti noi. Innanzitutto per i sacerdoti, chiamati a vivere solo del Signore e della sua Parola, senza altre sicurezze, avendo Lui come unico bene e unica fonte di vera vita. In questa luce si comprende la libera scelta del celibato per il Regno dei cieli da riscoprire nella sua bellezza e forza”. Per tutti i fedeli, questi stessa parte del Salmo è un richiamo alla “radicalità del Vangelo”, a confidare nel Signore e nella sua Parola, ha concluso il Papa, e a vivere con Lui “nella comunione e nella gioia”: “Lasciamo dunque che il Signore ci metta nel cuore questo amore per la sua Parola, e ci doni di avere sempre al centro della nostra esistenza Lui e la sua santa volontà. Chiediamo che la nostra preghiera e tutta la nostra vita siano illuminate dalla Parola di Dio, lampada per i nostri passi e luce per il nostro cammino, come dice il Salmo 119, così che il nostro andare sia sicuro, nella terra degli uomini”.
A conclusione dell'udienza generale il Papa ha salutato i genitori di Francesco Azzarà, volontario calabrese di 34 anni che lavora per Emergency, sequestrato in Darfur il 14 agosto.


Agi, SIR, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Benedetto XVI nomina vescovo di Aosta mons. Franco Lovignana: ringrazio il Papa per la fiducia che mi ha concesso. Sostituisce mons. Giuseppe Anfossi

Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Aosta presentata da mons. Giuseppe Anfossi, chiamando a succerderli mons. Franco Lovignana, finora vicario Generale della medesima diocesi. Don Lovignana sarà consacrato domenica 18 dicembre alle 15.00 nella Cattedrale: "Penso alla vicenda evangelica di Marta e Maria - ha commentato il vescovo uscente Anfossi, annunciando il proprio successore - mi sento come la sorella, anzi il fratello che va a chiamare l'altro fratello". "Ringrazio il Papa per la fiducia che mi ha concesso - afferma un emozionato Lovignana - ho avuto quindici giorni per meditare, non potendo parlare in qualche modo si è riversato nella preghiera il commento che di solito si fa con altre persone".

TMNews

RINUNCE E NOMINE