venerdì 12 ottobre 2012

Ottava Congregazione generale. Intervento del prof. Arber: scienza e fede sono e devono continuare ad essere elementi complementari per la conoscenza umana

Questo pomeriggio, alle 18.05, alla presenza del Santo Padre, con la preghiera 'Pro felici Synodi exitu', ha avuto inizio l’ottava Congregazione generale. Presidente delegato di turno il card. Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Guadalajara in Messico. All’inizio della Congregazione il Segretario Generale ha comunicato la composizione della Commissione per il Messaggio. Quindi il presidente delegato ha dato la parola all’Invitato Speciale Werner Arber, Professore di Microbiologia nel Biozentrum dell'Università di Basilea, nominato nel 2011 da Benedetto XVI presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, primo protestante a ricoprire tale incarico, Premio Nobel per la medicina nel 1978, che è intervenuto sul tema “Riflessione sulle relazioni tra le scienze e la fede religiosa”. È seguito un tempo di interventi liberi. A questa Congregazione generale, che si è conclusa alle 18.55 con la preghiera dell'Angelus Domini, erano presenti 232 Padri.
Scienza e fede sono e devono continuare ad essere elementi complementari per la conoscenza umana: è questo il punto focale dell’intervento al Sinodo del prof. Arber. Un discorso tecnico, ma anche molto umano, basato sulla consapevolezza che la scienza “finora non è riuscita a trovare risposte pertinenti” a tutti gli interrogativi dell’uomo, soprattutto a quelli che “trascendono la sfera naturale”. Ruolo che, invece, le credenze religiose possono ricoprire. Benedetto XVI è presente in Aula ed ascolta, attento, il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze citare la Genesi per dimostrare che sin da allora esisteva una concordanza tra fede e scienza, poiché il Vecchio Testamento riporta una sequenza logica di avvenimenti possibili per la creazione della vita. "Nella Genesi possiamo individuare una buona coerenza tra la fede religiosa delle origini e la conoscenza scientifica degli sviluppi evoluzionistici". Per Arber "lasciando da parte la questione della Rivelazione, si tratta chiaramente di un racconto logico della possibile origine evoluzionistica delle cose secondo avvenimenti immaginati che avevano portato alla natura osservata dalle antiche popolazioni". Secondo il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, infatti, il racconto biblico "propone una sequenza logica di avvenimenti in cui la creazione del nostro pianeta Terra potrebbe essere stata seguita dalla costituzione delle condizioni per la vita. Vennero quindi introdotte le piante che hanno fornito, in un secondo momento, il cibo per gli animali prima che venissero infine introdotti gli esseri umani". "Dalla genealogia descritta nell'Antico Testamento, posso anche concludere - afferma - che i suoi autori erano consapevoli delle varianti fenotipiche, cioè genetiche: le persone descritte avevano le proprie caratteristiche personali, non rappresentavano quindi cloni geneticamente identici ad Adamo ed Eva". Dunque non c'è affatto contrapposizione tta la ricerca scientifica e il promo libro della Bibbia, che anzi "rappresenta la testimonianza di una antica visione scientifica del mondo gia' esistente diverse migliaia di anni fa e riflette un'ampia concordanza tra la fede religiosa e la conoscenza scientifica disponibile all'epoca". "Oggi è nostro dovere - rileva lo scienziato - custodire (e, ove necessario, ristabilire) tale coerenza sulla base della migliorata conoscenza scientifica ora disponibile". Il tono del prof. Arber si fa, poi, molto schietto quando afferma che “finora, la scienza non ha ancora una nozione precisa dei fondamenti della vita”, o meglio della “cosiddetta creazione dal nulla”, la quale resta “materia da trattare attraverso la filosofia”. E pur ritenendo che possa esistere la vita su pianeti extraterrestri, il premio Nobel mette in guardia: manca l’evidenza scientifica di questa ipotesi. Ma a cosa serve oggi la scienza? Il prof. Arber lo dice chiaramente: la scienza apre a nuove applicazioni tecnologiche che migliorano la vita e l’ambiente dell’uomo, plasmandone il futuro. In quest’ottica, quindi, Chiesa, società civile, economia e scienza vengono chiamate ad assumersi la corresponsabilità di stabilire una nuova concezione del futuro che comporti benefici a lungo termine per l’intera umanità. Per raggiungere questo risultato, continua il premio Nobel, bisogna che le società moderne rispettino regole di condotta opportune, facilmente accettabili se radicate nella fede religiosa. In fondo, afferma il prof. Arber, anche Gesù sarebbe favorevole all’applicazione della scienza per il bene dell’umanità e nel rispetto delle leggi della natura. Un esempio pratico di tale principio sono le piante transgeniche: i metodi adottati per crearle seguono le leggi naturali dell’evoluzione biologica, spiega Arber, e non comportano rischi legati all’ingegneria genetica. In quest’ottica, quindi, potrebbero davvero alleviare il problema della fame nel mondo, per un futuro in cui lo sviluppo sia sicuro, responsabile e sostenibile.

Radio Vaticana, Agi

OTTAVA CONGREGAZIONE GENERALE

COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE PER IL MESSAGGIO
 

Il Papa: il Signore ci illumini, ci accenda il cuore, perché diventi veggente, ci illumini la mente e nella cena, nell'eucaristica comunione, possiamo realmente essere aperti, vederlo e così dare la Sua luce a questo nostro mondo

Al termine della settima Congregazione generale del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione, in corso in Vaticano, nell'atrio dell'aAla Paolo VI, Benedetto XVI ha pranzato con il gruppo di alcuni anziani Padri conciliari che presero parte al Concilio Vaticano II, con i quasi trecento partecipanti all'assise episcopale, i patriarchi e arcivescovi delle Chiese orientali cattoliche, e un centinaio di presidenti di Conferenze Episcopali di tutto il mondo. Al pranzo erano presenti anche il primate anglicano Rowan Williams e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, ricevuto in mattinata in udienza privata. “E’ una bella tradizione creata dal beato Papa Giovanni Paolo II quella di incoronare il Sinodo con un pranzo comune”. Al termine del pranzo, Benedetto XVI ha espresso la sua gioia per questo momento di pausa dai lavori e ha sottolineato in particolare la presenza accanto a lui di Bartolomeo I di Rowan Williams. “Per me questa comunione è un segno che siamo in cammino verso l’unità e che nel cuore andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà di andare avanti anche esteriormente”. La gioia dello stare insieme, ha affermato il Papa, ci rafforza anche nel mandato dell’evangelizzazione. E ha ricordato l’episodio del Vangelo dei due discepoli di Emmaus che, dice, “sono un po’ un’immagine del mondo agnostico di oggi”. In un momento di disperazione, Gesù era morto, il mondo era vuoto, il Signore va misteriosamente con loro e li aiuta a capire meglio il mistero di Dio, la sua presenza nella storia. Così, ha concluso, nel Sinodo siamo insieme con i nostri contemporanei in cammino “e preghiamo il Signore perché ci illumini, ci accenda il cuore, perché diventi veggente, ci illumini la mente e preghiamo che nella cena, nell’eucaristica comunione, possiamo realmente essere aperti, vederlo e così accendere anche il mondo e dare la Sua luce a questo nostro mondo”.
Prima dell'udienza concessa dal Papa ai vescovi presenti a Roma che parteciparono 50 anni fa ai lavori del Concilio Vaticano II, il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, ha concelebrato questa mattina una Santa Messa nelle Grotte Vaticane.

TMNews, Radio Vaticana
 
 

Lombardi: gioia umile, piccole fiamme di bontà e verità, che trasformino e diano calore. Chi pensava che l’Anno della fede dovesse manifestarsi in una serie di eventi trionfali non aveva capito bene. Il Papa mira in tutt’altra direzione

"Gioia umile, piccole fiamme di bontà e verità, che trasformino e diano calore. Chi pensava che l'Anno della fede dovesse manifestarsi in una serie di eventi trionfali non aveva capito bene. Papa Benedetto mira in tutt'altra direzione". Così il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nell'editoriale del settimanale del Centro Televisivo Vaticano "Octava Dies". A commento del discorso pronunciato ieri da Benedetto XVI, il gesuita afferma: "Il profilo dell'anziano Pontefice si staglia nella sera dell'11 ottobre, nel riquadro della finestra più amata del mondo, in un momento alto ed emozionante. Egli sa bene che occhi e cuore di tutti aspettano una parola che si avvicini a uno dei discorsi improvvisati più famosi di tutti i tempi, quello 'della Luna' del suo indimenticabile predecessore Giovanni XXIII. L'aspetto e lo stile sono ben diversi, ma il messaggio non è meno intenso e profondo". Lo sguardo di Benedetto "sembra mirare verso l'alto più che verso la folla, perché mentre parla scruta il mistero di Dio. Dio, prima priorità del Pontificato, primo riferimento di quel Concilio che egli ci invita a rifar nostro nella sua più profonda verità ed intenzione". Lombardi ricorda: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini, sono pure quelle dei discepoli di Cristo". "Così si apre l'ultimo documento conciliare. Storia da leggere alla luce della parabole evangeliche, come quelle della zizzania e della rete. Storia di peccato insidioso e terribile, cristallizzato nelle sue 'strutture', di peccato personale che ferisce e avvilisce l'esperienza di ognuno di noi. Ma anche storia di grazia che lavora silenziosa e si manifesta in 'piccole fiamme di bontà, carità, verità', come quelle che punteggiano innumerevoli e accendono la Piazza in questa notte senza Luna. Perciò gioia sobria, gioia umile; ma gioia vera, consapevole della presenza e dell'opera dello Spirito del Signore che è con noi - nonostante tutto - ed è forte e fedele".

TMNews

Card. Arinze al Papa: anche per noi, Padri conciliari, le ricchezze dei sedici documenti del Concilio Vaticano II rivelano sempre di più nuove gemme preziose

"Il Concilio Vaticano II è stata un’eredità preziosa per la Chiesa. Ha aiutato la Chiesa ad avere Gesù sempre al centro della sua missione, del suo apostolato, e nel suo nome incontrare l’uomo, il mondo, i popoli, le culture". Lo ha detto il card. Francis Arinze all’inizio dell’udienza salutando il Papa a nome del gruppo di vescovi che parteciparono all’assise ecumenica. "Anche per noi, Padri conciliari, le ricchezze dei sedici documenti del Concilio - ha affermato il porporato - rivelano sempre di più nuove gemme preziose. Infatti, come potevamo cinquant’anni fa scoprire ed apprezzare tutte le ramificazioni della miniera che erano i documenti di quella assise solenne?". "Dio - ha proseguito - è maestro della storia, il suo direttore e la sua guida. Non sarebbero il volto, la vita e la presenza della Chiesa nel mondo di oggi molto diversi se il Concilio Vaticano II non fosse stato celebrato?". Il cardinale ha concluso riaffermando al Papa la preghiera degli anziani padri conciliari "affinché il Sinodo sulla nuova evangelizzazione aiuti la Chiesa a essere sempre gioiosa nella sua fede in Gesù Cristo e nella sua testimonianza, e anche a scoprire sempre di più e a vivere gli insegnamenti e le indicazioni del Concilio Vaticano II".

L'Osservatore Romano

Il Papa: il Cristianesimo è un albero che è in perenne 'aurora', è sempre giovane. Esattamente come fecero i Padri conciliari, dobbiamo portare l’'oggi' che viviamo alla misura dell’evento cristiano, dobbiamo portare l’'oggi' del nostro tempo nell’'oggi' di Dio

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza alcuni dei vescovi che parteciparono come Padri conciliari al Concilio Ecumenico Vaticano II, assieme ai patriarchi e arcivescovi delle Chiese orientali cattoliche e a numerosi presidenti delle Conferenze Episcopali del mondo, convenuti a Roma in occasione dell’apertura dell’Anno della fede. “Ci ritroviamo assieme oggi, dopo la solenne celebrazione che ieri ci ha radunati in Piazza San Pietro. Il saluto cordiale e fraterno che ora desidero rivolgervi nasce da quella comunione profonda che solo la Celebrazione eucaristica è capace di creare”: sono le parole con le quali il Papa ha aperto il suo indirizzo di saluto. Circondato dai visi oggi più anziani di una dozzina di coloro che assieme a lui condivisero il “tempo di grazia” del Vaticano II, Benedetto XVI ha aggiunto un nuovo tassello all’ampia riflessione sul Concilio che da giorni è al centro dei suoi pensieri. In particolare, il Papa ha imperniato il suo discorso su una parola controversa, che – ha ricordato – “ritornava continuamente nei lavori conciliari: ‘aggiornamento”. Per alcuni, ha detto, fu un’espressione “non del tutto felice”, per altri no. Il Papa ha affermato “che l’intuizione che il Beato Giovanni XXIII compendiò con questa parola sia stata e sia tuttora esatta. Il cristianesimo non deve essere considerato come ‘qualcosa del passato’, né deve essere vissuto con lo sguardo perennemente rivolto ‘all’indietro’, perché Gesù Cristo è ieri, oggi e per l’eternità”. “Per questo - ha proseguito il Papa - il cristianesimo è sempre nuovo. Non lo dobbiamo mai vedere come un albero pienamente sviluppatosi dal granellino di senape evangelico che è cresciuto, ha donato i suoi frutti, e un bel giorno invecchia e arriva al tramonto la sua energia vitale” perché “il cristianesimo è un albero che è, per così dire, in perenne ‘aurora’, è sempre giovane. E questa attualità, questo ‘'aggiornamento' non significa rottura con la tradizione, ma ne esprime la continua vitalità; non significa ridurre la fede, abbassandola alla moda dei tempi, al metro di ciò che ci piace, a ciò che piace all’opinione pubblica, ma è il contrario: esattamente come fecero i Padri conciliari, dobbiamo portare l’‘oggi’ che viviamo alla misura dell’evento cristiano, dobbiamo portare l’‘oggi’ del nostro tempo nell’ ‘oggi’ di Dio”. Benedetto XVI ha quindi aggiunto che “il Concilio è stato un tempo di grazia in cui lo Spirito Santo ci ha insegnato che la Chiesa, nel suo cammino nella storia, deve sempre parlare all’uomo contemporaneo, ma questo può avvenire solo per la forza di coloro che hanno radici profonde in Dio, si lasciano guidare da Lui e vivono con purezza la propria fede; non viene da chi si adegua al momento che passa, da chi sceglie il cammino più comodo”. “Santità - ha affermato - è far entrare l’‘oggi’ eterno di Dio nell’‘oggi’ della nostra vita”. Benedetto XVI ha concluso auspicando a tutte le Chiese locali di tornare alla “sorgente viva del Vangelo” approfittando dello speciale periodo appena inaugurato: “L’Anno della fede che abbiamo iniziato ieri ci suggerisce il modo migliore di ricordare e commemorare il Concilio: concentrarci sul cuore del suo messaggio, che del resto non è altro che il messaggio della fede in Cristo, unico Salvatore del mondo, proclamata all’uomo del nostro tempo. Anche oggi quello che è importante ed essenziale è portare il raggio dell’amore di Dio nel cuore e nella vita di ogni uomo e di ogni donna, e portare gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni epoca a Dio”.

SIR, Radio Vaticana

UDIENZA AD UN GRUPPO DI PADRI CONCILIARI ANCORA VIVENTI, A PATRIARCHI E ARCIVESCOVI DELLE CHIESE ORIENTALI CATTOLICHE E A PRESIDENTI DI CONFERENZE EPISCOPALI - il testo integrale del discorso del Papa
 

Mons. Dunn: nella lotta agli abusi sessuali del clero corresponsabilità con opportuni cambiamenti in alcune strutture della Chiesa, nonché nella mentalità

Questa mattina si è parlato del dramma degli abusi sessuali sui minori da parte dei preti al Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione in corso in Vaticano. "Come possiamo evangelizzare coloro che sono stati profondamente feriti da uomini di Chiesa coinvolti in abusi sessuali?", si è domandato, tra gli altri, il vescovo canadese Brian Joseph Dunn di Antigonish. "Gesù si occupò dei disillusi ascoltando attentamente le storie dei discepoli per poi restituire loro una nuova consapevolezza della sua presenza. L'esempio di Gesù mostra che la nuova evangelizzazione, che deve aver luogo in piena crisi di abusi sessuali, avviene in almeno quattro modi differenti". Primo, "fornendo un’autentica opportunità di ascolto e comune discernimento per comprendere la profondità del dolore, della rabbia e della delusione derivanti da questo scandalo. Tale ministero di ascolto potrebbe entrare a far parte del ministero di ogni diocesi sotto forma di ufficio di meditazione, dove le persone possano sfogare il proprio dolore e cercare un'idonea riconciliazione". Secondo, "analizzando i motivi che hanno portato a questa crisi, mettendo a punto misure atte a creare ambienti sicuri per i bambini e per i più vulnerabili nella comunità dei fedeli". In terzo luogo, ha proseguito il vescovo Brian Joseph Dunn di Antigonish, per rispondere al dramma della pedofilia è opportuno fare sì che "tutti i rapporti e le strutture in seno alle nostre parrocchie e Chiese locali siano permeati da uno spirito di comunione mediante un dialogo che avvicini le persone, riconosca la presenza dello Spirito di Dio all'opera nei membri della comunità e assista quanti ritengono che la loro voce non venga mai ascoltata dalla Chiesa". Infine, è necessario incoraggiare "la corresponsabilità con opportuni cambiamenti in alcune strutture della Chiesa, nonché nella mentalità, nell'atteggiamento e nell'emotività con cui si opera a stretto contatto con i laici". "Questi cambiamenti - ha detto il presule canadese - potrebbero tradursi nella formazione di gruppi pastorali composti da presbiteri e laici, come riflessione e riconoscimento ufficiali dei ministri ecclesiali laici, nonché mediante un deliberato e sistematico coinvolgimento delle donne, conferendo loro posizioni di guida ad ogni livello di vita ecclesiale, e cioè permettendo loro di essere designate come lettrici e accoliti e istituendo il ministero del catechista. Quando ciò accadrà, lo Spirito verrà ascoltato di nuovo, la nostra fede verrà trasmessa con più efficacia, saremo rinnovati nella nostra fede e la nostra testimonianza diverrà più autentica nel nostro mondo contemporaneo".

TMNews

Intervento di mons. Brian Joseph DUNN, vescovo di Antigonish (CANADA)

Settima Congregazione generale. L'appello per la Nigeria: la religione non sia strumentalizzata. Negli interventi il sacerdozio, il rapporto tra scienza e fede e l'emergenza educativa

Questa mattina alle 9.00, con il canto dell’Ora Terza, è iniziata la settima Congregazione generale, per la continuazione degli interventi in Aula sul tema sinodale "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Presidente delegato di turno il card. Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Guadalajara in Messico. In apertura di Congregazione, il segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterovic, ha espresso, a nome dei Padri sinodali e degli altri partecipanti, la vicinanza, la simpatia e la partecipazione alla premura della Conferenza Episcopale di Nigeria nel trovare una via del dialogo, per promuovere la pace nella giustizia, in relazione ai disordini che generano violenza nel Paese, soprattutto nella parte nord. Nelle parole del segretario generale la preghiera affinché le religioni non vengano sfruttate e manipolate per gli scopi di gruppi e partiti, ma siano fattore di intesa, di collaborazione e di pace. A questa Congregazione generale che si è conclusa alle 12.05 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 252 Padri.
Nella prima parte della Congregazione il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", ha ricordato che fede e carità sono legate indissolubilmente tra loro. Infatti, dalla testimonianza della carità nascono le conversioni. Da qui il richiamo del cardinale a valorizzare maggiormente le testimonianze di carità per la nuova evangelizzazione. L’accento è stato poi posto sui crocevia che l’evangelizzazione non può evitare. Ne ha parlato il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il primo, ha fatto notare, è quello del linguaggio. Strettamente legato il tema della secolarizzazione che tuttavia, ha detto il porporato, non riesce a eliminare la domanda religiosa e l’etica naturale. Il cardinale ha quindi invitato a portare avanti il dialogo con la scienza evitando l’arroganza e ogni possibile confusione. Altro rischio su cui è stata richiamata l’attenzione dei sinodali è stato quello di cedere alla tentazione di "ridurre l’essenziale specificità del ministero ordinato" nell’opera di annuncio, ha detto il card. Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero. Egli ha messo in guardia dal soffocare l’identità spirituale del sacerdote, mettendone in discussione le caratteristiche essenziali. Crisi della fede e crisi della vocazione sono collegate, hannp detto i vescovi, forse anche a causa della Chiesa stessa che non si appassiona più come una volta alla predicazione di Cristo. La scelta vocazionale non può essere di comodo, ma deve essere un’opzione preferenziale per Cristo: se il messaggio del Vangelo non è più attraente per i fedeli è forse perché non lo è più per i sacerdoti stessi, ha ipotizzato il Sinodo. Sull’urgenza di avviare e favorire una cultura vocazionale nella Chiesa è intervenuto don Pascual Chávez Villanueva, rettore maggiore dei Salesiani. Gli ha fatto eco fra Mauro Jöhri, ministro generale dei frati minori Cappuccini. Di urgenza di una nuova cultura ha parlato anche il vescovo Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense. Riferendosi alla metodica dell’insegnamento nelle strutture educative moderne ha fatto notare come "la progressiva scristianizzazione dell’Occidente" sia avvenuta anche a causa proprio "della statizzazione e delle scuole e delle università", conseguenza, ha aggiunto, dell’uso di libri di testo e alla formazione dei docenti, in regimi nei quali vengono ispirati e controllati dallo Stato. Ecco perché un progetto serio di evangelizzazione, ha concluso, deve puntare tanto proprio sull’educazione. Nella seconda fase della Congregazione l’attenzione si è allargata alle altre strutture nelle quali si deve forgiare il fedele. È stato per esempio riproposto un tema già sollevato dall’arcivescovo Fisichella nelle prime giornate del sinodo a proposito della burocratizzazione della vita di fede. Su questo argomento è stata portata l’esperienza dei pastori latinoamericani. Se ne è reso interprete l’ausiliare di Tegucigalpa, mons. Pineda Fasquelle, il quale ha reclamato "parrocchie corresponsabili" in stato di missione nelle quali si riservi una particolare attenzione al laicato. C’è stato anche un accenno al rapporto con il mondo musulmano proposto dal vescovo Desfarges.

Radio Vaticana, L'Osservatore Romano

SETTIMA CONGREGAZIONE GENERALE

Sesta Congregazione generale. Al centro della discussione le parrocchie, i media, i malati, i giovani e i divorziati. Gli interventi sull'ecumenismo dei delegati fraterni

Alle 16.30 di ieri, con la recita del Salmo 116 (117), ha avuto inizio la sesta Congregazione Generale, per la seconda votazione per la Commissione per il Messaggio e la continuazione degli interventi in Aula sul tema sinodale "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Presidente delegato di turno il card. John Tonh Hon, vescovo di Hong Kong. Durante la Congregazione Generale hanno preso la parola alcuni delegati fraterni. È seguito un tempo di interventi liberi. A questa Congregazione generale, che si è conclusa alle 19.00 con la preghiera dell’Angelus Domini, erano presenti 250 Padri.
“Redigere un testo conciso, preciso e chiaro della nostra fede”. Ciò “è imprescindibile per la nuova evangelizzazione”. È quanto ha affermato Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti e capo del Sinodo della Chiesa greco-melkita cattolica (Siria) nel suo intervento. “Noi cristiani in Oriente - ha spiegato il patriarca Laham - viviamo immersi in un mondo non cristiano: siamo il piccolo gregge, ad extra in rapporto all’Islam, ad intra a causa della diminuzione della pratica religiosa”. Bisogna, quindi, “lavorare tenendo conto di questa doppia realtà ad extra e ad intra. Ciò significa concentrare il nostro lavoro pastorale della nuova evangelizzazione su questo piccolo gregge, senza escludere l’insieme dei nostri fedeli, in diversa misura, meno praticanti. Questo piccolo gregge deve essere eccellente, per poter formare attraverso di esso quadri di agenti della nuova evangelizzazione. Anche se la Chiesa crescesse fino a raggiungere dimensioni colossali, essa dovrebbe mantenere la strategia del piccolo gregge”. Secondo il patriarca, “è questo il senso, l’essenza, la motivazione, la ragion d’essere del piccolo gregge in Oriente e ovunque. È la strategia apostolica: formare il piccolo gregge insieme e a favore del grande gregge”.
L’importanza della parrocchia nell’azione evangelizzatrice e nella trasmissione della fede è stata ribadita da mons. Joseph Vu Duy Thong, vescovo di Phan Thiêt (Vietnam). La parrocchia, ha detto, “ha la capacità di rendere visibile la Chiesa universale. In quanto chiesa vicina alla gente di un luogo concreto, la vita della parrocchia deve essere organizzata rispettivamente come quella della Chiesa universale, affinché vedendo la sua vitalità, ci si senta vicini alla Chiesa universale”. Per il vescovo vietnamita “una pastorale viene considerata più o meno viva a seconda degli scambi effettivi tra i membri parrocchiali ed un programma pastorale ben preparato darà frutti che ravvivano tutta la comunità parrocchiale”. Il presule ha poi riportato l’esperienza della sua diocesi Phan Thiet, dove, ha detto, “le parrocchie svolgono ancora un ruolo importante nelle attività pastorali per motivi politici. Non si ha diritto di tenere riunioni religiose in un luogo diverso dallo spazio parrocchiale e, per questo, la chiesa è posto favorevole agli incontri di tutti i parrocchiani per la formazione catechetica e la trasmissione della fede. Ogni parrocchia è ancora un ambiente di fraternità in cui le persone si conoscono e si riconoscono nella loro totalità”.
“La Chiesa per essere evangelizzatrice deve essere mediatica”. E’ la convinzione espressa nel suo intervento da mons. Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo di Minsk-Mohilev (Bielorussia). “Il potenziale dei media deve essere utilizzato per aiutare l‘uomo a trovare Cristo e vivere della sua verità - ha affermato l’arcivescovo - essi sono chiamati ad accendere in ciascuno il fuoco della speranza, conservando la dignità della persona umana”. Nell’ambito di vita creato dalle tecnologie informatiche “siamo chiamati a ad annunciare Cristo: in questo sta il senso della nuova evangelizzazione. Nella cultura secolarizzata i mezzi di comunicazione sociale devono essere in grado di aiutare la Chiesa ad essere davvero evangelizzatrice e missionaria, in corrispondenza alle esigenze del tempo, quando è necessario non soltanto battezzare i convertiti, ma anche convertire i battezzati”. Mons. Kondrusiewicz ha, infine, fornito informazioni sui mezzi di comunicazione sociale in Bielorussia, dove la Chiesa ha due case editrici, tre giornali e sette riviste. Internet viene usato sempre più nelle attività della Chiesa. Il sito della Conferenza episcopale www.catholic.by offre materiali informativi, catechistici e culturali in cinque lingue. Non possedendo dei propri canali radio e televisivi utilizziamo quelli statali.
L'Assemblea dei vescovi non dimentica, poi, i malati ed i sofferenti e richiama la necessità di includere, nel progetto evangelizzatore, la cura degli infermi ed il sollievo dalle sofferenze, guardando alla Chiesa come comunità sanata dal Signore e quindi risanante. Anche i giovani non vengono trascurati dal Sinodo: tra i destinatari della nuova evangelizzazione, essi occupano un posto primario poiché, anche se lontani dalla pratica religiosa, portano nel cuore la sete di Dio. Mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, è intervenuto caldeggiando una "decisa svolta nel senso della carità pastorale" sul tema dei divorziati risposati e, in particolare, dei loro figli, "che spesso vengono resi estranei ai sacrmenti dalla non partecipazione dei loro genitori". L'arcivescovo ha sottolineato nel suo intervento "la rilevanza dei giovani come destinatari della nuova evangelizzazione": "Se il loro allontanamento dalla pratica religiosa è considerato da molti un fatto scontato, questo non vuol dire che il loro cuore non sia assetato di Dio. Incontrandoli a tappeto in università e nelle scuole ne ho la continua riprova. Bisogna scommettere sulla risposta alla cosiddetta 'emergenza educativa' di cui parla l'Instrumentum laboris (linee-guida del sinodo, ndr.). Bisogna ascoltarli, dare loro tempo, parlare loro di Dio, e accoglierli nel rispetto della loro esigenza di libertà. Qui si comprende quanto sia decisivo il ruolo della famiglia, ma anche come sia drammatica la situazione dei figli di divorziati risposati che spesso vengono resi estranei ai sacrmenti dalla non partecipazione dei loro genitori. Occorre qui una decisa svolta nel senso della carità pastorale, come più volte ha affermato Papa Benedetto XVI (ad esempio all'Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano)". L’urgenza della “nuova evangelizzazione” è un tema “importante” non solo per la Chiesa Cattolica ma coinvolge e impegna tutti i cristiani. È stato anche un “pomeriggio ecumenico” quello vissuto ieri al Sinodo dei vescovi grazie agli interventi dei delegati fraterni. “Non parlerò a questa assemblea soltanto in veste di rappresentante e di ospite”, ha detto l‘arcivescovo Leo di Karelia e tutta la Finlandia, primate della Chiesa ortodossa finlandese. “Perché l’urgenza della ‘nuova evangelizzazione’ è un tema altrettanto importante per i cristiani d’Oriente quanto lo è per la grande Chiesa di Roma”. Nel suo intervento in aula, il primate ortodosso legato al Patriarcato ecumenico ha sottolineato come “l’evangelizzazione non inizia dalla predicazione, ma dall’ascolto” ed ha quindi indicato il valore del silenzio che “non viene predicato per stanchezza, paura, vergogna o mancanza di fede”, ma vissuto in riconoscimento del fatto che è la via migliore per “essere davvero interlocutori ‘in un dialogo con il mondo’”. “Solo prendendo sul serio i problemi del nostro interlocutore, mentre gli raccomandiamo le soluzioni di Dio agli stessi, possiamo stabilire e ricostruire la fiducia, affinché le nostre parole possano essere ancora una volta rivelate nella loro potenza donatrice di vita, siano esse parlate, scritte o tweetate”.
Il presidente della Conferenza delle Chiese europee, il metropolita ortodosso di Francia (Patriarcato ecumenico) Emmanuel, ha chiesto ai Padri sinodali di prendere in “considerazione nelle vostre riflessioni la dimensione ecumenica dell’evangelizzazione”. “L’ecumenismo - ha detto - è anche l’esigenza di superare le nostre rappresentazioni, le quali spesso si riassumono in semplici conflitti campanilistici. Tuttavia, un atteggiamento di questo genere non rende conto del messaggio di salvezza che Cristo ha portato”. Da questo punto di vista, “numerose piste rimangano da esplorare” che “consentirebbero di testimoniare in maniera più adeguata la nostra fede comune”. “Abbiamo percorso un lungo cammino in questi cinquant’anni”, ha detto il metropolita e arcivescovo di Targoviste (Romania) Nifon. Lo studio “Raccogliere i frutti”, pubblicato dal card. Walter Kasper, ha “dimostrato quanto è stato fatto finora”, ma ha anche indicato “i compiti importanti che occorre affrontare nel cammino verso l’unità visibile della Chiesa in una sola fede e in una comunità eucaristica”. Ed ha concluso: “La realtà che stiamo affrontando continua a mutare rapidamente, è piena di contraddizioni che resistono alle semplici generalizzazioni e presenta nuove sfide”.

SIR, Radio Vaticana, TMNews

SESTA CONGREGAZIONE GENERALE

Ricordi, speranze e desideri nelle testimonianze dei partecipanti alla fiaccolata: in un periodo in cui si mette tutto in discussione è importante tornare all'essenziale, alle radici della fede

Ricordi, speranze e desideri nelle parole e nelle testimonianze di chi ha partecipato alla fiaccolata organizzata dall’Azione Cattolica e dalla diocesi di Roma nel giorno dell’apertura dell’Anno della fede. A cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, e dal celeberrimo “Discorso alla luna” di Giovanni XXIII, giovani, e meno giovani, famiglie, gruppi e pellegrini di tutta Italia, si sono ritrovati sotto Castel Sant’Angelo per camminare verso Piazza San Pietro, in un momento di comunione e preghiera. "Siamo venuti a ricevere la benedizione del Papa - dichiara Fabrizio, neocatecumenale della parrocchia di Sant’Alberto Magno – e a chiedere l’aiuto dello Spirito Santo per portare avanti l’impegno concreto dell’evangelizzazione, a cui siamo chiamati". Un impegno che chiama a riscoprire i testi del Concilio, e il Catechismo, come sottolinea Umberto, presente con un gruppo di amici: "Siamo qui per testimoniare alla città che la fede non è morta – commenta –. In un periodo in cui si mette tutto in discussione è importante tornare all'essenziale, alle radici della fede". L’inizio dell’Anno della fede "risponde alle esigenze dell’uomo disincantato di oggi, che ha sete di rinnovamento per uscire dalla crisi", osserva Antonella, della parrocchia dei Protomartiri, mentre Gabriele, seminarista del Maggiore, ricorda l’eredità che il Concilio ha lasciato, quel "messaggio di profonda comunione tra sacerdoti e laici, e di apertura all’uomo, senza riserve e senza giudizio, segno di novità in continuità con la storia della Chiesa". In tanti rivivono le emozioni di cinquanta anni fa: Bruno, che all’epoca aveva 14 anni, alla fiaccolata con moglie e figli; Giuseppina di Tivoli, da sempre in Azione Cattolica, che quella sera alla parole di Giovanni XXIII pianse. Ancora, suor Adriana, della Congregazione Figlie di Cristo Re: "Ero una delle bambine che aspettava a casa la carezza del Papa – ricorda –: è importante partecipare a questa giornata in cui la Chiesa si prende per mano, ricorda e riparte". Miranda, della parrocchia di Santa Silvia, nel 1962 aveva 20 anni, ed era a San Pietro. "Stasera torno qui - dichiara, ricordando commossa quella serata - e mi sento giovane come allora, e come allora piena di fede e speranza". Le ha fatto eco Marianna, della parrocchia di San Luigi Gonzaga, che era piccolissima quando il padre comprò la televisione per vedere il papa che apriva il Concilio. "Sono molto contenta di esserci – afferma -: la Chiesa mi ha dato tantissimo in questi anni, e ci chiama a collaborare per tirare fuori le grazie immense del Concilio ancora nascoste". Mentre le immagini in bianco e nero di San Pietro illuminata dalla fiaccole scorrono sui maxischermi, Carla, parrocchiana di Santa Maria madre della Speranza, non nasconde l’emozione: "Lasciai a casa marito e figlio, e venni qui – ha raccontato -; oggi dopo cinquanta anni ci sono ancora: che gioia, che regalo risentire le parole del Papa". La piazza illuminata come allora, e Benedetto XVI che riprende il discorso di Giovanni XXIII: parole che segnano la continuità con il passato, e che danno slancio per essere testimoni del nostro tempo, come sottolinea Luca, del movimento dei Focolari: "Parlare di fede oggi vuol dire dare una risposta in questi tempi difficili. È una sfida che affrontiamo con coraggio perché, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, non dobbiamo avere paura".

Maria Elena Rosati, RomaSette

L'avvocato di Paolo Gabriele conferma di non aver presentato appello nei termini previsti. In attesa della grazia del Papa, l'ex maggiordomo rimane ai domiciliari

Non ci sarà processo d’appello per Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo del Papa, condannato a 18 mesi di reclusione per furto di documenti. L’avvocato Cristiana Arru ha confermato all’agenzia Ansa di non aver presentato appello nei termini previsti. Al momento Gabriele rimane agli arresti domiciliari nella sua casa in Vaticano. Per l'ex aiutante di camera del Papa si profila comunque la possibilità della grazia da parte di Benedetto XVI: una possibilità che il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi ha definito sabato scorso, giorno della sentenza del tribunale vaticano, "molto concreta e molto verosimile", anche se non ne sono prevedibili "i tempi e i modi". Sul "dopo grazia", in Vaticano non si hanno posizioni ufficiali, anche se, a quanto si apprende, si starebbe elaborando una soluzione per il futuro lavorativo di Gabriele. Finora l'ex maggiordomo, pur sospeso dal servizio, ha continuato a percepire il suo stipendio.

Tgcom

Card. De Paolis ha concesso al direttore generale dei Legionari di Cristo un periodo di riposo per motivi di salute affinché possa riprendere le sue funzioni in vista del prossimo Capitolo generale

Il card. Velasio De Paolis (nella foto con Benedetto XVI), delegato Pontificio per la Legione di Cristo e per il Movimento Regnum Christi, ha concesso al direttore generale, padre Álvaro Corcuera un periodo di riposo per motivi di salute affinché possa riprendere le sue funzioni in vista del prossimo Capitolo Generale. “Non si tratta di dimissione dall’ufficio e neppure della nomina di un direttore generale sostituto - ha spiegato il card. De Paolis in una lettera indirizzata ai membri della Legione di Cristo e del Regnum Christi - ma semplicemente di una specie di anno sabbatico chiesto e concesso al direttore generale, il quale rimane tale, ma cessa dalle funzioni fino a quando verrà convocato il prossimo Capitolo Generale”. Padre Alvaro, come conferma il portavoce della legione di Cristo, padre Benjamin Clariond “è molto affaticato e logorato dalle vicende di questi ultimi anni”. Su quello che farà in questo periodo fino ai preparativi del Capitolo Generale “non ha ancora un piano definito”, informa il portavoce, “però abiterà e condividerà questo tempo con varie comunità di Legionari nel mondo”. De Paolis ha spiegato nella sua lettera di essere preoccupato per la salute di padre Corcuera: “Il suo impegno – scrive il porporato - svolto in un clima spesso di sofferenza e di incomprensione, ha debilitato le sue energie, al punto da indurre il timore che se avesse continuato il suo impegno, specialmente in questo ultimo anno che precede il capitolo generale, avremmo potuto compromettere la sua salute”, conclude il delegato del Papa. Il portavoce della Legione di Cristo ha riferito che il cardinale, vedendo come la sua salute andava deteriorandosi e per evitare che questa venisse seriamente compromessa, gli prefigurò la possibilità che si prendesse un periodo di riposo prima del Capitolo Generale, e padre Álvaro, dopo averci riflettuto sopra, ha chiesto al cardinale che fosse sollevato dai suoi incarichi. Richiesta che “è stata accolta”, come riferisce il portavoce. Da parte sua, padre Álvaro Corcuera riferisce nella sua lettera che “gli anni trascorsi sono stati ricchi dell’azione di Dio, ma allo stesso tempo non esenti da conflitti, tensioni e sofferenze, anni intensi che devo riconoscere hanno lasciato un segno in me”. “Non è stato facile riconoscerlo però ho visto davanti a Dio che non ho la salute e le forze necessarie per affrontare in modo responsabile le necessità del ruolo di direttore generale in questo particolare momento della Legione e del Regnum Christi. Ci vuole qualcuno che sia in piena salute”, conclude Padre Álvaro, che fu nominato direttore generale della Legione di Cristo 7 anni fa. Dal prossimo 15 ottobre, fino a quando non sarà convocato il capitolo Generale, generalmente un mese prima della sua celebrazione, eserciterà le funzioni di direttore generale Padre Sylvester Heereman, attuale vicario generale. Teoricamente, quindi, all’inizio del capitolo, “che si prevede avrà luogo alla fine del 2013 o all’inizio del 2014″, Corcuera dovrebbe ritornare in possesso della sue funzioni. Ma questo solo in teoria. Nella lettera, il card. De Paolis scrive che i dodici anni di direzione fissati nello statuto attuale rappresentano “una durata che oggi sentiamo troppo lunga e quindi da rivedere”. Con la messa a riposo di Corcuera, la cerchia dei complici di Maciel ha perso un altro caposaldo. Ma non si danno per vinti, a giudicare dalla frenetica attività manovriera di cui continua a dar prova l’ex vicario generale Luis Garza, vero uomo forte del gruppo.

Zenit - Sandro Magister, Settimo Cielo

Il delegato pontificio concede a padre Álvaro Corcuera un periodo di riposo per motivi di salute