martedì 31 gennaio 2012

Lombardi: dalla Gendarmeria vaticana nessuna intenzione di identificazione o intimidazione ai partecipanti della manifestazione per Emanuela Orlandi

Nessuna "intenzione di identificazione di persone" nè di "intimidazione", è stata fatta solo una ripresa fotografica "a fine di documentazione di immagini di manifesti e scritte esposti in pubblico". Così il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, risponde alla trasmissione "Chi l’ha visto?" che nella scorsa puntata aveva parlato della manifestazione organizzata il 21 gennaio a Roma, di fronte alla chiesa di Sant'Apollinare, per Emanuela Orlandi, segnalando tra i presenti anche un agente della Gendarmeria vaticana intento a scattare fotografie. "La manifestazione in Piazza Sant’Apollinare era pubblica - risponde Lombardi in una nota il cui testo è stato reso noto alla stessa redazione di 'Chi l’ha visto' - e la popolazione era stata pubblicamente invitata a partecipare. Non aveva dunque alcun carattere riservato, e immagini e manifesti erano espostiintenzionalmente in pubblico. Era anche chiaro che in tale manifestazione si sarebbero fatti riferimenti al Vaticano. Poche settimane prima vi era anche stata una presenza organizzata in Piazza San Pietro. Non si vede dunque perchè - prosegue la nota - non si dovesse seguire ciò che sarebbe avvenuto in Piazza Sant’Apollinare, senza alcuna intenzione di identificazione di persone (del resto del tutto inutile) e tantomeno di intimidazione, ma riprendendo a fine di documentazione alcune immagini di manifesti e scritte esposti in pubblico proprio perchè fossero visti e riportati dai media". "Per quanto riguarda i rapporti fra la Gendarmeria vaticana e le autorità italiane di Pubblica Sicurezza - conclude Lombardi - sono ottimi e assolutamente trasparenti".

Vatican Insider

Emanuela Orlandi: Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede a "Chi l'ha visto?"

Il card. Mauro Piacenza, 'king-maker' delle nomine papali. Lontano dai riflettori dei media è molto ascoltato dal Papa e sempre più influente in Curia

Con la nomina del nuovo Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, si conclude una lunga e complessa stagione di nomine pontificie iniziata oltre sei mesi fa con la “promozione” del card. Angelo Scola ad arcivescovo di Milano, passata per la nomina del nuovo presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica nella persona di mons. Domenico Calcagno e del nuovo prefetto della Prefettura degli Affari Economici Giuseppe Versaldi. Fino ad arrivare alla scelta dei nuovi 22 cardinali per il Concistoro che si terrà il prossimo 18 febbraio. Ma chi è il vero king maker di queste nomine? Chi l’eminenza grigia che ha collaborato con il Papa per queste scelte? Restano, come è ovvio, molto vicini a Benedetto XVI sia il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, sia il presidente della CEI, Angelo Bagnasco. Entrambi sono molto ascoltati dal pontefice ma la rivalità tra i due fa sì che alla fine finiscano per neutralizzarsi a vicenda. Emerge invece una terza figura, un altro cardinale che, lontano dai riflettori dei media, è molto ascoltato dal Papa e sempre più influente in Curia: il card. Mauro Piacenza (nella foto con Benedetto XVI), prefetto della Congregazione per il Clero. Genovese anche lui, anche lui come Bagnasco e come il neo patriarca di Venezia, allievo del card. Giuseppe Siri, Piacenza giunse a Roma da Genova nel 1990. Divenne braccio destro dell’allora segretario della Congregazione per il Clero, Crescenzio Sepe. Ma non è mai stato neppure sfiorato dalle polemiche che hanno travolto il card. Sepe quando divenne prefetto di Propaganda Fide. Piacenza ha percorso tutti i gradi del 'cursus honorum in Curia': presidente della Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa, presidente della Commissione di Archeologia Sacra, segretario della Congregazione per il clero. Fino a diventare il 7 ottobre del 2010, prefetto della Congregazione per il clero e, a tempo di record, nominato cardinale il successivo 20 novembre. Riservato e inflessibile, Piacenza volle l’immediato allontanamento dalla Congregazione per il clero di mons. Tommaso Stenico, il sacerdote ripreso da una telecamera nascosta de La7 mentre sembrava volesse adescare un giovane (ma Stenico si è sempre difeso affermando che non era vero). Oggi Piacenza sembra destinato a giocare un ruolo sempre più incisivo in Curia e, probabilmente, anche nel futuro conclave.

Ignazio Ingrao, Panorama.it

Il Papa in Messico e a Cuba. 'L'Osservatore Romano': il viaggio di Benedetto XVI essenzialmente religioso e mariano, con una dimensione continentale

Sarà la città messicana di Leòn la prima tappa toccata dal Papa nel suo ventitreesimo viaggio apostolico oltre i confini italiani, che, dal 23 al 29 marzo prossimo, lo porterà in Messico e a Cuba. Il programma ufficiale del viaggio è stato diffuso oggi dagli organi d'informazione vaticana. Secondo quanto scrive L'Osservatore romano, ''si tratterà di un viaggio essenzialmente religioso e mariano. In Messico il Papa si reca per rafforzare la fede ultracinquecentenaria di un popolo che ha legato la sua storia alla devozione alla Vergine di Guadalupe. A Cuba va a rendere omaggio alla Vergine della Carità del Cobre nel quattrocentesimo anniversario del ritrovamento dell'immagine miracolosa''. ''Tuttavia - rileva il quotidiano della Santa Sede - ci sono molti motivi d'interesse legati alla sua presenza nei due Paesi. In Messico per esempio, nonostante la popolazione sia cattolica e molto fedele, ci sono ancora molti venti contrari e il secolarismo sembra farsi sempre più minaccioso. Cuba sta vivendo un momento di profonde trasformazioni sociali che coinvolgono e interpellano la gente''.

Adnkronos

Investimenti di un religioso domenicano in operazioni off-shore del 'Madoff dei Parioli'. Lombardi: non fa parte del dicastero delle Cause dei Santi

Dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, è arrivata questa mattina una precisazione in seguito all’articolo pubblicato sul numero di oggi del Corriere della Sera, dal titolo “Dalla Congregazione dei Santi 1.6 milioni al ‘Madoff dei Parioli’”. Rispondendo in proposito a domande rivoltegli dai giornalisti, padre Lombardi ha spiegato che il reverendo Francesco Maria Ricci, citato nell’articolo, “è un religioso domenicano, che opera per conto del suo Ordine” e che “non appartiene in alcun modo alla Congregazione delle Cause dei Santi”.Occorre infatti notare, ha proseguito padre Lombardi, “che Postulazioni e Postulatori sono ‘clienti’ della Congregazione, a cui si rivolgono per promuovere le cause di cui si occupano, ma non fanno assolutamente parte della Congregazione”. “Bisogna quindi ribadire – ha concluso – la totale estraneità della Congregazione delle Cause dei Santi, del suo prefetto, card. Amato, e di tutti i suoi officiali, alla vicenda di cui ci parla nell’articolo in questione”. Il Corriere della Sera riferisce che il religioso "ha investito 1,6 milioni di euro nel vortice delle operazioni off-shore" di Gianfranco Lande "e in seguito, per sentirsi più sereno, ha persino aderito allo scudo fiscale di Tremonti". I soldi, ha riferito ai pm, sono quelli che "gli hanno consegnato gli istanti per le cause dei Santi", cioè coloro che si occupano della postulazione per le cause di Beatificazione.



Radio Vaticana, TMNews

Il Papa in Messico e a Cuba. La Sala Stampa vaticana pubblica il programma ufficiale. Sette giorni in quattro città, tre Messe e sette discorsi

La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato questa mattina il programma del viaggio apostolico che il Papa compirà in Messico e a Cuba, dal 23 al 28 marzo prossimo. Si tratta del 23° viaggio internazionale di Benedetto XVI, che torna in America Latina dopo il viaggio in Brasile del 2007. Il programma prevede la partenza dall’aeroporto di Fiumicino per venerdì 23 marzo alle 9.30, con arrivo previsto all’aeroporto di Guanajuato, alle 16.30, dove ci sarà la cerimonia di benvenuto. Il giorno dopo, sabato 24 marzo, alle 8.00 è in programma la Messa in privato nella Cappella del Colegio Miraflores; alle 18.00 la visita di cortesia al Presidente federale Felipe Calderon nella Casa del Conde Rul di Guanajuato. Alle 18.45 il saluto ai bambini nella Plaza de la Paz di Guanajuato. Domenica 25 marzo alle 10.00 il Papa presiederà la Santa Messa nel Parque del Bicentenario di Leon, a cui seguirà al recita dell’Angelus. Nel pomeriggio, alle 18.00 i Vespri con i vescovi del Messico e dell’America Latina nella Cattedrale della Madre Santissima della Luce. Lunedì 26 marzo, subito dopo la cerimonia di congedo prevista per le 9.00, il Papa partirà per Santiago de Cuba. Qui l’arrivo è previsto alle 14.00 nell’Aeroporto Internazionale Antonio Macedo, con la consueta cerimonia di benvenuto. Alle17.30 la Messa in occasione del 400° anniversario del ritrovamento della Virgen de la Caridad del Cobre nella Piazza Antonio Maceo di Santiago de Cuba. Santuario che martedì 27 marzo il Papa visiterà, poco prima della partenza per L’Avana, fissata per le 10.30. L’arrivo all’Aeroporto Internazionale Josè Martì de L'Avana è previsto per le 12.00. Quello stesso giorno alle 17.30, la visita al presidente del Presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri della Repubblica, Raul Castro, al Palacio de la Revolucion de L’Avana. Alle 19.15 l'incontro e la cena con i vescovi cubani e con il seguito papale presso la Nunziatura Apostolica. Mercoledì 28 alle 9.00 la Messa nella Plaza de la Revolucion. Alle 16.30 la cerimonia di congedo all’aeroporto e mezz’ora dopo la partenza. Il ritorno in Italia è previsto per giovedì, 29 marzo, alle 10.15 all’aeroporto di Ciampino.

Radio Vaticana, Vatican Insider

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

Nomine di Benedetto XVI nella diocesi di Roma: mons. Filippo Iannone vicegerente, Matteo Maria Zuppi e Lorenzo Leuzzi vescovi ausiliari

Benedetto XVI ha proceduto alle nomine di mons. Filippo Iannone, finora vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, a vicegerente della diocesi di Roma (Italia) conferendogli la dignità di arcivescovo, e di mons. Matteo Maria Zuppi e mons. Lorenzo Leuzzi a vescovi ausiliari della stessa diocesi. Nato a Napoli nel 1957 ed entrato nell’Ordine dei carmelitani nel 1976, mons. Iannone è stato ordinato sacerdote nel 1982. Dal 2001 vescovo ausiliare di Napoli, nel 2009 è stato preposto alla diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo. Attualmente è anche membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Mons. Zuppi (Roma, 1955) è attualmente parroco della parrocchia Santi Simone e Giuda in Torre Angela e prefetto della XVII Prefettura. Mons. Leuzzi (Trani, 1955) è direttore dell’Ufficio pastorale universitaria del vicariato di Roma e cappellano della Camera dei deputati. I due vescovi ausiliari saranno consacrati il 14 aprile. Lo rende noto il Vicariato di Roma che conferma, con una dichiarazione del card. Agostino Vallini, la scelta di mantenere mons. Leuzzi quale direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma. "Da vescovo, titolare della sede di Cittanova - ha affermato Vallini - conserva la responsabilità della Pastorale universitaria e succede a monsignor Brambilla come delegato per la Pastorale sanitaria". Nella nota, il cardinale vicario parla anche del vescovo Iannone, nominato dal Papa nuovo vicegerente della diocesi di Roma. "Ha un carattere mite e accogliente - ha detto di lui il card. Vallini - unito a una grande esperienza e competenza".

SIR, Agi

NOMINA DEL VICEGERENTE DELLA DIOCESI DI ROMA (ITALIA)

NOMINA DI AUSILIARI DELLA DIOCESI DI ROMA (ITALIA)

Pizziol: Venezia accoglierà con entusiasmo il Patriarca, volergli bene e camminare con lui nella fedeltà gioiosa con autentica passione per il Vangelo

“Sua Santità Papa Benedetto XVI ha nominato Patriarca di Venezia Sua Eccellenza Reverendissima mons. Francesco Moraglia (foto), attualmente vescovo di La Spezia – Sarzana – Brugnato. Il Patriarcato si arricchisce così di un nuovo successore di San Lorenzo Giustiniani”. Oggi a mezzogiorno, presso il Palazzo patriarcale di Venezia, nel corso di una convocazione straordinaria, mons. Beniamino Pizziol, amministratore apostolico del Patriarcato, ha annunciato la nomina del nuovo Patriarca. “Sento a nome di tutta la Chiesa veneziana – ha detto mons. Pizziol -, di ringraziare di cuore il Santo Padre per il dono che ci ha fatto, ma anche di esprimere un particolare ringraziamento a Mons. Moraglia, che ha accettato con spirito di fede e di abbandono al Signore, la responsabilità di una Chiesa territorialmente non grande, ma ricca di storia, di spiritualità, di tradizioni e storico punto di riferimento per le Chiese della Regione conciliare triveneta”. Una diocesi che, “ne sono sicuro, saprà accogliere con entusiasmo il nuovo Patriarca, volergli bene e camminare con lui nella fedeltà gioiosa, nell’ obbedienza filiale e con autentica passione per il Vangelo”. Richiamando la “lunga e ricca esperienza accademica e pastorale” del Patriarca eletto, mons. Pizziol ha informato che fino al suo insediamento proseguirà nel suo servizio di amministratore apostolico a Venezia. La nomina di Moraglia è stata annunciata oggi nella Sala Tintoretto del Palazzo Patriarcale di Venezia, in contemporanea con La Spezia e con la Sala Stampa vaticana, da monsi. Pizziol alla presenza di numerosi sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici in rappresentanza degli organismi ecclesiali ed associativi del Patriarcato di Venezia, delle autorità civili e militari, dei rappresentanti di varie istituzioni e dei mass media. All'annuncio campane 'a festa' dal campanile di San Marco e da tutti gli altri campanili della città lagunare.

SIR, Adnkronos

L'annuncio dell'amministratore apostolico mons. Beniamino Pizziol

Il saluto di mons. Moraglia a Venezia: mandato a una Chiesa viva, con una fede capace di farsi cultura, che ha una lunga storia scandita dalla santità

“Sono conscio d’essere mandato a una Chiesa viva, ben presente sul territorio”, che sa “esprimere con una fede capace di farsi cultura ma, soprattutto, a una Chiesa che ha una lunga storia scandita dalla santità, anche ordinaria, di molti suoi figli e figlie”. Così questa mattina mons. Francesco Moraglia, Patriarca eletto di Venezia, nel suo primo saluto alla diocesi in cui ha rivolto il pensiero a San Pio X, al Beato Giovanni XXIII e al servo di Dio Giovanni Paolo I. "Sono mandato a voi - nella successione apostolica - come vostro vescovo; non conto su particolari doti e doni personali, non vengo a voi con ricchezza di scienza e intelligenza ma col desiderio e il fermo proposito d'essere il primo servitore della nostra Chiesa che è in Venezia''. ''Faccio mie - si legge nel messaggio del nuovo Patriarca - le parole dell'Apostolo Paolo che, nella seconda lettera ai Corinzi, scrive: 'Non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete saldi'. Il Vescovo, infatti, non è chiamato, innanzitutto, a portare qualcosa di suo, ma qualcosa che va oltre le sue personali capacità e risorse; in altre parole, la pienezza del sacerdozio di Cristo che - sul piano ministeriale - costituisce la Chiesa''. “Vengo – assicura mons. Moraglia - col desiderio di ascoltare, per capire e conoscere quanto lo Spirito vuol dire a questa Chiesa, nella logica sinodale del comune cammino delle diocesi del Triveneto verso Aquileia 2”. “Ho voluto idealmente aprire il mio cuore a tutta la città, all’intera diocesi, a ogni uomo e donna che il Signore mi vorrà fare incontrare”. “Tutti – prosegue - porto nella preghiera e a tutti chiedo la carità della preghiera; in modo particolare la chiedo ai piccoli, ai malati, agli anziani, ai bambini”. “A quanti, nelle differenti vocazioni e stati di vita, concorrono a formare il volto della Chiesa di Dio che è in Venezia, domando aiuto, collaborazione e assunzione di corresponsabilità”. Oltre che ai giovani, il pensiero del neopatriarca va anche ai cristiani di altre confessioni, alla comunità ebraica, ai credenti di altre religioni e ai non credenti “auspicando, per quanto possibile, un comune impegno per l’uomo”. In un'intervista a Radio Vaticana, Moraglia ha sottolineato che la crisi che attraversa l'Italia "prima che sociale, prima che politica, prima che finanziaria" è "una crisi antropologica culturale". Il nuovo patriarca di Venezia si è detto preoccupato per la disoccupazione giovanile: "Solo in Italia i dati fanno rabbrividire, perché parliamo di un 30 per cento di giovani tra i 14 e i 25 anni che non hanno lavoro, con tutto quello che questo determina a livello di insicurezza di questi ragazzi di fronte al futuro". Nel messaggio di saluto ai fedeli spezzini, oltre a ricordare l'inondazione dello scorso 25 ottobre ("In tale frangente mi ha colpito la saggezza, l'equilibrio, la forza composta, la volontà di reagire ma, soprattutto, la visione di fede di non pochi tra i più provati"), ha affermato: "L'ultima cosa di cui ringrazio il Signore, è che si è aperta la scorsa domenica l'instaurazione dell'adorazione perpetua in diocesi: 365 giorni all'anno, per 24 ore al giorno, con 700 adoratori impegnati ed un altro movimento, che si è impegnato in questi mesi con la diocesi, che sta muovendo i primi passi in modo davvero promettente".

SIR, Adnkronos, TMNews

Francesco Moraglia è il nuovo Patriarca di Venezia

Saluto alla diocesi di La Spezia

Il Papa nomina mons. Francesco Moraglia Patriarca di Venezia: in mezzo alla gente per servire

Benedetto XVI nomina Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia, finora vescovo di La Spezia. Sacerdote da trentacinque anni, vescovo dal 2007

Papa Benedetto XVI ha nominato Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia (foto), fino ad oggi vescovo di La Spezia. La sua nomina era nell'aria già da alcuni giorni e questa mattina è arrivata la notizia ufficiale resa nota dalla Sala Stampa della Santa Sede. Lo ha ricordato il Papa quando il 5 febbraio 2011 ha ordinato cinque nuovi vescovi nella Basilica Vaticana: “Il pastore – ha detto – non deve essere una canna di palude che si piega secondo il soffio del vento”. E ancora: “L’essere intrepido, il coraggio di opporsi alle correnti del momento appartiene in modo essenziale al compito del pastore. Il vescovo, dunque, deve essere come un albero che ha radici profonde”. Parole che bene si possono riferire al nuovo patriarca di Venezia Moraglia. Ordinato sacerdote trentacinque anni fa, Moraglia ha puntato nella sua permanenza a La Spezia sul contatto coi fedeli. Ha visitato tutte le parrocchie, anche le più sperdute e spopolate, cercando di mettere in pratica ciò che già Papa Benedetto XVI aveva chiesto ai sacerdoti nell’anno loro dedicato: “Non si è sacerdote a tempo solo parziale; lo si è sempre, con tutta l’anima, con tutto il nostro cuore”. Moraglia si sveglia tutte le mattine alle 4.30, trascorre lungo tempo in preghiera prima di dedicarsi agli impegni quotidiani. Nato a Genova nel 1953, è stato ordinato sacerdote dal cardinale Giuseppe Siri il 29 giugno 1977. Dottore in Teologia dogmatica, è stato direttore dell’ufficio per la Cultura e l’università della diocesi genovese; assistente diocesano del Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic); docente di Cristologia, Antropologia, Sacramentaria e di Storia della teologia alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale; preside e docente dell’Istituto superiore di scienze religiose ligure. Nominato vescovo di La Spezia nel 2007, ha ricevuto l’ordinazione dal card. Angelo Bagnasco. Attualmente ricopre l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione della fondazione Comunicazione e cultura, che sovrintende ai media della Conferenza Episcopale italiana.

Adnkronos - Paolo Rodari, Il Foglio

NOMINA DEL PATRIARCA DI VENEZIA (ITALIA)

Per Venezia il Papa ha fatto tutto da solo

Il Papa in Messico e a Cuba. Presentato il logo della prima tappa: il Cristo Re e la Morenita. 'Insieme nella speranza, discepoli di Gesù' il motto

Prosegue la preparazione dei viaggio del Papa in Messico e a Cuba. La Chiesa messicana ha presentato il logo del viaggio (foto). Due icone simbolo della Chiesa Cattolica in Messico. Sullo sfondo campeggia la figura di Cristo Re monumento nazionale, un simbolo di grande importanza per Bajio luogo che sarà visitato dal Papa. A fianco l'immagine della Vergine di Guadalupe, che rappresenta tutto il Messico, tratteggiata a linee morbide simbolo della finezza della preghiera, e della purezza di spirito che serve all’umanità per arrivare a Dio. L’ immagine del Papa è il suo nome: Benedetto XVI. Immagine simile per il poster ufficiale che racchiude armoniosamente sei degli elementi più importanti del primo. La foto del Papa al centro per dimostrare la gioia, la fede e speranza nel Signore per la visita, ai lati ancora il Cristo Re, che si trova in cima al Cerro del Cubilete dove si trova il Santuario Nazionale. “Cristo è il centro della nostra fede, che è la Via, la Verità e la Vita. Ai piedi del Cristo si svolgerà il tanto atteso incontro del successore di San Pietro con il Popolo di Dio”. Poi l’immagine di Santa Maria de Guadalupe, Patrona del Messico. La frase "Insieme nella speranza, discepoli di Gesù " è il motto del viaggio. In comunione con il Papa i cattolici del Messico vogliono rinnovare l’appello di Aparecida ad essere discepoli missionari di Gesù nel continente.

Korazym.org

Card. Koch: la liberalizzazione del Messale pre-conciliare è solo un primo passo. Mons. Giudici: le porte a un nuovo Concilio non vanno chiuse

La liberalizzazione del Messale pre-conciliare, la cosiddetta Messa in latino, è "solo un primo passo", secondo il cardinale svizzero Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'unità dei cristiani. Altri passi, ha precisato il porporato in visita a Friburgo, "non sono ancora maturi", ma, a quanto riferiscono i media germanofoni, "se la attuale crisi della vita della Chiesa è innanzitutto una crisi della liturgia, allora un rinnovamento oggi deve partire da un rinnovamento della liturgia".
A cinquanta anni dal Concilio Vaticano II, la Chiesa sarebbe pronta per un nuovo Concilio? "Le porte non vanno chiuse. Capisco che ci sono istanze alle quali dobbiamo dare delle risposte e occorre che siano date assieme, da una comunità di credenti". E' la risposta di mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia. "Penso - afferma in un'intervista al Quotidiano nazionale - all'inculturazione della liturgia, ai riti dei sacramenti, alle fatiche dei cristiani che hanno visto fallire il loro matrimonio, al cambiamento del modo con cui si manifestano le vocazioni. Non va neanche sottovalutata la questione della diaspora di una certa parte del mondo cattolico rispetto alle indicazioni del Magistero".

TMNews

lunedì 30 gennaio 2012

Domani l’annuncio ufficiale della nomina di Francesco Moraglia a Patriarca di Venezia, e di Zuppi e Leuzzi vescovi ausiliari della diocesi di Roma

L’atteso e già ampiamente pronosticato annuncio della nomina del nuovo Patriarca di Venezia sarà dato a mezzogiorno di domani, in contemporanea dalla diocesi di La Spezia, dal patriarcato lagunare e dalla Sala Stampa vaticana. Il genovese Francesco Moraglia, 59 anni, dal 2007 vescovo della diocesi spezzina, è il successore che Benedetto XVI ha scelto per guidare il Patriarcato veneto dopo la nomina, avvenuta nel giugno 2011, di Angelo Scola quale arcivescovo di Milano. Saranno pubblicati domani, salvo improbabili sorprese dell’ultima ora, anche i nomi dei due nuovi vescovi ausiliari di Roma. Il primo è quello di don Matteo Zuppi, nato a Roma e pronipote del card. Carlo Confalonieri, che fu segretario particolare di Pio XI. Classe 1955, ordinato prete nel 1981 a Palestrina, incardinato a Roma sette anni dopo, è stato a lungo parroco di Santa Maria in Trastevere ed è attualmente parroco della parrocchia dei Santi Simone e Giuda Taddeo a Torre Angela, nella periferia est della capitale. Proviene dalla Comunità di Sant’Egidio. Diventerà ausiliare incaricato del settore Roma-centro, dopo che il predecessore Ernesto Mandara è stato designato nel giugno scorso alla diocesi suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto. Il dossier riguardante la sua nomina era già in esame, quando improvvisamente, alla vigilia di Natale, è scomparso mon. Armando Brambilla, responsabile della pastorale sanitaria della diocesi romana. Così, dopo la decisione positiva sul nome di Zuppi, si è ritardata la pubblicazione, e si è deciso di nominare vescovo anche mons. Lorenzo Leuzzi, originario di Trani, anch’egli nato nel 1955, da lungo tempo direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma, nonché successore di mons. Salvatore Fisichella, dal settembre 2010, quale cappellano di Montecitorio. Leuzzi è medico ed è diventato sacerdote in età adulta, ha fatto per quattro anni l’assistente spirituale alla facoltà di Medicina della Cattolica a Roma. Continuerà a ricoprire gli incarichi attuali aggiungendo quello, impegnativo, della pastorale sanitaria.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Un parroco di Sant’Egidio vescovo ausiliare di Roma

A Ramallah incontro cordiale tra la Santa Sede e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Prossimamente in Vaticano la riunione plenaria

In seguito alla ripresa dei colloqui bilaterali fra la Santa Sede e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, "si è svolto un incontro ufficiale presso la sede del presidente palestinese, a Ramallah, il 28 gennaio 2012". Lo rende noto un comunicato congiunto. "I colloqui - si legge nella nota - sono stati presieduti congiuntamente da Mons. Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati, e dal Ministro Ziad Al-Bandak, consigliere del Presidente palestinese per le relazioni con i cristiani. La parte palestinese ha consegnato alla delegazione della Santa Sede la risposta alla bozza d'accordo proposta dalla Santa Sede nell'incontro precedente e i colloqui si sono svolti in un'atmosfera cordiale per rafforzare ulteriormente le speciali relazioni tra le due parti. Le delegazioni hanno deciso di stabilire squadre tecniche per dar seguito alla bozza, in preparazione alla riunione plenaria che si terrà prossimamente in Vaticano".

TMNews

JOINT COMMUNIQUÉ ON THE BILATERAL MEETING BETWEEN THE HOLY SEE AND THE PALESTINE LIBERATION ORGANIZATION (28 JANUARY 2012)

Bertone vacilla dopo il caso Viganò. La spaccatura tra la Segreteria di Stato e il mondo vaticano, il timore che ci vada di mezzo Benedetto XVI

Il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI) non ci pensa proprio. Eppure dopo la vicenda delle lettere di mons. Carlo Maria Viganò, il tema delle dimissioni del Segretario di Stato ha ripreso a circolare tra i Sacri Palazzi. Sarebbero "gradite", si ammette a mezza bocca in più di un ambiente vaticano, "per riportare dignità, ordine e serenità nella gestione degli affari correnti dello stato". Il timore di molti prelati è che l'attuale Pontificato, "rischi di essere penalizzato dai pasticci del Segretario di Stato". Le lettere di Viganò ampiamente diffuse dai mass media e la pubblicazione su L'Osservatore Romano dell'intervista al presidente del Consiglio Mario Monti, con l'omissione la firma dei giornalisti della Radio Vaticana che l'hanno realizzata, sono la conferma - si commenta nei palazzi d'oltretevere - di una "spaccatura tra la Segreteria di Stato e il mondo vaticano". Persino la nota del portavoce della Santa Sede, voluta da Bertone, conferma, secondo gli esegeti dei Palazzi, l'esistenza di un pericolo corruzione negli affari interni: "Non una riga della nota fa riferimento al contenuto delle lettere-denuncia di monsignor Viganò". Lo scontro con Bertone, che intende resistere, potrebbe però avere un ulteriore capitolo già in questi giorni: è attesa in settimana la scelta ufficiale del Papa per la nomina alla prestigiosa sede cardinalizia del Patriarcato di Venezia di mons. Francesco Moraglia, 58 anni, genovese, attuale vescovo di La Spezia, presidente della fondazione "comunicazione e cultura" della CEI, da cui dipende anche Tv2000 diretta da Dino Boffo. Su Moraglia c'è un parere concorde e positivo degli uomini di punta della Chiesa italiana, dall'attuale presidente della CEI, card. Angelo Bagnasco, allo storico capo dei vescovi, card. Camillo Ruini, responsabile del progetto culturale della CEI. Pareri condivisi anche dalla Congregazione per il clero. Un consenso diffuso e accettato "obtorto collo" anche dal card. Bertone che invece puntava sul nome dell'osservatore permanente al Consiglio d'Europa, mons. Aldo Giordano. E dopo il ruiniano Nosiglia alla guida dell'arcidiocesi di Torino, anche Venezia, per restare alle grandi sedi cardinalizie italiane, sembra appannaggio della coppia Bagnasco-Ruini.

La Repubblica.it

Patriarca di Mosca: ci sono ancora conflitti da risolvere con maggiore energia, se non completamente, affinchè l'incontro con il Papa abbia successo

I rapporti "sono migliorati", ma per il tanto agognato storico incontro non è ancora il momento: il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill (nella foto con Benedetto XVI) ha detto che ancora una volta non ci sono presupposti per un bilaterale con il Papa. "Credo ci siano ancora conflitti da risolvere con maggiore energia, se non completamente, affinchè questo incontro abbia successo", specifica il capo della Chiesa Ortodossa russa in un'intervista al quotidiano serbo Vecherniye Novosti, la cui traduzione è stata pubblicata sul sito del Patriarcato. Secondo Kirill i media hanno ribadito "solo l'aspetto sensazionalistico di un incontro possibile", spiegando di "non volere" che sia tutto ridotto a questo. Serve a suo dire un ulteriore sviluppo delle relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa Cattolica romana: "dobbiamo lavorare insieme per migliorare radicalmente l'atmosfera di queste relazioni, risolvendo i problemi che esistono tra noi". Allo stesso tempo, il Patriarca ha detto che il rapporto tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa Cattolica "è notevolmente migliorato" nel corso degli ultimi 10 anni. "La questione del proselitismo non è più così grave come era nel 1990, quando i missionari cattolici sono venuti in Russia per lavorarvi attivamente. Il Gruppo misto per le questioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana in Russia, che è stato creato nel 2004, ha giocato il suo ruolo positivo, "ha detto. Parlando però di quello che per Mosca è il 'sequestro' delle chiese ortodosse in Ucraina da parte della Chiesa greco-cattolica ucraina, il Patriarca ha sottolineato che la Chiesa russa ha recentemente suggerito di far rivivere la commissione a 4 composta dal Vaticano, il Patriarcato di Mosca, la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa greco-cattolica ucraina. "Tuttavia, la Chiesa Cattolica non era molto entusiasta la nostra offerta", ha detto. Il tema è stato regolarmente sollevato durante gli incontri con i rappresentanti della Chiesa cattolica al Patriarcato di Mosca, aggiunge il Patriarca. "Il Papa e i responsabili delle congregazioni del Vaticano esprimono comprensione, ma il problema resta irrisolto" conclude Kirill.

TMNews

Prime conclusioni della riunione dei capi dicastero della Curia: maggiore collegialità, armonizzazione dei testi, coordinamento nella pubblicazione

Nella riunione straordinaria con i capi dicastero presieduta sabato in Vaticano da Benedetto XVI, è stata trattato esclusivamente il tema della comunicazione interna, mentre nessuno dei partecipanti ha menzionato il cosiddetto caso Viganò, emerso da un’inchiesta della trasmissione de La7 “Gli intoccabili”. I responsabili dei dicasteri che hanno presto parte al vertice interno erano animati dalla volontà di confrontarsi sul tema del confronto sul tema del coordinamento, non lasciando spazio ad altre questioni, ovvero una maggiore azione comune all’interno della Curia romana. Il Papa ha voluto presenziare la riunione di coordinamento dei dicasteri vaticani che ha dato compimento al "processo di elaborazione, pubblicazione e recezione dei documenti della Santa Sede", come ha accennato nella sua relazione introduttiva Bertone, contro il dilagare della "passione per le notizie minute del pettegolezzo ecclesiastico, che minano il prestigio della Santa Sede e giungono talora ad ostacolare il clima di fiducia e collaborazione tra i suoi diversi organismi". "Sulla base dell'esperienza personale – ha detto Bertone ai capi dicastero – si prevede il coinvolgimento del personale del dicastero nell'istruzione di una questione, l'affidamento del suo studio ai Consultori, sia singolarmente che riuniti nella Consulta, e, infine, sulla base del lavoro compiuto, il pronunciamento dei Padri, nella cosiddetta Feria IV". Bertone ha suggerito maggiore collegialità, armonizzazione dei testi, coordinamento al momento della pubblicazione perché non vengano sovrapposti ad altre attività di Benedetto XVi e naturalmente molta riservatezza. Fa anche una critica agli uffici della Segreteria di Stato, che "talora trascurano inopportunamente" la produzione degli originali dei documenti da sottoporre alla firma del Papa. E si chiede anche "come mantenere la riservatezza sui contenuti, un aspetto che dovrebbe accompagnare tutto il processo di redazione dei documenti". Il processo di riorganizzazione e riordino della Curia prosegue, nonostante il caso Viganò.

Vatican Insider

domenica 29 gennaio 2012

La morte dell'ex presidente della Repubblica Scalfaro. Il Papa: illustre uomo cattolico di Stato, si adoperò per la promozione del bene comune

E’ morto oggi a 93 anni Oscar Luigi Scalfaro (foto), politico e magistrato italiano, presidente della Repubblica dal 1992 al 1999, ha ricoperto tutte più alte cariche dello Stato. In un telegramma inviato alla figlia del presidente Scalfaro, Marianna, Papa Benedetto XVI ha scritto: ''Spiritualmente vicino in questo momento di dolore per la morte dell'amato genitore Senatore Oscar Luigi Scalfaro Presidente emerito della Repubblica Italiana, desidero porgere le mie piu' sentite condoglianze con l'assicurazione della mia sincera partecipazione al grave lutto che colpisce anche l'intera Nazione italiana". Il Papa ricordo "con vivo affetto e con speciale gratitudine questo illustre uomo cattolico di Stato integerrimo magistrato e fedelissimo servitore delle istituzioni che nelle pubbliche responsabilità ricoperte sempre si adoperò per la promozione del bene comune e dei perenni valori etico-religiosi cristiani propri della tradizione storica e civile dell'Italia", elevando "fervide preghiere di suffragio invocando per la sua anima dalla divina bontà per intercessione della Vergine Maria da lui particolarmente venerata la Pace Eterna e di cuore imparto a Lei e a tutti i familiari la confortatrice Benedizione Apostolica''.

Zenit

TELEGRAMMI DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL PRESIDENTE EMERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, SENATORE OSCAR LUIGI SCALFARO

Benedetto XVI e due bambini dell'Azione Cattolica liberano le colombe della pace, ma una rientra nello studio: vogliono stare nella casa del Papa!

Questa mattina numerosi ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma, accompagnati dal cardinale vicario Agostino Vallini, con i loro educatori e familiari, hanno partecipato in Piazza San Pietro alla recita dell'Angelus di Benedetto XVI. Alla destra del Papa, nella finestra dello studio del Palazzo Apostolico, un ragazzo, alla sua sinistra una ragazza, Noemi. “Cari ragazzi, anche quest’anno avete dato vita alla ‘Carovana della pace’. Vi ringrazio e vi incoraggio a portare dappertutto la pace di Gesù”, ha detto il Pontefice. Poi ha ceduto la parola alla piccola Noemi che ha letto il messaggio a nome dei ragazzi dell’Acr di Roma, annunciando che con i risparmi dei ragazzi dell’Acr sarà costruito un centro di detenzione alternativo al carcere per ragazze minorenni in Bolivia, vicino a La Paz. “Speriamo – ha detto Noemi leggendo il messaggio - che con il nostro aiuto le ragazze boliviane possano essere incoraggiate a riconquistare la dignità e la fiducia degli altri”. “Ti chiediamo - ha concluso Noemi - di pregare insieme con noi per i nostri genitori, educatori e sacerdoti, affinché ci formino ad essere testimoni ed operato di pace. Ricordati sempre che l’Acr di Roma ti vuole tanto bene”. "Grazie Noemi, hai fatto molto bene. Liberiamo le colombe, che i ragazzi hanno portato, come segno di pace per la città di Roma e per il mondo intero", ha detto il Papa. Quindi le colombe sono state liberate: la prima l'ha liberata personalmente Benedetto XVI, e quando si è poggiata sul davanzale della finestra, il Papa ha tamburellato leggermente le dita e la colomba ha preso il volo. La seconda, invece, liberata dal bambino, è subito rientrata nello studio privato di Papa Ratzinger che ha commentato: "Vogliono stare nella casa del Papa!".

SIR, Agi

Il Papa: lodiamo Dio per la bella testimonianza del Vangelo della Beata Hildegard Burjan. La Giornata dei malati di lebbra e della pace in Terra Santa

"Oggi, a Vienna, viene proclamata Beata Hildegard Burjan, laica, madre di famiglia, vissuta tra Ottocento e Novecento e fondatrice della Società delle Suore della Caritas socialis". Lo ha detto il Papa dopo la recita della preghiera dell'Angelus. "Lodiamo il Signore per questa bella testimonianza del Vangelo", ha esortato rivolto ai30 mila fedeli presenti in Piazza San Pietro. "In questa domenica ricorre la Giornata mondiale dei malati di lebbra: vorrei far giungere il mio incoraggiamento a tutte le persone affette da questa malattia, come pure a quanti li assistono e, in diversi modi, si impegnano per eliminare la povertà e l'emarginazione, vere cause del permanere del contagio", ha affermato Benedetto XVI salutando l'Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau. Il Santo Padre ha ricordato, inoltre, la Giornata internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa: “In profonda comunione con il patriarca latino di Gerusalemme e il custode di Terra Santa, invochiamo il dono della pace per quella Terra benedetta da Dio”, ha dichiarato. Nei saluti in varie lingue, in tedesco Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare a coloro che nel duomo di Santo Stefano a Vienna parteciperanno alla beatificazione di Hildegard Burjan, di cui ha ricordato le parole: “Io so con certezza che vi è una sola felicità, cioè l’amore di Dio. Tutto il resto può rallegrare, ma ha valore solo se viene da questo amore, è fondato in esso”. Di questo amore, ha evidenziato Benedetto XVI, la nuova beata “ha vissuto. E come fondatrice delle Suore della Caritas socialis ha raccolto intorno a sé delle donne che fino ad oggi vogliono essere fonte di questo amore e far giungere ai sofferenti conforto e aiuto”. Di qui l’auspicio: “Seguendo l’esempio di Hildegard Burjan siamo anche noi annunciatori del caritatevole amore di Dio”. In polacco, in occasione della prossima festa della Presentazione del Signore, in cui si celebra la Giornata della vita consacrata, il Papa ha voluto esprimere gratitudine “ai religiosi e alle religiose per il loro ministero di preghiera, per l’attività apostolica e caritativa nella Chiesa” e ha pregato “per le nuove vocazioni. Lo Spirito Santo susciti in tanti cuori il desiderio della totale dedizione a Cristo nella povertà, nell’obbedienza e nella castità”.

Agi, SIR

Il Papa: per Dio l’autorità significa servizio, umiltà, amore, entrare nella logica di Gesù che cerca il vero bene dell’uomo, che guarisce le ferite

A mezzogiorno, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Il Vangelo di questa domenica – ha ricordato il Papa - ci presenta Gesù che, in giorno di sabato, predica nella sinagoga di Cafarnao, la piccola città sul lago di Galilea dove abitavano Pietro e suo fratello Andrea. Al suo insegnamento, che suscita la meraviglia della gente, segue la liberazione di ‘un uomo posseduto da uno spirito impuro’, che riconosce in Gesù il ‘Santo di Dio’, cioè il Messia”. Così “in poco tempo, la sua fama si diffonde in tutta la regione, che Egli percorre annunciando il Regno di Dio e guarendo i malati di ogni genere: parola e azione”. Il Pontefice ha ripreso il commento di San Giovanni Crisostomo che fa osservare come il Signore “alterni il discorso a beneficio degli ascoltatori, procedendo dai prodigi alle parole e passando di nuovo dall’insegnamento della sua dottrina ai miracoli”. “La parola che Gesù rivolge agli uomini – ha osservato il Santo Padre - apre immediatamente l’accesso al volere del Padre e alla verità di se stessi. Non così, invece, accadeva agli scribi, che dovevano sforzarsi di interpretare le Sacre Scritture con innumerevoli riflessioni”. Inoltre, “all’efficacia della parola, Gesù univa quella dei segni di liberazione dal male”. Benedetto XVI ha ricordato le parole di Sant’Atanasio: “Comandare ai demoni e scacciarli non è opera umana ma divina”; infatti, il Signore “allontanava dagli uomini tutte le malattie e ogni infermità. Chi, vedendo il suo potere...avrebbe ancora dubitato che Egli fosse il Figlio, la Sapienza e la Potenza di Dio?”. “L’autorità divina – ha precisato il Papa - non è una forza della natura. È il potere dell’amore di Dio che crea l’universo e, incarnandosi nel Figlio Unigenito, scendendo nella nostra umanità, risana il mondo corrotto dal peccato”. Poi il richiamo a Romano Guardini, che scriveva: “L’intera esistenza di Gesù è traduzione della potenza in umiltà...è la sovranità che qui si abbassa alla forma di servo”. “Spesso per l’uomo – ha sostenuto il Pontefice - l’autorità significa possesso, potere, dominio, successo. Per Dio, invece, l’autorità significa servizio, umiltà, amore; significa entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi dei discepoli, che cerca il vero bene dell’uomo, che guarisce le ferite, che è capace di un amore così grande da dare la vita, perché è l’Amore”. Ancora un richiamo, stavolta a santa Caterina da Siena, che in una delle sue Lettere scrive: “E’ necessario che noi vediamo e conosciamo, in verità, con la luce della fede, che Dio è l’Amore supremo ed eterno, e non può volere altro se non il nostro bene”. Benedetto XVI ha ricordato poi che “giovedì prossimo 2 febbraio, celebreremo la festa della Presentazione del Signore al tempio, Giornata Mondiale della Vita Consacrata. Invochiamo con fiducia Maria Santissima, affinché guidi i nostri cuori ad attingere sempre dalla misericordia divina, che libera e guarisce la nostra umanità, ricolmandola di ogni grazia e benevolenza, con la potenza dell’amore”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Card. Kasper: attenzione a fare del Concilio qualcosa in cui ognuno proietta e trova i propri desideri. Una minoranza creativa il futuro della Chiesa

Il Concilio secondo Kasper. Con il Vaticano II, di cui si festeggia il 50° anniversario, "la Chiesa si rimise in cammino", evidenzia il card. Walter Kasper (nella foto con Benedetto XVI), ma "occorre entrare nel concetto di rinnovamento per una corretta interpretazione del Concilio". No, quindi, al "mito" del Concilio, la Chiesa è attesa da un futuro da "minoranza creativa" quindi ha bisogno di una nuova primavera spirituale. Il 26 gennaio a Roma, al "Centro Pro Unione" è stato presentato il libro "Chiesa Cattolica: essenza-realtà-missione" scritto dal presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il cardinale tedesco vede il futuro della Chiesa non nel mantenimento delle strutture della "Chiesa di popolo" ormai anacronistiche, ma condivide il parere del grande storico Arnold J.Toynbee, secondo il quale, nelle situazioni particolarmente difficili della storia dell’umanità, ad aver individuato una via d’uscita sono sempre state minoranze qualificate e creative a cui si è poi potuta unire anche la maggioranza. Ministro dell’ecumenismo ai tempi di Giovanni Paolo II e ancora, per qualche anno, con Benedetto XVI, solitamente avvezzo a suonare sui grandi temi della riforma della Chiesa un canto in parte differente da quello istituzionale della Curia romana, Kasper è uno dei cardinali di maggior peso della Curia romana. Nell’analisi che il porporato tedesco fa della crisi della Chiesa, la figura di Chiesa pienamente radicata nel popolo, che ha avuto il suo grande peso nella storia ed ha apportato il suo grande contributo, volge ormai al termine di fronte alla situazione pluralista di oggi e non può essere una figura della Chiesa orientata al futuro nel terzo millennio. "L’esperienza del Concilio Vaticano II divenne per me un’esperienza quanto mai incisiva della Chiesa e un permanente saldo punto di riferimento - rievoca Kasper -. Quando il 25 gennaio 1959 Giovanni XXIII annunciò il Concilio, la sorpresa fu enorme. Seguì un tempo mozzafiato, avvincente e interessante quale i giovani teologi odierni non riescono più a immaginare. Noi sperimentammo come la veneranda vecchia Chiesa mostrava una nuova vitalità, come spalancava porte e finestre ed entrava in un dialogo al suo interno nonché in dialogo con altre Chiese, altre religioni e con la cultura moderna". Era una Chiesa che si rimetteva in cammino, una Chiesa che non ripudiava e non rinnegava la sua antica tradizione, ma le rimaneva fedele, e che tuttavia raschiava via incrostazioni e cercava così di rendere la tradizione nuova, viva e feconda per il cammino verso il futuro. Sulla lettura del Concilio, Kasper è stato interprete negli anni del duo Wojtyla-Ratzinger di un contro-canto intelligente e puntuto all’interno della Curia romana. "Sono sempre convinto che i sedici principali documenti del concilio sono, nel loro complesso, la bussola per il cammino della Chiesa nel XXI secolo - sottolinea Kasper -. Il Concilio Vaticano II è già stato spesso definito come il Concilio della Chiesa sopra la Chiesa. La Chiesa, che era in cammino sulle strade della storia da duemila anni, prese nel corso di tale Concilio più profondamente coscienza della propria essenza, in virtù della quale era già fino ad allora vissuta e aveva agito". Già nel discorso di apertura, tenuto l’11 ottobre 1962, Giovanni XXIII disse che compito del Concilio sarebbe stato quello di conservare integralmente e senza falsificazioni il sacro patrimonio della dottrina cristiana e di insegnarlo in modo efficace. Paolo VI disse la stessa cosa il 21 novembre 1964, in occasione della solenne promulgazione della Costituzione sulla Chiesa "Lumen gentium", unitamente al decreto sull’ecumenismo "Unitatis redintegratio". Egli affermò: "Questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo anche noi. Ciò che era, resta. Ciò che per secoli la Chiesa ha insegnato, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto ora è espresso, ciò che era incerto è chiarito; ciò ch’era mediato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione". Il fascino e l’entusiasmo del Concilio sono nel frattempo svaniti. "È cominciato un tempo fatto di sobria considerazione dei fatti, in parte anche di valutazione critica degli eventi conciliari e soprattutto postconciliari - ammette il cardinale -. È succeduta una nuova generazione, per la quale il Concilio è un evento molto lontano e appartenente a un altro tempo, a un tempo nel quale essa non era ancor nemmeno nata e nei confronti del quale non ha alcun rapporto personale, come invece lo aveva la mia generazione. A questa nuova generazione occorre spiegare faticosamente quanto allora avvenne ed entusiasmarla nei suoi confronti. Per questo ci vuole una solida ermeneutica del Concilio". Non bisogna indubbiamente fare del Concilio un mito, nel quale ognuno "proietta e trova i propri pii desideri". Secondo Kasper, occorre piuttosto interpretare con accuratezza i testi conciliari secondo le regole universalmente valide dell’ermeneutica teologica. Nel farlo non bisogna separare "il cosiddetto reale o presunto spirito del Concilio dalla lettera del Concilio", ma occorre piuttosto desumere lo spirito del Concilio dalla sua storia e dai suoi testi. I testi del Concilio vanno compresi alla luce della sua storia e alla luce delle spesso controverse discussioni svoltesi nel suo corso. Poi bisogna interpretare ogni singola formulazione in seno al complesso di tutti i testi conciliari e tener conto, nel farlo, della gerarchia intrinseca dei diversi documenti conciliari. Infine, a giudizio di Kasper, occorre "reinterpretare i testi conciliari alla luce delle fonti, a cui lo stesso Concilio era vincolato e da cui attinse copiosamente". Per un’adeguata ermeneutica conciliare è importante tener conto della ricezione che le affermazioni conciliari hanno trovato nella dottrina e nella vita della Chiesa dopo il Concilio. "Rettamente intesa la ricezione non è un’adozione meccanica, ma un processo ecclesiale vivo guidato dallo Spirito Santo, che si svolge nella dottrina così come in tutta la vita della Chiesa - precisa il porporato -. Nel periodo postconciliare l’esperienza di tutta la storia del concilio ha trovato il suo seguito. Alla controversia attorno alla definizione segue sempre la controversia attorno alla sua ricezione". Già durante il Vaticano II si erano formate due fazioni, che furono presto dette "conservatrice" e, rispettivamente, "progressista". Questi termini ebbero inizialmente un significato diverso da quello che avrebbero assunto dopo il Concilio. "Quelli che allora furono detti progressisti erano infatti in realtà dei conservatori, che volevano riaffermare la tradizione grande e più antica della sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, mentre quelli che allora furono detti conservatori erano unilateralmente fissati sulla tradizione post-tridentina degli ultimi secoli - puntualizza Kasper -. Per tener conto delle giustificate istanze di ambedue le parti e per raggiungere, in corrispondenza a una buona tradizione conciliare, il consenso più ampio possibile, furono necessarie in molti casi delle formule di compromesso, pure questo un fenomeno niente affatto nuovo per chiunque conosca la storia dei Concili". La parola di Kasper ha una grande peso in Curia. Quando nel 2000 la Congregazione per la dottrina della Fede pubblicò la dichiarazione dogmatica "Dominus Iesus" per ribadire l’assoluta unicità di Gesù Cristo in ordine alla salvezza di tutti gli uomini, fu il card. Walter Kasper, che ancora guidava i rapporti ecumenici, a dire che "alcune formulazioni del testo non sono facilmente accessibili ai nostri partner". Tra questi gli ebrei. Joseph Ratzinger, all’epoca prefetto dell’ex Sant’Uffizio, dovette spiegarsi e dire che restava "evidente che il dialogo di noi cristiani con gli ebrei è su un piano diverso rispetto a quello con le altre religioni. La fede testimoniata nella Bibbia degli ebrei, l’Antico testamento dei cristiani, per noi non è un’altra religione, ma il fondamento della nostra fede".

Giacomo Galeazzi, Vatican Insider

sabato 28 gennaio 2012

Dopo le osservazioni degli ispettori europei la Santa Sede rivede la sua legge antiriciclaggio con un decreto a modifica del testo di fine 2010

Il Vaticano ha riscritto la sua legge antiriciclaggio risalente a fine 2010, dopo che gli ispettori europei hanno riscontrato che non rispettava a pieno gli standard per combattere il finanziamento al terrorismo e la criminalità finanziaria. La nuova legge, approvata mercoledì per decreto, ma di cui la Santa Sede non ha dato un annuncio ufficiale, prevede che il Vaticano crei una lista delle organizzazioni terroristiche basata su quella stilata dalle Nazioni Unite e che nel contempo entri in accordo con altri Paesi per condividere informazioni finanziarie. Il nuovo testo, una copia del quale è stata ottenuta da Associated Press, specifica inoltre che l'autorità finanziaria del Vaticano possa agire come regolatore e ordinare ispezioni per assicurare le procedure anti-riciclaggio, indica che i proventi delle sanzioni vadano al Papa per le opere di carità e affina la legge originale redatta in tutta fretta per soddisfare un accordo con l'Unione europea. Jeffrey Owens, che dirige la politica fiscale per l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo economico (Ocse) sostiene che il Vaticano stia andando nella giusta direzione. "In questi sviluppi - ha commentato Owens in una mail scritta ad Associated Press - vedo che il Vaticano ha riconosciuto che nel contesto finanziario odierno c'è un premio per la trasparenza e che, per raggiungere questo obiettivo, è necessario essere conformi agli standard internazionali, sia nel campo del riciclaggio di denaro, sia in quello dell'evasione fiscale e della corruzione. Queste ultime decisioni lo portano nella giusta direzione". La Santa Sede lavora da anni per aderire alle norme europee sul riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, nel tentativo di liberarsi dell'immagine di un Paese ossessionato dalla segretezza e unirsi alla cosiddetta "lista bianca" di Paesi che combattono la frode fiscale. Gli sforzi del Vaticano in questa direzione sono aumentati dopo che i procuratori di Roma nel settembre 2010 hanno sequestrato 23 milioni di euro e messo i due principali banchieri del Papa sotto inchiesta per presunto riciclaggio. A dicembre 2010 il Vaticano ha rivelato la sua prima legge in merito per la creazione di un'autorità di informazione finanziaria. A novembre 2011, gli ispettori del Consiglio d'Europa hanno però fatto alcune osservazioni sul testo, sottoponendo raccomandazioni che hanno portato alla modifica della legge, varata mercoledì per decreto. Ieri, su L'Osservatore Romano, l'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha accennato alla modifica della legge, in un articolo in cui annuncia l'adesione del Vaticano a tre trattati internazionali anti-crimine. La ratifica dei trattati e le modifiche della legge, spiega Mamberti, mostrano la determinazione della Santa Sede ad aderire agli alti standard internazionali in materia.

Romagna Noi

Le accuse di mons. Viganò e le verifiche del Vaticano: un'inchiesta interna sugli episodi denunciati affidata a una commissione disciplinare

C’è un episodio non detto nella polemica che da giorni riguarda le accuse rivolte dall’allora segretario del Governatorato, il vescovo Carlo Maria Vigano, nominato nunzio negli Stati Uniti dopo aver scritto drammatiche lettere al Papa e al Segretario di Stato Tarcisio Bertone, nelle quali si parla di episodi di "corruzione" in Vaticano. Le lettere riservate del prelato, la cui vicenda venne rivelata da Vatican Insider lo scorso 26 giugno, indirizzate a Benedetto XVI e al suo principale collaboratore, sono state esibite dal giornalista Gianluigi Nuzzi durante la puntata della trasmissione d’inchiesta di La7 "Gli intoccabili". In quelle lettere Viganò, al quale era stato ormai comunicata la decisione del Papa di nominarlo nunzio negli Stati Uniti che lo allontanava (promuovendolo) dal Governatorato dopo neanche due anni e dopo innegabili risultati di moralizzazione e di tagli alle spese, si diceva vittima di un complotto, che era passato anche attraverso alcuni articoli anonimi pubblicati su Il Giornale, e indicava nomi e cognomi degli ispiratori, citando come ispiratore ultimo mons. Paolo Nicolini, delegato per i settori amministrativo-gestionali dei Musei Vaticani. In una lettera inviata l’8 maggio 2011 al card. Bertone, Vigano attribuisce alla responsabilità di Nicolini "contraffazioni di fatture" e un ammanchi, una "partecipazione di interessi" in società inadempienti verso il Governatorato "per almeno due milioni duecentomila euro e che, antecedentemente aveva già defraudato L’Osservatore Romano, per oltre novantasettemila Euro e l’Apsa, per altri ottantacinquemila". Inoltre Vigano accusava Nicolini di "arroganza e prepotenza nei confronti dei collaboratori che non mostrano servilismo assoluto nei suoi confronti, preferenze, promozioni e assunzioni arbitrarie fatte a fini personali". Nella replica alla trasmissione di La7 che il giorno successivo padre Federico Lombardi ha reso nota su mandato della Segreteria di Stato, sono state fornite indicazioni dalle quali risulta che l’innegabile opera moralizzatrice e risanatrice della gestione Viganò (il presepe in Piazza San Pietro, ad esempio, è passato da un costo di 550.000 euro a 300.000) è stata un merito non attribuibile soltanto al suo impegno, ma anche a quello del suo superiore diretto, il card. Giovanni Lajolo, come pure alla gestione più oculata dei Musei Vaticani: tutto ciò ha permesso ai conti di tornare in attivo di qualche milione di euro, mentre in precedenza di registrava un pesante deficit. Quello che non è stato rivelato dal comunicato della Santa Sede, è che sulle accuse di Viganò a Nicolini è stata svolta un’inchiesta interna, affidata a una commissione disciplinare, presieduta da un ex uditore della Rota Romana, mons. Egidio Turnaturi. La commissione ha ascoltato i testimoni citati nelle drammatiche lettere del prelato. Per quanto riguarda gli articoli anonimi su Il Giornale, si è concluso con l’"indimostrabilità" delle attribuzioni messe nero su bianco da Viganò, mentre dopo le indagini si sono rivelate non fondate altre accuse relative a mons. Nicolini, anche se la commissione ha ritenuto riscontrati i rilievi riguardanti il suo carattere e ha suggerito di prendere provvedimenti. Questo tassello è importante per ricostruire la vicenda, perché altrimenti si potrebbe essere indotti a pensare che le segnalazioni di irregolarità o di reati rimangano senza seguito Oltretevere. "Ovviamente – spiega a Vatican Insider un’autorevole fonte vaticana – mons. Viganò ha fatto il suo dovere denunciando riservatamente ai superiori ciò che riteneva necessario denunciare. Ma non si deve immaginare che le sue denunce siano state considerate carta straccia o prontamente archiviate". La decisione del Papa, messo a conoscenza degli esiti dell’inchiesta e consultati Bertone e Lajolo, è stata di nominare l’arcivescovo nunzio apostolico negli Stati Uniti: innegabilmente un "promoveatur ut amoveatur", se è vero che al prelato era stata in qualche modo "promessa" la successione ai vertici del Governatorato con annessa porpora cardinalizia. La decisione è stata presa a motivo del clima di tensione che si è venuto a creare nello Stato della Città del Vaticano. E le parole di Lombardi sulla piena fiducia nutrita dal Pontefice verso Viganò, sta a indicare il riconoscimento dei suoi meriti nel processo di risanamento. Certo, ci si potrebbe anche domandare per quale motivo, se si sono considerate tutte infondate le accuse rivolte dal prelato nelle lettere, lo si è considerato poi degno di ricoprire un incarico delicato e di prestigio qual è quello di capo dell’ufficio diplomatico di Washington, responsabile dei rapporti con la Casa Bianca e stretto collaboratore del Papa nella scelta della classe dirigente della Chiesa statunitense. Un incarico che richiede equilibrio, riservatezza e ottime capacità diplomatiche. Un’altra domanda riguarda la continuazione o l’eventuale rallentamento, del processo di risanamento operato da Viganò. E su questo dovrebbe rimanere alta l’attenzione, fuori e dentro le mura, per evitare che si ripetano o continuino episodi oggettivamente scandalosi, tanto più un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo. È stato scioccante apprendere che un presepe composto di una stalla o di una grotta ricostruita in Piazza San Pietro costava tanto quanto una bifamiliare nella campagna romana. Quest’anno, il primo dopo la "cura Viganò", il presepe è costato come l’anno precedente, 300.000 euro, e secondo alcune indiscrezioni si starebbe lavorando per dimezzarne il costo nel 2012. Di certo, anche se nel comunicato padre Lombardi tendeva a stemperare le tensioni affermando come non corrisponda alla realtà quella di presentare il Vaticano come attraversato "da liti, divisioni e lotte di interessi", l’immagine che esce dalle lettere e dal fatto che le lettere siano state divulgate, è invece proprio quella. È innegabile che la vicenda Viganò si inserisca in un panorama più ampio: quello dei persistenti problemi di governo interni alla Segreteria di Stato guidata dal card. Bertone. La diffusione delle lettere scritte appena qualche mese fa, sta a indicare che queste lotte ci sono state, ci sono, e prevedibilmente continueranno.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Il Papa in Messico e a Cuba. Bermudez: si creerà una grande sintonia con Benedetto XVI, insieme per problemi e sfide che l’umanità deve affrontare

"Il card. Tarcisio Bertone, nel 2008, è stato il primo dignitario straniero ricevuto dal presidente Raul Castro dopo la sua investitura, un incontro molto importante e significativo: in quell’occasione, il nostro presidente ha formulato l’invito a Benedetto XVI a visitare Cuba in una data di sua scelta". Lo ha affermato l’ambasciatore Eduardo Delgado Bermudez (foto), in una intervista a L’Osservatore Romano, che cita anche il fatto che pochi mesi prima "l’allora presidente Fidel Castro aveva a sua volta espresso lo stesso desiderio al card. Renato Raffaele Martino, nel corso della sua visita a Cuba". Soffermandosi sui rapporti tra il Vaticano e Cuba alla vigilia del viaggio apostolico che Papa Ratzinger compirà in marzo, il diplomatico ha detto di ritenere che "la posizione di Giovanni Paolo II contro l’isolamento di Cuba abbia avuto un valore morale molto grande, come lo ha in questo momento la posizione della Santa Sede, contraria all’embargo economico contro il nostro Paese". "Credo - ha spiegato - che il nostro popolo provi un particolare sentimento di affetto per Giovanni Paolo II e sono certo che lo proverà anche per Benedetto XVI quando si realizzerà l’annunciata visita a marzo, un sentimento che si basa sulle radici cristiane del popolo cubano, sul rispetto per la Chiesa Cattolica e per il Sommo Pontefice". L’auspicio consegnato dal rappresentante del governo de L’Avana a L’Osservatore Romano in vista del viaggio a Cuba di Joseph Ratzinger è "che il Papa possa realizzare una visita apostolica capace di suscitare in lui felicità e di lasciare nel suo cuore un ricordo molto grato del nostro popolo e del Paese". "La visita del Pontefice certamente contribuirà a rafforzare la cooperazione raggiunta fino a oggi tra la Chiesa e le autorità nel nostro Paese". Anche in questa occasone, ha assicurato l’ambasciatore Delgado Bermudez, "si creerà comunque una grande sintonia con il Papa. In primo luogo perchè il Governo cubano e la Santa Sede sono entrambi interessati ai principali temi internazionali, ai problemi e alle sfide che l’umanità deve affrontare. In secondo luogo per i sentimenti di rispetto e di affetto che esistono nel nostro Paese verso il Pontefice e verso la presenza dei cattolici". "E poi - ha concluso il diplomatico - non posso non ricordare le parole del Papa Benedetto XVI rivoltemi in occasione della presentazione delle mie credenziali, quando affermò che il servizio principale della Chiesa ai cubani è l’annuncio di Gesù Cristo e il suo messaggio di amore, di perdono e di riconciliazione nella verità" perchè "un popolo che percorre questo cammino di armonia è un popolo che nutre la speranza di un futuro migliore".

Agi

A colloquio con l’ambasciatore presso la Santa Sede: da Wojtyła a Ratzinger il popolo cubano in sintonia con il Papa

Colloquio in Vaticano tra esponenti dei vescovi austriaci e dei dicasteri romani sulla ribellione dei parroci: apprensione per il pericolo di scisma

Nel pomeriggio di lunedì 23 gennaio in Vaticano si è tenuto un colloquio tra gli esponenti di punta della Conferenza Episcopale austriaca e i rappresentanti dei dicasteri romani sull’iniziativa capeggiata dal sacerdote Hellmut Schüller. Si tratta di un’assemblea di circa trecento chierici che non solo istiga a disobbedire alla Chiesa Cattolica romana facendosi interprete di tesi che rasentano l’eresia, ma che ora vuole pure costituirsi in rete internazionale, aperta ai sacerdoti di altre Nazioni e continenti. Per Papa Benedetto e la Curia romana è giunto il momento di non assistere più inerti a questo movimento che si vuole sganciare da Roma. Come ha asserito frattanto Schüller stesso nelle interviste che ha rilasciato, vi sono formazioni di sacerdoti in varie Nazioni come la Germania, la Francia o l’Australia, in attesa di aderire all’iniziativa. I vescovi austriaci in occasione del colloquio in Vaticano erano rappresentati da Christopher Schönborn (nella foto con Benedetto XVI), cardinale arcivescovo di Vienna, da Alois Kothgasser, arcivescovo di Salisburgo, nonché dai vescovi di Graz e St. Pölten, Egon Kapellari e Klaus Küng. Presenziavano parimenti prelati della Segreteria di Stato, della Congregazione della Dottrina della Fede nonché delle Congregazioni dei vescovi e del clero. L’obiettivo della parte vaticana era tra le altre cose quello di valutare attentamente, tramite quesiti mirati e approfonditi, l’entità dell’apostasia che si profila e che potrebbe sfociare in uno scisma dalla Chiesa. In ogni caso le proposte avanzate dalla “Pfarrer-Initiative” (Iniziativa dei parroci) di Schüller nel giugno 2011 hanno un “potenziale esplosivo”. L’“Appello alla disobbedienza” frattanto tradotto in dieci lingue recita testualmente: “Il rifiuto di Roma di intraprendere una riforma della Chiesa, necessaria da tempo, e l’inattività dei nostri vescovi non solo ci consentono, ma anzi ci obbligano a seguire la nostra coscienza e ad attivarci in maniera autonoma”. Facendo appello alle coscienze, come ormai si usa dire sempre più spesso all’interno della Chiesa, l’“Iniziativa dei Parroci” intende dimostrare non solo di avere posizioni di dissenso rispetto al Papa e ai vescovi, ma probabilmente fare leva su questo slogan ormai di moda e ancor più sulla sua natura di dichiarata dissidenza. Infatti nell’“Appello alla disobbedienza” si legge in merito ai sacerdoti sospesi o che vivono in concubinato: “Inoltre ci sentiamo solidali con quei colleghi che, a causa del loro matrimonio, non possono più esercitare il loro servizio, ma anche con quelli che, nonostante una relazione, continuano a fornire il loro servizio come preti. Entrambi i gruppi con la loro decisione seguono la loro coscienza, come facciamo noi con la nostra protesta”. Per alcune testate austriache Hellmut Schüller, già vicario generale del cardinale arcivescovo Schönborn e presidente della Caritas austriaca, è una star. Inoltre Schüller gode del plauso dei cattolici della Repubblica alpina ostili alla Curia di Roma, cui frattanto si aggiungono vari raggruppamenti di sacerdoti all’estero. L’arcivescovo di Vienna ha esitato a porre in atto misure di diritto canonico nei confronti dei preti in rivolta, temendo che, considerato il successo mediatico di Schüller, un chiarimento ufficiale e pertanto pubblico del conflitto possa degenerare in uno scisma palese e manifesto anziché latente come è stato finora. Questo è quanto ha rappresentato il porporato durante i colloqui al vertice in Vaticano. Tra i vari tentennamenti, la questione ora si profila in tutta la sua concretezza e si pone per il Vaticano. Nella Curia romana ormai si levano voci secondo le quali i prelati della Chiesa non devono continuare ad essere costretti ad accettare che sotto il tetto della Chiesa austriaca si insinui e mascheri sempre più su vasta scala uno scisma quiescente. Tenere il conflitto al di fuori della portata dei media e della pubblica opinione non aiuta la causa, soprattutto in considerazione del fatto che esso sussiste ormai da lungo tempo. I fedeli hanno bisogno di un orientamento preciso, anche per il caso in cui fornire indicazioni ben definite possa comportare la defezione di molti credenti. Papa Benedetto è preoccupato per la ribellione dei parroci in Austria. Il colloquio di lunedì scorso si è svolto in un ambiente circondato dalla massima riservatezza. Né i giornali, né gli uffici stampa del Vaticano hanno riportato la notizia. Si vorrebbe evitare di dare l’impressione che sono sempre Roma e il Vaticano a prendere provvedimenti contro i caporioni. Si auspicherebbe che i Vesvovi competenti ossia i presuli operanti nella Repubblica alpina, provvedessero a definire e chiarire le circostanze con i loro sacerdoti. Ciononostante il card. Schönborn tornando a Vienna si è sentito in qualche modo sollevato. Se l’“Iniziativa dei Parroci” frattanto ha annunciato di volersi internazionalizzare e instaurare collegamenti oltre i confini austriaci, la questione non riguarda più solo l’Austria, a questo punto la palla passa al Vaticano. L’arcivescovo di Vienna finora ha preso chiaramente le distanze dall’appello dell’“Iniziativa dei Parroci” di cui ha criticato tanto la forma quanto il contenuto, difendendo il celibato e ribadendo l’obbedienza dei sacerdoti. Ma non ha posto in essere e neppure annunciato provvedimenti di diritto canonico. In realtà non si tratta solo dell’obbedienza nei confronti del Papa e dei vescovi, bensì di questioni ben sostanziali quali la comprensione dell’Eucaristia, dell’ordinazione sacerdotale e della Chiesa stessa che, a seguito del successo mediatico di Helmut Schüller, attanagliano e confondono i fedeli ormai quasi incessantemente. La ragione dell’allontanamento è costituita dalla “percezione” che i sacerdoti hanno della propria missione e dei principi cardine della Chiesa. Gli autori dell’“Appello alla disobbedienza” non hanno mai negato di volere un’altra Chiesa: “In linea di principio non rifiuteremo la Comunione alle persone di buona volontà, in particolare i divorziati risposati, ai membri di altre Chiese Cristiane e, in alcuni casi, neanche ai cattolici che hanno abbandonato la Chiesa”, recita il testo. Quindi rincarano la dose: “Eviteremo quanto più possibile di celebrare di domenica o nei festivi più di una Messa o di ricorrere all’aiuto di sacerdoti itineranti o di altre parrocchie. Meglio un servizio della parola organizzato da noi, che la performance di ospiti per la liturgia”. La motivazione è a dir poco rocambolesca: “Per il futuro prenderemo in considerazione un servizio della parola in cui viene distribuita la Comunione intesa come 'Eucaristia senza prete' e la chiameremo proprio così. In tal modo assolviamo al nostro obbligo domenicale”. Se non altro questa elucubrazione avrebbe dovuto far accendere l’allarme rosso presso i presuli e in particolare presso un dogmatico profondo quale è Schönborn. Se una Messa con “Eucaristia senza prete” in termini profani è un paradosso, in termini teologici è un’eresia. Da tempo ormai non si tratta più solo dell’“Appello alla disobbedienza”, fattispecie contemplata nel Can. 1373 del Codice di diritto canonico, bensì dello scisma definito ai sensi del Can. 751 come “rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice”. Se le cose stanno così, sarebbe, eccome, preciso obbligo dei vescovi conferire con i membri dell’“Iniziativa dei Parroci” e metterli di fronte alla scelta di optare per le risoluzioni varate o per la dottrina e l’ordinamento della Chiesa. Ma i vescovi austriaci preferiscono astenersi da un tale “showdown” davanti ai riflettori, come lo ha definito una volta il portavoce di Schönborn, da un canto perché, come si dice a Piazza Santo Stefano a Vienna, una battaglia mediatica contro Helmut Schüller non ricondurrebbe all’ovile l’artefice, né i simpatizzanti dell’“Iniziativa dei Parroci”, dall’altra perché la secolarizzazione dell’Austria, un tempo cattolica, è ormai ad uno stadio avanzato, talmente avanzato che un procedimento disciplinare dei vescovi nei confronti di un prete scismatico o eretico, che dir si voglia, non verrebbe compreso dalla maggior parte dei cattolici. In questo scenario lo scisma forse è solo una questione di pretesti o di inezie.

Guido Horst, Vatican Insider

Sul tavolo della riunione della Curia romana ci sarebbe anche il caso di presunta corruzione denunciato dalla trasmissione 'Gli intoccabili'

Si riuniranno tutti attorno a un tavolo nel Palazzo Apostolico, quwsta mattina, per un vertice di Curia il cui contenuto è stato comunicato in lettere riservate recapitate negli scorsi giorni. Al vertice di Curia parteciperanno Papa Benedetto XVI, il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il "sostituto" alla Segreteria di Stato, mons. Giovanni Angelo Becciu, e tutti i vescovi e i cardinali a capo di un dicastero vaticano, ovvero una Congregazione o un Pontificio Consiglio. Le riunioni di Curia sono convocate dal Papa in modo periodico, ma non regolare, due o tre volte l'anno. Sul tavolo, solitamente, i problemi relativi al governo interno della Chiesa. All'ordine del giorno dell'incontro di domani ci sarebbero alcuni problemi di comunicazione interna, sebbene nessuno confermi che verrà affrontato anche il caso di presunta corruzione denunciato dalla trasmissione di La7 "Gli intoccabili" di Gianluigi Nuzzi, che ha provocato giovedì una dura nota di reazione del Vaticano, e dal quotidiano Il Fatto Quotidiano in seguito ad alcune lettere inviate a Bertone e al Papa dall'ex segretario del Governatorato, mons. Carlo Maria Viganò. Nella lettera pubblicata da Il Fatto Quotidiano, dopo quella al Papa resa nota mercoledì sera dalla trasmissione di La7 "Gli intoccabili", che l'ex segretario generale del Governatorato, mons. Carlo Maria Viganò, avrebbe scritto al cardinale segretario di Stato Bertone l'8 maggio 2011 per reagire a quella che definisce una "strategia messa in atto per distruggermi agli occhi di Vostra Eminenza", si legge di contraffazioni di fatture e ammanchi, furti nelle ville pontificie tenuti coperti, interessi di un prelato in una società che fa affari col Vaticano e con esso inadempiente per 2,2 milioni di euro. Come è noto, l'arcivescovo Viganò, che sosteneva gli fosse stato promesso il posto di presidente del Governatorato succedendo così al card. Giovanni Lajolo, il 19 ottobre 2011 è stato invece nominato nunzio negli Stati Uniti. Nella lettera formula gravi accuse in particolare contro mons. Paolo Nicolini, direttore amministrativo dei Musei Vaticani, di cui peraltro si parlò come possibile suo successore come segretario del Governatorato, e che a suo dire sarebbe l'autore di "veline" con lo scopo di danneggiarlo. Viganò, a proposito di Nicolini, parla di "comportamenti gravemente riprovevoli per quanto si riferisce alla correttezza della sua amministrazione", fin da quando era all'Università Lateranense, dove "a testimonianza" dell'allora rettore mons. Rino Fisichella, furono riscontrate "contraffazioni di fatture e un ammanco di almeno settantamila euro". Viganò parla anche di una "partecipazione di interessi" di mons. Nicolini nella società Sri Group, "attualmente inadempiente verso questo Governatorato per almeno due milioni duecentomila euro", mentre altri ammanchi avrebbero colpito altre strutture vaticane. L'ex segretario del Governatorato riferisce al card. Bertone di cattivi comportamenti di Nicolini anche nella gestione dei Musei, puntando poi il dito anche contro altre persone che, a suo dire avrebbero contribuito alla campagna di "denigrazione" ai suoi danni, indicando in particolare Marco Simeon, uomo peraltro molto vicino a Bertone, e il direttore delle Ville Pontificie Saverio Petrillo, parlando persino di un furto avvenuto nelle ville di cui non sarebbe stata data segnalazione né al Governatorato né alla Gendarmeria. Viganò rivendica infine la sua "azione incisiva di ristrutturazione, di contenimento degli sprechi e delle spese", che sarebbe stata all'origine delle numerose critiche sollevate nei suoi confronti.

Il Tempo.it

Lettera di mons. Viganò: carte di credito, fatture false, traffici e complotti

venerdì 27 gennaio 2012

Mons. Moraglia nuovo Patriarca di Venezia: nella nomina decisivi i cardinali, in funzione di una conferma di una propensione che Benedetto XVI aveva

L’annuncio ufficiale della nomina di Francesco Moraglia a nuovo Patriarca di Venezia sarà dato nei primissimi giorni della prossima settimana; l’arcivescovo di La Spezia farà probabilmente il suo ingresso a San Marco, dove peraltro lo attendevano con un’alta probabilità di certezza, oltre metà marzo, e in tempo per guidare la diocesi nel periodo pasquale. Intanto siamo in grado di fornire alcune informazioni sul percorso che Benedetto XVI ha seguito, con grande prudenza e cautela, coadiuvato dal prefetto per la Congregazione dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, per scegliere il Patriarca di una diocesi non grande territorialmente e per numero di fedeli, ma estremamente prestigioso, e che ha dato tre Papi alla Chiesa nel secolo scorso. A gennaio sono giunte le lettere inviate ai vescovi del Veneto, la regione direttamente interessata, e ai cardinali italiani, ma non a quelli con incarichi in Curia, sui nomi di eventuali candidati. Il Papa non è obbligato a tenerne conto, tanto più quando si tratta di una diocesi di altissimo livello come Venezia; ma comunque è buona prassi ricevere dei consigli, e in questo caso Benedetto ha seguito quello che è un suo modo di procedere consolidato da sempre. Sentire tutti, decidere da solo. A quanto ci risulta, sono stati decisivi i cardinali, ma in funzione di una conferma di una propensione che Benedetto XVI aveva. Si era formato l’idea che Francesco Moraglia radunasse nel suo carattere e nel suo stile pastorale alcuni elementi che secondo il Papa erano necessari per diventare patriarca della Laguna, in particolare dopo Angelo Scola, una personalità di stile eminentemente intellettuale. L’immagine di Patriarca che Benedetto XVI aveva in mente era quella di qualcuno molto solido e attivo da un punto di vista culturale, e in effetti Moraglia a La Spezia ha dato parecchi impulsi in questa direzione; ma allo stesso tempo con un accento pastorale e “popolare” spiccato, per tessere i rapporti con una comunità cattolica di antica fede e di livello sociale molto variegato. Oltre a essere un sacerdote di formazione liturgica e catechistica solida e “centrale”, cioè legato a una sana tradizione, senza eccessi e senza fughe in avanti, molto concreta e rispettosa della sensibilità media. Fra i cardinali italiani (è stato consultato anche l’arcivescovo di Torino, Nosiglia, anche se non è ancora cardinale) la maggioranza si è espressa a favore di Moraglia; salvo Vallini, e Romeo, di Palermo, che a quanto sembra non ha indicato nessun nome. E il Papa si è certamente sentito confortato nella sua decisione dal parere concorde di Ruini, Biffi, Caffarra, Sepe, Bagnasco e Nosiglia, cioè il “Senato” della Chiesa italiana.

Marco Tosatti, San Pietro e dintorni