Questo pomeriggio, nel Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha avuto luogo
l’Opera "Augustinus - un mosaico di suoni" offerta dalla diocesi di
Würzburg in onore del Santo Padre Benedetto XVI. "Rappresentare il messaggio cristiano come orientamento e salvezza in un
periodo di grandi cambiamenti": così il vescovo Friedhelm Hofmann ha presentato
al Papa l’opera musicale. A ispirare l’omaggio della diocesi
bavarese, "il legame scientifico di Sua Santità con Agostino", ha spiegato
il presule. Dalla collaborazione di Winfried Böhm, autore del libretto,
con il compositore Wilfried Hiller, entrambi presenti a Castel Gandolfo, è nato un componimento contemporaneo di grande attualità.
"Non abbiamo bisogno anche oggi - si è chiesto il vescovo Hofmann -
della chiarezza della testimonianza cristiana, in un mondo sempre più lacerato
da pluralismo e materialismo, da una varietà di nuove visioni del
mondo?". È seguita un’ora e un quarto di musica, suoni e canti, diretti
dal maestro Martin Berger, e interpretati da due soprano, nei ruoli di
santa Monica, la madre di Agostino, e di Stella, la compagna di gioventù, e dal dodicenne Jaromir Müller, che impersonava il figlio Adeodato.
Particolarmente originali, la collocazione alle spalle del pubblico del
Kammerchor del duomo di Würzburg e la mobilità scenica degli interpreti.
Nel suo discorso, al termine dell'esecuzione, il Papa ha indicato l’attualità di Sant’Agostino per le questioni e le sfide del mondo contemporaneo. L’opera "attraverso un linguaggio musicale contemporaneo – ha commentato il Santo Padre – dimostra che l’attualità del grande Padre della Chiesa latino non è rotta". Un mosaico di suoni, per usare le parole del compositore dell’opera Wilfried Hiller, a descrivere i soliloqui dell’anima di Sant’Agostino con Dio e con se stessa. Mosaico perché composto da sette immagini musicali che, come pietre musive, ha constatato il Papa, "rifulgono, a seconda di come cade la luce e del punto di osservazione". Ma solo nell’insieme, ha proseguito Benedetto XVI, si schiude l’immagine: “essa rappresenta la grandezza e la complessità dell’uomo e del teologo Agostino". Quindi l’esortazione: “Se veramente vogliamo l’autore delle Confessioni , non dobbiamo mai perdere di vista, mentre ci occupiamo di alcuni aspetti della sua opera, l’insieme del suo pensiero e della sua persona". Nell’oratorio Augustinus, ha poi notato il Papa, il Santo vescovo non appare mai, ma questa sua assenza lo rende senza tempo. La ricerca della verità, la ricerca di Dio, sono una costante per l’uomo di ogni tempo. "Saluto tutti i partecipanti al simposio su sant'Agostino che si svolge in questi giorni all'Augustinianum", ha aggiunto il Papa. "Il vostro convegno sul rapporto tra culture contribuisca ad approfondire il pensiero del santo vescovo di Ippona e sulla sua attualità per le sfide di oggi". Infine il saluto del Papa a quanti hanno reso possibile questo concerto: “Vergelt’s Gott”, "il Signore ve ne renda merito di tutto cuore".
Si è svolto lunedì 24 settembre presso la sede patriarcale della Chiesa maronita in Libano un incontro interreligioso per permettere alle varie realtà religiose nel paese di confrontarsi sugli effetti, i frutti e le sfide lanciate dal viaggio di Benedetto XVI avvenuto dal 14 al 16 settembre 2012.
L’incontro promosso dal patriarca maronita Mar Bechara Botrous El-Raï, ha visto la partecipazione dei capi delle grande comunità religiose, musulmane e cristiane presenti in Libano.
Da parte musulmana hanno partecipato: il gran mufti della Repubblica libanese lo sceicco Muhammad Rachid Qabbani come rappresentante dei sunniti, il vice-presidente del Supremo Consiglio Islamico Sciita, l’imam Abd el-Amir Qabalan, come rappresentante dei sciiti, lo sceicco Naïm Hassan, capo spirituale dei drusi, e il presidente del Consiglio Islamico Alawita, lo sceicco Assad Assi.
Da parte cristiana, hanno partecipato il Catholicos degli armeni ortodossi, sua beatitudine Aram I Chechechyan, il patriarca della Chiesa siro-ordotossa, sua beatitudine Mar Ignatius Youssef III Younan, il presidente della comunità evangelica in Libano e Siria il pastore Dr. Salim Sahyouny, oltre ad altri vescovi rappresentanti le varie comunità cristiane del Libano.
L’attenzione principale dei partecipanti all’incontro si è rivolta alla "visita storica" del Papa in Libano. I presenti hanno convenuto sull’opportunità di tale visita che ha portato immediati frutti positivi sullo scenario libanese e ha messo in risalto la qualità della nazione libanese come nazione "sicura e aperta a tutte le culture e le religioni, e come il luogo migliore per firmare l’Esortazione Apostlica 'La Chiesa in Medio Oriente'".
I partecipanti, musulmani e cristiani, hanno espresso nel comunicato finale la loro approvazione dei contenuti dell’Esortazione, considerando che l’insistenza del Santo Padre sulla necessaria convivenza tra le culture e le religioni è "un’espressione di rinnovata fiducia nella missione del Libano già ribadita dal Beato Giovanni Paolo II" nella sua visita apostolica in Libano nel 1997.
Secondo i vari rappresentati religiosi del Libano, il messaggio principale che il Papa ha voluto apportare è quello di confermare il Libano come terreno di dialogo e interazione pacifica tra le varie culture che vivono "la ricchezza della diversità".
Il comunicato ha confermato la volontà dei vari capi religiosi di impegnarsi a "diffondere il messaggio fraterno" del Santo Padre e di "approfondire i suoi contenuti nelle famiglie, nelle scuole e nella società" e di trasmettere il messaggio ai capi religiosi negli altri paesi arabi.
In sintonia con l’appello del Papa che ha avvertito i giovani a non cedere alla tentazione di gustare "l’amaro miele dell’immigrazione", i presuli hanno esortato i libanesi a dimorare nelle loro terre e a non lasciarsi trascinare dalla "ondata d’immigrazione che impoverisce il Levante e lo priva dai suoi migliori figli e forze dinamiche e indebolisce il tessuto nazionale libanese mettendo a rischio l’identità della Repubblica".
I partecipanti hanno inoltre condannato all’unanimità il controverso film diffuso su internet e che "offende l’islam e il suo profeta e messaggero Maometto" e hanno ribadito che "ogni offesa a qualsiasi religione è un sacrilegio contro tutte le religioni".
Il comunicato ha condannato anche le reazioni violenti che hanno provocato la morte di vittime innocenti e che hanno dissacrato luoghi di culto cristiani ben lontani dall’essere responsabili del film.
Il viaggio di Benedetto XVI in Libano è stato lungamente preparato dai cristiani del Libano. I vescovi maroniti, a pochi giorni dal viaggio, avevano auspicato che fosse "un vera e propria primavera araba" contraddistinta dalla pace e dalla convivenza pacifica e rispettosa dell’alterità.
La partecipazione al viaggio è stata intensa numericamente e ha visto coinvolti vari componenti della società libanese, ivi inclusi rappresentanti delle comunità islamiche. E gli echi successivi sulla visita sono stati altamente positivi sia nella stampa laica, sia negli interventi di vari capi religiosi cattolici, ortodossi e musulmani.
Partecipazione ai
sacramenti, preghiera, attività caritativa,
letture bibliche e di testi conciliari:
in poche parole, atti e gesti
concreti per dare testimonianza nel
mondo del proprio credo. È questo
il “decalogo” che i vescovi degli
Stati Uniti propongono alle loro comunità
in vista dell’apertura, l’11 ottobre,
dell’Anno della fede.
L’iniziativa del Papa, sottolinea
il vescovo di Green Bay, David Laurin
Ricken, presidente del Committee
on Evangelization and Catechesis
(organismo della Conferenza Episcopale), offre un’opportunità unica
"per rinnovare la fede e promuovere
l’evangelizzazione". Lo scopo è
quello "di favorire l’incontro personale
con Gesù, che si verifica immediatamente
nell’Eucarestia". Da qui
il primo degli impegni indicati dal
vescovo David Laurin Ricken: la
partecipazione regolare alla celebrazione
eucaristica.
Come per la Messa, ugualmente, i
fedeli sono invitati a richiedere assiduamente
il sacramento della penitenza
o della riconciliazione. Questo
sacramento, è spiegato, "esorta le
persone a rivolgersi a Dio" e attraverso
"il perdono delle ferite del
passato fornisce anche la forza per
affrontare il futuro".
La nota dell’Episcopato prosegue
"suggerendo" una serie di letture. In
particolare è la lettura giornaliera
della Bibbia a rappresentare "un
dovere" per la crescita spirituale di
ogni persona. "Apprendere della vita
dei Santi" è poi un altro punto
centrale: essi sono "esempi senza
tempo di come vivere una vita cristiana
e forniscono speranza infinita
". I Santi offrono, inoltre, esempi
di come "una persona può servire
Dio, attraverso l’insegnamento, il lavoro
missionario, la carità, la preghiera
e cercando semplicemente di
piacere a Dio nelle azioni ordinarie
e nelle decisioni della vita quotidiana". A seguire vi è la lettura dei documenti
del Concilio Vaticano II:
"Per proseguire il rinnovamento i
cattolici devono capire che cosa ha
insegnato il concilio e come si arricchisce
la vita dei credenti".
A queste letture si aggiunge lo
studio del Catechismo della Chiesa
Cattolica e dello United States Catholic
Catechism for Adults. Il catechismo
cattolico per gli adulti è un
adattamento del Catechismo della
Chiesa Cattolica promulgato da Giovanni
Paolo II. Il Catechismo per gli
adulti, la cui preparazione ha richiesto
sei anni, è stato autorizzato dai
vescovi statunitensi nel giugno 2000
come progetto del comitato incaricato
dalla Conferenza Episcopale di
sovrintendere l’uso del Catechismo
nel Paese.
L’Episcopato esorta, in occasione
dell’Anno della fede, a dare testimonianza
anche offrendo “azioni” che
vadano oltre la riflessione. Ad esempio,
si indica come valido atteggiamento
la partecipazione alla vita
della comunità parrocchiale. A tale
riguardo sono "«benvenuti i volontari
nelle parrocchie" che possono
partecipare nelle comunità come catechisti,
lettori e in altri ruoli offrendo
un personale contributo alla crescita
delle comunità. Il volontariato
deve passare anche nell’esplicazione
delle attività caritative, che significa, si ricorda, "incontrarsi personalmente
con Cristo nei poveri, negli
emarginati e nei vulnerabili".
La profonda partecipazione
all’Anno della fede richiede ancora
un altro esempio di cambiamento a
livello personale e questo, affermano
i vescovi, può passare attraverso
l’avvicinamento o il favorire il ritorno
alla fede di un’altra persona:
"Un invito alla Messa può fare la
differenza per qualcuno che si è allontanato
dalla fede o si sente lontano
dalla Chiesa".
Il decalogo si conclude con l’indicazione
di "incorporare le beatitudini
nella vita quotidiana". Le beatitudini
"forniscono un modello ricco
per la vita cristiana e la loro saggezza
può aiutare tutti a essere più
umili, pazienti, giusti, sinceri e ad
amare e perdonare".
Sempre in occasione dell’Anno
della fede, i vescovi hanno promosso
un pellegrinaggio "per la vita e
la libertà" che si terrà il 14 ottobre
presso il Santuario dell’Immacolata
Concezione situato nella capitale
Washington.
Lo stato della causa
di Beatificazione
di Giovanni Paolo I è stato
presentato a Benedetto XVI
stamani, al termine dell’Udienza
generale in Piazza San Pietro.
Mercoledì 17 ottobre, nel giorno
del centenario della nascita di
Albino Luciani, il Summarium
della Positio sarà consegnato
al card. Angelo Amato,
prefetto della Congregazione
delle Cause dei Santi. È quanto
hanno detto al Papa il vescovo
di Belluno-Feltre, mons.
Giuseppe Andrich, e il vescovo
Enrico Dal Covolo, postulatore
della causa. Insieme hanno anche
rimarcato come "sia in costante
aumento il numero dei pellegrini
che si recano a Canale d’Agordo,
paese natale di Luciani, dove
quest’anno sono state promosse
moltissime iniziative proprio
per ricordare il centenario
della nascita". Un movimento
spirituale che vede coinvolti
anche tanti giovani. Per il
postulatore "ciò che più affascina
oggi della figura di Papa Luciani
è il suo essere stato un buon
pastore che ha dato la vita per la
sua gente, senza risparmiarsi".
Il vescovo di Belluno-Feltre
ne sottolinea, a sua volta, "i tratti
di umiltà e di semplicità
e una innata chiarezza
nelle relazioni personali
e nella comunicazione".
"Quanti lo hanno conosciuto
- aggiunge mons. Andrich -
non dimenticano con quanta
tenerezza guardasse negli occhi i
suoi interlocutori, andando subito
dritto al cuore". Nel ricordo
di Giovanni Paolo I, il vescovo di
Belluno-Feltre ha accompagnato
a Roma un pellegrinaggio, secondo una tradizione avviata
il 28 settembre 1979, per
celebrare la Messa accanto
alla tomba nelle Grotte Vaticane,
nell’anniversario della morte.
All’udienza è poi tornata l’eco
del viaggio di Benedetto XVI
in Libano. Per "esprimere
gratitudine al Papa,
con l’impegno di attuare le sue
indicazioni", era presente
il superiore generale dell’ordine
libanese maronita, Tannous
Nehmé. Significative anche
le presenze ecumeniche in Piazza
San Pietro: l’arcivescovo
ortodosso russo del Caucaso
settentrionale, Zosima, e due
vescovi luterani scandinavi.
Udienza generale questa mattina in Piazza San
Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI, proveniente in elicottero dalla
residenza estiva di Castel Gandolfo, ha incontrato gruppi di pellegrini e
fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa, riprendendo il ciclo
sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sulla Liturgia. Il Papa ha iniziato la sua riflessione chiedendosi come sia possibile lasciarsi “formare dallo Spirito Santo”. La prima scuola per la preghiera, ha affermato, è “la Parola di Dio, la Sacra Scrittura”, permanente dialogo tra Dio e l'uomo. “Dopo una serie di catechesi sulla preghiera nelle Scritture”, ha spiegato
parlando a braccio Benedetto XVI, “c’è un altro prezioso ‘spazio’, un’altra
preziosa ‘fonte’ per crescere nella preghiera”: la liturgia, “ambito
privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi” e “attende la nostra
risposta”. Ha così ricordato che il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce la liturgia “servizio da parte del popolo e in favore del popolo”:
“Di fatto, il Popolo di Dio non esiste per legami di sangue, di territorio, di nazione, ma nasce sempre dall’opera del Figlio di Dio e dalla comunione con il Padre che egli ottiene”. Il Papa ha poi rammentato che il Concilio Vaticano II
"iniziò i suoi lavori, cinquant'anni orsono, con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, approvato solennemente il 4 dicembre del 1963. Che il documento sulla liturgia fosse il primo risultato dell'assemblea conciliare forse fu ritenuto da alcuni un caso. Tra tanti progetti, il testo sulla sacra liturgia sembrò essere quello meno controverso, e, proprio per questo, capace di costituire come una specie di esercizio per apprendere la metodologia del lavoro conciliare. Ma senza alcun dubbio, ciò che a prima vista poteva sembrare un caso, si è dimostrata la scelta più giusta, anche a partire dalla gerarchia dei temi e dei compiti più importanti della Chiesa. Iniziando, infatti, con il tema della liturgia si mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla
liturgia” giacché “dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa
perde il suo orientamento”. “Il criterio fondamentale per la liturgia - ha
proseguito Benedetto XVI - è il suo orientamento a Dio, per poter così
partecipare alla sua stessa opera”. a qual è dunque, si è chiesto il Papa, “questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare?”. Un’opera illustrata dalla stessa “Sacrosanctum
Concilium”, ha spiegato ancora il Papa, che al n.5 indica che “l’opera di Dio
sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella morte e
risurrezione di Gesù Cristo”, ma al n. 7 “definisce proprio la celebrazione
della liturgia come ‘opera di Cristo’”. Due significati in realtà
“inseparabilmente legati”. “La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacramento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato alla vita nuova; e negli altri atti sacramentali che santificano”.
Così “il mistero pasquale della morte e risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio”. “La prima esigenza per una buona celebrazione liturgica - ha quindi affermato
Benedetto XVI - è che sia preghiera e colloquio con Dio, anzitutto ascolto e
quindi risposta”. “Dio ci ha dato la parola”, ha aggiunto a braccio, “e la sacra
liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entrare nel loro significato,
accoglierle in noi, metterci in sintonia con queste parole. Così diventiamo
figli di Dio, simili a Dio”. “Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nella liturgia, è la
concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore”.
“Entrando nelle parole della grande storia della preghiera - ha detto ancora a
braccio - noi stessi diventiamo capaci di parlare con Dio”. Nel richiamare l’invito del celebrante prima della
preghiera eucaristica, “Sursum corda”, Benedetto XVI ha spiegato che “il nostro
cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio”; lo
“sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mezzo a noi: è una
disposizione fondamentale. Quando viviamo la liturgia con questo atteggiamento
di fondo, il nostro cuore è come sottratto alla forza di gravità, che lo attrae
verso il basso, e si leva interiormente verso l’alto, verso la verità e l’amore,
verso Dio”. Di qui l’esortazione conclusiva: “Celebriamo e viviamo bene la liturgia solo se
rimaniamo in atteggiamento orante”, se “orientiamo il nostro cuore a Dio
unendoci al mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio con il Padre. Dio
stesso ci insegna a pregare, come afferma San Paolo. Egli stesso
ci ha dato le parole adeguate per dirigerci a Lui”.
Radio Vaticana, SIR, TMNews
L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa
È la porpora, bellezza. Il fascino del cardinalato da sempre conquista ecclesiastici, osservatori e persino l’opinione pubblica perché tra i ruoli più importanti degli eminentissimi porporati c’è quello di essere elettori del Papa. Grandi manovre a corte fanno ipotizzare che Benedetto XVI convocherà nel 2013, forse già a febbraio, il quinto concistoro del suo pontificato per la creazione di nuovi cardinali.
Nell’episcopato italiano c’è fermento perché, nell’Anno della fede che il Papa aprirà l’11 ottobre prossimo, è in gioco il futuro di quattro diocesi cardinalizie della Penisola. Se Benedetto XVI dovesse decidere di imporre nuove berrette rosse nei prossimi mesi a riceverle sarebbero sarebbero sicuramente l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, e il Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia. Il primo presule è stato escluso dalla lista dei nuovi porporati sia nel concistoro del 2010 sia in quello che si è svolto quest’anno.
La decisione è stata motivata dal fatto che il suo predecessore nella guida della diocesi torinese, Severino Poletto, non aveva ancora compiuto gli ottant’anni e quindi, in caso di conclave, con Nosiglia cardinale sarebbero entrati entrambi in conclave. Poletto compirà ottant’anni il prossimo 18 marzo perdendo il ruolo di elettore del Papa e così Nosiglia potrà finalmente ricevere la porpora. Per mons. Moraglia lo scenario è diverso. Il suo diretto predecessore, il cardinale Angelo Scola, da un anno è alla guida dell’Arcidiocesi di Milano. Per il Patriarca di Venezia, quindi, non ci dovrebbe essere nessun impedimento e il suo nome, salvo sorprese, dovrebbe essere nella lista dei nuovi porporati.
Ma in Italia sono sotto osservazione altre due diocesi cardinalizie: Palermo e Bologna. Il 20 febbraio prossimo Paolo Romeo compirà settantacinque anni e, così come previsto dal primo paragrafo del canone 401 del Codice di Diritto Canonico, presenterà al Papa le sue dimissioni dalla guida dell’arcidiocesi di Palermo. Stessa cosa avverrà il 1° giugno prossimo per l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra. Benedetto XVI dovrà decidere se accettare subito le loro dimissioni e provvedere in tempi rapidi alla nomina dei loro successori oppure se concedere loro una proroga così come è avvenuto per i cardinali Severino Poletto a Torino e Dionigi Tettamanzi a Milano che rimasero alla guida delle loro diocesi ancora per un biennio dopo il compimento dei settantacinque anni.
Nei casi di Palermo e Bologna, al momento, sembra più credibile l’ipotesi che il Papa accetti le loro dimissioni e scelga rapidamente i loro successori che comunque non entreranno nella lista dei nuovi cardinali del prossimo Concistoro ratzingeriano. Sempre che esso si svolga nell’Anno della fede.