giovedì 3 marzo 2011

Pontificio Comitato di Scienze Storiche: la Santa Sede ha sempre restituito alle famiglie i bambini ebrei scampati alla Shoah, senza battezzarli

Il Pontificio Comitato di Scienze Storiche risponde con "sorpresa" alle critiche del rabbino capo della comunità ebraica di Roma in merito ai bambini ebrei battezzati nell'epoca della Shoah. "Hanno suscitato grande sorpresa le dichiarazioni dal Rabbino Di Segni sui bambini ebrei 'scampati alla Shoah, nascosti in conventi, battezzati e mai restituiti' dalla Santa Sede alle loro comunità e famiglie di origine", ha dichiarato il delegato per i problemi della Storia contemporanea, Matteo Luigi Napolitano. "In qualità di Delegato internazionale del Pontificio Comitato di Scienze Storiche per i problemi della Storia contemporanea, tengo a precisare che la Santa Sede ha dato una risposta ampia e documentata alla delicata questione già diversi anni prima: esattamente con un lungo articolo a mia firma, basato su fonti inedite vaticane, e apparso il 18 gennaio 2005 sul quotidiano Avvenire, come pure con il volume 'Pacelli, Roncalli e i battesimi della Shoah' (Piemme 2005), che ho scritto assieme al dott. Andrea Tornielli". "Le nostre ricerche hanno portato a due importanti conclusioni", ha continuato il professor Napolitano: "Le direttive ecclesiastiche furono sempre di non battezzare i bambini ebrei affidati dalle loro famiglie alla Sede Apostolica, affinché sfuggissero alla Shoah; in secondo luogo, la prassi seguita dalla Santa Sede nel dopoguerra (e accadde anche in un caso italiano) fu sempre quella di restituire i bambini alle loro famiglie di origine, ossia a genitori o a parenti, qualora queste fossero tornate a chiederne la riconsegna". In una nota sul notiziario quotidiano dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, il rabbino Di Segni aveva denunciato che da Papa Benedetto XVI "non c'è stata alcuna risposta decisiva" sulla vicenda dei "bambini scampati alla Shoah, nascosti in conventi, battezzati e mai restituiti a quello che rimaneva delle loro famiglie o comunità originarie, spesso lasciati ignari delle loro origini". Di Segni aveva ricordato che una richiesta di chiarimento era stata indirizzata al Papa in occasione della visita alla Sinagoga di Roma (foto).

TMNews

PIO XII PARLANO I DOCUMENTI - l'articolo del prof. Matteo Luigi Napolitano

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Il presidente di Israele, l'ambasciata e il World Jewish Congress plaudono alle parole del Papa sugli ebrei

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha inviato un messaggio a Papa Benedetto XVI nel quale esprime profondo apprezzamento per il suo libro "Gesù di Nazaret - Dall'ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione" che esonera gli ebrei da ogni colpa per la morte del Messia. "Mi congratulo con Lei - ha scritto Netanyahu - per aver seccamente respinto nel suo libro l'accusa infondata sulla quale per secoli si e' basato l'odio per gli ebrei". "E’ mia fervida speranza – prosegue Netanyahu – che la chiarezza e il coraggio da Lei dimostrati rafforzino i rapporti tra ebrei e cristiani nel mondo e facilitino e promuovano la pace e la riconciliazione tra le generazioni future". "Io spero – conclude il premier – di vederla presto di nuovo per poterle esprimere il mio profondo personale apprezzamento nei suoi confronti". ''Accogliamo con tutto il cuore l'enfasi rimarcata dal Papa nel suo nuovo libro, in cui solleva gli ebrei dalla responsabilità per la morte di Gesù'', afferma da parte sua l'ambasciata israeliana presso la Santa Sede. In una nota, l'ambasciata sottolinea come le parole del Pontefice siano ''coerenti con la politica ufficiale della Chiesa a partire dalla Dichiarazione 'Nostra Aetate' del 1965. Inoltre è una conferma della ben nota posizione del Papa a favore del Popolo Ebraico e dello Stato d'Israele''. ''Non dovremmo dimenticare - prosegue la nota - che senza la 'Nostra Aetate' non ci sarebbe stato un processo di riconciliazione tra Ebrei e Cattolici da una parte e Santa Sede e Israele dall'altra. Speriamo - conclude il testo - che questo suo atteggiamento positivo sia di ispirazione per più di un miliardo di Cattolici sparsi in tutto il mondo''. Anche il World Jewish Congress elogia Benedetto XVI di aver "inequivocabilmente respinto l'accusa che il popolo ebraico possa essere ritenuto responsabile collettivamente ed eternamente per la morte di Gesù". Tuttavia chiede che questo diventi patrimonio della "dottrina ufficiale della Chiesa, dal vertice alla base". "Per molti secoli - ha detto Ronald S. Lauder, presidente del Wjc - gli ebrei hanno sofferto per la brutale persecuzione e l'antisemitismo a causa del fatto che i cristiani li ritenevano collettivamente responsabili per avere ucciso Gesù Cristo, sebbene lui stesso fosse ebreo e crocifisso dai dominatori romani. Duemila anni dopo quei fatti, era ora che il capo della Chiesa Cattolica pronunciasse parole chiare su tutto questo. È un'importante pietra miliare contro l'antisemitismo nella Chiesa". Lauder ha però messo in guardia sul fatto che molti preti cattolici possano continuare a sostenere pubblicamente la tesi del deicidio da parte degli ebrei "finchè il Papa non emani una lettera ufficiale o un'Enciclica su questo tema".

Ansa, Asca, Ticinonews

Telegramma del Papa: profonda tristezza per la morte violenta del ministro Bhatti, nobile anima, servitore fedele e coraggioso del popolo del Pakistan

In un telegramma a firma del card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, indirizzato al presidente della Conferenza Episcopale del Pakistan, l'arcivescovo di Lahore Lawrence John Saldanha, Papa Benedetto XVI ha espresso "profonda tristezza" nell'apprendere della morte violenta del ministro cattolico Shahbaz Bhatti. Il Papa, si legge su L'Osservatore Romano, "prega per il sereno riposo della sua nobile anima e porge le proprie condoglianze alla famiglia del defunto e a tutti coloro che piangono per la morte di questo servitore fedele e coraggioso del popolo del Pakistan".

TMNews

Benedetto XVI riceve il presidente del Cile. Vita, famiglia, sviluppo, lotta alla povertà, diritti umani, giustizia e pace sociale nel colloquio

Papa Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza privata il presidente della Repubblica del Cile, Sebastián Piñera Echenique. "Alla fine è stato comunque un anno buono", ha detto Piñera a Benedetto XVI a quanto riferito dai giornalisti presenti al momento dei saluti. Il colloquio è durato circa 25 minuti e, secondo un comunicato diffuso dalla Sala Stampa vaticana, ha affrontato ''temi di comune interesse, come la salvaguardia della vita umana e della famiglia, l'aiuto allo sviluppo integrale, la lotta contro la povertà, il rispetto dei diritti umani, la giustizia e la pace sociale. In questo contesto, si è ribadito il ruolo e il contributo positivo delle istituzioni cattoliche nella società cilena, specialmente nella promozione umana e nella formazione''. Successivamente, i due capi di Stato hanno ''dato uno sguardo panoramico alla situazione dell'America Latina e si è registrata la convergenza fra la Santa Sede e il Governo cileno sui valori fondamentali della convivenza umana''. Il seguito del presidente Piñera comprendeva la moglie del presidente, signora Cecilia, vari ministri e alcuni membri della Corte Suprema. Sebastián Piñera ha portato in dono al Pontefice un turibolo d'argento per l'incenso, replica di quello della cattedrale di Santiago del Cile, mentre i ministri gli hanno regalato una Bibbia in lingua mapuche e una copia della Costituzione, sottolineando come il testo proclami che lo Stato cileno ''difende la vita''. Benedetto XVI ha ricambiato offrendo in dono la medaglia del Pontificato. Al termine del colloquio con il Papa, il presidente cileno si è incontrato con il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

Asca, TMNews


Il Papa: la Chiesa è chiamata a dialogare con prudenza e carità con le altre religioni per la mutua comprensione e il progresso del bene dell’umanità

Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza un gruppo di vescovi filippini in visita 'ad Limina apostolorum'. Impegnatevi a “fare del bene per i cristiani e per i non cristiani”: è stata l’esortazione iniziale del Papa, invitati innanzitutto a rafforzare la formazione catechetica dei propri fedeli. "La profonda pietà personale della vostra gente – ha affermato – necessita di essere alimentata e sostenuta” da una appropriata comprensione “degli insegnamenti della Chiesa in materia di fede e morale”. Il Papa ha così invitato i presuli ad avere un’attenzione particolare per le famiglie, soprattutto per i genitori quali primi educatori della fede dei propri bambini: “Questo lavoro è già evidente nel vostro sostegno delle famiglie di fronte alle influenze che vorrebbero limitare o distruggere i suoi diritti e la sua integrità”. Ha quindi rivolto il pensiero alla formazione dei sacerdoti che, ha osservato, è uno dei doveri più importanti a cui sono chiamati i vescovi. Il Papa ha ricordato che in molte diocesi filippine, i sacerdoti sono accompagnati nella fase di passaggio dal seminario alla parrocchia. Ed ha auspicato che dei preti più anziani possano aiutarli nel cammino verso una vita sacerdotale matura: “In accordo con le loro promesse solenni dell’ordinazione ricordate ai vostri sacerdoti il loro impegno al celibato, all’obbedienza e ad una maggiore attenzione al servizio pastorale”. Vivendo le loro promesse, ha soggiunto, questi uomini “diventeranno davvero dei padri spirituali con una maturità personale e psicologica che crescerà per rispecchiare la paternità di Dio”. Si è così soffermato sul tema del dialogo interreligioso: “Mentre la Chiesa proclama senza incertezze che Cristo è la via, la verità e la vita, al tempo stesso rispetta tutto ciò che di buono c’è nelle altre religioni”. Inoltre, ha proseguito richiamando la “Nostra Aetate”, la Chiesa è chiamata a dialogare con prudenza e carità con i fedeli delle altre religioni, ogni volta che ciò sia possibile. Così facendo, ha rilevato, la Chiesa lavora per la mutua comprensione e il progresso del bene dell’umanità. Ha quindi incoraggiato i vescovi filippini a continuare a promuovere la via di una pace autentica e duratura, nella convinzione che ogni persona, a prescindere dal suo credo, è creata ad immagine di Dio.