venerdì 17 agosto 2012

Anno della fede. La sfida di credere in Spagna: ridare luce a un Paese oggi al buio. Il piano pastorale ispirato profondamente ai viaggi del Papa

Illuminare un paese in crisi, accompagnare milioni di persone (spesso disoccupate), rafforzare la preparazione dei più giovani testimoni di Cristo, aiutare le famiglie, difendere l’istituzione matrimoniale, ricordare i Santi e l’esempio dei martiri. Ma soprattutto rimboccarsi le maniche nella testimonianza e nella diffusione della parola di Gesù. Le sfide raccolte nel nuovo Piano pastorale della Conferenza Episcopale spagnola, approvato recentemente e in vigore fino al 2015, sono molteplici. Il titolo sintetizza l’obiettivo della Chiesa spagnola per i prossimi tre anni: La nuova evangelizzazione dalla Parola di Dio. "Sulla tua parola getterò le reti" (Lc 5,5). Sullo sfondo c’è una Spagna in difficoltà: un Paese che ha vissuto per anni uno straordinario boom economico (gonfiato dalla bolla edilizia), collezionando controverse leggi sul fronte della famiglia e dell’etica (dal matrimonio fra persone dello stesso sesso alla liberalizzazione dell’aborto). Oggi, con una disoccupazione vicina al 25%, si vive fra ansie e timori. "Tanta gente si rivolge alle parrocchie disperata, angosciata: chiedono generi alimentari, ma anche parole di consolazione e sollievo", ha spiegato Fernando Gimenez Barriocanal, vicesegretario economico della Conferenza, alla presentazione dell’ultima Memoria annuale. Di fronte a questa situazione sempre più spinosa, in due milioni di famiglie tutti i membri sono disoccupati (madre, padre, figli), si fa sempre più intenso il lavoro quotidiano, reso possibile da quasi 20mila preti, 61mila religiosi, 70mila catechisti e centinaia di migliaia di volontari a servizio di 4,1 milioni di persone fra scuole, ospedali, mense, centri d’accoglienza. "Il ruolo della Chiesa è insostituibile", ricorda il responsabile delle casse della CEE; e lo è ancor più in questo drammatico momento.Ma nella Spagna post-Zapatero, dopo anni di laicismo spinto, ci sono altri dati che vanno ricordati. Ogni settimana 10 milioni di spagnoli partecipano alla Messa domenicale. Pochi? "La Chiesa continua ad avere un’importantissima penetrazione e ripercussione sociale", afferma Barriocanal. A dimostrarlo, poi, ci sono i 350mila battesimi, le 280mila prime comunioni, le 100mila cresime, i quasi 75mila matrimoni religiosi e i cinque milioni di eucarestie annuali.Fra luci e ombre, dunque, il Piano pastorale appena varato si ispira profondamente ai viaggi apostolici in Spagna di Papa Benedetto XVI (da Valencia nel 2006 alla GMG di Madrid 2011), senza dimenticare l’importanza del 50° anniversario del Concilio Vaticano II e l’imminente Anno della fede. Se la nuova evangelizzazione è la meta principale, è fondamentale "rinnovare la pastorale giovanile in continuità con la GMG del 2011". I semi della Giornata continueranno a dare frutti, ma è necessario alimentarli con giornate diocesane rivolte ai ragazzi, itinerari di formazione giovanile nei gruppi parrocchiali, movimenti e associazioni, oltre al lavoro su forum e reti sociali. Non solo: con particolare attenzione per i giovani (futuri sposi, padri e madri), i vescovi hanno pubblicato un nuovo documento sulla "verità dell’amore" per far luce sull’"ideologia di genere e la legislazione familiare", che negli ultimi anni non ha affatto protetto il matrimonio. Infine, nel percorso della nuova evangelizzazione, è urgente, ammette la CEE, "il rinnovamento di tutti gli agenti di pastorale, specialmente i sacerdoti". In questo panorama di "sfide e opportunità del nuovo contesto dell’evangelizzazione", il Piano pastorale assicura che l’Anno della fede sarà un momento perfetto per lavorare a questa missione, senza dimenticare le famiglie in difficoltà, i disoccupati, le vittime della crisi socioeconomica e gli immigrati.

Michela Coricelli, Avvenire

Tre libri per capire questo Papa semplice, umile e lavoratore. Che ha restituito ai cattolici il 'nocciolo della fede' e alla teologia la sua autorità

Ottantacinque ben portati. Nel senso di ben vissuti e ancora ben vivibili, per sua stessa ammissione. Con raffinata autoironia, Benedetto XVI, nel suo discorso al Bundestag di Berlino, nel settembre 2011, aveva fatto cenno al fatto che alla sua età il cervello è ancora in grado di funzionare bene: "Il grande teorico del positivismo giuridico, Kelsen, all’età di ottantaquattro anni – nel 1965 – abbandonò il dualismo di essere e dover essere. (Mi consola il fatto che, evidentemente, a ottantaquattro anni si sia ancora in grado di pensare qualcosa di ragionevole)". Con apparente nonchalance, il 28 marzo scorso, durante il colloquio con Fidel Castro, aveva lasciato cadere una considerazione sulla sua età e sulle energie che lo animano, sgonfiando così il gossip sulle sue imminenti dimissioni: "È vero, sono anziano, ma posso fare ancora il mio dovere al servizio della Chiesa". Il 16 aprile 2012 Joseph Ratzinger ha compiuto ottantacinque anni, il 19 aprile 2012 Benedetto XVI ha iniziato il suo ottavo anno di Pontificato. Le sue prime parole da Pontefice, nel 2005 furono: "Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti". In occasione degli ottantacinque anni di questo "semplice e umile lavoratore", diventato il Papa più longevo dall’inizio del Novecento, sono usciti tre libri: uno in omaggio alla sua “semplicità”, uno alla sua “umiltà”, il terzo contiene una testimonianza diretta del suo “lavoro”. I tre autori non si sono messi d’accordo, ma quando è naturale l’accordo suona meglio.
Il libro sul “lavoratore” è curato dall’uomo che è fisicamente più vicino al “Papa al lavoro”, il suo segretario personale mons. Georg Gänswein. È uscito in Germania, ne sono autori venti tedeschi famosi, nella politica, nella cultura, nell’economia e nello sport, cattolici e non, invitati a dire la loro sul connazionale che tutti li supera in fama e importanza. "Benedikt XVI. Prominente über den Papst" (Benedetto XVI. Personaggi famosi sul Papa) raccoglie i loro interventi, c’è anche quello di Franz Beckenbauer, mons. Gänswein ne ha curato l’edizione, scritto l’introduzione e, soprattutto, il suo personale itratto di Papa Ratzinger. Don Georg, così ancora lo chiamano nonostante il titolo di monsignore, il dottorato in teologia e la docenza in diritto canonico, ne parla come di un "modesto dono di compleanno" e ci tiene a "sottolineare espressamente che quest’opera non è un lavoro compiacente commissionato 'dall’alto'. Gli autori non hanno ricevuto nessuna indicazione, tutti hanno avuto piena libertà di dire la loro". L’unica indicazione, scrive nell’introduzione, riflette una richiesta pubblica che il Papa ha fatto già per un suo libro, il "Gesù di Nazaret", "quell’anticipo di simpatia, senza il quale non c’è alcuna comprensione". "Il Papa delle parole" che riflette e fa riflettere, il "Papa teologo più che uomo dei grandi gesti" che ha a cuore "il rapporto tra fede e ragione, tra religione e rinuncia alla violenza», ha, secondo don Georg, un unico programma: "Riaffermare con forza e chiarezza il nocciolo delle fede cattolica: l’amore di Dio per l’uomo che trova nella morte in croce di Gesù e nella sua resurrezione l’espressione insuperabile".
Su questa semplicità ultima, posta al centro della politica ecclesiale di Benedetto XVI, si sofferma l’autore del secondo libro, il cardinale svizzero Kurt Koch, già vescovo di Basilea e presidente della Conferenza Episcopale del suo paese, e ora del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e della Commissione per le relazioni religiose con gli ebrei. Come altri cardinali legati a Benedetto XVI, anche Koch è allievo di Hans Urs von Balthasar, il gigante della teologia del Novecento, di cui Joseph Ratzinger fu studioso e amico. Ne "Il mistero del granello di senape" (Lindau), Koch introduce alla conoscenza del pensiero teologico di Joseph Ratzinger a partire da una sua affermazione: "Il semplice è il vero ed il vero è semplice". Per Benedetto XVI, ha detto il cardinale presentando il suo libro lo scorso 16 aprile al Centro internazionale di Comunione e Liberazione, "la teologia cristiana proprio oggi deve tornare alle basi elementari della fede. Teologia e annuncio non possono avere nessun altro obiettivo se non quello di condurre continuamente proprio a questa elementarità". Per spiegare come la teologia sia un pensiero "che viene dopo" (il pensatore fa precedere il pensiero alla parola, per il teologo è il contrario, la parola precede il pensiero), Koch fa parlare ancora Papa Ratzinger: "La teologia presuppone un nuovo inizio nel pensiero, che non è il prodotto della nostra riflessione, ma che proviene dall’incontro con una Parola che sempre ci precede". Questo perché la teologia antepone a se stessa l’autorità, l’evento della rivelazione, la vita della fede. È sempre Joseph Ratzinger a spiegare che "una Chiesa senza teologia s’impoverisce e diventa cieca; ma una teologia senza Chiesa si dissolve nel possibilismo". Per Koch, quindi, non è la teologia il criterio dell’annuncio, ma l’annuncio il criterio della teologia, perché "il bene principale di cui è responsabile la Chiesa è la fede delle persone semplici", ammonisce citando ancora il Papa, e i teologi farebbero bene a ricordarlo. In questa logica, e con qualche sorpresa per chi è fermo all’immagine del “Panzer Kardinal”, la teologia di Benedetto XVI riserva un posto preminente e particolare ai Santi e all’arte: strettamente imparentati tra loro nella profondità della fede, sono i due argomenti a cui potrebbe limitarsi "l’unica vera apologia del cristianesimo".
Il terzo libro segnala la virtù fondamentale della teologia e della personalità del Papa. "Benedetta umiltà" (anch’esso pubblicato da Lindau) di Andrea Monda non è l’opera di un teologo, ma di un laureato in Giurisprudenza che ha lasciato il posto da funzionario di banca per studiare alla Gregoriana e insegnare religione in un liceo classico di Roma. A questa passione unisce quella di scrivere saggi, brevi per i giornali e più corposi per le librerie. Monda ha avuto la fortuna di incontrare personalmente Benedetto XVI quando era ancora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e di discutere con lui di letteratura inglese, in specie di Lewis e Chesterton, scoprendo come il futuro Papa li conoscesse meglio di lui che se ne considera uno specialista. "Il card. Ratzinger – ricorda Monda – condusse il dialogo con l’umiltà di chi non vuole mettere a disagio il suo interlocutore né apparire a lui superiore". Nel suo libro Monda scava nei gesti e nelle parole del Papa alla ricerca di questa virtù misteriosa e indicibile, ché appena dici di averla la perdi, e ne evidenzia la parentela con l’umorismo, dote anche questa insospettabile, celata, ma non aliena a Benedetto XVI. Dopo aver fatto notare al lettore che umiltà, umorismo e umanità hanno radice etimologica nel latino “humus” (terra), Monda osa parlare della “leggerezza” del Papa. Se lo può permettere perché autorizzato, in qualche modo dal Papa stesso, il quale, intervistato da una televisione tedesca, alla domanda su quale ruolo abbiano nella vita di un Pontefice "lo humor e la leggerezza dell’essere", rispose: "Io non sono uno a cui vengano in mente continuamente barzellette. (…) Saper vedere anche l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante e direi che è anche necessario per il mio ministero. Un qualche scrittore aveva detto che gli angeli possono volare perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po’ di più se non ci dessimo tanta importanza". Il “qualche scrittore” era Gilbert Keith Chesterton, che diceva: "Gli angeli possono volare perché portano se stessi leggermente", e aggiungeva: "Satana è caduto per la forza di gravità".

Ubaldo Casotto, Tempi

L'8 settembre quattro ex pastori anglicani dell'Ordinariato dell'Australia riceveranno l’ordinazione sacerdotale nella Chiesa Cattolica

Il prossimo settembre quattro ex pastori anglicani australiani riceveranno l’ordinazione sacerdotale nella Chiesa Cattolica. Si tratta di James Grant, Neil Fryer, Christopher Seton e Ramsay Williams, membri del nuovo Ordinariato personale di Nostra Signora della Croce del Sud, eretto il 15 giugno scorso per accogliere gli anglicani australiani che hanno deciso di entrare nella Chiesa cattolica. L’ordinazione avrà luogo l’8 settembre, Festa della Natività della Vergine, presso la Cattedrale di San Patrizio di Melbourne. Insieme a loro, riferisce il sito dell’Ordinariato ordinariate.org.au, ci saranno altri quattro candidati al sacerdozio dell’arcidiocesi. L’Australia è il terzo Paese ad avere un Ordinariato personale per gli ex anglicani che decidono di entrare nella Chiesa cattolica secondo quanto stabilito dalla Costituzione Apostolica di Benedetto XVI “Anglicanorum Coetibus”: il primo ad essere istituito nel 2011 è stato quello di Nostra Signora di Walsingham, in Inghilterra, mentre lo scorso mese di gennaio è stato eretto quello della Cattedra di San Pietro per gli ex episcopaliani degli Stati Uniti.

Radio Vaticana

La morte del Patriarca ortodosso d’Etiopia Abuna Paulos. Il cordoglio di Benedetto XVI: grande impegno per il dialogo con la Chiesa Cattolica

Benedetto XVI esprime il suo cordoglio per la morte del Patriarca ortodosso d’Etiopia, Abuna Paulos (foto), scomparso ieri ad Addis Abeba, all’età di 76 anni. In un messaggio indirizzato al Patriarcato, il Papa ricorda il suo grande impegno per il dialogo tra la Chiesa Ortodossa di Etiopia e la Chiesa Cattolica. E rammenta l’importante intervento che Abuna Paulos pronunciò al Sinodo per l’Africa in Vaticano, nell’ottobre del 2009. Il Papa assicura dunque le sue preghiere per il Patriarca e per quanti ne piangono la scomparsa.

Radio Vaticana

Il dolore del Papa per la morte di Abuna Paulos

Primo anniversario della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Benedetto XVI: una cascata di luce che rende visibile la fede nel mondo

Ricorre in questi giorni il primo anniversario della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, la terza di Benedetto XVI dopo Colonia e Sydney. Per l’occasione, il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Rouco Varela, ha invitato i fedeli a partecipare a una serie di liturgie di ringraziamento per i frutti del grande evento ecclesiale. Le Giornate Mondiali della Gioventù collegano “il mondo e Dio” e i suoi frutti sono per tutta la Chiesa, non solo per i giovani. Sul volo diretto verso Madrid, Benedetto XVI sottolinea l’importanza delle GMG. Non sono, afferma, un “avvenimento isolato”, ma fanno parte di un cammino più grande. E trova un’immagine affascinante per descrivere la dimensione più profonda di questi eventi: “Direi che queste GMG sono un segnale, una cascata di luce; danno visibilità alla fede, alla presenza di Dio nel mondo e creano così il coraggio di essere credenti. Spesso i credenti si sentono isolati in questo mondo, quasi perduti. Qui vedono che non sono soli che c’è una grande comunità di credenti nel mondo, che è bello vivere in questa amicizia universale” (Incontro con i giornalisti durante il volo verso Madrid, 18 agosto 2011).
“Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”: è il tema della GMG di Madrid su cui si soffermano a riflettere e pregare i giovani di tutto il mondo convenuti nella capitale spagnola. Nella Festa dell’Accoglienza, in una Plaza de Cibeles gremita, il Papa sottolinea dunque che quando non si cammina al fianco di Cristo si rischia di disperdersi per altri sentieri “come quello dei nostri impulsi ciechi ed egoisti”. Dal Papa l’invito perciò ad edificare sulla “ferma roccia” della relazione con Gesù. Solo così saremo davvero liberi e potremo “proiettare la luce di Cristo” su tutta l’umanità. Quindi, parlando ai ragazzi giunti in Spagna dall’Italia, Benedetto XVI suggerisce lo spirito con il quale si dovrebbero vivere le GMG: “Vivete queste giornate con spirito di intensa preghiera e di fraternità testimoniando la vitalità della Chiesa in Italia, delle parrocchie, delle associazioni, dei movimenti. Condividete con tutti questa ricchezza” (
Festa di accoglienza dei giovani: saluto iniziale, 18 agosto 2011).
Una ricchezza spirituale che si rafforza in modo straordinario nella Veglia all’aeroporto “Cuatro Vientos”, culminata nell’Adorazione Eucaristica. L’evento, a cui prendono parte due milioni di giovani, viene interrotto da un violento nubifragio. Ma i ragazzi non sono intimoriti e il Papa resta sul palco, aspettando con loro che ritorni la quiete. Sembra quasi una metafora di quello che i giovani stanno testimoniando a Madrid: l’amicizia con Gesù è più forte degli ostacoli della vita. E Benedetto XVI ringrazia a cuore aperto: “La vostra forza – dice – è più forte della pioggia”.
“Cari amici, questa Veglia, con tutte queste avventure, rimarrà come un’esperienza indimenticabile della vostra vita. Custodite la fiamma che Dio ha acceso nei vostri cuori in questa notte: fate in modo che non si spenga, anche se vengono le piogge, alimentatela ogni giorno, condividetela con i vostri coetanei che vivono nel buio e cercano una luce per il loro cammino” (
Veglia di preghiera con i giovani, 20 agosto 2011).
“Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo”: questo il mandato che Benedetto XVI consegna ai giovani, nella Messa conclusiva dell'evento. Il Papa esorta i ragazzi delle GMG a rispondere con “generosità e audacia” alla domanda di amicizia di Gesù. E aggiunge: "Vi chiedo, cari amici di amare la Chiesa, che vi ha generati alla fede”, perché “non si può seguire Gesù da soli”.

Radio Vaticana

Anno della fede. Negli Stati Uniti bisogna colpire al cuore l'egoismo selvaggio. Il Papa: il rinnovamento passa anche dalla testimonianza dei credenti

È il Paese industrializzato più devoto al mondo, dove l’80% della popolazione si definisce religiosa e quasi due terzi prega regolarmente e si considera «"ocialmente tradizionalista", Eppure in questo stesso Paese, gli Stati Uniti d’America, vigono le regole più permissive del mondo sull’aborto e sulla procreazione assistita. Esiste ancora la pena di morte. E la ricerca sugli embrioni è assolutamente permessa. È su queste contraddizioni che si concentra lo sforzo di evangelizzazione che i pastori cattolici americani vogliono intensificare a partire da ottobre. Perché, come ha scritto Benedetto XVI nella Lettera Apostolica con la quale ha indetto l’Anno della fede, "il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti". Negli Usa questo significa aiutare i cattolici a contrastare la storica, ma sempre più forte, tendenza all’individualismo estremo, spesso narcisista, che difende a spada tratta i propri diritti senza fermarsi a riflettere sulle loro implicazioni morali o sulle conseguenze per il bene comune. "L’egoismo selvaggio è diventato una malattia nazionale", ammetteva di recente persino il New York Times, un quotidiano a sua volta liberal, nella pagina dei commenti. Per una volta, i vescovi cattolici sono d’accordo. Ma, a differenza della stampa laica, i presuli sanno come rispondere a chi cataloga fra le libertà individuali inviolabili il diritto di abortire, di creare embrioni destinati alla morte, di non pagare le tasse, di permettere ai gay di sposarsi e agli studenti di vendere i loro gameti anonimamente e ripetutamente. Con un richiamo missionario al messaggio del Vangelo nella sua purezza. Senza compromessi. La prova? È notizia delle ultime settimane, stando alla stampa americana, che negli Stati Uniti l’esperimento della Chiesa "liberal" è fallito. Ogni denominazione, episcopaliana, metodista, luterana e presbiteriana, che abbia provato ad adattarsi ai valori della società contemporanea ha assistito a un crollo delle presenze e delle vocazioni. All’interno della Chiesa Cattolica, gli ordini più progressisti non sono riusciti a generare le vocazioni necessarie a sostenersi. E poiché il cattolicesimo liberal non ha ispirato una nuova generazione di suore e frati, gli ospedali cattolici stanno passando nelle mani di amministratori più interessati ai profitti che alla carità. La strada da intraprendere, allora, è chiara. "Abbracciare l’insegnamento di una fede militante – spiega l’arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, il card. Timothy Dolan – abbandonare la presunzione che i cattolici conoscano la ricchezza e le implicazioni della loro fede e ammettere che non la conoscono. Prenderci cura con amore del nostro gregge che si è fatto più cinico, più indifferente". Questo insegnamento dovrà dunque comprendere forti riferimenti alla dottrina sociale della Chiesa nei confronti dei più bisognosi (dei quali ampie fazioni politiche di destra tendono a dimenticarsi) e alla sacralità della vita (che ampie fazioni di sinistra considerano troppo rigida). E la risposta può essere positiva, stando a un osservatore laico come Stephen Prothero, docente di religione all’Università di Boston, perché l’America "ha da sempre uno stretto rapporto con Dio". "La fede in Dio è intrecciata nel tessuto della cultura americana – spiega – questa è una società fondamentalmente ottimista che non ha paura di proclamare la propria fede e ora è alla ricerca di valori solidi su cui ricostruire le proprie fondamenta". Un terreno fertile per la nuova evangelizzazione.

Elena Molinari, Avvenire