venerdì 17 febbraio 2012

Il Papa: riscoprire la contemporaneità di Gesù e della fede. Con la verità la vita è ricca e bella, senza non c’è bussola e non sappiamo dove andare

I cardinali convocati dal Papa per una Giornata di riflessione e preghiera alla vigilia del Concistoro di domani hanno "toccato una gamma molto ampia di argomenti sul tema della nuova evangelizzazione e l'Anno della fede" nei 27 interventi pronunciati tra la mattinata a il pomeriggio: lo riferisce un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede. "Si è parlato - afferma la nota - dei problemi dell'evangelizzazione nelle diverse aree del mondo e nelle diverse culture: la crescita dei cristiani in Cina nonostante le difficoltà, il dialogo interreligioso e la lotta contro la povertà in India, l'importanza della religiosità popolare per l'evangelizzazione nell'America Latina, il confronto con il secolarismo che tende a emarginare la religione dalla vita sociale in Occidente, le sfide, le difficoltà ma anche le prospettive incoraggianti e gli eventi che sono segno di speranza, come le nuove e vivaci realtà ecclesiali, le Giornate Mondiali della Gioventù o i Congressi Eucaristici internazionali, cosicché non mancano prospettive incoraggianti". "Si è parlato - continua il comunicato - dell'emergenza educativa, del rinnovamento della catechesi, della trasmissione della fede ai giovani, della formazione degli evangelizzatori - laici, religiosi e sacerdoti -, della necessità di una fede matura, capace di testimonianza e di giudizio sulla realtà del mondo di oggi. Si sono proposti suggerimenti per l'Anno della fede, da un itinerario di approfondimenti che accompagni i diversi tempi dell'anno liturgico, all'incoraggiamento di pellegrinaggi in Terra Santa e a Roma a forme nuove di missione popolare. Si è insistito sull'impegno ecumenico dei cristiani nell'annuncio della fede comune in Cristo, sull'attualità del Concilio Vaticano II come bussola per il cammino della Chiesa di oggi, sul valore della testimonianza della gioia cristiana e della santità, e del fascino permanente delle figure dei Santi". Prima della recita dell'Angelus il Papa "ha concluso la riflessione" dei cardinali convocati a Roma peruna giornata a porte chiuse alla vigilia del Concistoro di domani "con un suo intervento, in cui ha ringraziato i relatori". Benedetto XVI ha definito la relazione d'apertura del cardinale designato Timothy Dolan, arcivescovo di New York, "entusiasmante, gioiosa e profonda".Per il Papa, poi, la comunicazione di mons. Rino Fisichella è stata "un ricco contributo di idee e di iniziative". Benedetto XVI ha poi "ringraziato pure tutti i partecipanti alla Giornata, affermando che gli interventi hanno rappresentato un "ampio mosaico di idee e di proposte". Il Papa ha messo in rilievo l’importanza del Concilio Vaticano II per “riscoprire la contemporaneità di Gesù e della fede”. Ha rilevato la necessità di un vero rinnovamento della catechesi per mettere in risalto i suoi preziosi contenuti di verità, reagendo a quello che è stato definito “analfabetismo religioso”. Ha riaffermato fortemente la necessità della profonda convinzione della verità della rivelazione di Dio nel suo Figlio Gesù Cristo, poiché “se non c’è verità, non c’è bussola e non sappiamo dove andare”, e “solo se c’è verità la vita è ricca e bella”. Senza questa convinzione “non possiamo rievangelizzare l’umanità di oggi”. Poiché Dio è amore, la verità si esprime nella carità e la carità a sua volta “dimostra la verità”. Il Pontefice ha concluso che il motto dell’Anno della fede potrebbe essere riassunto nelle parole: “Vivendo la verità nella carità”.

TMNews, SIR

COMUNICATO: GIORNATA DI RIFLESSIONE E PREGHIERA DEL COLLEGIO CARDINALIZIO IN OCCASIONE DEL CONCISTORO - SESSIONE POMERIDIANA

Fisichella: Anno della fede occasione propizia perchè la Chiesa intera offra una comune e unitaria testimonianza della sua fede fiduciosa in Cristo

"I contenuti fondamentali della fede non sono più conosciuti e la partecipazione alla vita sacramentale conosce una notevole diminuzione mai registrata in precedenza". Lo ha denunciato il presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, arcivescovo Rino Fisichella, nella sua relazione alla Giornata di riflessione e preghiera di tutti i cardinali del mondo che si tiene oggi a Roma. Secondo il presule, "lo stesso entusiasmo missionario che nel passato aveva portato a lasciare il proprio Paese, per inoltrarsi in territori dove il nome di Gesù Cristo non era ancora conosciuto, si è notevolmente affievolito, con la conseguenza di un ulteriore indebolimento del tessuto ecclesiale". Occorre dunque, ha detto ai cardinali, "rinnovare e fortificare la fede in un momento di particolare crisi che vede, anzitutto, molti cristiani indifferenti, lontani dalla vita della comunità e spesso confusi per le vicende della storia che soprattutto in questo periodo e’ entrata in una grave crisi di identità e di responsabilità sociale". "Non si può dimenticare - ha poi aggiunto l’aricivescovo Fisichella - la condizione di profonda frammentarietà in cui versa la cultura in generale, che impedisce spesso di approdare a una visione comune e a un progetto di impegno condiviso, che permettono di dare un fondamento unitario all'azione pastorale per consentire di trovare strumenti coerenti per l’evangelizzazione". Per Fisichella, in particolare, il Catechismo della Chiesa Cattolica, approvato 20 anni fa da Giovanni Paolo II, e il suo Compendio, curato dal card. Joseph Ratzinger e pubblicato all’indomani della sua elezione al Pontificato, "hanno bisogno di essere maggiormente conosciuti e promossi nella pastorale". Il capo dicastero ha infine auspicato nel suo intervento alla riunione straordianaria dei cardinali di tutto il mondo che l’Anno della fede possa rappresentare "un’occasione propizia perchè la Chiesa intera offra una comune e unitaria testimonianza della sua fede fiduciosa nel Signore Risorto, Signore della storia e Re dell’universo".

Agi

Giornata di preghiera e riflessione del Collegio Cardinalizio: l'intervento di mons. Fisichella

Mons. Dolan: la nuova evangelizzazione si compie con il sorriso, non con il volto accigliato. La Chiesa è fondamentalmente un sì!, non un no!

Il tema principale della Giornata di preghiera e riflessione convocata dal Papa con i membri del Collegio cardinalizio e i nuovi cardinali in occasione del Concistoro di domani per la creazione di 22 nuovi porporati, “L’annuncio del Vangelo oggi, tra missio ad gentes e nuova evangelizzazione”, è stato introdotto da una relazione dell’arcivescovo di New York, mons. Timothy Dolan. Il presule ha introdotto l'incontro per volontà del Papa ed ha pronunciato sulla "nuova evangelizzazione" di un mondo secolarizzato una lunga relazione briosa non priva di ricordi personali, riferimenti cinematografici e letterari, battute. A partire dalle scuse per il proprio italiano: "Grazie a voi, Santo Padre e confratelli per aver sopportato il mio italiano primordiale. Quando il cardinal Bertone mi ha chiesto di parlare in italiano, mi sono preoccupato perché io parlo italiano come un bambino", ha detto il presidente della Conferenza episcopale statunitense. "Ma poi ho ricordato quando, da giovane prete fresco di ordinazione, il mio primo pastore mi disse mentre andavo a fare catechismo ai bambini di sei anni: 'Ora vedremo che fine farà tutta la tua teologia - e se ti riesci a parlare della fede come un bambino!'. E forse conviene concludere proprio con questo pensiero: abbiamo bisogno dire di nuovo come un bambino la eterna verità, la bellezza e la semplicità di Gesù e della sua Chiesa". L'arcivescovo di New York ha inviato gli altri porporati a concepire l'evangelizzazione con un sentimento di "gioia": "Quando ero seminarista al Collegio Nordamericano - ha ricordato - tutti gli studenti di teologia del primo anno di tutti gli atenei romani furono invitati ad una Messa in San Pietro celebrata dal prefetto della Congregazione per il Clero, il card. John Wright. Ci aspettavamo una omelia cerebrale. Ma lui iniziò chiedendoci: 'Seminaristi, fate a me e alla Chiesa un favore: quando girate per le strade di Roma sorridete!'". Più tardi, "quando sono diventato arcivescovo di New York un prete mi ha detto: 'Faresti meglio a smetterla di sorridere quando giri per le strade di Manhattan o finirai per farti arrestare!'. Insomma, per Dolan "la nuova evangelizzazione si compie con il sorriso, non con il volto accigliato. La Chiesa è fondamentalmente un sì!, non un no!". "Nell'invitarmi a parlare su questo tema - ha detto l'arcivescovo di New York a proposito dell'annuncio del Vangelo oggi - l'eminentissimo Segretario di Stato, mi ha chiesto di contestualizzare il secolarismo, lasciando intendere che la mia arcidiocesi di New York è forse 'la capitale della cultura secolarizzata'. Però - e credo che il mio amico e confratello, il card. Edwin O'Brien, che è cresciuto a New York, sarà d'accordo - oserei dire che New York - sebbene dia l'impressione di essere secolarizzata - è ciononostante una città molto religiosa. Anche in luoghi che solitamente vengono classificati come 'materialistici' - come ad esempio i mass media, il mondo dello spettacolo, della finanza, della politica, dell'arte, della letteratura - un'innegabile apertura alla trascendenza, al divino!". Dolan ha poi illustrato una "efficace strategia di evangelizzazione" in sette punti. "Nei cinema c'è adesso un film intitolato 'The Way' - 'la Via' - in cui uno dei protagonisti è un attore ben conosciuto, Martin Sheen. Forse l'avete visto", ha detto Dolan per poi mostrare l'esempio del protagonista, "l'icona di un uomo secolare: compiaciuto di sé, sprezzante nei confronti di Dio e della religione, uno che si definisce un 'ex-cattolico', cinico verso la fede... ma che, nondimeno, incapace di negare che dentro di sé vi sia un interesse incontenibile di conoscere l'aldilà, una sete di qualcosa in più - anzi, un qualcuno di più - che cresce in lui lungo la strada". In secondo luogo, Dolan ha avvertito i cardinali che "dopo il Concilio, la bella notizia era che il trionfalismo nella Chiesa era morto. Ma, purtroppo anche la fiducia!". In questo senso, terzo punto del suo ragionamento, la 'missio ad gentes' e la nuova evangelizzazione "non è una dottrina, ma un appello a conoscere, amare e servire". Dolan ha poi messo in evidenza il valore del Concilio Vaticano II: "In questi ultimi cinquant'anni dalla apertura del Concilio, abbiamo visto la Chiesa passare per le ultime fasi della Controriforma e riscoprirsi come un'opera missionaria. In qualche luogo ciò ha significato una nuova scoperta del Vangelo. In paesi già cristiani ha comportato una rievangelizzazione che abbandona le acque stagnanti della conservazione istituzionale e come Giovanni Paolo II ha insegnato nella Novo Millennio Ineunte, ci invita a prendere il largo per una pesca efficace". La nuova evangelizzazione, è il quinto punto di Dolan, "si compie con il sorriso, non con il volto accigliato". Sesto punto del 'programma' dell'arcivescovo di New York: quello cristiano non è "un amore etereo, ma un amore incarnato in meravigliose scuole per bambini, cliniche per i malati, case per gli anziani, centri accoglienza per gli orfani, cibo per gli affamati". Settimo e ultimo punto, che fa riferimento al Concistoro di domani: "Beatissimo Padre, potrebbe, per favore, saltare 'fino allo spargimento del tuo sangue' quando mi presenterà la berretta? Ovviamente no! Ma noi siamo audiovisivi scarlatti per tutti i nostri fratelli e sorelle anche essi chiamati a soffrire e morire per Gesù. Fu Paolo VI a notare saggiamente che l'uomo moderno impara più dai testimoni che dai maestri, e la suprema testimonianza è il martirio". Il discorso, ha riferito il portavoce vaticano Federico Lombardi, è stato "molto bene accolto" dai 133 cardinali riuniti nell'Aula nuova del Sinodo.

Radio Vaticana, TMNews

Giornata di preghiera e riflessione del Collegio Cardinalizio: l'intervento di mons. Dolan

Un papato penitenziale. L’isolamento quaresimale di Benedetto XVI e d’una Chiesa di cui tutti parlano ma non per questioni di fede

Il tramestio di questi giorni, i leaks che escono dal Vaticano e finiscono sui tavoli dei quotidiani italiani, non scuotono la routine papale. Benedetto XVI nel suo appartamento al terzo piano del Palazzo Apostolico lavora compostamente, e in ricercato isolamento, a ciò che maggiormente ama fare: scrivere. Non solo il terzo volume di Gesù di Nazaret dedicato ai Vangeli dell’infanzia (Luca e Matteo), ma anche i discorsi che settimana prossima, in apertura di Quaresima, si appresta a rivolgere al clero. “Vorrebbe anche scrivere la quarta Enciclica dedicata alla virtù teologale di cui ancora non ha parlato, la fede”, dice a Il Foglio un frequentatore assiduo dell’appartamento. “Ma non riesce a trovare il tempo”. Isolamento non significa che egli non sia preoccupato per la fuga di notizie e le sotterranee divergenze tra porporati: “Della Chiesa di Roma”, ha detto ai seminaristi della sua diocesi alludendo indirettamente alle recenti polemiche, “si parla in tutto il mondo, speriamo che si parli anche della nostra fede”. E poi l’affondo contro i media: “Non ci può essere il potere dell’apparenza, in cui alla fine conta quello che viene detto più della realtà”. Quaresima, tempo penitenziale. Per molti, anche dentro la Chiesa, è questo il canale sul quale Papa Ratzinger ha deciso di sintonizzare tutto il suo Pontificato. Dopo i ventisei anni e mezzo trionfali del “Papa missionario” (copyright Luigi Accattoli), l’era Ratzinger, Papa teologo e scrittore che, investito dalla campagna sui reati e peccati del clero, chiede penitenza ed espiazione rifuggendo dalla battaglia sul campo, quella frontale. Un esempio vistoso è di queste ore. Venerdì scorso, mentre il gotha d’Oltretevere era impegnato in un symposium internazionale alla Pontificia Università Gregoriana tutto dedicato agli “errori della Chiesa” incapace di arginare la pedofilia nel clero, dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti, davanti alla Corte distrettuale del Wisconsin i denuncianti del caso “John Doe 16 vs. Holy See” annunciavano il ritiro dalla causa quando era data oramai per certa l’assoluzione piena per il Papa e per i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano accusati di avere responsabilità per gli abusi commessi da padre Lawrence Murphy, il prete che dal 1950 al 1974 aveva lavorato in una scuola per bambini sordomuti di Milwaukee, finito sulla prima pagina del New York Times nel marzo 2010, l’annus horribilis dello scandalo della pedofilia. Nonostante il clamoroso esito della vicenda, nessuno tra le alte gerarchie vaticane osava dichiarare qualcosa in merito, a dimostrazione che, anche di fronte alla vittoria sulla faziosità di chi ha voluto portare in tribunale il Papa per crimini che non ha commesso, la parola d’ordine è ed è rimasta una: penitenza. E dunque silenzio, riserbo, ritiro. L’unico che, per doveri di ufficio, ha dovuto dire qualcosa è stato il legale della Santa Sede, l’avvocato Jeffrey Lena, il quale a Vatican Insider ha dichiarato come questa vicenda mostri “l’esistenza di un’azione congiunta a livello mondiale collegata agli abusi sessuali e diretta dal Vaticano. Su una teoria tanto datata quanto smentita è stata creata appositamente per i mass media una sequenza di eventi che ha trasformato un fatto gravissimo – la violenza sessuale perpetrata ai danni di un minore – in uno strumento di affermazioni mendaci circa presunte responsabilità della Santa Sede”. Quasi fuori tempo massimo su Avvenire è stato Gianni Cardinale a domandarsi “dove sia finita la notizia”. Cardinale accusa esplicitamente i media di “sproporzione” tra il rilievo dato al caso, nel 2010, rispetto alla sua chiusura, ma non dice nulla in merito al silenzio interno. L’esito positivo per la Chiesa del caso Murphy e la reazione remissiva delle gerarchie mostra in modo lampante uno stigma, in sostanza il marchio che Benedetto XVI ha deciso di imporre al suo Magistero, un’impronta che sembra portare la Chiesa lontana dall’era Wojtyla, un tempo che era carismatico e politico assieme. Non è soltanto questione di stile: quello di Papa Ratzinger è più sobrio, soprattutto a contatto con le masse, di quello di Papa Wojtyla. E’ anche questione di sostanza. “E’ un minimalista”, scrisse di lui nel 2005 Sandro Magister. Minimalista, è probabilmente questa l’accezione entro la quale lo stesso ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede si sente descritto. Che non ha necessariamente un connotato negativo. E’, piuttosto, un dato di fatto. Disse lo stesso Benedetto XVI di sé appena eletto al soglio di Pietro: “Il Papa non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza alla parola di Dio”. “E a questo criterio”, scrisse ancora Magister, “si attiene anche nella gestualità pubblica. Di suo fa pochissimo. Vuole che i fedeli guardino all’essenziale, che non è la sua persona ma Gesù Cristo vivo e presente nei sacramenti della Chiesa”. Quello del Papa è un ritorno all’essenziale, alla Chiesa intesa come comunità di fedeli che prega e che cerca nell’intimità con Dio il senso del proprio esserci. Anche Wojtyla cercava questa intimità, ma subito la trasformava in battaglia nel confronto con la modernità. Il teologo Ratzinger, dal palazzo dell’ex Sant’Uffizio, gli dava la linea nei campi più delicati, ma poi era Giovanni Paolo II, non Ratzinger, a puntare tutto su quella che in molti definirono la “geopolitica religiosa”, un elemento cardine del suo Pontificato. Benedetto XVI è diverso: la sua è più una “teologia della storia” che una geopolitica. E’ più agostiniano che tomista. Per lui il rapporto col mondo esterno è soprattutto di tipo religioso e culturale, non di tipo politico. Scrisse nel 2008 Aspenia, la rivista trimestrale di politica internazionale dell’Aspen Institute in Italia, che a differenza di Papa Ratzinger Wojtyla aveva una precisa missione politica da compiere, una missione per la quale si spese fino a prese di posizioni estreme. Come quando chiese “interventi militari”. Dove? Ad esempio “a Timor Est, a Haiti, nell’Africa dei Grandi Laghi: in quest’ultimo caso senza essere esaudito, col conseguente incontrollato genocidio di intere popolazioni. L’espansione della libertà e della democrazia, infatti, era uno dei suoi princìpi guida”. Uscito di scena Wojtyla, l’interrogativo naturale era se il suo successore sarebbe stato in grado, e come, di mantenere il papato al centro della scena mondiale. L’interrogativo era tanto più naturale in quanto Joseph Ratzinger era uomo d’altra tempra, teologo raffinato, difficile da immaginare come epico condottiero. “E in effetti, sin da subito”, scriveva ancora Aspenia, “Benedetto XVI rifiutò di imitare il suo predecessore”. Ma per Samuel Gregg, direttore di ricerca dell’Acton Institute, c’è stato un momento nel quale il pontificato di Papa Ratzinger si è avvicinato molto a quello di Wojtyla. Dice: “Nonostante quanto scriveva fin dai primi mesi dopo l’elezione l’Economist, che tendeva a raffigurare un Pontificato alla deriva e con ‘prese di posizione pubbliche non molto brillanti’ in confronto a quello del ‘dinamico predecessore’”, è innegabile che “soprattutto a Ratisbona il Papa ha voluto civilizzare la società, dare dunque un’impronta politica al suo Magistero”. E ancora: all’inizio del suo Pontificato l’intento del Papa fu di “arrivare al cuore della corruzione dei paesi occidentali, una malattia che può essere descritta come patologia di fede e ragione. E a questo proposito, il discorso tenuto all’Università di Ratisbona nel 2006 potrebbe essere incluso tra i discorsi più importanti del XXI secolo, paragonabile al discorso tenuto ad Harvard nel 1978 da Alexander Solgenitsin sull’accuratezza nell’identificazione di alcuni demoni interni dell’occidente”. Già, ma dopo Ratisbona? La Chiesa ha perso la sua spinta offensiva? “Sì”, disse pochi mesi fa a Il Foglio il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna. “E’ vero. Ma ciò accade perché la purificazione è necessaria. Se la Chiesa vuole essere una guida spirituale per la società, se la chiesa vuole avere questo ruolo come è giusto e legittimo che sia, deve confrontarsi con i suoi peccati. Perché non si può richiamare il mondo alla verità se la verità non si ha il coraggio di farla propria. Sembra di essere al tempo dei profeti dell’Antico Testamento. Le loro parole erano per il popolo come uno specchio. Il loro era un invito a guardarsi, a guardare i propri peccati e il proprio tradimento. Era Dio che attraverso i profeti chiamava la Chiesa alla purificazione, alla metànoia che significa sempre un radicale e vissuto cambiamento del modo di pensare e di agire”. Per molti questo tratto del Pontificato in corso apparteneva anche alla gestione pratica che l’allora card. Ratzinger faceva dell’ex Sant’Uffizio: durante le riunioni operative, sedeva di lato, lasciando all’allora mons. Bertone il pallino. Interveniva poco e delegava molto. Una caratteristica che ha oggi mantenuto, non senza ripercussioni sulla Curia romana, una Curia alla quale Benedetto XVI delega (con tutte le conseguenze del caso) l’esercizio del potere. Giovanni Paolo II aveva Stanislaw Dziwisz, oggi arcivescovo di Cracovia, che curava la gestione ordinaria della Santa Sede lasciandogli campo libero fuori dai confini, nei suoi innumerevoli e travolgenti viaggi. Oggi la situazione è differente. Georg Gänswein, il fedele segretario di Benedetto XVI, ha un compito diverso: “Da parte mia debbo essere presente e aiutare in modo invisibile”, disse nel giugno scorso poco dopo aver ricevuto un premio all’Università Cattolica di Milano. E ancora: “Dove non è possibile aiutare in modo invisibile devo cercare comunque d’essere discreto”. Discrezione, invisibilità, ritiro. Il tratto del Pontificato in corso è entro tali confini che sembra manifestare gran parte del proprio Dna, anche in questi giorni di fughe di notizie, lettere e documenti dal Vaticano.

Paolo Rodari, Il Foglio

Quaresima 2012. Iniziativa della Chiesa austrica: un sms al giorno con pensieri del Papa. Un invito a rallentare e concentrarsi sulle cose importanti

Un sms al giorno, durante il periodo della Quaresima, con le riflessioni del Papa: è l’iniziativa della Chiesa Cattolica austriaca che si ripete anche quest’anno e che consente di ricevere gratuitamente ogni giorno un sms con citazioni di Benedetto XVI. Come riferisce l’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress, da oggi è possibile registrarsi per ricevere il servizio, che sarà attivo dal prossimo 22 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. “I brevi messaggi del Papa intendono condurre alla riflessione sulla propria fede”, ha affermato ieri Paul Wuthe, responsabile dei media della Conferenza Episcopale austriaca. Questi “sms speciali vanno intesi come un invito a rallentare e a concentrarsi sulle cose importanti”. Le citazioni del Papa, scelte in gran parte da discorsi e omelie del 2011, sono state selezionate proprio con questo intento. Con la campagna degli sms, i vescovi austriaci intendono inoltre rispondere all’invito del Papa ad utilizzare anche i nuovi media elettronici per offrire spunti di riflessione, formulato nel Messaggio che Benedetto XVI ha inviato in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

SIR

In Vaticano la Giornata di riflessione e preghiera del Collegio cardinalizio alla vigilia del Concistoro. Presenti il Papa e i 22 cardinali disegnati

Oggi, convocati dal Papa, i 22 cardinali disegnati che riceveranno domani la beretta e l'anello cardinalizio dallo stesso Benedetto XVI nella Basilica Vaticana, s'incontrano in Vaticano per la Giornata di riflessione e di preghiera del Collegio cardinalizio in preparazione al Concistoro. L'incontro, nell'Aula Nuova del Sinodo, si è aperto alle 10.00 con la recita dell'Ora Media. La Giornata si concluderà in serata con la recita dei Vespri. I futuri porporati hanno ascoltato una relazione introduttiva alle loro riflessioni e discussioni dell'arcivescovo di New York e presidente dell'Episcopato statunitense, il cardinale designato Timothy Dolan, intitolata "L’annuncio del Vangelo oggi, tra missio ad gentes e nuova evangelizzazione”. Poi c'è stata una comunicazione sull’Anno della fede presentata da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Dopo gli interventi dell’arcivescovo Dolan e dell’arcivescovo Fisichella, hanno avuto inizio gli interventi dei partecipanti alla Giornata. Vi è stato spazio sufficiente per 7 interventi di varia tematica fino alla recita dell’Angelus guidata dal Santo Padre. Oggi la Prefettura della Casa Pontificia con la pubblicazione del foglio con le attività del Papa conferma che sarà presente alle due sedute dell'incontro: al mattino, alle 10.00 e poi al pomeriggio, alle 17.00. Sul totale dei 213 membri del Collegio cardinalizio, compresi i 22 nuovi cardinali, ne erano presenti 133. Gli assenti si erano scusati per motivo dell’età o della salute o di precedenti impegni inderogabili.

Il Sismografo

COMUNICATO: GIORNATA DI RIFLESSIONE E PREGHIERA DEL COLLEGIO CARDINALIZIO IN OCCASIONE DEL CONCISTORO

Benedetto, il metodico. Un giorno con Papa Ratzinger: tempi e organizzazione del suo lavoro e del poco tempo libero. I rapporti con i collaboratori

Il Papa attuale come vive nella sua città? Quali i tempi, i ritmi e gli impegni della sua giornata? E quali le relazioni con le altre persone della casa? I Papi, per quanto vicari di Cristo, sono pur sempre uomini, e come tutti gli uomini hanno abitudini, inclinazioni, vezzi e qualche fissazione. Delle abitudini di Benedetto XVI non si sa molto, ma attraverso alcuni suoi racconti e le testimonianze di qualche collaboratore possiamo ricostruire abbastanza bene la sua giornata di lavoro. Sappiamo che Joseph Ratzinger, da buon tedesco, è metodico e ama organizzare le sue giornate nei minimi dettagli, secondo orari precisi. Eletto nel 2005 a settantotto anni, è anche un papa anziano, che non può permettersi improvvisi sovraccarichi di lavoro e sollecitazioni eccessive. Di qui la necessità di pianificare gli impegni in modo meticoloso. Oltretutto Benedetto XVI è uno scrittore estremamente accurato: gli piace ritirarsi nello studio e realizzare i testi con calma, controllando le fonti di persona e consultando la sua vasta biblioteca personale. La sveglia avviene attorno alle 5, quando la Città del Vaticano è ancora immersa nel silenzio. Anche da cardinale Joseph Ratzinger è sempre stato mattiniero. Considera le ore del mattino le più proficue e non vuole lasciarsele scappare. Il primo impegno è la Messa, che il Papa celebra attorno alle 7 nella cappella privata, come i predecessori Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Celebrano con lui i due segretari, don Georg e don Alfred, mentre nel ruolo di "chierichette" ci sono le laiche che si occupano dell’appartamento papale. Si tratta di quattro memores Domini (vuol dire "che ricordano il Signore"): non sono suore, ma hanno consacrato le proprie vite al servizio di Dio e della Chiesa, all’interno del movimento di Comunione e liberazione, facendo promesse di castità, obbedienza e povertà. Si chiamano Carmela, Loredana, Cristina e Rossella. Quest’ultima si è aggiunta al gruppo nei primi mesi del 2011, prendendo il posto di Manuela, rimasta uccisa in un incidente stradale a Roma nel novembre 2010. Loredana e Carmela sono pugliesi, Cristina marchigiana, Rossella emiliana. In genere la cura della casa in cui vive il Pontefice è sempre stata affidata a suore, ma la presenza di laiche non è una novità assoluta perché già Pio XI scelse di farsi assistere, come si è già visto, dalla governante che era al suo servizio a Milano, Teodolinda Banfi. Alla Messa prende parte anche Paolo Gabriele, aiutante di camera del Papa. Un tempo si diceva "maggiordomo personale", ma questa espressione non è più usata. Paolo (chiamato familiarmente Paoletto in Vaticano) è sposato, ha quarantasei anni e tre figli. Il suo compito è di servire il Papa a tavola. Assiste il Pontefice anche nel corso dei viaggi ed ha preso il posto del mitico Angelo Gugel, aiutante di Giovanni Paolo II. Visto che abbiamo fatto la conoscenza delle collaboratrici del Papa, diciamo qualcos’altro sul loro lavoro. Loredana, originaria di Taranto, si occupa soprattutto della cucina. È lei a ordinare quanto è necessario al supermercato vaticano e, se occorre, all’orto e alla fattoria di Castel Gandolfo. Ottima cuoca, è specializzata nei primi piatti, come la pasta al curry e i rigatoni al prosciutto. Anche Carmela (pure lei di Taranto) lavora nella cucina, ma la sua specialità sono i dolci: dovendo soddisfare il palato di un Papa tedesco, sa fare molto bene lo strudel, ma anche il tiramisù e la crostata (che a Papa Ratzinger piace soprattutto con la marmellata di mirtilli). Cristina e Rossella si occupano della cura dell’appartamento e del guardaroba papale. La Messa del mattino è celebrata in italiano. Subito dopo la Messa Benedetto XVI consuma la colazione e quindi si reca nello studio, dove resta dalle 8 alle 11. Sulla scrivania ci sono un crocifisso e due telefoni. Il Pontefice possiede anche un cellulare, il cui numero è, come si può immaginare, riservatissimo. I segretari gli portano una rassegna stampa internazionale, preparata da un ufficio della Segreteria di Stato e riposta dentro una cartella di cuoio. La rassegna è ampia e accurata, e all’inizio c’è un riassunto delle principali notizie, così che il Papa possa farsi un’idea generale degli avvenimenti e scegliere poi gli articoli di suo maggiore interesse. Benedetto XVI padroneggia bene, oltre al tedesco, l’italiano, l’inglese, il francese e lo spagnolo. Gli articoli in tutte queste lingue non hanno quindi bisogno di essere tradotti. Compito dei segretari è anche quello di selezionare la posta e di sottoporre all’attenzione del papa solo le lettere ritenute più interessanti o urgenti. Sbrigate queste prime operazioni, il Papa prende visione dell’agenda del giorno, che prevede in genere l’incontro con cardinali e vescovi, sia provenienti da varie parti del mondo sia in servizio nella Curia romana. Attorno alle 11 Benedetto XVI entra nell’ascensore privato e scende dal terzo al secondo piano del Palazzo apostolico, dove riceve i personaggi in visita, compresi capi di Stato e di governo, ambasciatori dei paesi accreditati e rappresentanti di associazioni, gruppi e organismi di ogni parte del mondo. Gli incontri, gestiti dagli uffici della Prefettura della Casa Pontificia, avvengono nella biblioteca del Papa o in altre sale: dipende dal numero di persone da ricevere in udienza e dalla solennità da attribuire all’appuntamento. Questa parte della mattinata dura due ore, fino alle 13. Il mercoledì mattina, al posto di queste udienze particolari, si svolge l’Udienza generale settimanale, che ha luogo, a seconda delle stagioni e del numero di persone presenti, nell’aula delle udienze oppure in Piazza San Pietro. Incomincia alle 10.30 e dura circa un’ora e mezza. Il pranzo è alle 13.30. Il Papa è servito da Paolo Gabriele e a tavola è in compagnia dei due segretari. Rarissimi sono gli ospiti esterni. La cucina è tipicamente mediterranea, molto gradita dal Papa. L’unica eccezione riguarda il bere: Papa Ratzinger non beve vino, ma aranciata. Se però con il dolce viene servito lo spumante se ne concede un assaggio. Dopo pranzo è il momento di una breve passeggiata sul terrazzo del Palazzo apostolico. Non più di dieci minuti, tra gli aranci e i limoni in vaso e con una splendida veduta di Roma. Da lì sembra di poter toccare la cupola di San Pietro, e l’intera piazza si stende ai piedi di chi guarda dall’alto. Durante la passeggiata il Papa chiacchiera con i due segretari in un clima disteso e amichevole. In genere in questi dieci minuti non vengono affrontati problemi di lavoro. Dopo circa un’ora di riposo, alle 15.30 il Papa è di nuovo alla sua scrivania. Il pomeriggio è dedicato alla stesura di documenti, discorsi, omelie. Come detto, il Papa scrive a mano, con una stilografica, per cui tutti i suoi testi hanno bisogno di essere trascritti al computer ed eventualmente tradotti dal tedesco nelle diverse lingue. Benedetto XVI non delega volentieri il compito di scrivere i testi dei suoi interventi, ma naturalmente, quando gli impegni sono tanti, non può sempre scrivere tutto di suo pugno. In questi casi, a seconda degli argomenti, i vari dicasteri vaticani gli fanno pervenire bozze che il Papa legge ed eventualmente modifica e integra. Terminata questa fase di lavoro, attorno alle 17.30 i segretari gli portano altra posta preselezionata e documenti da firmare. È poi la volta, attorno alle 18.30, delle cosiddette "udienze di tabella", cioè previste e codificate da un orario settimanale. A seconda dei giorni, sono ricevuti nello studio privato i principali collaboratori: il Segretario di Stato, il sostituto alla Segreteria di Stato, il segretario per i rapporti con gli Stati, i prefetti della Congregazione per la Dottrina della Fede e dei vescovi, i titolari di altri dicasteri e uffici della Santa Sede. Esaurita anche questa incombenza, il Papa si concede una nuova passeggiata, questa volta però nei giardini vaticani, che raggiunge in macchina dopo essere sceso con l’ascensore nel cortile di San Damaso. Cammina in compagnia di uno o di entrambi i segretari e con loro recita il rosario, fermandosi in preghiera davanti alla replica della grotta di Lourdes. La cena è servita attorno alle 19.30 ed è molto frugale. Subito dopo, se ne ha voglia, Benedetto XVI guarda l’inizio del Tg1 delle 20, poi si ferma ancora un po’ nel suo studio e infine, nella cappella, recita la compieta, l’ultima preghiera della giornata contenuta nel breviario (il libro liturgico dei sacerdoti), così chiamata perché avviene a compimento delle ore canoniche. Il ritiro in camera da letto non avviene mai prima delle 23. Per verificarlo, basta passare in Piazza San Pietro attorno a quell’ora e vedere quando si spegne la luce nella finestra all’ultimo piano del Palazzo apostolico. È in quel momento che l’intera Città del Vaticano (a parte le guardie di turno e gli addetti ai controlli di alcuni servizi tecnici) si ferma per qualche ora, in attesa di una nuova giornata.

Aldo Maria Valli, Europa

Incendio in un carcere dell'Honduras, morti 350 detenuti. Benedetto XVI: grande dolore, prego l'Onnipotente per l'eterno riposo dei defunti

In un messaggio pubblicato ieri dalla Nunziatura di Tegucigalpa, che porta la firma del cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, Papa Benedetto XVI esprime grande dolore per la morte, in un incendio in Honduras, di oltre 350 detenuti della fattoria penale di Comayagua e trasmette le sue sentite condoglianze "ai familiari delle vittime". Il Santo Padre, si legge nel telegramma recapitato al vescovo della diocesi di Comayagua mons. Roberto Camilleri, "prega all'Onnipotente per l'eterno riposo dei defunti" e esprime al tempo stesso la "sua vicinanza spirituale ai parenti" auspicando un "pronto e totale recupero dei feriti". Il Papa, inoltre, su tutti "invoca l'amorevole protezione di Nostra Signora la Madonna Santissima di Suyapa e imparte la sua Benedizione apostolica" in un momento "di tanta tristezza".

Il Sismografo