giovedì 22 novembre 2012

Porpora, quanto mi costi. Il 'corredo' dei cardinali che saranno creati nel Concistoro di sabato e le liste per i regali nelle sartorie romane. L'anello cardinalizio offerto dal Papa

Sabato Benedetto XVI creerà sei nuovi porporati, ad appena nove mesi dall’ultimo Concistoro che si svolse lo scorso 18 febbraio. Anche se soltanto per sei nuovi principi della Chiesa, le sartorie ecclesiastiche romane si sono messe immediatamente in moto con i corredi per i neo-porporati. Al momento della creazione cardinalizia, infatti, un vescovo smette di indossare le vesti color violaceo e passa a quelle rosse. E le sartorie approntano per ciascun cardinale una lista di vestiti e accessori, alla quale possono riferirsi coloro che vogliano fare un omaggio al nuovo porporato. Questi sono i prezzi in circolazione, calibrati sul listino della sartoria ecclesiastica più famosa di Roma, quella di Gammarelli, che per tradizione veste anche il Papa. La mozzetta rossa, che i cardinali portano quando indossano l’abito corale, costa circa 200 euro, ma il suo prezzo sale se invece dei bottoni di stoffa si chiedono quelli, più ricercati e fatti a mano, di corda intrecciata (costano circa 20 euro l’uno). La veste rossa costa all’incirca 800 euro, mentre il cappello a tricorno senza fiocco tipico dei cardinali può costare dagli 80 ai 120 euro. 80 euro può costare il cordino per la croce pettorale, intrecciato di rosso e oro: il prezzo varia a seconda della ricercatezza e della grandezza del fiocco che sta sulla schiena. La fascia rossa marezzata, da indossare sia con la veste rossa, sia sulla veste talare nera filettata di rosso, costa circa 200 euro. Una veste talare nera filettata costa circa 600 euro, mentre lo zucchetto rosso cardinalizio ha un prezzo che si aggira sui 40 euro. Infine, le calze rosse costano circa 15 euro al paio. Considerato che per normalmente il cardinale si munisce di due pezzi di ciascuno di questi indumenti, si può calcolare che un corredo cardinalizio completo venga a costare circa quattro-cinquemila euro. L’anello cardinalizio è regalato dal Papa ai nuovi porporati.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Don Di Noto: dobbiamo dire che la pedofilia è un crimine, non possiamo pensare che sia un fenomeno marginale. Moltissimi quotidiani non ne parlano, è un'omissione di soccorso, omissione di informazione

"Impressiona quando quotidianì così rinomati e importanti magari pubblicano quattro-cinque pagine di gossip, e non informano la gente su questi fenomeni aberranti, così gravi". Don Fortunato Di Noto, fondatore dell'associazione Meter impegnata contro la pedofilia, esprime ai microfoni della Radio Vaticana il suo disappunto per la scarsa attenzione dei media riguardo al fenomeno. "Non credo - spiega - che oggi la società non sappia contenere queste notizie, non sappia gestirle emotivamente, ma di certo non parlarne favorisce ancora di più la diffusione di una mentalità che quasi tende sempre più a normalizzare il fenomeno". Il sacerdote siciliano si riferisce alla scoperta su internet del più grande archivio pedopornografico mai rinvenuto dalla Polizia postale, che ha condotto le indagini per 10 mesi, a partire dalla segnalazione di una ragazza salernitana che, scaricando dei file musicali di Edith Piaf, si è ritrovata il computer inondato da materiale raccapricciante. "Stiamo parlando - spiega don Di Noto - di un'operazione importante che ha permesso il sequestro di cinque milioni di file, con cartelle che contengono immagini di neonati violentati e si suppone forse anche uccisi". "Allora - rileva il sacerdote - se tutto questo non ci indigna e non crea una motivazione per contrastare anche culturalmente il fenomeno, io credo che ci sia da interrogarsi". "Noi - conclude don Di Noto - dobbiamo dire che la pedofilia è un crimine: non possiamo pensare che sia un fenomeno marginale. E' veramente un fenomeno per cui i criminali si nutrono della carne e dell'innocenza dei bambini. Non riesco a capire - conclude il prete anti-pedofili - perchè di conseguenza moltissimi quotidiani poi non ne parlano: questa veramente è un'omissione di soccorso, un'omissione di informazione". "Le persone che compiono reati contro i bambini non possono essere tutelate nella loro privacy". "Capisco - ammette - la tutela per evitare il far-west, per evitare azioni che possano arrecare ulteriore danno a chi è stato abusatore, predatore di bambini; però è anche vero che la conoscenza del nome permetterebbe due cose: uno, sarebbe un elemento deterrente perchè questi soggetti potrebbero così essere individuati e, perchè no?, la società potrebbe proteggersi da ulteriori attacchi". Secondo don Di Noto, "forse anche per il soggetto l'essere conosciuto potrebbe diventare un deterrente per fare meno danni". "Se arriva la condanna definitiva, in terzo grado, se la condanna è definita penso - sottolinea il religioso - che non dovrebbe esserci alcun problema nell'indicare nome e cognome". "Il problema - segnala il sacerdote antipedofilia - è anche un altro: spesso si ha una condanna più pesante per chi ruba galline di quanto per chi commette questo tipo di reato". "Per fortuna - riconosce don Di Noto - con la ratifica della Convenzione di Lanzarote le cose sono un po' cambiate per quanto riguarda i livelli di prescrizione del reato: si può arrivare, dipende dalla gravità del reato commesso nei confronti dei minori, anche a 28 anni di prescrizione". "Forse - conclude don Di Noto - bisogna fare di più, forse bisogna applicarsi di più, forse bisogna che la giustizia sia più celere di quanto non lo sia oggi. Normalmente, in un processo per abuso sessuale su bambini, per avere un primo grado, possono passare anche cinque-sei anni. Figuratevi quanto può passare per avere una sentenza definitiva".
 
Agi
 

Natale 2012. Iniziata in Piazza San Pietro la costruzione del tradizionale presepe. Offerto dalla Basilicata, non graverà sui bilanci della Santa Sede. La Natività sarà ambientata tra i sassi di Matera

La crisi colpisce ancora e questa volta a farne le spese è il presepe di Piazza San Pietro. Il Vaticano, in tempi di austerity e soprattutto dopo gli ultimi scandali targati Vatileaks che hanno rivelato i costi esorbitanti a carico delle casse del Governatorato della Città del Vaticano, ha deciso di cambiare rotta. Il presepe, che sorgerà come da tradizione sotto l'obelisco in Piazza San Pietro, non costerà un solo centesimo al Vaticano se non per le spese correnti e di manutenzione. Il costo del presepe sarà a carico della regione Basilicata che arricchirà l'iconografia classica di elementi locali tipici, ambientando la nascita di Gesù tra i Sassi di Matera e le botti di Barile, il comune dove si produce il vino Aglianico. Non mancheranno bue e asinello, due elementi della tradizione la cui presenza nella scena della Natività è stata appena esclusa nel libro del Papa sull'infanzia di Gesù. L'idea del Governatorato, guidato dal card. Giuseppe Bertello, è di un cambiamento che si protragga anche nei prossimi anni per alleggerire le spese a carico dell'amministrazione vaticana offrendo alle Regioni che lo richiedono la possibilità di donare al Papa un presepe che possa essere anche un veicolo di promozione delle Regione stessa. Non si esclude che a donare i prossimi presepi siano anche stati stranieri. Un progetto che vuole far dimenticare gli strascichi del caso Vatileaks, scoppiato con la pubblicazione delle lettere riservate con cui l'ex segretario del Governatorato, ora nunzio a Washington, monsignor Carlo Maria Viganò, denunciava sprechi e forme di corruzione a danno dell'amministrazione d'Oltretevere puntando in particolare il dito contro esorbitanti appalti a fornitori esterni. Non a caso uno degli esempi, messi per iscritto da Viganò, riguardava proprio il presepe del 2009 costato 550 mila euro. Una cifra ridotta a 300mila euro l'anno successivo, dopo il suo intervento. In anni passati, come è accaduto nel 2007 con la provincia autonoma di Trento, enti locali avevano partecipato con elementi all'allestimento del presepe. Da quest'anno la realizzazione passa completamente alle Regioni. Intanto, la Basilicata si prepara per portare in scena il suo presepe. Ci saranno abiti classici della tradizione, e l'ambientazione sarà in una delle chiese rupestri di Matera. Saranno rappresentati scorci del Sasso Caveoso e di quello Barisano, con effetti luce che vanno dal giorno alla notte. L'opera, di 225 metri quadrati, è stata realizzata dal maestro lucano Francesco Artese, con statuine tra i 35 e i 50 centimetri, e abiti realizzati a mano sui modelli della tradizione contadina. Tutti i pastori sono in terracotta, con costumi di stoffa inamidata, ispirati a quelli indossati dai contadini lucani negli anni Cinquanta del secolo scorso. Il presepe sarà completato il 14 dicembre con l'accensione dell'albero donato invece dalla Regione Molise.

La Repubblica.it

'L'infanzia di Gesù'. La ricerca personale del volto del Signore. Questo 'luogo' in cui fede e ragione possono, alla fine, davvero mettersi in relazione, che si può pensare e sperare di costruire, tutti insieme, il bene dell’uomo

Nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto essere l’opera a cui dedicarsi da "pensionato". Il progetto accarezzato per tanti anni, e sempre rinviato, e finalmente preso in mano nel 2003, a 76 anni, quando il tempo del (meritato) riposo sembrava essere prossimo. Poi Papa Wojtyla gli chiese: "Aspetti un altro po’...". E poi, arrivò il 2005, e le cose sono andate come sono andate, e come tutti sanno. Una premessa breve, questa, ma indispensabile, per dirci, anzi ri-dirci, una volta di più, qualcosa di importante di e su Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, così come egli stesso si firma ancora una volta, nel terzo e ultimo libro su Gesù, pubblicato ieri. Ci dice, in primo luogo della tenacia con cui, dedicando a questa impresa letteralmente ogni ritaglio di tempo all’interno di un’agenda senza pause, abbia voluto e saputo perseguire un’idea che, scriveva nella prefazione al primo dei tre volumi, vedeva come esito e culmine di quel "lungo cammino interiore" iniziato fin dal "tempo della sua giovinezza", per ricucire "lo strappo tra il Gesù storico e il Cristo della fede", iniziato a partire dagli anni Cinquanta. E, dunque, non tanto come momento di sintesi della sua già sterminata produzione accademica, cosa che, in sé, sarebbe stata comunque più che comprensibile, quanto piuttosto come parte imprenscindibile della sua missione di sacerdote e di teologo. Una tenacia, insomma, che è perfetta rappresentazione, testimonianza, di quella dedizione senza riserve che, come Benedetto XVI ha ripetuto in tanti discorsi, specie ai seminaristi, deve essere alla fine il tratto distintivo dell’essere prete. Insieme a questo, e in collegamento diretto, l’altra cosa che, al di là dei contenuti, il terzo libro su Gesù ci dice, riguarda direttamente il ministero petrino di Benedetto XVI, e il modo straordinariamente moderno in cui lo interpreta. "Non ho di sicuro bisogno di dire espressamente - scriveva nello stesso testo già citato - che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del volto del Signore. Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell’anticipo di simpatia senza il quale non c’è alcuna comprensione". Una precisazione non casuale, ribadita in tutti e tre i volumi, dove la cosa forse più straordinaria è l’aperta disponibilità di un Papa (la doppia firma non è casuale, in questo senso) a mettersi e a essere messo in discussione, con il garbato invito a mettere da parte i pregiudizi sulla persona (la sua persona) e a concentrarsi invece sul contenuto della riflessione. Anche a questo proposito, non si tratta di qualcosa di inedito nella storia di Benedetto XVI. Spesso, dalla sua elezione a vescovo di Roma, e nelle più diverse occasioni, dagli incontri coi sacerdoti a quelli con i rappresentanti di altre religioni, ha voluto sottolineato di parlare "non da Papa", ma da "semplice" uomo di fede. Una distinzione né pedante né retorica, ma il modo concreto di dare veste e forza al suo insistito invito a non rinunciare mai al dialogo ispirato dal desiderio di comprensione reciproca, al suo incessante sforzo di rivolgersi all’intelligenza degli uomini, a prescindere dal credo e dalla cultura. Al suo mettersi costantemente alla pari col proprio interlocutore, mantenendo sempre distinto il livello confessionale da quello secolare. Perché è da questo dialogo, da questo "luogo" in cui fede e ragione possono, alla fine, davvero mettersi in relazione, che si può pensare e sperare di costruire, tutti insieme, il bene dell’uomo.

Salvatore Mazza, Avvenire 

I saluti a Benedetto XVI nell'udienza ai direttori delle amministrazioni penitenziarie europee: servone misure alternative alla detenzione. Il ricordo della visita al carcere di Rebibbia

Situazioni e prospettive delle realtà carcerarie sono state presentate al Papa, durante l'udienza ai direttori delle amministrazioni penitenziarie europee, dal ministro della Giustizia del Governo italiano, Paola Severino (nella foto con Benedetto XVI), e dal vice segretario generale del Consiglio d’Europa, Gabriella Battaini-Dragoni. Al Pontefice il ministro ha ricordato con "emozione" la visita compiuta insieme nel carcere romano di Rebibbia. Assicurando di continuare a lavorare per "completare la riforma carceraria con le misure alternative alla detenzione, con l’istituto della messa alla prova, con l’istituto del lavoro carcerario che rappresenta veramente la più importante forma di reinserimento sociale del detenuto". Nelle carceri, ha proseguito il ministro, si incontra "una umanità dolente che cerca però il modo di redimersi", "detenuti che chiedono di imparare un mestiere per poter riprendere la loro vita normale, per poter essere vicino ai figli, ai nipoti, ai familiari, per poter ritornare a far parte di quella famiglia dalla quale sono stati lontani, e sono lontani, durante il periodo della carcerazione". Il ministro Severino ha quindi riaffermato l’impegno "a diminuire la distanza che c’è tra l’uomo in carcere e la sua famiglia, tra l’uomo in carcere e la società". Un contributo in questo senso viene, ha detto, dalla "straordinaria professionalità e dedizione del volontariato cattolico, ma anche del volontariato laico". È una presenza che offre "ai detenuti un filo di comunicazione con la società, la possibilità di un canale di ascolto per ridurre la lacerazione della lontananza degli affetti". E ha sottolineato come nelle "piccole cappelle del carcere" si trovi "quel senso di pace che i detenuti avvertono nel momento in cui ritrovano il loro contatto con la religione, la spiritualità, che è certo una delle forme più importanti per riuscire a sopravvivere all’esperienza del carcere". Da parte sua, il vice segretario generale del Consiglio d’Europa ha auspicato che i provvedimenti finora adottati contribuiscano "a migliorare il trattamento dei detenuti stranieri in Europa e la loro preparazione alla scarcerazione e al reinserimento sociale". Infatti il numero dei detenuti stranieri in Europa "è in costante aumento" e ciò comporta "seri problemi" per gestire questa realtà "in modo efficace e conforme al senso di umanità". Il fatto poi di "scontare la pena lontano dal proprio Paese accentua per questi detenuti il disagio e l’isolamento sociale, facendoli spesso ricadere nella criminalità". Infine si è augurata "soluzioni efficaci al problema del sovraffollamento che affligge oggi numerose carceri europee".

L'Osservatore Romano

Il Papa: l’esigenza personale del detenuto di vivere nel carcere un tempo di riabilitazione e di maturazione è esigenza della stessa società, sia per recuperare una persona che possa validamente contribuire al bene di tutti, sia per depotenziarne la tendenza a delinquere e la pericolosità sociale

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti alla 17° Conferenza dei Direttori delle Amministrazioni Penitenziarie del Consiglio d’Europa.  "I temi della giustizia penale sono continuamente all'attenzione dell'opinione pubblica e dei governi, particolarmente in un tempo in cui le differenze economiche e sociali ed il crescente individualismo alimentano le radici della criminalità. La tendenza, però, è di restringere il dibattito solo al momento legislativo della disciplina dei reati e delle sanzioni o al momento processuale, inerente i tempi e le modalità per arrivare ad una sentenza che sia il più possibile corrispondente alla verità dei fatti". "Minore attenzione - ha sottolineato Benedetto XVI - viene invece prestata alla modalità di esecuzione delle pene detentive, in relazione alla quale al parametro della 'giustizia', deve essere accostato come essenziale quello del rispetto della dignità e dei diritti dell'uomo. Ma anche questo parametro, benché indispensabile ed in molti Paesi, purtroppo, ancora lontano dall'essere conseguito, non può essere considerato sufficiente, proprio al fine di tutelare in modo integrale i diritti della persona". Per il Papa, "occorre impegnarsi, in concreto e non solo come affermazione di principio, per una effettiva rieducazione della persona, richiesta sia in funzione della dignità sua propria, sia in vista del suo reinserimento sociale". “L’esigenza personale del detenuto di vivere nel carcere un tempo di riabilitazione e di maturazione è, infatti, esigenza della stessa società, sia per recuperare una persona che possa validamente contribuire al bene di tutti, sia per depotenziarne la tendenza a delinquere e la pericolosità sociale”. "Affinché la giustizia umana possa, in questo campo, guardare alla giustizia divina ed esserne orientata - ha detto Benedetto XVI - è necessario che la funzione rieducativa della pena non sia considerata un aspetto accessorio e secondario del sistema penale, ma, al contrario,momento culminante e qualificante. Al fine di 'fare giustizia' non basta cioè che colui che è riconosciuto colpevole di un reato venga semplicemente punito; occorre che, nel punirlo, si faccia tutto ciò che è possibile per correggere e migliorare l'uomo. Quando ciò non accade la giustizia non è realizzata in senso integrale. In ogni caso ci si deve impegnare per evitare che una detenzione fallita nella funzione rieducativa divenga una pena diseducativa, che, paradossalmente, accentua, invece di contrastare, l'inclinazione a delinquere - ha affermato il Papa - e la pericolosità sociale della persona". "Il compito degli operatori penitenziari, a qualunque livello essi operino, non è certo facile. Per questo oggi, tramite voi, desidero rendere omaggio a tutti coloro che, nelle amministrazioni penitenziarie, si adoperano con grande serietà e dedizione. Il contatto con coloro che hanno commesso colpe da espiare e l’impegno richiesto per ridare dignità e speranza a chi spesso ha già sofferto l’emarginazione ed il disprezzo richiamano la missione stessa di Cristo, il quale è venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori, destinatari privilegiati della misericordia”. "Il profondo rispetto della persona, l'operare per la riabilitazione del carcerato, il creare una vera comunità educativa - ha sottolineato il Papa - si rendono ancora più urgenti considerando anche la crescente presenza di 'detenuti stranieri', spesso in situazioni difficili e di fragilità". "Al ruolo delle istituzioni e degli operatori penitenziari è indispensabile che corrisponda la disponibilità del detenuto a vivere un tempo di formazione", ha detto Benedetto XVI. "Una risposta positiva non dovrebbe però essere semplicemente attesa ed auspicata, ma sollecitata e favorita con iniziative e proposte capaci di vincere l'ozio e spezzare la solitudine in cui spesso i detenuti restano confinati. Molto importante in questo senso è la promozione di attività di evangelizzazione e di assistenza spirituale, capaci di destare nel detenuto gli aspetti più nobili e profondi, risvegliando in lui l'entusiasmo per la vita e il desiderio di bellezza propri di chi riscopre di portare impressa in sé, in modo indelebile, l'immagine di Dio" ha concluso il Papa.

TMNews, SIR

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA 17° CONFERENZA DEI DIRETTORI DELLE AMMINISTRAZIONI PENITENZIARIE DEL CONSIGLIO D’EUROPA - il testo integrale del discorso del Papa
 

Udienza del Papa al presidente della Repubblica di Haiti. Nel colloquio contributo offerto dalla Chiesa, tramite le sue istituzioni educative, sociali e caritative, particolarmente durante il terremoto

Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il presidente della Repubblica di Haiti, Michel Joseph Martelly (foto), che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - sono state passate in rassegna le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e lo Stato. Si è quindi ricordato il particolare contributo offerto dalla Chiesa, tramite le sue istituzioni educative, sociali e caritative, particolarmente durante il terremoto che ha colpito il popolo haitiano e nella fase di ricostruzione del Paese. Nel corso della conversazione ci si è infine soffermati sull’importanza di continuare a collaborare per lo sviluppo armonico della società haitiana”. Il colloquio è durato poco meno di un quarto d'ora. Il presidente haitiano era accompagnato, oltre che da alcuni ministri, dalla moglie e da quattro figli. Sulla curiosa capigliatura di uno di loro, Sandro, il Papa si è soffermato con uno sguardo divertito. A conclusione del colloquio privato, il presidente ha regalato a Benedetto XVI un tamburo tradizionale ornato con paillettes colorate.

Radio Vaticana, TMNews

COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: UDIENZA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI HAÏTI


Il Papa: la bellezza dovrebbe tornare a riaffermarsi e a manifestarsi in tutte le espressioni artistiche, senza però prescindere dall’esperienza di fede, anzi, confrontandosi liberamente e apertamente con essa, per trarne ispirazione e contenuto

Nel pomeriggio di ieri, presso l’Aula Magna del Palazzo San Pio X, si è tenuta la XVII Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, il cui tema questa volta è stato: "Pulchritudinis fidei testis. L’artista, come la Chiesa, testimone della bellezza della fede". Nel corso della seduta, aperta dal card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha letto un messaggio che Benedetto XVI aveva indirizzato ai partecipanti. "Un pensiero particolare - afferma Benedetto XVI nel testo - rivolgo alle Autorità e agli Accademici della Pontificia Academia Latinitatis, da me appena istituita con il Motu Proprio Latina Lingua per dare rinnovato vigore alla conoscenza, allo studio e all'uso della lingua latina, sia nella Chiesa sia nelle Istituzioni universitarie e scolastiche. A questa nuova Accademia auguro vivamente di intraprendere, sotto la guida del neo-Presidente, il Prof. Ivano Dionigi, una proficua e feconda attività di promozione della lingua latina, lascito prezioso della tradizione e testimone privilegiato di un patrimonio culturale che chiede di essere trasmesso alle nuove generazioni". Il Papa riafferma quindi “la volontà della Chiesa di ritrovare la gioia della riflessione comune e di un’azione concorde, al fine di rimettere nuovamente al centro dell’attenzione, sia della Comunità ecclesiale, sia della società civile e del mondo della cultura, il tema della bellezza”. La bellezza “dovrebbe tornare a riaffermarsi e a manifestarsi in tutte le espressioni artistiche, senza però prescindere dall’esperienza di fede, anzi, confrontandosi liberamente e apertamente con essa, per trarne ispirazione e contenuto. La bellezza della fede, infatti, non può mai essere ostacolo alla creazione della bellezza artistica, perché ne costituisce in qualche modo la linfa vitale e l’orizzonte ultimo. Il vero artista, infatti, definito dal Messaggio conciliare 'custode della bellezza del mondo', grazie alla sua particolare sensibilità estetica e al suo intuito può cogliere e accogliere più in profondità di altri la bellezza propria della fede, e quindi riesprimerla e comunicarla con il suo stesso linguaggio”. “In questo senso - sottolinea - possiamo allora parlare dell’artista anche come testimone, in qualche modo privilegiato, della bellezza della fede. Egli così può partecipare, con il proprio specifico e originale contributo, alla stessa vocazione e missione della Chiesa, in particolare quando, nelle diverse espressioni dell’arte, voglia o sia chiamato a realizzare opere d’arte direttamente collegate all’esperienza di fede e al culto, all’azione liturgica della Chiesa”. Nell'Anno della Fede, il Papa invita tutti gli artisti cristiani e tutti coloro che si aprono al dialogo con la fede, a far sì che il loro percorso artistico diventi “un itinerario integrale, in cui tutte le dimensioni dell’esistenza umana siano coinvolte, così da testimoniare efficacemente la bellezza della fede in Cristo Gesù, immagine della gloria di Dio che illumina la storia dell’umanità”. La seduta si è conclusa con la consegna del Premio delle Accademie Pontificie, dedicato quest'anno alle arti, in particolar modo alla pittura e alla scultura, e di cui sono stati vincitori la scultrice polacca Anna Gulak, e il pittore spagnolo David Ribes López. La Medaglia del Pontificato è stata consegnata allo scultore italianoal giovane scultore italiano Jacopo Cardillo.

VIS Notizie, TMNews

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA XVII SEDUTA PUBBLICA DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE

'L'infanzia di Gesù'. Don Costa: la maieutica del Papa è ben dettagliata e scandita. Un discorso scorrevole, stimolante mai debole e ovvio. È un linguaggio che esalta la sua grande capacità di scrittura e di letteratura. L'avventura editoriale di questo terzo volume parte dunque nel migliore dei modi

Due libri in uno: una narrazione semplice e piana di un fatto storico, ma anche una raffinata meditazione teologica intessuta di richiami scritturali, citazioni e approfondimenti eruditi; il terzo volume su Gesù di Nazaret, scritto da Joseph Ratzinger Benedetto XVI, "L'infanzia di Gesù", (Milano - Città del Vaticano, Rizzoli - Libreria Editrice Vaticana, 2012, pagine 173, euro 17) è stato presentato martedì 20 novembre nella Sala Pio X, in Vaticano, anche da don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana e da Paolo Mieli, presidente di Rcs Libri. "Come editore delegato alla gestione dei diritti e partner della nella pubblicazione di questo terzo volume - ha detto don Costa nel suo intervento di saluto - vorrei prima di tutto ringraziare l'autore. Grazie Santo Padre per aver voluto portare a termine questo lavoro promesso da tempo ai suoi lettori ed editori. Ora che il libro è pubblicato, leggendolo ci si rende conto che rappresenta non soltanto una piccola 'sala d'ingresso' o un 'piccolo libro' come scrive lo stesso autore nella premessa, ma qualcosa di più importante. Pellegrini anche noi come Abramo 'sulla strada di ciò che deve avvenire', in questo libro troviamo con il 'mattino' di Gesù e di Maria anche quello della nostra fede". "Le parole di Joseph Ratzinger - ha aggiunto il direttore della Libreria Editrice Vaticana - ci fanno pensare e ci coinvolgono fino a convincerci che fa parte 'del diventare cristiani l'uscita dall'ambito di ciò che tutti pensano e vogliono, dai criteri dominanti, per entrare nella luce della verità sul nostro essere e, con questa luce, raggiungere la vita giusta'". E ha continuato: "Desidero aggiungere una parola sullo stile di Joseph Ratzinger scrittore. La sua maieutica è ben dettagliata e scandita. Un discorso scorrevole, stimolante mai debole e ovvio. È un linguaggio che esalta la sua grande capacità di scrittura e di letteratura. L'avventura editoriale di questo terzo volume parte dunque nel migliore dei modi. Così come del resto è avvenuto per gli altri due volumi". Il primo titolo dedicato a Gesù di Nazaret, pubblicato il 16 aprile del 2007, è stato tradotto in quarantuno edizioni per complessive due milioni di copie e oltre. Il secondo volume, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana il 18 febbraio 2011, conta quaranta edizioni per un milione di copie. "L'infanzia di Gesù" esce in contemporanea in nove lingue e in cinquanta Paesi, con una tiratura che supera il milione di copie. Nei prossimi mesi sarà tradotto in venti lingue e pubblicato in settantadue Paesi. "Se si aggiungono le edizioni eBook e audiolibri - ha aggiunto ancora il direttore della Libreria Editrice Vaticana - ci si trova di fronte a un fenomeno editoriale di dimensioni imponenti. Estendo i miei ringraziamenti anche agli amici dell'editoria internazionale, con il cui aiuto potrà essere assicurata la diffusione internazionale, la più ampia possibile".

Silvia Guidi, L'Osservatore Romano

Anno della fede. Ortega: crescita spirituale capace di dare un significato alla vita e trovare la strada della giustizia e della speranza. Soo-jung: la gioia della fede attarverso il 'servizio dell'amore'

“Questa è la nostra fede” è il titolo della lettera pastorale del card, Jaime Ortega Alamino, arcivescovo de La Habana con motivo dell’Anno della fede, nella quale riflette sulle caratteristiche e necessità in questo momento della storia di Cuba, approfondendo sulla fede del popolo in Cristo. Nel testo, il porporato cubano analizza alcune cause dell’attuale crisi etica nel mondo segnalando come detonante “silenzioso e profondo” l’assenza di Dio nell’orizzonte umano. Il card. Ortega afferma che davanti all’assenza di riferimenti sul Creatore, l’uomo di oggi resta da solo davanti alla propria coscienza e in mezzo a un mondo deturpato dal relativismo. “Si pretende creare un’etica nuova o meglio innovativa che, avvolta nel silenzio su Dio, risulta imprecisa e variabile”, si legge nella lettera pastorale che è stata consegnata ai fedeli alla fine della celebrazione eucaristica di apertura dell’Anno della fede nella Cattedrale de La Habana. Il porporato insiste nella necessità di professare una fede che si faccia accompagnare dalla ragione, perche altrimenti diventerebbe un “fideismo volontario”, una realtà che si può costatare oggi “nell’uso che alcuni gruppi fanno della religione per incoraggiare la violenza e il terrore o nella proliferazione di sette veramente fanatiche”. A Cuba, dove la fede in Cristo Gesù è stata perseguitata e silenziata, scrive l’arcivescovo de La Habana, è importante per il cubano, che vive in mezzo all’incertezza e la frustrazione, poter realizzare l’incontro con Dio. Il ruolo del cristianesimo nella società civile, spiega Ortega, è fare in modo che l’uomo e la donna possano raggiungere la felicità personale e contribuire a edificare un mondo integralmente migliore. “Per fare questo – afferma, ci vuole altro che le grandi scoperte scientifiche o la parziale soddisfazione materiale, ma la crescita spirituale capace di dare un significato alla vita e trovare la strada della giustizia e della speranza”. Il porporato cubano ha incoraggiato i fedeli a intraprendere la Nuova Evangelizzazione che “è indirizzata ai cattolici di tutte le comunità perché ci sono riferimenti a Cristo e alla sua Chiesa, tante volte imperfetti, confuse o cancellate dalla storia di famiglie e popoli per il materialismo, per le sette, per gruppi religiosi sincretici, e per il cattivo esempio di tanti cristiani”. Infine, l’arcivescovo de La Habana ha ricordato che l’incontro con Gesù è sempre sconvolgente dato che la persona cambia di prospettiva e di mentalità, per “nascere di nuovo”.
La crisi nella fede dei cattolici coreani "nasce dalle deboli fondamenta della promozione del messaggio cristiano. Spero e chiedo a tutti voi di rilanciare programmi fattuali che, per l'Anno della fede, promuovano una rinascita del nostro impegno comune". Lo scrive l'arcivescovo di Seoul, mons. Andrew Yeom Soo-jung, nella lettera episcopale che accompagna "Introduzione all'Anno della fede", un libretto inviato dall'arcidiocesi a tutte le parrocchie. La lettera si intitola "Camminiamo sulla strada della fede con gli occhi fissi su Cristo, che ci guida verso la pienezza". Nel testo, il presule scrive: "Dovreste tutti provare la gioia della fede anche attraverso il 'servizio dell'amore', un servizio che porta sempre frutti. Inoltre dovrebbero essere frequenti la lettura e la meditazione della Bibbia, la preghiera incessante, l'ascolto degli insegnamenti della Chiesa e la partecipazione devota alla Messa". Il libro è stato preparato per i fedeli, pensato per "rendere più fruttuosa questa grande esperienza dell'Anno della Fede". Invita i parroci e i religiosi a portare avanti "programmi concreti" per una maggiore partecipazione della comunità agli eventi cattolici e contiene la Lettera apostolica Porta Fidei e una spiegazione dei cinque motti scelti dall'arcidiocesi per la celebrazione di questo Anno, voluto da Benedetto XVI.

Radio Vaticana, AsiaNews

Rappresentanti della Chiesa, di tutte le fazioni e i gruppi politici e religiosi del Libano presenzieranno alle celebrazioni e ai momenti pubblici del Concistoro in cui verrà creato cardinale il Patriarca Bechara Boutros Rai

L'ingresso nel Sacro Collegio del Patriarca maronita Bechara Boutros Rai (nella foto con Benedetto XVI) diventa occasione per ritrovare l'unità nazionale libanese in un momento estremamente delicato per gli equilibri politici e sociali del Paese dei cedri. Rappresentanti di tutte le fazioni e i gruppi politici e religiosi che compongono il mosaico libanese, presenzieranno nei prossimi giorni alle celebrazioni e ai momenti pubblici legati al Concistoro convocato a Roma da Benedetto XVI per la creazione di sei nuovi cardinali. In quell'occasione, anche il capo della Chiesa maronita riceverà dalle mani del Vescovo di Roma la berretta cardinalizia. Alle celebrazioni e poi agli incontri ufficiali con il Patriarca neo-porporato prenderanno parte più di venti vescovi libanesi, i superiori religiosi del Libano insieme ad alti rappresentanti del Patriarcato ortodosso di Antiochia e del Patriarcato armeno. Le istituzioni nazionali saranno presenti al massimo livello, con la partecipazione annunciata del presidente della repubblica libanese Michel Suleiman. Nutrita e eloquente la lista dei rappresentanti dei gruppi politici, che intorno al Patriarca neo-porporato accantoneranno temporaneamente le contrapposizioni che segnano l'attuale fase politica libanese. Salvo forfait dell'ultima ora, il Partito delle Falangi sarà rappresentato dall'ex presidente Amin Gemayel. Invierà un rappresentante personale l'ex Primo ministro sunnita Saad Hariri, che mercoledì scorso ha potuto salutare il Papa in Aula Paolo VI al termine dell'Udienza generale. Verranno a Roma in occasione del Concistoro diversi deputati del Movimento Patriottico Libero, il Partito guidato dall'ex generale Michel Aoun. Mentre Suleiman Franjie, leader del movimento Marada, invierà a rappresentarlo un suo figlio. Secondo informazioni raccolte dall'agenzia Fides, anche il partito di Hezbollah sarà presente a Roma nei giorni del Concistoro con un suo rappresentante ufficiale. Si tratta di Ghalib Abu Zeinab, membro dell'ufficio politico del Partito sciita e responsabile delle relazioni con i cristiani. Lo scorso 9 novembre una delegazione di Hezbollah guidata da Sayyed Ibrahim Amin al-Sayyed, Capo dell'ufficio politico dell'organizzazione, si era recata nella sede del Patriarcato maronita a Bkerkè per offrire le proprie felicitazioni al Patriarca.

Fides

Anno della fede. 'Splendore della fede in Cristo', presentato il libro dell'arcivescovo di Częstochowa Wacław Depo: uno sforzo quotidiano di intelletto, volontà e cuore del credente, per essere più vicino a Dio

"Splendore della fede in Cristo" è il titolo dell'ultimo libro di mons. Waclaw Depo, metropolita di Częstochowa e presidente del Consiglio per le Comunicazioni Sociali presso la Conferenza Episcopale Polacca. Il volume, edito dall'Università Cattolica di Lublino, è dedicato alla problematica della fede nel contesto dell’Anno della dede. La presentazione del libro ha avuto luogo lunedì nell’Aula del Settimanale Cattolico “Niedziela”, a Czestochowa, alla presenza dell’autore e di altri ospiti come mons. Stanislaw Nowak, arcivescovo emerito di Czestochowa, il vescovo Jan Wątroba, vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi di Czestochowa, i rappresentanti di Jasna Gora, e del mondo accademico e scientifico, e del Parlamento polacco. “Abbiamo bisogno dello splendore della fede, soprattutto in un tempo in cui le persone sono alla ricerca di luce, si sentono insicuri” ha dichiarato mons. Ireneusz Skubis, capo redattore di Niedziela. Nel suo intervento, invece, don Krzysztof Guzowski, dell’Università Cattolica di Lublino, ha osservato che "la fede è uno sforzo quotidiano di intelletto, volontà e cuore del credente, per essere più vicino a Dio e nel modo più perfetto possibile realizzare la sequela di Cristo, la cui vita è già un libro di fede”. Il teologo ecumenista Don Jaroslaw Grabowski, ha richiamato poi l'attenzione su alcuni aspetti della pubblicazione dell'arcivescovo Depo, ovvero che “la fede è un incontro personale con Dio in Cristo” e che la “scoperta della verità è un dono per tutti, a condizione che la persona abbia rispetto per la verità”. Presentando infine la sua opera, mons. Depo ha dichiarato che il libro è “una raccolta della mia lotta per la verità che devo presentare ogni giorno agli altri”. Spiegando l’utilizzo del linguaggio poetico per la sua teologia, l’arcivescovo ha ricordato le parole di Benedetto XVI quando disse che "chi non è aperto alla poesia, si chiude al mistero del cristianesimo". “Oggi è il momento di un’apologia corretta e coraggiosa della fede - ha aggiunto poi il metropolita di Częstochowa -, Abbiamo bisogno di un soffio dello Spirito Santo per portare la verità di Gesù”. “Splendore della fede in Cristo” è composto da 6 parti, il cui contenuto è diviso in 29 articoli e discorsi delle conferenze degli ultimi anni. I titoli e il contenuto delle singole parti “presentano la dimensione cristocentrica”, ha spiegato Depo, “è Cristo che rivela chi è Dio e chi è l'uomo". Per lo studio sulla dogmatica “di ieri e di oggi”, il presule si è basato sulla teologia di Joseph Ratzinger. Mentre per la sua riflessione accademica e pastorale, oltre all'insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha tratto spunto anche dalla riflessione teologica del prof. don Czeslaw S. Bartnik, promotore della sua tesi di dottorato presso l'Università Cattolica di Lublino. Come già accennato, ampi accenni sono dedicati al ricco patrimonio della poesia polacca, in particolare Norwid, don Jan Twardowski e Roman Brandstaetter. Una parte importante della pubblicazione è, invece, mariologica. L'autore mostra, infatti, l’importanza della preghiera mariana come preghiera di affidamento. Il riferimento è al pensiero di Giovanni Paolo II e al suo straordinario contributo allo sviluppo della mariologia polacca. Alla domanda sull'importanza della mariologia nella riflessione teologica, mons. Depo ha risposto che "la riflessione mariologica e la dimensione mariana della vita cristiana è il modo più sicuro per imitare Cristo. Per mezzo di Maria arriviamo a Gesù ". Il libro si conclude con un capitolo sulle sfide affrontate dalla Chiesa di oggi. Grande spazio è dedicato ai problemi dei media, in particolare della società dell'informazione e dell'”educazione” data da essa che porta alla nascita di un “nuovo tipo di uomo”.

Don Mariusz Frukacz, Zenit