Situazioni e prospettive delle realtà
carcerarie sono state presentate al
Papa, durante l'udienza ai direttori delle amministrazioni penitenziarie europee, dal ministro della Giustizia
del Governo italiano, Paola Severino (nella foto con Benedetto XVI),
e dal vice segretario generale
del Consiglio d’Europa, Gabriella
Battaini-Dragoni. Al Pontefice il
ministro ha ricordato con "emozione" la visita compiuta insieme nel
carcere romano di Rebibbia. Assicurando
di continuare a lavorare
per "completare la riforma carceraria
con le misure alternative alla
detenzione, con l’istituto della messa
alla prova, con l’istituto del lavoro
carcerario che rappresenta veramente
la più importante forma di
reinserimento sociale del detenuto". Nelle carceri, ha proseguito il
ministro, si incontra "una umanità
dolente che cerca però il modo di
redimersi", "detenuti che chiedono
di imparare un mestiere per poter
riprendere la loro vita normale, per
poter essere vicino ai figli, ai nipoti,
ai familiari, per poter ritornare a
far parte di quella famiglia dalla
quale sono stati lontani, e sono
lontani, durante il periodo della
carcerazione". Il ministro Severino
ha quindi riaffermato l’impegno "a
diminuire la distanza che c’è tra
l’uomo in carcere e la sua famiglia,
tra l’uomo in carcere e la società".
Un contributo in questo senso viene,
ha detto, dalla "straordinaria
professionalità e dedizione del volontariato
cattolico, ma anche del
volontariato laico". È una presenza
che offre "ai detenuti un filo di comunicazione
con la società, la possibilità
di un canale di ascolto per
ridurre la lacerazione della lontananza
degli affetti". E ha sottolineato
come nelle "piccole cappelle
del carcere" si trovi "quel senso di
pace che i detenuti avvertono nel
momento in cui ritrovano il loro
contatto con la religione, la spiritualità,
che è certo una delle forme
più importanti per riuscire a sopravvivere
all’esperienza del carcere". Da parte sua, il vice segretario
generale del Consiglio d’Europa ha
auspicato che i provvedimenti finora
adottati contribuiscano "a migliorare
il trattamento dei detenuti
stranieri in Europa e la loro preparazione
alla scarcerazione e al reinserimento
sociale". Infatti il numero
dei detenuti stranieri in Europa
"è in costante aumento" e ciò
comporta "seri problemi" per gestire
questa realtà "in modo efficace
e conforme al senso di umanità". Il fatto poi di "scontare la pena
lontano dal proprio Paese accentua
per questi detenuti il disagio
e l’isolamento sociale, facendoli
spesso ricadere nella criminalità".
Infine si è augurata "soluzioni efficaci
al problema del sovraffollamento
che affligge oggi numerose
carceri europee".
L'Osservatore Romano
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