giovedì 22 novembre 2012

I saluti a Benedetto XVI nell'udienza ai direttori delle amministrazioni penitenziarie europee: servone misure alternative alla detenzione. Il ricordo della visita al carcere di Rebibbia

Situazioni e prospettive delle realtà carcerarie sono state presentate al Papa, durante l'udienza ai direttori delle amministrazioni penitenziarie europee, dal ministro della Giustizia del Governo italiano, Paola Severino (nella foto con Benedetto XVI), e dal vice segretario generale del Consiglio d’Europa, Gabriella Battaini-Dragoni. Al Pontefice il ministro ha ricordato con "emozione" la visita compiuta insieme nel carcere romano di Rebibbia. Assicurando di continuare a lavorare per "completare la riforma carceraria con le misure alternative alla detenzione, con l’istituto della messa alla prova, con l’istituto del lavoro carcerario che rappresenta veramente la più importante forma di reinserimento sociale del detenuto". Nelle carceri, ha proseguito il ministro, si incontra "una umanità dolente che cerca però il modo di redimersi", "detenuti che chiedono di imparare un mestiere per poter riprendere la loro vita normale, per poter essere vicino ai figli, ai nipoti, ai familiari, per poter ritornare a far parte di quella famiglia dalla quale sono stati lontani, e sono lontani, durante il periodo della carcerazione". Il ministro Severino ha quindi riaffermato l’impegno "a diminuire la distanza che c’è tra l’uomo in carcere e la sua famiglia, tra l’uomo in carcere e la società". Un contributo in questo senso viene, ha detto, dalla "straordinaria professionalità e dedizione del volontariato cattolico, ma anche del volontariato laico". È una presenza che offre "ai detenuti un filo di comunicazione con la società, la possibilità di un canale di ascolto per ridurre la lacerazione della lontananza degli affetti". E ha sottolineato come nelle "piccole cappelle del carcere" si trovi "quel senso di pace che i detenuti avvertono nel momento in cui ritrovano il loro contatto con la religione, la spiritualità, che è certo una delle forme più importanti per riuscire a sopravvivere all’esperienza del carcere". Da parte sua, il vice segretario generale del Consiglio d’Europa ha auspicato che i provvedimenti finora adottati contribuiscano "a migliorare il trattamento dei detenuti stranieri in Europa e la loro preparazione alla scarcerazione e al reinserimento sociale". Infatti il numero dei detenuti stranieri in Europa "è in costante aumento" e ciò comporta "seri problemi" per gestire questa realtà "in modo efficace e conforme al senso di umanità". Il fatto poi di "scontare la pena lontano dal proprio Paese accentua per questi detenuti il disagio e l’isolamento sociale, facendoli spesso ricadere nella criminalità". Infine si è augurata "soluzioni efficaci al problema del sovraffollamento che affligge oggi numerose carceri europee".

L'Osservatore Romano