martedì 9 ottobre 2012

La vita, la ricerca teologica e la riflessione spirituale di Joseph Ratzinger sono intrecciati in mondo singolare con il Concilio Vaticano II, di cui é insieme protagonista, testimone e custode. L'ermeneutica della riforma nel discorso del 22 dicembre 2005

Giovane teologo, al Concilio  Vaticano II Joseph Ratzinger era assistente dell'arcivescovo di Colonia Joseph Frings (foto), antagonista del card. Alfredo Ottaviani, cioé del prefetto del Sant'Uffizio e presidente della Commissione teologica, che cercava di frenare le riforme. Da Papa si accinge a celebrare solennemente il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Vaticano II, in occasione del quale ha convocato un Anno della fede per rilanciare la nuova evangelizzazione. Come perito conciliare era annoverato tra i "progressisti" e partecipava alle riunioni della "fronda" di lingua tedesca nel collegio romano di Santa Maria dell'Anima, ma docente in Germania ha subito i contraccolpi del dopoconcilio negli anni tesi della contestazione. La vita, la ricerca teologica e la riflessione spirituale di Joseph Ratziger-Benedetto XVI sono intrecciati in mondo singolare con il grande evento ecclesiale del Novecento. Del Concilio Ecumenico Vaticano II Benedetto XVI é insieme protagonista, testimone e custode. E se in una intervista del 1977 l'allora card. Ratzinger ha affermato che il Concilio è stato "un terremoto e al tempo stesso una crisi salutare", fino ad oggi la sua riflessione più esaustiva sulla eredità del Concilio è quella formulata nel primo discorso natalizio alla Curia romana dopo l'elezione al Pontificato, il 22 dicembre 2005. La categoria che ha scelto per valutare le assise ecumeniche del Novecento è quella di "riforma", la stessa, ha ricordato, "presentata" anche da Giovanni XXIII e Paolo VI. "Ermeneutica della discontinuità e della rottura" e "ermeneutica della riforma", per il Pontefice sono due interpretazioni del Concilio che "si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro; l'una ha causato confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti". La prima interpretazione, "non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media e anche di parte della teologia moderna" ma "rischia di far finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa conciliare". Benedetto XVI ha indagato i rischi insiti nel credere che fedeltà al Concilio debba essere soprattutto al suo "spirito" più che ai testi, dando in questo modo "spazio ad ogni estrosità ". Non si deve considerare il Concilio "come una specie di Costituente, - ha detto - che elimina una Costituzione vecchia e ne crea una nuova", ma "la Costituente ha bisogno di un mandante e poi una conferma da parte del mandante, cioé del popolo alla quale la Costituzione deve servire, i Padri non avevano tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno del resto poteva darlo perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore...". Il Papa, che parlava a quaranta anni dalla conclusione del Concilio, osserva che "possiamo rilevare che il positivo è più grande e più vivo di quanto non potesse apparire nell'agitazione degli anni intorno al 1968; oggi vediamo che il seme buono, pur sviluppandosi lentamente, tuttavia cresce, e cresce così anche la nostra profonda gratitudine per l'opera svolta dal Concilio". La "vera natura della riforma" conciliare, per il Papa, é quindi "nell'insieme di continuità e discontinuità a livelli diversi". E "le decisioni della Chiesa riguardanti cose contingenti dovevano necessariamente essere esse stesse contingenti". Tra tali forme contingenti, il Papa ha annoverato "certe forme concrete di liberalismo o di interpretazione liberale della Bibbia". C'é poi una critica al considerare la libertà di religione "come espressione della incapacità dell' uomo di trovare la verità". Oltre a una ampia analisi del rapporto tra la Chiesa missionaria e il concetto di verità, Benedetto XVI ha analizzato il concetto di "apertura al mondo moderno" enunciato dal Concilio: "chi si era aspettato che con questo 'si'' fondamentale all'età moderna tutte le tensioni di dileguassero e l' 'apertura verso il mondo' così realizzata trasformasse tutto in pura armonia, aveva sottovalutato le interiori tensioni e anche le contraddizioni della stessa età moderna...". "Non era certo intenzione del Concilio" a giudizio di papa Ratzinger, "abolire la contraddizione del Vangelo nei confronti dei pericoli e degli errori dell'uomo, era invece senz' altro suo intendimento accantonare contraddizioni erronee o superflue, per presentare a questo nostro mondo l'esigenza del Vangelo in tutta la sua grandezza e purezza".

Ansa

Discorso ai membri della Curia e della Prelatura Romana per la presentazione degli auguri natalizi (22 dicembre 2005)

Terza Congregazione generale. La viva partecipazione in preghiera del Papa e dei Padri sinodali al dramma che stanno vivendo i cittadini della Siria. Gli interventi: il grande potere del silenzio e la Confessione come sacramento della nuova evangelizzazione

Alle 9.05 di oggi, alla presenza del Santo Padre, con il canto dell’Ora Terza, ha avuto luogo la terza Congregazione generale, per la continuazione degli interventi dei Padri sinodali in Aula sul tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Presidente Delegato di turno era il card. Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Guadalajara in Messico. A questa Congregazione Generale, che si è conclusa alle 12.30 con la preghiera dell’Angelus Domini, erano presenti 259 Padri, dei quali 142 partecipano per la prima volta ad un’Assemblea sinodale. "Preoccupati per la tragica situazione in cui versa il popolo siriano - ha detto l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale, in apertura dei lavori - il Papa e i Padri sinodali assicurano la loro vicinanza alla gente di questa terra martoriata, scossa da tanta violenza. Assicurano altresì la loro costante preghiera per le vittime di tanta barbarie, che sono soprattutto persone povere e bambini. Chiedono al Signore che guerra e violenze possano presto finire e che si trovi finalmente una giusta soluzione". L’appello ha fatto seguito alla meditazione dell’arcivescovo Joseph Absi, ausiliare e protosincello di Damasco dei greco-melkiti, durante la liturgia dell’Ora Terza. Commentando il Salmo 118 il presule si è soffermato in particolare sul significato vero dell’amore per la legge del Signore, un amore che per l’uomo deve trasformarsi in amore per l’altro. Ed è questo che molti credenti non hanno ben compreso: tutti sanno, infatti, che una legge, ha detto, può piacere, può convenire, può essere giusta e può essere rispettata; ma il fatto che "essa possa essere amata e meditata deve farci riflettere". Soprattutto sul modo in cui questa legge viene trasmessa. Se ciò "avviene in modo freddo - ha spiegato - e impersonale, senza trasporto" allora difficilmente si riuscirà a contagiare gli altri. Il richiamo a una riflessione sul modo di trasmettere il Vangelo nel mondo di oggi è stato un po’ il filo conduttore degli interventi di stamani, ventisette in tutto. In molti hanno sottolineato la necessità di un rinnovamento che inizi proprio dagli evangelizzatori e li chiami a rinvigorire il loro rapporto diretto con il Cristo prima di comunicarlo agli altri. Il cardinale arcivescovo di New York Timothy Dolan, per rafforzare il concetto, ha ricordato che la prima parola dell’evangelizzazione è "vieni" e l’ultima è "vai". Ciò significa, ha spiegato, che "l’evangelizzatore è il primo a essere chiamato e dunque a dover andare all’incontro con Cristo. Solo dopo potrà andare e portarlo agli altri". Il cardinale statunitense ha posto, di conseguenza, la questione della troppa attenzione data alle strutture, alle cose che ci circondano, alle apparenze, allorquando si cerca di capire ciò che è sbagliato in questo mondo. Forse sarebbe più opportuno pensare che a essere sbagliati siamo noi; "e dunque siamo noi - ha aggiunto - che dobbiamo convertirci e riscoprire il valore della riconciliazione". Il porporato è andato oltre e ha proposto che sia proprio la riconciliazione "il sacramento della nuova evangelizzazione". A fargli eco l’intervento dell’arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, il quale ha chiesto di aiutare la Chiesa a riscoprire "il grande potere del silenzio". Solo nel silenzio si può ascoltare più chiaramente la voce del Signore, l’unico in grado di dare veramente "risposte a tutto e a tutti". “Tutti noi viviamo in un mondo che quotidianamente si nutre di ‘novità’. Le mille novità ci interpellano su cosa sia davvero la novità. II mondo di oggi, frastornato da mille cambiamenti, è infatti privo di novità perché prigioniero di un pensiero debole, ed è sempre alla ricerca di emozioni perché ingombrato da mille cose che non lo soddisfano veramente. Si pone pertanto la grande domanda: dove sta davvero la novità?”. Così mons. Gerhard Ludwig Müller, arcivescovo emerito di Regensburg e prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Per il presule, “la nuova evangelizzazione richiede di superare certi dibattiti intra-ecclesiali in cui, da tanti anni, si ripropongono sempre gli stessi temi, e di riproporre invece la fede cristiana nella sua pienezza e perenne novità”. “In questa pienezza e novità trova consistenza e forza di comunione la collegialità tra i vescovi - ha aggiunto mons. Müller -, la quale non può però divenire pretesto per un’autonomia mal intesa”. La nuova evangelizzazione, ha concluso, “esige di attingere a questa comunione ed avrà efficacia solo se fondata sull’unità dei vescovi con il Successore di Pietro e tra loro. Questa unità è la pietra angolare su cui il Signore edifica la sua Chiesa”. Per ritrovare questa forza c’è forse bisogno "di una nuova Pentecoste", ha suggerito l’arcivescovo di San Antonio, Gustavo García-Siller, il quale ha auspicato una "consacrazione del mondo allo Spirito Santo". Un richiamo al rinnovamento è venuto anche dall’arcivescovo Rino Fisichella, il quale si è augurato un ripensamento su quella che ha definito "la burocratizzazione della vita di fede e sacramentale". Al termine della Congregazione, infine, l’Aula ha ascoltato l’intervento del delegato fraterno Simo Peura, luterano, e dell’invitato speciale Lamar Vest, presidente dell’American Bible Society, alla quale per la prima volta, in 200 anni di operato, è stata offerta questa opportunità. “Il ruolo del cristianesimo sta notevolmente cambiando nei Paesi tradizionalmente cristiani. Di conseguenza il tema del Sinodo dei vescovi, l‘evangelizzazione, è fondamentale per tutte le Chiese cristiane”, ha detto nella sua riflessione Peura. “Riconosciamo la necessità di rinnovamento della Chiesa e dei suoi membri, anche nella comunione delle chiese luterane”, ha proseguito. Per questo “siamo grati di avere l‘opportunità di camminare con voi”. Il mondo di oggi, ha sottolineato Peura, “ci sfida a sostenere il battesimo come solido fondamento della vita cristiana. E’ il battesimo e la fede che ci uniscono a Cristo e alla Chiesa”. Nel sottolineare come l’"Instrumentum laboris" coniughi insieme “fede e amore”, il vescovo luterano ha espresso soddisfazione per il “consenso raggiunto” dalle Chiese cattolica e luterana sulla “dottrina della giustificazione”, e ha rammentato che la “Joint Declaration” “ci aiuta a dare una testimonianza comune, in modo che il mondo possa credere e la nostra sequela di Cristo sia credibile”. “Solo una Chiesa missionaria - ha concluso - può rimanere viva in futuro”. Pur nei “cambiamenti del nostro mondo”, ha osservato da parte sua Lamar Vest, presidente dell’American Bible Society, “la grande, travolgente narrazione della Bibbia resta la nostra più grande speranza e aspirazione”. Prima di lasciare l’Aula il Papa ha salutato entrambi.

L'Osservatore Romano, Radio Vaticana, SIR

TERZA CONGREGAZIONE GENERALE

Numerosi interventi liberi dei Padri sinodali nella seconda Congregazione generale: passione ed energia dei vescovi del Sud del mondo

Per gli interventi liberi della seconda Congregazione generale del Sinodo, tenuta alla presenza del Papa nel pomeriggio di ieri, hanno preso la parola numerosi Padri sinodali. Il cardinale tedesco Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, ha sostenuto che evangelizzare significa dare anima alla carita, basandosi sui sacramenti. L'arcivescovo di Dublin, Diarmuid Martin, si è detto colpito dall'faccento sulla gioia e sulla fiducia, tanto necessarie in una Chiesa locale come quella irlandese che ha subito duri colpi al suo interno. Il patriarca di Antiochia dei greco- melkiti, Gregorios III Laham, Capo del sinodo della Chiesa grecomelkita cattolica, è intervenuto due volte, prima per per chiedere contatti più continuativi tra tutte le Chiese, e poi per affermare che cattolici del vicino e Medio Oriente devono avere il coraggio di presentare la loro fede anche nelle situazioni più pericolose. In riferimento all'attuale stagione in quella parte del mondo, il patriarca ha detto che i valori espressi dal Vangelo possono essere anche un contributo importante, "un bel programma", ha detto, alle cosiddette primavere arabe. Anche il patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, ha sottolineato che le Chiese mediorientali subiscono il martirio e che le condizioni politiche dei loro Paesi impediscono loro di evangelizzare. Il card. Christoph Schonborn, arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza Episcopale austriaca, ha invitato a guardare ai lontani dalla fede, ricordando che i vescovi sono chiamati a essere i primi evangelizzatori. Colpito dalla passione e dall'energia che emerge dal Sud del mondo si è detto lo statunitense vescovo di Tucson, Gerald Frederick Kicanas. Il card. Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza Episcopale spagnola, ha incentrato il suo intervento sul significato della proclamazione a dottore della Chiesa di San Giovanni dfAvila, additandolo come esempio ai cristiani nelle difficoltà anche di quest'epoca. Secondo il gabonese Mathieu Madega Lebouakehan, vescovo di Port-Gentil, i cattolici non trovano spazio sui mezzi di comunicazione quando parlano specificamente della loro fede e non si limitano a interventi di tipo sociale. La denuncia dell'impossibilità di fare opera di evangelizzazione, vietata come proselitismo in molti Paesi africani e non solo, è venuta dal vescovo della diocesi nigeriana di Sokoto, Matthew Hassan Kukah. Il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, presidente della Conferenza dei vescovi latini nelle regioni arabiche (Celra), ha lamentato quelle che ha definito conversioni a senso unico, per cui in molti Paesi un cristiano può farsi musulmano, ma non il contrario. Il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale italiana, ha detto che il Sinodo deve essere percepito come un porsi in ascolto del mondo con la stessa consapevolezza del Concilio. Il cardinale ha poi denunciato il liberismo in campo economico e il libertarismo in campo morale, segni entrambi di un degrado valoriale al quale deve opporsi l'azione ecclesiale, in particolare nel settore dell'feducazione. Il ruolo dei laici nell'evangelizzazione è stato sottolineato dal card. Lluis Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona. L'arcivescovo di Przemysl dei Latini e presidente della Conferenza episcopale polacca, Jozef Michalik, ha lodato la forza dei nuovi movimenti ecclesiali laicali, rivendicando pero anche il ruolo fondamentale di quelli di più consolidata tradizione. Il cardinale brasiliano Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di Sao Paulo, ha invitato a condividere le esperienze di fede e di religiosita e a non temere di manifestarle. I lavori sono stati chiusi dal card. Donald William Wuerl, arcivescovo di Washington, che in mattinata aveva tenuto la "Relatio ante disceptationem" del Sinodo. Il porporato si è detto convinto dellìinteresse nella stampa e nellìopinione pubblica per l'apertura del Sinodo e ha sottolineato come le domande rivolte con più insistenza siano state quelle sulla continuità con la stagione di rinnovamento e di energia del Concilio.

L'Osservatore Romano

Padre Lombardi: da domani all'Udienza generale uno speaker riassumerà in arabo i contenuti della catechesi del Papa e tradurrà i suoi saluti

Tra le altre novità che segnano l’apertura del Sinodo dei vescovi e l’avvio dell’Anno della fede, nell’incontro con la stampa di stamane in Vaticano padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha citato quella dello speaker in lingua araba alle Udienze generali del mercoledì di Benedetto XVI. “Oltre agli speakers abituali nelle diverse lingue - ha affermato - ve ne sarà uno di lingua araba che pronuncerà anche una breve sintesi della catechesi del Papa”. Questa decisione - ha aggiunto - “si colloca in continuità col recente viaggio del Papa in Libano e con la pubblicazione dell’esortazione postsinodale ‘Ecclesia in Medio Oriente’”. Secondo mons. Fisichella, inoltre, con questo gesto il Papa intende manifestare “il suo incessante interesse e la vicinanza ed appoggio ai cristiani del Medio Oriente”.

SIR 

Sodano: portiamo avanti il nostro lavoro d'evangelizzazione con grande umiltà, coraggio e ottimismo. Rylko: movimenti e nuove comunità ancora una risorsa non pienamente valorizzata nella Chiesa

"Vorrei concludere con un appello che mi sento di fare, non come decano del Collegio Cardinalizio, quanto come decano, per anzianità, dei vescovi presenti: portiamo avanti il nostro lavoro d'evangelizzazione con grande umiltà, sapendo che non siamo i primi a lavorare nella vigna del Signore nè saremo gli ultimi". Con queste parole il card. Angelo Sodano ha concluso, ieri sera, il suo intervento al Sinodo dei vescovi. "Con coraggio ed ottimismo - aggiunge - pur riconoscendo le grandi difficoltà esistenti nella presente situazione" della Chiesa e del mondo. Per il card. Sodano, "la nuova evangelizzazione, a cui ora siamo chiamati, non vuole essere soltanto uno slogan o una nuova tecnica, come accade oggi per la cosiddetta nuova alfabetizzazione, che vuole insegnare ad usare i metodi di comunicazione on line". "Si tratta invece - ha spiegato - di un'evangelizzazione nuova nel senso indicatoci dagli ultimi Romani Pontefici, per affrontare le sfide che la Chiesa oggi trova dinnanzi a sè, vincendo ogni forma di scetticismo e confidando nell'aiuto del Signore". "Ci troviamo di fronte - ha concluso - a un'impresa grandiosa, che vede coinvolti cielo e terra, un'opera misteriosa per l'intervento preveniente e concomitante della grazia di Dio". Che, nonostante "la presenza devastante del Maligno nella storia umana", alla fine, auspica il decano del Collegio cardinalizio,"sia la potenza vittoriosa di Cristo a splendere su tutte le miserie umane".
Nella Chiesa Cattolica "purtroppo movimenti e nuove comunità rimangono ancora una risorsa non ancora pienamente valorizzata nella Chiesa, un dono dello Spirito e un tesoro di grazie ancora nascosti agli occhi di molti Pastori, forse intimoriti dalla novità che apportano alla vita delle diocesi e delle parrocchie", ha affermato nel suo intervento di ieri al Sinodo il card. Sranislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. "Il Santo Padre - ha spiegato - è ben consapevole di questa difficoltà, perciò esorta i Pastori a non spegnere i carismi, essere grati anche se sono scomodi". Secondo Rylko, "si esige dunque una vera 'conversione pastorale' dei vescovi e dei preti, chiamati a riconoscere che i movimenti sono innanzitutto un dono prezioso piuttosto che un problema". "Lo slancio missionario delle nuove realtà - ha affermato il porporato polacco - non deriva da un entusiasmo emotivo e superficiale, ma scaturisce da esperienze molto serie ed esigenti di formazione dei fedeli laici ad una fede adulta, capace di rispondere adeguatamente alle sfide della secolarizzazione". "La novità della loro azione - per Rylko - non va ricercata nei loro metodi, ma nella capacita' di riaffermare la centralità di Dio nella vita dei cristiani, una questione fondamentale negli insegnamenti del Santo Padre Benedetto XVI". E se "i metodi di evangelizzazione che movimenti e nuove comunità adottano sono all'apparenza diversissimi, veramente multiformi, tutti risultano - ha assicurato il capo dicastero - riconducibili alle 'tre leggi della nuova evangelizzazione' che l'allora card. Ratzinger formulo' per catechisti e insegnanti di religione in occasione del Giubileo del 2000: innanzitutto la 'legge dell'espropriazione', ovvero non parlare a nome proprio, ma a nome della Chiesa, il coraggio di evangelizzare con pazienza e perseveranza, senza pretendere di ottenere risultati immediati, e infine accettare la logica della croce". "In queste leggi - conclude - è racchiuso il segreto più profondo dell'efficacia dell'impegno evangelizzatore della Chiesa in tutti i tempi".

Agi

INTERVENTI IN AULA (INIZIO)

Le relazioni sui Continenti: anche se indispensabile, l'organizzazione istituzionale della Chiesa non è sufficiente, gran parte dell'umanità non ritrova il Vangelo nell'evangelizzazione permanente. Fare un esame di coscienza

"Anche se indispensabile, l'organizzazione istituzionale della Chiesa non è sufficiente: gran parte dell'umanità di oggi non ritrova il Vangelo nell'evangelizzazione permanente della Chiesa"". Lo ha denunciato al Sinodo il presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano, l'arcivescovo messicano Carlos Aguiar Retes. "La Nuova Evangelizzazione - spiega presentando in aula il rapporto sul Continente americano - esige la comunione ecclesiale. Per raggiungere la Nuova Evangelizzazione e trasmettere la fede alle nuove generazioni, la Chiesa deve farsi in tutta onestà un esame di coscienza sul modo di vivere la fede". "In Africa - rileva da parte sua il card. Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam in Tanzania e presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar - vi sono elementi culturali che impediscono una vera evangelizzazione. Tra questi elementi si possono citare i perenni conflitti su base tribale, le malattie, la corruzione, il traffico di esseri umani, l'atrocità degli abusi sui bambini e la violenza nei confronti dei minori e delle donne". Secondo il presidente del SECAM, "un altro ostacolo che la Nuova Evangelizzazione in Africa non deve trascurare è l'attualità del fondamentalismo islamico nel continente. A tale riguardo, gli evangelizzatori devono affrontare la difficoltà di dialogare con la grande maggioranza di bravi musulmani, che però non si esprimono, e con i piccoli gruppi di fondamentalisti, che non sono disposti ad accettare nemmeno la verità oggettiva che viene contrapposta alla loro posizione preconcetta". Il porporato ha messo in guardia dal rischio di impoverire l'Africa "importando" il suo clero in altri Continenti che sofforno della crisi delle vocazioni: "la Chiesa in Africa viene privata degli evangelizzatori più qualificati, mentre la Chiesa occidentale, ricca dal punto di vista materiale, riceve evangelizzatori il cui obiettivo principale è il guadagno materiale"."Tutti i paesi dell'Oceania - ha rilevato invece mons. John Atcherley Dew, arcivescovo di Wellington, presidente della della Federazione delle Conferenze dei vescovi cattolici dell'Oceania - sono ormai decolonizzati da ben 50 anni oppure hanno raggiunto una qualche forma di autogoverno, mentre altri stanno ancora lottando per trovare una modalità di governo che rifletta sia le loro peculiarità culturali, sia le istanze di una moderna democrazia, per esempio Fiji e Tonga". Secondo il presule, l'attuale e costante instabilità politica di tanto in tanto esplode in atti di violenza, talvolta con perdita di vite umane. Molti di questi paesi/diocesi - però - sono seriamente colpiti dal cambiamento climatico, per esempio le isole Kiribati, Tuvalu, Tokelau, Rotuma, le Isole Cook Settentrionali e la Polinesia Orientale, situate a poca altezza sul livello del mare". "Il mare e la terra, l'acqua e il suolo... con il loro splendore e la loro bellezza - ha affermato - sono gravemente minacciati e ancor più lo sono le persone che dipendono dai doni del mare e della terra. La preoccupazione della Chiesa nei confronti dei poveri e dei più fragili deve rivolgersi anche alle particolari esigenze di potenziali profughi ambientali". Sull'Asia ha parlato il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombaye e segretario Generale della "Federation of Asian Bishops' Conferences". "L'India e la Cina, dove vive il 37% della popolazione mondiale - ricorda - stanno emergendo quali protagonisti della scena internazionale in molti settori". "Le sfide che dobbiamo affrontare - ha detto il cardinale indiano - sono immense. Ma le possibilità sono grandi. La giovane Asia è benedetta da un'esplosione di comunicazioni senza precedenti. Ciò non va visto come una minaccia, bensì come un gran dono di Dio, da usare per diffondere la Buona novella" Soffermandosi sul contesto asiatico, il card. Gracias, ha sottolineato che in questa cultura "la religione è più il discepolato di una persona che l'adesione a una dottrina o l'obbedienza a una serie di regole". "L'adesione a una dottrina nasce - fotografa Gracias - come il frutto dell'essere discepolo di un maestro. Inoltre la mentalità asiatica trova maggior significato nella preghiera contemplativa che nella meditazione discorsiva". "Queste - conclude - sono ricchezze su cui possiamo lavorare e condividere col mondo. Le nostre liturgie rappresentano un punto centrale della nostra fede cristiana, ma se la contemplazione viene posta al centro almeno del servizio para liturgico, ciò potrebbe portare una profonda gioia alla nostra gente, che sente la presenza di Dio e da lui si sente rafforzata".

Agi

RELAZIONI SUI CONTINENTI

Card. Erdo: la gente in Europa oggi ha fame e sete di speranza. I nuovi movimenti ecclesiali una vera benedizione per la Chiesa, se riescono ad evitare la tentazione postmoderna di accontentarsi di sentimenti e percezioni particolari

Alle 16.35 di ieri con la recita dell’Adsumus, alla presenza del Santo Padre, ha avuto luogo la seconda Congregazione generale, per la lettura delle Relazioni sui Continenti e l’inizio degli interventi dei Padri sinodali sul tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Presidente felegato di turno era il card. John Tong Hon, vescovo di Hong Kong. È seguito un tempo di interventi liberi dei Padri sinodali. A questa Congregazione generale, che si è conclusa alle 19.00 con la preghiera dell’Angelus Domini, erano presenti 256 Padri sinodali.
"La gente in Europa oggi ha fame e sete di speranza". Lo ha affermato il card. Peter Erdo, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali europee, presentando in aula il rapporto sulla situazione del Continente, che descrive come fiaccato da tre fattori negativi: "il calo demografico e l'invecchiamento della popolazione, la crisi economica e l'indebolimento dell'identità culturale e religiosa". La Chiesa, ha assicurato, fa la sua parte e tra le iniziative "per rispondere alla crisi familiare, si è potuta persino intraprendere la visita di tutte le famiglie cattoliche nel nome della parrocchia, con l'incarico del vescovo". "Molti laici - ha rilevato - ricevono ora la formazione per questa missione". "Soprattutto la crisi finanziaria - ha evidenziato il presidente dei vescovi europei - ha costretto i politici a prendere drastiche misure contrarie alla volontà dei propri elettori. La gente ha spesso l'impressione che la democrazia tradizionale stia perdendo il suo significato". "Si manifestano così - ha spiegato - i segni di un'illusione secondo cui sia possibile governare la società con i mass-media e l'economia, rinunciando completamente al diritto e alla moralita'". "La scristianizzazione - ha denunciato Erdo - è accompagnata da ripetuti attacchi giuridici, e talora fisici, contro la presenza visibile delle manifestazioni della fede". In proposito, il cardinale ungherese ha citato l'Osservatorio europeo di cristianofobia che "tra i segni preoccupanti di ostilità sistematica" segnala "molti casi di discriminazione e di violenza contro i cristiani in quasi tutti i paesi europei. Non di rado accade pure - osserva il cardinale - che i tribunali rifiutino l'aiuto alle vittime cristiane di tali attacchi". Secondo il rapporto presentato oggi al Sinodo, "la stragrande maggioranza dei casi di violenza e di discriminazione per l'appartenenza religiosa si compie in Europa contro cristiani, soprattutto cattolici". Per Erdo, è da rilevare anche che "la scristianizzazione non è solo un processo spontaneo: oggi - ha detto - dobbiamo costatare con preoccupazione il sorgere dei cosiddetti 'diritti umani di terza e quarta generazione' che non hanno più chiari legami con la visione umana e cristiana del mondo nè con la moralita' oggettiva espressa anche nelle categorie del diritto naturale". Sulla scorta delle parole di Giovanni Paolo II riguardo allo "smarrimento della memoria del cristianesimo", il presidente dei vescovi europei fa notare che "tale processo comporta purtroppo un grande rischio anche per la societa' civile. Bisogna costatare - ha concluso - che lo stato di diritto si è indebolito negli ultimi anni in diversi paesi". I nuovi movimenti ecclesiali "sono una vera benedizione per la Chiesa, se riescono ad evitare la tentazione postmoderna di accontentarsi di sentimenti e percezioni particolari". Secondo il porporato ungherese, va sottolineato "il ruolo prezioso di alcuni movimenti di spiritualità, menzionati già nell'Esortazione Apostolica 'Ecclesia in Europa' e con riferimento implicito al Cammino Neocatecumenale, che trova ostacoli in alcuni vescovi, ha rilevato che "la presenza attiva nella missione di persone provenienti da altri paesi e da altri continenti, incoraggia molto i fedeli europei". Secondo il presidente dei vescovi europei, "un altro segno dei tempi, particolarmente promettente in Europa, è la crescita del volontariato nelle parrocchie, specialmente nell'opera caritativa. Soprattutto i pensionati, in età compresa tra i 65 e i 75 anni, dimostrano una generosita' commovente e contribuiscono a rafforzare la solidarietà tra le generazioni". "A partire dall'anno scorso, quando, con l'aiuto del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, abbiamo nuovamente organizzato una grande missione in 12 città europee, si è constatato con gioia - assicura - lo spirito di iniziativa presso molte parrocchie". Un intero capitolo del suo rapporto al Sinodo, il card. Erdo lo ha dedicato infine "alle Giornate Mondiali della Gioventù di Colonia e di Madrid, e alle visite pastorali del Santo Padre in diversi paesi, che - ha sottolineato - hanno costituito un grande segno di speranza e hanno avuto un'efficacia missionaria straordinaria. Il movimento delle masse, la partecipazione dei mass-media, le grandi celebrazioni hanno toccato il cuore della gente, particolarmente sensibile a questo linguaggio di comunicazione". Secondo Erdo "gli effetti di tali eventi di massa non sono fugaci. In quelle occasioni diversi partecipanti hanno ricevuto persino la loro vocazione sacerdotale o religiosa". "Anche alcuni vescovi - ha concluso - sono tornati profondamente commossi da questi incontri". "Le questioni irrisolte sui Balcani, la situazione precaria dei cattolici nella Bosnia, i diversi conflitti connessi con il fenomeno dell'immigrazione nell'Occidente europeo richiedono una testimonianza equilibrata e a volte un paziente servizio da parte della Chiesa" ha affermato il porporato, denunciando che "continuano purtroppo ad essere presenti in Europa tensioni nazionali ed etniche". "Ringraziamo la Divina Provvidenza - ha detto - perchè negli ultimi anni è proseguita, nonostante i suddetti problemi, la riconciliazione tra le nazioni europee". "Incoraggiate da Benedetto XVI - ricorda - le Conferenze Episcopali della Slovacchia e dell'Ungheria hanno potuto sottoscrivere nel 2006 un atto di riconciliazione". Secondo il presidente dei vescovi europei, "il loro gesto può servire da esempio per la società di entrambe le nazioni". "In questo contesto si inseriscono i risultati ecumenici piu' recenti. Malgrado il fatto che alcune nuove comunità siano fortemente anticattoliche, e che altri ambienti cristiani cerchino di riaffermare la loro identità mediante attacchi contro la Chiesa Cattolica, la collaborazione pratica generale tra le Chiese e le comunità cristiane in Europa sta crescendo". Invece, "le Chiese ortodosse hanno espresso un larghissimo consenso circa la famiglia e la vita, circa i criteri dei rapporti tra Stato e Chiesa e la crisi economica. Anche con le comunità protestanti sta crescendo in Europa lo spirito di fratellanza e solidarietà". "Oltre a ciò - ha concluso - cresce tra i vescovi cattolici di rito latino e orientale la coscienza dell'unità, della fratellanza e della vera comunione. Chiediamo dunque la luce dello Spirito Santo per i lavori di questa Sinodo e per tutta la nuova evangelizzazione".

Agi

Relazione perr l’Europa: card. Péter ERDŐ, arcivescovo di Esztergom-Budapest, presidente della Conferenza Episcopale, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell'Europa (C.C.E.E.) (UNGHERIA)

Anno della fede. Presentata la celebrazione d'apertura: quattro segni che evocano il Concilio. Al termine il Papa consegnerà i Messaggi al Popolo di Dio a diverse categorie

Questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si è tenuto un briefing per illustrare la celebrazione di apertura dell’Anno della fede, che sarà presieduta dal Santo Padre giovedì alle 10.00 in Piazza San Pietro. Hanno preso parte al briefing mons. Rino Fisichella, oresidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione e mons. José Octavio Ruiz Arenas, segretario del dicastero. Una celebrazione piena di “segni che evocano il Concilio” ha sottolineato mons. Fisichella. Il primo di questi momenti consisterà, prima della Santa Messa, nella lettura di brani delle quattro costituzioni conciliari (“Sacrosanctum concilium”, “Lumen gentium”, “Dei Verbum” e “Gaudium et spes”), testi, ha detto mons. Fisichella, “che hanno segnato i lavori del Concilio e il rinnovamento nella vita della Chiesa”. Sarà poi ripetuta “la lunga processione che nell’immaginario collettivo riporta al 12 ottobre del 1962”, con tutti i Padri sinodali e i presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo, insieme ai 14 Padri conciliari che sono riusciti “nonostante l’età” a giungere a Roma, sul totale dei 70 padri conciliari viventi. “Tra di loro - ha notato mons. Fisichella - ce ne sono alcuni che hanno addirittura 102 anni, mentre la maggioranza supera i 90 anni e il più giovane è il card. Arinze che ha 80 anni”. “Altro segno - ha proseguito - sarà l’intronizzazione della Parola di Dio con lo stesso Evangeliario e leggio di 50 anni fa”. “Come a chiusura del Concilio Paolo VI consegnò dei messaggi al popolo di Dio, quegli stessi messaggi saranno consegnati da Papa Benedetto XVI a diverse categorie di persone, al termine della celebrazione eucaristica”. I Messaggi conciliari saranno consegnati a personalità di tutto il mondo divise per categorie: ai governanti (tramite il decano del corpo diplomatico presso la Santa Sede); agli uomini di scienza e di pensiero (tra cui la ricercatrice italiana che il 4 luglio scorso ha annunciato la prima osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs, Fabiola Gianotti,); agli artisti (tra cui lo scultore Arnaldo Pomodoro e il regista Ermanno Olmi); alle donne (tra cui Annalisa Minetti, cantante e sportiva); ai lavoratori (tra cui a Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl); ai poveri, ammalati e sofferenti (tra cui tre italiani dell’Unitalsi, Croce rossa e vittime della strada). Infine, essendo il ventesimo anniversario del Catechismo della Chiesa Cattolica, il Santo Padre consegnerà copia del Catechismo in un’edizione speciale pubblicata per l’Anno della fede a due rappresentanti dei catechisti: Caroline Fairey, Accademic Assistant presso il Maryvale Institute di Birmingham e Tommaso Spinelli, Catechista di giovani catecumeni presso l’Ufficio catechistico della diocesi di Roma. Mons. Arenas ha ricordato che nello stesso giorno in tutto il mondo, nelle cattedrali, chiese e parrocchie si raccomanda la celebrazione di una Messa per l’apertura ufficiale dell’Anno della fede. Rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, mons. Rino Fisichella ha anche ricordato che l’Anno della fede è stato pensato come un anno particolare, di fronte alla "crisi gravissima della fede" ma che il suo cammino è iniziato già molto tempo fa: "La Nuova Evangelizzazione è uno dei frutti del Concilio Vaticano II. Ho parlato intenzionalmente di questo, perché il Vaticano II voleva parlare di Dio all’uomo di oggi. Questa era la cosa più importante. Quindi, in questo parlare di Dio, già si metteva in atto un progetto pastorale per la vita della Chiesa. Adesso c’è bisogno che questo progetto sia maggiormente unitario. Il dicastero che il Papa ha voluto è nient’altro che lo strumento perché nella Chiesa possa esprimersi concretamente, anche dopo il Sinodo, un progetto pastorale di Nuova Evangelizzazione che mostri l’unità più che le singole esperienze particolari". Una maniera nuova quindi di vivere “la vita ordinaria della Chiesa in modo straordinario”, ma attenzione agli errori del passato: "Penso che in alcuni momenti ci siano delle sovrastrutture che possono soffocare l’azione evangelizzatrice della Chiesa. E quindi, ritengo che in alcuni momenti, abbiamo burocratizzato troppo la vita ecclesiale e anche gli stessi Sacramenti, la vita sacramentale. Da questo punto di vista, abbiamo bisogno di ritornare a essere delle comunità che annunciano l’incontro vivo con il Signore, e che siano anche capaci di esprimere la gioia di questo incontro. Se rimaniamo rinchiusi in noi stessi, autosufficienti di ciò che siamo, la nuova evangelizzazione non può partire. Così, si soffoca il movimento della Nuova Evangelizzazione".

SIR, Radio Vaticana

BRIEFING DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Libretto della Celebrazione

'L'infanzia di Gesù'. Anticipazioni della premessa e di alcuni brani. Il Papa: ho ora cercato di interpretare, in dialogo con esegeti del passato e del presente, ciò che Matteo e Luca raccontano all’inizio dei loro Vangeli

"Finalmente posso consegnare nelle mani del lettore il piccolo libro da lungo tempo promesso sui racconti dell’infanzia di Gesù". Sono le parole che Benedetto XVI scrive nella premessa del libro "L'infanzia di Gesù". "Non si tratta – spiega Joseph Ratzinger – di un terzo volume, ma di una specie di piccola 'sala d’ingresso' ai due precedenti volumi sulla figura e sul messaggio di Gesù di Nazaret. Qui ho ora cercato di interpretare, in dialogo con esegeti del passato e del presente, ciò che Matteo e Luca raccontano all’inizio dei loro Vangeli sull’infanzia di Gesù". "Un’interpretazione giusta – continua il Papa nella premessa – secondo la mia convinzione, richiede due passi. Da una parte, bisogna domandarsi che cosa intendevano dire con il loro testo i rispettivi autori, nel loro momento storico – è la componente storica dell’esegesi. Ma non basta lasciare il testo nel passato, archiviandolo così tra le cose accadute tempo fa. La seconda domanda del giusto esegeta deve essere: È vero ciò che è stato detto? Riguarda me? E se mi riguarda, in che modo lo fa? Di fronte a un testo come quello biblico, il cui ultimo e più profondo autore, secondo la nostra fede, è Dio stesso, la domanda circa il rapporto del passato col presente fa immancabilmente parte della nostra interpretazione. Con ciò la serietà della ricerca storica non viene diminuita, ma aumentata". "Mi sono dato premura – conclude Papa Ratzinger – di entrare in questo senso in dialogo con i testi. Con ciò sono ben consapevole che questo colloquio nell’intreccio tra passato, presente e futuro non potrà mai essere compiuto e che ogni interpretazione resta indietro rispetto alla grandezza del testo biblico. Spero che il piccolo libro, nonostante i suoi limiti, possa aiutare molte persone nel loro cammino verso e con Gesù". Rizzoli, in vista della Fiera del Libro di Francoforte, oltre alla premessa che il Papa ha firmato il 15 agosto a Castel Gandolfo, ha anticipato anche due piccoli stralci del manoscritto. Nel primo si parla dell’incarnazione del Figlio di Dio avvenuta in un determinato momento della storia: "Gesù – scrive Benedetto XVI – è nato in un’epoca determinabile con precisione. All’inizio dell’attività pubblica di Gesù, Luca offre ancora una volta una datazione dettagliata ed accurata di quel momento storico: è il quindicesimo anno dell’impero di Tiberio Cesare; vengono inoltre menzionati il governatore romano di quell’anno e i tetrarchi della Galilea, dell’Iturea e della Traconìtide, come anche dell’Abilene, e poi i capi dei sacerdoti (cfr. Lc 3,1 s). Gesù non è nato e comparso in pubblico nell’imprecisato 'una volta' del mito". "Egli – continua il Papa – appartiene ad un tempo esattamente databile e ad un ambiente geografico esattamente indicato: l’universale e il concreto si toccano a vicenda. In Lui, il Logos, la Ragione creatrice di tutte le cose, è entrato nel mondo. Il Logos eterno si è fatto uomo, e di questo fa parte il contesto di luogo e tempo. La fede è legata a questa realtà concreta, anche se poi, in virtù della Risurrezione, lo spazio temporale e geografico viene superato e il 'precedere in Galilea' (Mt 28,7) da parte del Signore introduce nella vastità aperta dell’intera umanità (cfr. Mt 28,16ss)". Un paio di pagine più avanti, Joseph Ratzinger parla del bambino che giace nella mangiatoia. "Maria avvolse il bimbo in fasce. Senza alcun sentimentalismo, possiamo immaginare con quale amore Maria sarà andata incontro alla sua ora, avrà preparato la nascita del suo Figlio. La tradizione delle icone, in base alla teologia dei Padri, ha interpretato mangiatoia e fasce anche teologicamente. Il bimbo strettamente avvolto nelle fasce appare come un rimando anticipato all’ora della sua morte: Egli è fin dall’inizio l’Immolato, come vedremo ancora più dettagliatamente riflettendo sulla parola circa il primogenito. Così la mangiatoia veniva raffigurata come una sorta di altare". "Agostino ha interpretato il significato della mangiatoia – scrive ancora il Papa – con un pensiero che, in un primo momento, appare quasi sconveniente, ma, esaminato più attentamente, contiene invece una profonda verità. La mangiatoia è il luogo in cui gli animali trovano il loro nutrimento. Ora, però, giace nella mangiatoia Colui che ha indicato se stesso come il vero pane disceso dal cielo – come il vero nutrimento di cui l’uomo ha bisogno per il suo essere persona umana. È il nutrimento che dona all’uomo la vita vera, quella eterna. In questo modo, la mangiatoia diventa un rimando alla mensa di Dio a cui l’uomo è invitato, per ricevere il pane di Dio. Nella povertà della nascita di Gesù si delinea la grande realtà, in cui si attua in modo misterioso la redenzione degli uomini".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Passaggi del terzo libro di Benedetto XVI su Gesù: premessa dell'autore e due estratti

'L'infanzia di Gesù' è il titolo del libro di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI che conclude la trilogia: ci porta a scoprire come il Vangelo non è una storia del passato, ma appartiene al presente e all'uomo contemporaneo

"Rizzoli è lieta di presentare alla Buchmesse il nuovo libro di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sui racconti evangelici dell'infanzia di Gesù, di cui sta vendendo i diritti in tutto il mondo". Lo si legge in un comunicato della casa editoriale. "In apertura della Fiera Internazionale del Libro, sono già in corso di definizione trattative con editori di 32 Paesi per le traduzioni - dall'originale tedesco - in 20 lingue, tra le quali francese, inglese, spagnolo, polacco e portoghese. In Italia il volume uscirà prima di Natale, in coedizione con la Libreria Editrice Vaticana". I primi due volumi del Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, dedicati alla vita pubblica di Cristo, "Dal Battesimo alla Trasfigurazione" (Rizzoli) e "Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione" (Libreria Editrice Vaticana), sono stati pubblicati nel 2007 e nel 2011 e sono presenti nel catalogo Bur. "L'infanzia di Gesù" (Rizzoli-Libreria Editrice Vaticana), che sarà nelle librerie italiane entro Natale 2012, completa la trilogia. Nel terzo volume su Gesù, "l'autore - si legge nella nota di Rizzoli - analizza i testi dei Vangeli e invita il lettore a porsi domande cruciali: 'È vero ciò che è stato detto? Riguarda proprio me? E, se mi riguarda, in che modo?'. Sono le domande con le quali si apre il libro, che rimandano a quella di Pilato: 'Tu, da dove vieni?'. La domanda che accompagna la storia dell'uomo di ogni generazione, la stessa che si fecero i sapienti d'oriente, i Magi filosofi e scrutatori di stelle, che tanta parte hanno nel rappresentare l'inquietudine del cuore umano in cerca di quella verità che sola conduce alla gioia profonda". "Nei Vangeli dell'infanzia, Joseph Ratzinger-Benedetto XVI individua, descrivendola mirabilmente, la radice teologica della gioia e ci porta a scoprire come il Vangelo non è una storia del passato, ma appartiene al presente e all'uomo contemporaneo. E mentre l'Autore introduce il lettore alle pagine evangeliche dell'Annuncio a Maria, della Nascita o della visita dei Magi che contemplano il Bambino e sua madre, ecco che si arriva al presente: l'esegesi di quelle pagine porta all'oggi. Oggi ci troviamo con i Magi davanti al Bambino e a sua madre, oggi ci interroghiamo sul senso di quell'incontro e ci chiediamo come una donna possa dire di sì a Dio fidandosi totalmente di Lui. Nell'imminenza del Natale, questo libro è il racconto della gioia che, con la Natività, si rivela nella povertà di una grotta. È, per chi crede, uno stimolo a conoscere in profondità le ragioni della fede. Nello stesso tempo, Joseph Ratzinger-Benedetto XVI parla con amicizia a tutti coloro che, come i Magi, sono nell'inquietudine della ricerca e si domandano: 'Gesù da dove viene?'".

TMNews

Comunicato della Rizzoli

Anno della fede. Patriarca melkita Gregorio III: la speranza dei cristiani e di tutto il popolo della Siria è che sia per il Paese l’anno della riconciliazione

“L’Anno della fede sia per la Siria l’anno della riconciliazione: è la speranza dei cristiani e di tutto il popolo siriano”: lo dichiara in un colloquio con l’agenzia Fides, alla vigilia dell’apertura dell’Anno della fede, il Patriarca melkita di Damasco, Gregorio III Laham (nella foto con Benedetto XVI), giunto in Vaticano per partecipare al Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione. “Noi cristiani in Medio Oriente – spiega Gregorio III, pastore della comunità greco-cattolica che in Siria conta oltre 150mila fedeli – ci sentiamo parte integrante del mondo arabo e in questo momento di difficoltà, di problemi, di paura, abbiamo maggiore bisogno di rafforzare la nostra fede, per essere portatori del Vangelo. La presentazione dei valori della fede, fatta nell’Esortazione Apostolica 'Ecclesia in Medio Oriente', è molto importante: sta a noi fare nostro questo patrimonio – fatto di libertà religiosa, convivenza, cittadinanza, diritti, solidarietà, amore – per farne un programma ad extra. I cristiani hanno sempre ricoperto un ruolo fondamentale in tutto il Medio Oriente per la cultura, l’arte, l’educazione e il lavoro sociale, e intendono continuare a essere lievito nella società”. Diretta espressione della fede è, per il Patriarca, la proposta della riconciliazione in Siria: “La riconciliazione – ammonisce – è l’unica via possibile: altrimenti la Siria va incontro alla morte. Nel conflitto che prosegue in Siria, trionfa il caos e non vi sono risposte adeguate. Nessuno ne ha, né il governo, né l’opposizione, né la comunità internazionale. Siamo nel buio e, in questa situazione, la fede è la risposta e la riconciliazione è la nostra proposta”. In tale stato di impasse politico, il Patriarca appoggia la proposta di una “nuova iniziativa diplomatica per mettere in pratica gli appelli del Papa”, lanciata ieri, attraverso l’agenzia Fides, da Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, Metropolita siro-ortodosso di Aleppo. “Benvenga ogni iniziativa che promuove la riconciliazione: la parola riconciliazione – nota Gregorio III – è stata una costante, è sempre stata presente in ogni pur piccolo intervento del Santo Padre nel suo ultimo viaggio in Libano. La riconciliazione è la salvezza della Siria e dell’avvenire dei cristiani che, come dice San Paolo, si fanno ‘tutto per tutti’. La Chiesa non è pro o contro il regime, ma è una comunità che vuole dare una testimonianza di amore e che vuole salvare la Siria”. Il Patriarca melkita riferisce, infine, una sua peculiare iniziativa: “Ho chiesto al presidente del Libano, Michel Suleiman, di mandare i discorsi del Santo Padre, del recente viaggio libanese, ai leader di tutto il mondo arabo come messaggio di pace e convivenza che dal Libano si irradia in tutto il Medio Oriente. Questa è la risposta alle rivoluzioni arabe. E il presidente ha accolto con favore questa mia proposta”.

Fides

Il vescovo siro-ortodosso di Aleppo: serve un'iniziativa diplomatica concreta che si ispiri agli appelli del Papa

Maltrattamenti e abusi tra il 1930 e il 1970 in collegi della Svizzera gestiti da religiosi. Portavoce vescovi: fare giustizia alle vittime, riconoscere il male commesso e soprattutto fare luce su quel passato

Una situazione che riguarda “un’epoca passata”. Ciò non toglie però assolutamente il fatto che “occorre fare giustizia alle vittime, riconoscere il male commesso e soprattutto fare luce su quel passato”. Risponde così Walter Müller interpellato dall'agenzia SIR riguardo ai due Rapporti che la scorsa settimana sono stati pubblicati nel cantone di Lucerna (diocesi di Basilea) e che hanno fatto emergere una serie di punizioni a volte anche ai limiti della tortura, maltrattamenti e abusi sessuali commessi negli anni fra il 1930 e il 1970 nei collegi all’epoca gestiti dagli ordini religiosi. I due Rapporti sono stati curati uno dal Consiglio di Stato del cantone e l’altro dalla chiesa locale e sono stati presentati insieme. Il portavoce della Conferenza Episcopale svizzera ricorda che sul fronte della lotta agli abusi sessuali commessi da personale religioso, i vescovi hanno intrapreso una strada di non ritorno, pubblicando “due anni fa un documento in cui si esplicitavano le procedure da seguire nelle diocesi e si invitavano le vittime a presentare le proprie denunce. Si sono pertanto istituiti nelle diocesi luoghi in cui le vittime possono presentare le proprie denunce ad esperti indipendenti appositamente formati”. La situazione in realtà è molto complessa perché riguarda da una parte gli abusi commessi nell’ambito di una relazione pastorale, dall’altra gli abusi commessi nelle istituzioni educative e nei collegi molti dei quali oggi non sono più gestiti dagli ordini religiosi. Il vicario vescovile Ruedi Heim, della diocesi di Basilea (che si estende anche sul canton Lucerna) ha espresso il suo rincrescimento per le ingiustizie inflitte e ha chiesto perdono. Finalmente è stato documentato il punto di vista delle vittime, ha detto. Scandali di questo tipo - ha argomentato oggi il portavoce dei vescovi svizzeri Muller - hanno inevitabilmente delle ripercussioni sull’opinione pubblica “ma certamente - aggiunge - la nostra priorità ora non è salvare l’immagine della Chiesa ma salvaguardare le vittime e dar loro giustizia”.

SIR

Benedetto XVI accetta le dimissioni del vescovo cileno coinvolto in un caso di abusi e da diverse settimane sotto indagine canonica

Benedetto XVI ha accettato oggi le dimissioni del vescovo di Iquique, in Cile, mons. Marco Antonio Ordenes Fernandez, che era stato sospettato di abusi sessuali su degli adolescenti. Come avviene in questi casi, la Santa Sede ha semplicemente comunicato che la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Iquique era stata presentata dal vescovo Ordenes Fernandez, 47 anni, "in conformità al canone 401 comma 2 del Codice di Diritto Canonico", articolo che fa riferimento a dimissioni "per infermità o altra grave causa». Il presule, comunque, era sospettato di aver commesso abusi sessuali su adolescenti e da tempo il Vaticano indagava sulla vicenda. Il 2 ottobre la stampa cilena aveva riferito che Ordenes Fernandez avrebbe abusato di un minore nel 2009. Parallelamente la Santa Sede indagava, tramite il nunzio apostolico in Cile, mons. Ivo Scapolo, sulla denuncia per abusi sessuali a carico del presule depositata da un altro giovane. I fatti risalgono all’epoca in cui Ordenes Fernandez era rettore del Santuario di Nostra Signora del Carmelo a La Tirana. Due giorni prima dell’annuncio ufficiale della rimozione, il vescovo aveva ammesso in un’intervista al quotidiano cileno La Tercera di aver avuto un comportamento "imprudente" con questo giovane, negando tuttavia che fosse minorenne al momento dei fatti. Mons. Ordenes Fernandez era stato nominato vescovo di Iquique da Benedetto XVI nel 2006.

Vatican Insider

RINUNCE E NOMINE

Anno della fede. Mons. Tagle: ascoltare il grido profondo e le aspirazioni della gente e delle società per proclamare loro Gesù Cristo con nuovi metodi, nuovi linguaggi e nuovo fervore. Un anno di ascolto, ma anche di missione

“L’Anno della fede ci invita ad ascoltare il grido profondo e le aspirazioni della gente e delle società del nostro tempo, per proclamare loro Gesù Cristo con nuovi metodi, nuovi linguaggi e nuovo fervore. Sarà un anno di ascolto, ma anche di missione”. È quanto sottolinea l’arcivescovo di Manila mons. Antonio G. Tagle in una lettera pastorale letta domenica in tutte le parrocchie della capitale filippina in occasione dell’inizio dell’Anno della fede, l’11 ottobre. Nella lettera il presule, che è stato nominato membro della Commissione per il Messaggio della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi in corso in Vaticano, ricorda i motivi della scelta del 2012 per l’indizione dell’Anno della fede: ossia il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e il 20° del Catechismo della Chiesa Cattolica. Due eventi, sottolinea, che hanno segnato profondamente la vita della Chiesa universale in questo mezzo secolo attraversato anche “da drammatici cambiamenti che pongono nuove sfide, anche minacce, alla fede e alla sua trasmissione”. In questo senso “le Filippine, e specificamente l’arcidiocesi di Manila, non fanno eccezione. Ma, afferma la lettera, crediamo anche che il mondo contemporaneo, e specialmente i giovani e i poveri, esprimano una ricerca di Dio attraverso strade che anche la Chiesa deve scoprire”. Mons. Tagle esorta quindi i fedeli ad impegnarsi per “una crescita integrale nella fede” in quattro ambiti: a cominciare da “una più profonda comprensione di ciò in cui crediamo” attraverso un più intenso apostolato biblico, lo studio del documenti conciliari e gli insegnamenti che ne sono derivati nelle Filippine. L’arcivescovo di Manila invita poi a una più intensa “celebrazione del Mistero della Fede nell’Eucaristia, nella liturgia e nella preghiera” e a vivere la gioia della fede soprattutto attraverso “la conversione e una vita morale governata dalla giustizia, dalla carità e dalla solidarietà con i poveri” e la testimonianza coraggiosa di ciò in cui crediamo. Infine, l’invito alla “riscoperta della comunione ecclesiale in cui i diversi doni dello Spirito Santo sono offerti e sviluppati per rafforzare la Chiesa nelle Filippine e in altre parti del mondo”. La lettera pastorale conclude ricordando che l’Anno della fede aprirà i nove anni di preparazione del quinto centenario dell’evangelizzazione delle Filippine.

Radio Vaticana