domenica 30 ottobre 2011

Lombardi: il Papa ci ricorda che la pace va cercata insieme da tutti i cercatori della verità, Dio non è una proprietà dei fedeli delle religioni

La distruzione "non è l'unica strada", la strada è la pace e questo "non è solo una ipotesi, ma un impegno comune" delle religioni. Lo afferma il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi nell'editoriale per il settimanale "Octava Dies" del Centro Televisivo Vaticano, sottolineando che i messaggi risuonati ad Assisi durante l'incontro interreligioso sono "particolarmente umili e aperti" e il "carisma di Francesco" continua ad "attrarre verso Assisi tutte le persone dalla mente e dal cuore aperto". "Non si può uccidere in nome di Dio, Dio non è una proprietà dei fedeli e non può essere invocato dai terroristi", "Dio non si può eliminare dall'orizzonte dell'uomo senza disumanizzarlo", hanno proclamato i leader religiosi "in pellegrinaggio insieme". "In treno, in autobus, alla mensa, nella riflessione, il Papa - rileva Lombardi - sta in mezzo agli altri, senza solenni paramenti liturgici" e tra i messaggi "aperti" di Assisi il Pontefice ci ricorda che "la pace va cercata insieme da tutti i cercatori della verità perchè Dio non è una proprietà che appartenga agli aderenti alle religioni, la cui pratica a volte nasconde anzi il vero Dio. Quel vero Dio che non può essere invocato dai terroristi, ma non può essere escluso dall'orizzonte dell'uomo senza disumanizzarlo". Il "carisma di Francesco - conclude il gesuita - aiuta ad abbracciare le diverse identità in un cammino comune di dialogo, di fraternità, di gioia".

Agi

Ripartire da Assisi: l’editoriale di padre Federico Lombardi

Inaugurato a Onna un monumento, un bassorilievo in bronzo, a ricordo della visita del Papa nel paese distrutto dal terremoto, il 28 aprile 2009

Questa mattina a Onna, in provincia de L'Aquila, davanti alla chiesetta di legno del nuovo villaggio, è stato inaugurato un monumento a ricordo della visita di Papa Benedetto XVI, nel paese distrutto dal terremoto, il 28 aprile 2009, alla presenza del sottosegretario Gianni Letta, del prefetto Giovanna Maria Rita Iurato, del sindaco Massimo Cialente e dell’ambasciatore tedesco in Italia. Il monumento è un bassorilievo in bronzo, realizzato dallo scultore di Torre del Greco Vincenzo Giggiano Borriello, raffigurante Papa Benedetto XVI che benedice le 40 vittime onnesi del terremoto. Ha fatto gli onori di casa don Cesare Cardozo, parroco di Onna. Il bassorilievo è stato offerto dalla Pro loco di Torre del Greco.

Abruzzo Web

Benedetto XVI: vicinanza e preghiera per le popolazioni della Thailandia, della Liguria e della Toscana, colpite da gravi inondazioni



"Vorrei esprimere la mia vicinanza alle popolazioni della Thailandia colpite da gravi inondazioni, come pure, in Italia, a quelle della Liguria e della Toscana, recentemente danneggiate dalle conseguenze di forti piogge. Assicuro per loro la mia preghiera". Lo ha detto Papa Benedetto XVI dopo la recita dell'Angelus. Nei saluti in varie lingue, in francese l’invito a guardare a Maria per essere sostenuti nel cammino sulla via del Vangelo: sostenuti nel vivere gli insegnamenti di Cristo e confortati nelle sofferenze. In inglese, l’invito a saper “coniugare umiltà e servizio caritatevole ai fratelli”, ad imitare il perfetto esempio di Cristo nella vita di ogni giorno. In tedesco il Papa ribadisce che il Signore è venuto, non per essere servito ma per servire e che “la vera dimensione umana si combina con l'atteggiamento di servizio”. In lingua spagnola l’invito a comportarsi sempre “con rettitudine di spirito”; in polacco un’affermazione forte: uno solo è il Maestro, Cristo, “per questo i principi morali provenienti dal Padre non possono essere oggetto di dubbio, di contrattazione, di discussione”. Con un invito a farci condurre dal Vangelo “alle opere concrete, nelle quali si manifesta l’amore che proviene da Dio Padre”. In italiano “un cordiale saluto alle Religiose Figlie di Cristo Re, insieme con i collaboratori laici che condividono il loro carisma e la loro missione”. Un saluto “con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Commessaggio, i ragazzi dell’Oratorio di Petosino, il gruppo di anziani di Brunello e gli alunni della Scuola “Settanni” di Rutigliano”. A tutti l’augurio di una buona domenica.

TMNews, Radio Vaticana

Il Papa: la buona dottrina non sia smentita da una condotta incoerente. Gesù pratica per primo il comandamento dell'amore, che insegna a tutti

A mezzogiorno, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Nella liturgia di questa domenica – ha ricordato il Papa -, l’apostolo Paolo ci invita ad accostare il Vangelo ‘non come parola di uomini, ma come è veramente, quale Parola di Dio’. In questo modo possiamo accogliere con fede gli ammonimenti che Gesù rivolge alla nostra coscienza, per assumere un comportamento conforme ad essi”. Nel brano odierno, ha proseguito, “Egli rimprovera gli scribi e i farisei, che avevano nella comunità un ruolo di maestri, perché la loro condotta era apertamente in contrasto con l’insegnamento che proponevano agli altri con rigore”. Gesù sottolinea che costoro “dicono e non fanno”; anzi, “legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito”. “La buona dottrina va accolta – ha spiegato il Pontefice -, ma rischia di essere smentita da una condotta incoerente”. Per questo Gesù dice: “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere”. “L’atteggiamento di Gesù – ha avvertito il Santo Padre - è esattamente l’opposto: Egli pratica per primo il comandamento dell’amore, che insegna a tutti, e può dire che esso è un peso leggero e soave proprio perché ci aiuta a portarlo insieme con Lui”. “Pensando ai maestri che opprimono la libertà altrui in nome della propria autorità – ha ricordato Benedetto XVI -, San Bonaventura indica chi è l’autentico Maestro, affermando: ‘Nessuno può insegnare e nemmeno operare, né raggiungere le verità conoscibili senza che sia presente il Figlio di Dio’”. In realtà, “Gesù siede sulla ‘cattedra’ come il Mosè più grande, che estende l’Alleanza a tutti i popoli”. È Lui “il nostro vero e unico Maestro! Siamo, pertanto, chiamati a seguire il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, che esprime la verità del suo insegnamento attraverso la fedeltà alla volontà del Padre, attraverso il dono di se stesso”. Il Papa ha quindi rammentato le parole del beato Antonio Rosmini: “Il primo maestro forma tutti gli altri maestri, come pure forma gli stessi discepoli, perché [sia gli uni che gli altri] esistono soltanto in virtù di quel primo tacito, ma potentissimo magistero”. “Gesù – ha continuato il Pontefice - condanna fermamente anche la vanagloria e osserva che operare ‘per essere ammirati dalla gente’ pone in balia dell’approvazione umana, insidiando i valori che fondano l’autenticità della persona”. Il Signore Gesù, ha sottolineato Benedetto XVI - si è presentato al mondo come servo, spogliando totalmente se stesso e abbassandosi fino a dare sulla croce la più eloquente lezione di umiltà e di amore”. Dal suo esempio scaturisce la proposta di vita: “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”. “Invochiamo l’intercessione di Maria Santissima e preghiamo, in particolare, per quanti nella comunità cristiana sono chiamati al ministero dell’insegnamento, affinché possano sempre testimoniare con le opere le verità che trasmettono con la parola”, ha concluso.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Card. Turkson: tutti coinvolti nell'opera faticosa della pace. Ad Assisi Benedetto XVI ha deliberatamente voluto includere l’intera famiglia umana

di Peter Kodwo Appiah Turkson
Cardinale presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

Venticinque anni fa prestai servizio, come guida e traduttore, al leader di una religione tradizionale africana proveniente dal Ghana e lo accompagnai durante la giornata mondiale di preghiera per la pace convocata ad Assisi da Giovanni Paolo II. Mi resta un vivido ricordo: l’immagine di quest’uomo, di un altro leader religioso togolese e io, in una stanza, ciascuno raccolto in preghiera. La commemorazione del venticinquesimo anniversario di quella storica "prima Assisi" ha avuto come tema "Pellegrini della verità, pellegrini della pace". Non potevo non essere colpito dall’evoluzione, dallo sviluppo che stava avendo luogo davanti ai miei occhi giovedì 27 ottobre, sotto la guida di Benedetto XVI. E malgrado vi fossero molti elementi innovativi, ciò che più mi ha impressionato è stato l’aspetto del "pellegrinaggio". La nozione di pellegrinaggio, comune a quasi tutte le religioni del mondo ma non priva di espressioni anche non religiose, porta con sé un desiderio, uno sforzo, una ricerca, condivisi da quanti compiono la stessa esperienza, che spinge ciascuno a mettersi in movimento. Visibilmente, era ancora buio giovedì mattina quando abbiamo iniziato a riunirci nella stazione Vaticana e a salire sullo speciale convoglio ferroviario diretto ad Assisi. Non sarebbe stato un pellegrinaggio senza la preghiera, come indicava esplicitamente il titolo dell’incontro: "Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo". La preghiera è iniziata già sul treno: qua e là si poteva notare chi discretamente sgranava un rosario o utilizzava un’altra espressione tradizionale per pregare. Ad Assisi, dopo il pranzo frugale nel refettorio del convento, ognuno è stato invitato a osservare una pausa di silenzio, riflessione e preghiera personale. Un altro elemento significativo emerge. Certamente nella tradizione cristiana, e probabilmente in molte altre, l’azione più efficace che si possa compiere per la pace è pregare per la conversione, a cominciare dalla conversione del cuore di ciascuno. Ma "efficace" non equivale a "operativo". E mi sembra che giovedì scorso, andando in pellegrinaggio ad Assisi, tutti noi siamo stati partecipi di una comune ricerca e insieme siamo stati coinvolti nell’opera faticosa della pace. In questo modo, davvero ciascuno ha testimoniato che è possibile essere ed operare insieme per un mondo più giusto e solidale. Nel 1986 tutti i capi delegazione erano leader religiosi. Non ci sono statistiche che esprimono quale porzione di umanità essi rappresentassero, ma certamente coloro che non credono non erano coinvolti in quell’incontro. Stavolta invece, invitando un uomo politico e tre filosofi che si dichiarano pubblicamente non credenti, il Papa ha deliberatamente voluto includere l’intera famiglia umana. La ricerca della pace è un desiderio di tutti i cuori. Perché, effettivamente, quando sono in gioco beni vitali e condivisi dall’intera famiglia umana, l’intera famiglia umana deve scendere in piazza. Tra le molte testimonianze che mi hanno colpito, desidero ricordarne almeno tre. Anzitutto l’umile verità espressa da Benedetto XVI, il quale ha ammesso che "nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna". Poi, l’ammissione da parte di Julia Kristeva, portavoce dell’umanesimo agnostico, della necessità di "una nuova riflessione sulla scelta e la responsabilità della maternità. La secolarizzazione è tutt’oggi la sola civilizzazione che manchi di un discorso sulla realtà della maternità". Infine, la denuncia da parte di Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, del fatto che un grande ostacolo a una pace giusta è oggi rappresentato dall’alto livello di disoccupazione tra i giovani in tutto il mondo. "La ricerca sincera della verità, la coscienza di un’origine comune, di una terra in comune, di una comune destinazione — è stato il commento confidatomi da un intellettuale vicino al nostro Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace — possono davvero essere la base per una nuova era di armonia duratura fra tutte le nazioni". Parole da condividere, ricordando soprattutto che, senza l’aiuto di Dio, nessun autentico pellegrinaggio di pace è possibile.

L'Osservatore Romano

L’arcivescovo di Canterbury: lo spirito di Assisi risolleva gli animi. Il card. Tauran: credenti e non credenti uniti nell’impegno per la pace

Alla Giornata di Assisi "l'atmosfera è stata semplicemente gioiosa" ed è stato "lo spirito di Assisi nel suo insieme a risollevare gli animi". Lo ha affermato ai microfoni della Radio Vaticana il primate anglicano Rowan Williams. "Mi sembrava di percepire - ha confidato l'arcivescovo di Canterbury - come una 'luce' o meglio, vorrei dire, come un tocco di spirito di libertà che aleggiava sulla giornata". Per il primate anglicano è stato particolarmente importante il discorso di Benedetto XVI e "veramente interessante l'analisi approfondita sui diversi modi di negare Dio e sui diversi tipi di violenza". Un'analisi, ha aggiunto nell'intervista, che "ho sentito condividere da molte persone con cui ho parlato ad Assisi". Con il Papa e il primate anglicano i leader religiosi, infatti, hanno convenuto che "la negazione di Dio, in definitiva, significa la negazione dell'umanità, e che se si cerca un vero umanesimo questo deve avere Dio al suo vertice". "Senza Dio - ha concluso Williams - si ha la vuota religione umanista del terrorismo e il vuoto umanesimo religioso del secolarismo. E nessuna di queste due cose è buona per il nostro mondo". All'incontro di Assisi "era percepibile anche un desiderio quasi unanime di impegnarsi, di collaborare per la giustizia, la libertà, la pace e la salvaguardia delle risorse naturali" ha affermato da parte sua il card. Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. "Nel corso di questa giornata - ha confidato il card. Tauran - ho ricordato quello che Giovanni Paolo II aveva scritto nella sua Lettera 'Novo millennio ineunte', quando diceva che il nome del Dio unico deve diventare sempre di più un nome di pace, un imperativo di pace". "Mi sembra - ha detto ancora il porporato francese - che tutti quelli che erano presenti ad Assisi hanno capito questo imperativo di pace. Ed è stato molto commovente, parlando gli uni con gli altri, scoprire che in fondo abbiamo valori fondamentali comuni, quali il senso del rispetto di Dio e del divino, il desiderio di Dio e del divino, il rispetto della vita, la consapevolezza della dignità della famiglia e anche questo immenso desiderio di pace, soprattutto tra i giovani: pace con Dio, o con l'Assoluto, e pace tra gli uomini". Per Tauran, "i credenti hanno in comune una strategia che vuole promuovere una pedagogia dell'incontro nel rispetto, ovviamente, delle specificita' religiose di ognuno, e un’arma comune che è la preghiera per implorare la pace". "In questo - ha sottolineato il capo dicastero - risiede la novita' dell'incontro di Assisi: la presenza degli agnostici, di persone che non negano che Dio esista ma che non l'hanno ancora trovato". Infatti, "la loro presenza, con la lotta interiore che conducono per trovare Dio, è un invito lanciato ai credenti a purificare la propria fede affinchè, attraverso una vita coerente, chi cerca Dio possa trovare il suo volto nella vita e nell'esempio dei credenti". "Io - ha concluso - torno sempre a questa frase che il Papa ha pronunciato il primo gennaio scorso, parlando della Giornata di Assisi: 'Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace; chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio'".

Agi

L’arcivescovo di Canterbury: lo spirito di Assisi risolleva gli animi. Il card. Tauran: credenti e non credenti uniti nell’impegno per la pace e la giustizia