sabato 26 gennaio 2013

Mons. Celli: stiamo risolvendo i problemi tecnici dovuti alla differenza di tecnologia rispetto alla Cina, così presto Benedetto XVI twitterà anche in cinese

"Stiamo risolvendo i problemi tecnici dovuti alla differenza di tecnologia rispetto alla Cina, così presto Benedetto XVI twitterà anche in cinese". Lo annuncia a Vatican Insider l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali. "Attraverso Twitter - sottolinea l'arcivescovo - il Papa raggiunge persone che mai avrebbero incontrato la sua parola". "La Chiesa non guarda più alle nuove tecnologie solamente come nuovi strumenti ma come promotori, come ispiratori, come fattori, creatori di una nuova cultura", spiega nell'intervista il capo dicatero ricordando che "in Twitter oggi sono attive circa 140 milioni di persone. Il 40 per cento di questi 140 milioni sono persone tra i 18 e i 34 anni. Saranno fatti passi ulteriori per poter essere presenti pastoralmente nella cultura digitale". Ad esempio, conclude Celli, "l'episcopato brasiliano sta lavorando per consentire ai fedeli di seguire interamente sul loro smartphone la prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro". "La nuova evangelizzazione - infatti - chiede di essere attenti alla novità del contesto culturale".

Agi

Celli: presto Benedetto XVI twitterà anche in cinese

Calcagno e Sandri candidati per sostituire Nicora e Tauran nella Commissione cardinalizia che sovraintende allo Ior. Dopo il rinnovo, la nomina del nuovo presidente dell'Istituto. Resta discusso il licenziamento di Gotti Tedeschi

Lo scorso giugno la nomina del nuovo presidente dello IOR, il successore del banchiere Ettore Gotti Tedeschi (nella foto con Benedetto XVI) "licenziato" con modalità mai viste nella tradizione della Santa Sede, era data per certa per settembre 2012, "dopo il rientro del Papa dal viaggio in Libano". Poi la scelta è slittata a fine anno. Il 10 dicembre scorso era stato il cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo, Carl Anderson, membro del "board" laico dello IOR nonché estensore del durissimo atto d’accusa contro Gotti volutamente fatto filtrare alla stampa, aveva detto che la scelta "spetta al card. Bertone" e che il nuovo presidente sarebbe stato nominato a gennaio. Ora che gennaio sta finendo si comincia a dire che il nuovo presidente arriverà il mese prossimo. Ma probabilmente dopo il ricambio della Commissione cardinalizia che sovrintende allo IOR, in scadenza il 23 febbraio. Un cambiamento di routine, "a motivo della scadenza quinquennale, come accade nei dicasteri", spiegano in Segreteria di Stato. Anche se in questo caso il ricambio potrebbe assumere una rilevanza cruciale proprio per la designazione del successore di Gotti. Il 23 febbraio 2008, Benedetto rinnovava per un quinquennio la Commissione cardinalizia di vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione, confermando nell’incarico i cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato e camerlengo, e Attilio Nicora, all’epoca presidente dell’Apsa. Nominati ex novo erano i cardinali Jean-Louis Tauran (francese, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso), Telesphore Placidus Toppo (arcivescovo di Ranchi, in India) e Odilo Pedro Scherer (arcivescovo di São Paulo, in Brasile). Nel settembre dell’anno successivo, il 2009, i cardinali rinnovavano il board dei laici dello IOR, il quale eleggeva Ettore Gotti Tedeschi come presidente, chiamato ad attuare la linea della trasparenza e dell’adeguamento alle norme internazionali antiriciclaggio voluta dal Papa e dal cardinale Bertone. Dopo appena due anni e otto mesi, nel maggio 2012, Gotti veniva defenestrato con modalità assolutamente inedite per la Santa Sede, che decideva, nell’epoca dei vatileaks, di far filtrare alla stampa il durissimo documento firmato da Anderson, nel quale non soltanto si accusava il presidente di "incapacità" di portare avanti i suoi doveri, di "mancanza di prudenza e precisione", ma lo si sospettava persino di aver avuto a che fare con Vatileaks, per "incapacità di fornire spiegazioni sulla diffusione dei documenti in possesso del presidente". Il Vaticano precisava che la mozione di sfiducia "adottata da parte del Consiglio di Sovrintendenza è stata fondata su motivi oggettivi, attinenti alla governance dell’Istituto, e non determinata da una presunta opposizione alla linea della trasparenza, che anzi sta a cuore alle autorità della Santa Sede, come all’Istituto stesso". Al deterioramento del rapporto tra Gotti e i vertici della Segreteria di Stato avevano contribuito anche le vicende legate alla legge antiriciclaggio (n. 127) riscritta in tutta fretta durante le vacanze di Natale del 2011 in seguito alle richieste di Moneyval ma con l’introduzione di modifiche che limitavano l’autonomia dell’AIF, l’autorità di informazione finanziaria presieduta dal cardinale Nicora. Modifiche a loro volta nuovamente corrette nelle scorse settimane, dopo le osservazioni critiche di Moneyval. Nonostante le smentite di rito e il tentativo di ricondurre la decisione soltanto alla volontà del board dei laici, le modalità del licenziamento di Gotti erano state motivo di discussione dai cardinali della Commissione. Secondo varie indiscrezioni, Nicora e Tauran, peraltro non annoverabili d’ufficio tra i sostenitori di Gotti Tedeschi, sulla cui nomina a suo tempo avevano manifestato qualche iniziale riserva, avrebbero sollevato obiezioni. Quando questa indiscrezione filtrò, lo scorso giugno, il diretto della Sala Stampa padre Federico Lombardi smentì l’esistenza di divisioni interne alla Commissione, spiegando che i cardinali avevano "preso atto" del licenziamento di Gotti. Resta da spiegare come mai la designazione del nuovo presidente sia andata così a rilento, una gestazione che a febbraio raggiungerà i nove mesi. Intanto si fanno i nomi di due possibili "new entry" nella commissione di vigilanza sullo IOR: il card. Domenico Calcagno, successore di Nicora come presidente dell’Apsa e bertoniano, e il card. Leonardo Sandri, Ppefetto della Congregazione per le Chiese orientali, già sostituto della Segreteria di Stato. Nicora, che ha già compiuto 76 anni, non verrebbe rinnovato, anche perché nel rapporto pubblicato da Moneyval lo scorso luglio (par. 797) si afferma che il doppio incarico del porporato, membro della commissione di vigilanza sullo IOR e presidente dell’AIF, rappresenta "un serio conflitto di interessi". In precedenza gli esperti valutatori di Moneyval non avevano dato importanza alla presenza di Nicora: nel report preliminare del 27 aprile 2012 (par. 294) si leggeva infatti che "non ci sono indicazioni che questo doppio incarico comprometta l’indipendenza dell’AIF". Mentre nel caso di Tauran non ci sono motivi legati all’età o ai doppi incarichi: nel caso di mancata riconferma si tratterebbe soltanto di un normale avvicendamento. Ma non è escluso che ricambio possa riguardare anche i porporati Scherer e Toppo.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Mons. Pinto al Papa: la Rota romana chiamata a dare un contributo perché l’istituto matrimoniale resista al pericolo della perniciosa relativizzazione della disciplina canonica che offende l’integrità e l’unità cattolica del corpo di Cristo

I fondamenti del servizio della Rota Romana e l’impegno a proseguire in questa delicata missione in assoluta fedeltà al Successore di Pietro sono stati riaffermati dal decano, mons. Pio Vito Pinto, nel saluto rivolto a Benedetto XVI all’inizio dell’udienza. Innanzitutto egli ha voluto ringraziare il Papa per la sua testimonianza e il suo insegnamento. La Rota romana, ha detto, vuole "con umiltà" riaffermare l’essenza stessa del proprio lavoro che, in definitiva, intende da sempre corrispondere alle attese dei Pontefici per il contributo che essa "è chiamata a dare perché l’istituto matrimoniale resista al pericolo della perniciosa relativizzazione della disciplina canonica che offende l’integrità e l’unità cattolica del corpo di Cristo". E "a tale scopo - ha proseguito - la nostra giurisprudenza è l’esempio di una giustizia sollecita, cioè senza ritardi, libera, cioè senza prevenzioni di sorta". Un servizio che proprio dall’"antica consuetudine di questa udienza" vuole "ulteriormente acquistare il senso e lo scopo dell’esistenza stessa del tribunale apostolico". Esso, ha spiegato il decano, è "segno e testimone dell’insopprimibile diritto dei fedeli 'urbi et orbi' di appellare a Pietro, visibile prassi di un diritto fondamentale dei battezzati", e "esprime nel contempo, nel rapporto con i tribunali delle Chiese particolari, la necessità di una giustizia uniforme, fedele, scevra da arbitrarie e abusive manipolazioni nel pronunciare la nullità o la validità del vincolo matrimoniale". Mons. Pinto ha poi rilevato come "la sovrana decisione" presa dal Pontefice "di portare alla competenza del decano della Rota Romana la procedura per lo scioglimento del matrimonio rato e non consumato, ha conferito ulteriore forza alla missione peculiare del nostro dicastero". Si tratta di "un servizio sostenuto dall’antico magistero dei successori di Pietro che il venerabile Paolo VI richiamò nel suo discorso alla Rota Romana dal 1969, eco di quanto insegnato da Papa Innocenzo III". Infine il decano ha chiesto al Pontefice di benedire il lavoro che attende la Rota Romana.

L'Osservatore Romano

Il Papa: la chiusura a Dio o il rifiuto della dimensione sacra dell’unione coniugale e del suo valore nell’ordine della grazia rende ardua l’incarnazione concreta del modello altissimo di matrimonio concepito dalla Chiesa secondo il disegno di Dio, potendo giungere a minare la validità stessa del patto

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i prelati uditori, gli officiali e gli avvocati del Tribunale della Rota Romana in occasione della solenne inaugurazione dell’Anno giudiziario. Nel suo discorso, nel contesto dell'Anno della fede, il Papa ha parlato “del rapporto tra fede e matrimonio”, osservando come “l’attuale crisi di fede, che interessa varie parti del mondo, porti con sé una crisi della società coniugale, con tutto il carico di sofferenza e di disagio che questo comporta anche per i figli”. Sul piano teologico, “la relazione tra fede e matrimonio assume un significato ancora più profondo” in quanto il vincolo sponsale, benché realtà naturale, “tra i battezzati è stato elevato da Cristo alla dignità di sacramento”. Il patto indissolubile tra uomo e donna, ha ricordato il Papa, “non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa”. Ma se è importante “non confondere il problema dell’intenzione con quello della fede personale dei contraenti”, “non è tuttavia possibile separarli totalmente”. Il Pontefice ha, perciò, offerto un’analisi della cultura contemporanea, “contrassegnata da un accentuato soggettivismo e relativismo etico e religioso”, che “pone la persona e la famiglia di fronte a pressanti sfide”. Fa parte di una “mentalità diffusa”, ha notato il Santo Padre, “pensare che la persona diventi se stessa rimanendo ‘autonoma’ ed entrando in contatto con l’altro solo mediante relazioni che si possono interrompere in ogni momento”. Di conseguenza “a nessuno sfugge come sulla scelta dell’essere umano di legarsi con un vincolo che duri tutta la vita influisca la prospettiva di base di ciascuno, a seconda cioè che sia ancorata a un piano meramente umano, oppure si schiuda alla luce della fede nel Signore. Solo aprendosi alla verità di Dio, infatti, è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo”. Il rifiuto della proposta divina, in effetti, “conduce ad uno squilibrio profondo in tutte le relazioni umane, inclusa quella matrimoniale, e facilita un’errata comprensione della libertà e dell’auto realizzazione, che, unita alla fuga davanti alla paziente sopportazione della sofferenza, condanna l’uomo a chiudersi nel suo egoismo ed egocentrismo”. La fede in Dio è dunque “un elemento molto importante per vivere la mutua dedizione e la fedeltà coniugale”. Con ciò Benedetto XVI non ha inteso affermare che “la fedeltà, come le altre proprietà, non siano possibili nel matrimonio naturale, contratto tra non battezzati”. Certamente, però, “la chiusura a Dio o il rifiuto della dimensione sacra dell’unione coniugale e del suo valore nell’ordine della grazia rende ardua l’incarnazione concreta del modello altissimo di matrimonio concepito dalla Chiesa secondo il disegno di Dio, potendo giungere a minare la validità stessa del patto” qualora “si traduca in un rifiuto di principio dello stesso obbligo coniugale di fedeltà ovvero degli altri elementi o proprietà essenziali del matrimonio”. Il Papa ha anche sottolineato che proprio le esperienze, “contrassegnate dalla fede”, fanno comprendere come, ancor oggi, “sia prezioso il sacrificio offerto dal coniuge abbandonato o che abbia subito il divorzio, se – riconoscendo l’indissolubilità del vincolo matrimoniale valido – riesce a non lasciarsi coinvolgere in una nuova unione... In tal caso il suo esempio di fedeltà e di coerenza cristiana assume un particolare valore di testimonianza di fronte al mondo e alla Chiesa’”. Il Pontefice si è, quindi, soffermato sul “bonum coniugum”. “La fede – ha sostenuto - è importante nella realizzazione dell’autentico bene coniugale, che consiste semplicemente nel volere sempre e comunque il bene dell’altro, in funzione di un vero e indissolubile consortium vitae”. È nell’unione matrimoniale che “la fede fa crescere e fruttificare l’amore degli sposi, dando spazio alla presenza di Dio Trinità e rendendo la stessa vita coniugale, così vissuta, ‘lieta novella’ davanti al mondo”. Il Santo Padre riconosce “le difficoltà, da un punto di vista giuridico e pratico, di enucleare l’elemento essenziale del bonum coniugum, inteso finora prevalentemente in relazione alle ipotesi di incapacità. Il bonum coniugum assume rilevanza anche nell’ambito della simulazione del consenso”. Certamente, “sarà l’indagine in facto ad accertare l’eventuale fondatezza di questo capo di nullità”. Non si deve prescindere “dalla considerazione che possano darsi dei casi nei quali, proprio per l’assenza di fede, il bene dei coniugi risulti compromesso e cioè escluso dal consenso stesso”. “Con le presenti considerazioni – ha concluso il Santo Padre -, non intendo certamente suggerire alcun facile automatismo tra carenza di fede e invalidità dell’unione matrimoniale, ma piuttosto evidenziare come tale carenza possa, benché non necessariamente, ferire anche i beni del matrimonio, dal momento che il riferimento all’ordine naturale voluto da Dio è inerente al patto coniugale”.

SIR

UDIENZA AL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO - il testo integrale del discorso del Papa
 

Motu Proprio 'Ministrorum institutio'. Card. Piacenza: un importante segnale della grande attenzione del Papa per i suoi sacerdoti, per la loro formazione e per quella, che, da più parti auspicata, dovrà essere un'autentica e profonda riforma del clero

Con il Motu Proprio "Ministrorum institutio" il Papa ha trasferito la competenza dei seminari dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica alla Congregazione per il clero. "E' certamente un importante segnale della grande attenzione del Papa per i suoi sacerdoti, per la loro formazione e per quella, che, da più parti auspicata, dovrà essere un'autentica e profonda riforma del clero", afferma in un'intervista a L'Osservatore Romano il prefetto della Congregazione per il clero, card. Mauro Piacenza "Da più parti, appare urgente un innalzamento del tono spirituale, e perciò anche umano e culturale, dei sacerdoti". E "particolare attenzione dovrà essere posta, poi, nell'ambito della pastorale vocazionale, al discernimento delle vocazioni, favorendo massimamente le autentiche chiamate del Signore e prevenendo, ove necessario, ogni indebita strumentalizzazione del ministero". In una distinta intervista a Radio Vaticana Piacenza ricorda "l'esperienza e il servizio che la Congregazione per il Clero quotidianamente compie a riguardo dei sacerdoti" e spiega: "Ci occupiamo, infatti, della loro vita, del loro ministero, della loro formazione permanente e anche di tutti i contenziosi che qualche volta nella vita possono accadere. Questa esperienza, certo, costituisce una miniera di conoscenze che a loro volta costituiscono una sorta di 'tom tom' per indicare le strade da percorrere nella formazione iniziale, alla luce di quello che avviene, delle esigenze che emergono lungo l'espletamento del ministero".
 
TMNews
 
 

Motu Proprio 'Fides per doctrinam'. Nuovo rapporto tra catechesi e annuncio: si inserisce nella concreta azione pastorale che progressivamente Papa Benedetto sta delineando per la Chiesa dei prossimi decenni

di Rino Fisichella
Arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione

Benedetto XVI nell’omelia per l’inizio del recente Sinodo ha affermato che la nuova evangelizzazione deve entrare nella pastorale ordinaria in modo da ravvivare in ogni battezzato la consapevolezza di essere portatore del Vangelo. Perché questo avvenga, è necessaria una formazione seria e sistematica che sappia coniugare fede e vita quotidiana. Solo in questa unità, infatti, diventa possibile dare ragione della fede e dei suoi contenuti. A conclusione del Sinodo, con la lungimiranza che lo caratterizza, Benedetto XVI ha annunciato il passaggio di competenze sulla catechesi dalla Congregazione del Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione. Il Motu Proprio "Fides per doctrinam" chiarifica le motivazioni di questa scelta e ne giustifica il passaggio. Non si tratta di una mera questione formale. Quanto si viene a ricomporre, piuttosto, inserisce ancora di più nella concreta azione pastorale che progressivamente Papa Benedetto sta delineando per la Chiesa dei prossimi decenni. Rendere più organico il rapporto tra la catechesi e la nuova evangelizzazione permette, anzitutto, di consolidare il cammino che il Concilio Vaticano II ha voluto esprimere in modo innovativo per le diverse tappe della missione della Chiesa nel suo compito di evangelizzare. Nello stesso tempo, offre al progetto della nuova evangelizzazione uno strumento quanto mai qualificato per delineare maggiormente il percorso che è chiamata a intraprendere. Insieme alla professione della fede, alla vita liturgica, e alla testimonianza, la catechesi si presenta come un momento obbligatorio per sostenere la fede e offrirle lo spessore culturale adeguato. Credere non equivale aderire a favole o a miti del passato, ma a saper dare il proprio assenso alla verità della rivelazione che si attua e completa in Gesù Cristo, Figlio di Dio. Per questo la conoscenza dei contenuti di fede è basilare, necessaria e la sua riscoperta urgente per il processo della nuova evangelizzazione. Nel corso degli anni, l’insegnamento conciliare ha saputo imprimere nella catechesi un vero impulso innovativo. L’opera di rinnovamento dei testi della catechesi è un dato obiettivo e lo sforzo pastorale per la formazione dei catechisti riveste ancora, pur tra tante difficoltà, la sua importanza. L’esigenza di trasmettere la fede impegna a fare della catechesi un momento privilegiato della formazione per evitare di incorrere in forme di discontinuità che porrebbero in seria crisi la stessa fede. La pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, di cui celebriamo il ventesimo anniversario, è il segno più evidente di questa consapevolezza che emerge sempre di più nella vita della comunità cristiana. La catechesi non è un momento estraneo né marginale alla pastorale, al contrario. L’esigenza della formazione permanente dei credenti richiede di andare oltre una catechesi limitata alla sola sfera della recezione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Essere educato nella fede, infatti, è un diritto che ogni credente deve riscoprire per costruire la propria identità e giungere a una conoscenza sempre più profonda del mistero a cui crede. La nuova evangelizzazione si confronta con scenari prima sconosciuti. Essa deve interloquire con un destinatario sempre più immerso in una cultura scientifica e tecnologica. In forza di questo, la preparazione dei cristiani richiede di essere adeguata. Una delle prospettive a cui la nuova evangelizzazione dovrà dedicarsi, pertanto, sarà necessariamente quella di compiere ogni sforzo per far comprendere l’esigenza della catechesi per una coerente vita di fede. L’analfabetismo religioso che si riscontra tra le cause della crisi di fede che vede implicati molti cristiani può essere facilmente superato. Perché questo avvenga, comunque, è necessario che la pastorale investa sulla catechesi e l’istruzione cristiana. "Illuminare la mente e il cuore dei credenti", come si legge in "Fides per doctrinam", è condizione essenziale per rendere i cristiani testimoni fedeli e coraggiosi del Risorto.

L'Osservatore Romano

Dal 28 al 31 gennaio la riunione del Comitato permanente della CEI aperta dalla prolusione del card. Bagnasco. I vescovi approfondiranno tra gli altri il recente Motu Proprio 'Intima Ecclesiae natura'

Dal 28 al 31 gennaio 2013 si riunisce a Roma, presso la sede della CEI, il Consiglio Episcopale Permanente. All’ordine del giorno dei lavori, che saranno aperti lunedì alle 17.30 dalla prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI), l’approfondimento del recente Motu proprio "Intima Ecclesiae natura", che sottolinea le responsabilità dei pastori rispetto alle molteplici forme di carità che coinvolgono la comunità cristiana. Vi sarà, quindi, l’esame e l’approvazione di una Nota pastorale, curata dalla Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali e dalla Commissione Episcopale per la famiglia e la vita, sul valore e la missione dell’oratorio. I Vescovi guardano a questa realtà come a una delle proposte più significative, ricca di tradizione e, nello stesso tempo, capace di garantire un continuo rinnovamento per rispondere alle odierne esigenze educative. Con la finalità di riproporre una più incisiva azione pastorale nell’ambito della catechesi e della formazione dei catechisti, verrà presentata e discussa una proposta organica di indice per un testo di orientamenti per la catechesi. Tra le altre tematiche che interesseranno il Consiglio Episcopale Permanente, una comunicazione sugli ultimi sviluppi della legislazione italiana in materia di IMU ed Enti ecclesiastici, nonché sulle prospettive di evoluzione anche in riferimento alla dimensione europea. Venerdì 1° febbraio, alle 12, a Roma, presso la Sala Marconi della Radio Vaticana, si terrà la conferenza stampa di presentazione del comunicato finale con mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI.

Zenit

Messaggio per la 47° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Un ambiente umano. Da Benedetto XVI una lezione di realismo e di inclusione: le persone si sforzino di essere autentiche

Nel tempo dei “nativi digitali” alzi la mano chi tra noi, in questi anni, non si è chiesto, almeno una volta, se Facebook, Twitter, Myspace o chi per loro, siano forme di comunicazione e condivisione che contribuiscono alla crescita umana delle persone o, piuttosto, un insidioso pericolo da evitare, pena far aumentare la solitudine e lo spaesamento. Forse tutti: genitori, insegnanti, preti, giornalisti, educatori più o meno navigatori o frequentatori delle reti sociali (spesso della generazione degli “immigrati digitali”) che alle prese con i giovani s’interrogano su come con naturalezza si possa considerare Internet un ambiente “altrettanto reale”, rispetto alla realtà degli ambienti della vita quotidiana. Il punto, infatti, sta tutto qui e Benedetto XVI nel Messaggio per la 47ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sembra averlo centrato in pieno. Il testo dedicato al tema “Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione” e diffuso ogni anno in occasione della festa di San Francesco di Sales, salta a pie’ pari l’approccio moralistico e conflittuale tra reale e virtuale e sceglie di farci capire anzitutto di cosa stiamo parlando e che cosa succede nelle reti sociali. In primo luogo Benedetto XVI dice che esse sono “una nuova agorà, una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità”. Relazione, condivisione, conoscenza “porte” più che “mezzi”, “spazi” e non un “mondo parallelo o puramente virtuale, ma parte delle realtà quotidiane di molte persone, specialmente dei più giovani”. Fino a qui cosa sono e cosa accade. Ma sono un “buon” ambiente? Vale la pena frequentarli? Il Papa non manca la risposta ed è realista. I social network ci sono, hanno potenzialità enormi, “le persone che vi partecipano devono sforzarsi di essere autentiche” (e qui sta il rischio). In altri termini sta alla singola persona integrare la presenza nell’ambiente digitale con la propria vita. Chi nella vita reale tende a isolarsi e a preferire relazioni poco coinvolgenti e significative, in cui ci si compromette poco, può trovare nei social network un luogo ideale di espressione del proprio narcisismo. Una persona che vive invece delle relazioni sostanzialmente sane, può trovare in essi una grande opportunità per dare continuità a rapporti che altrimenti sarebbero eccessivamente frammentati. E la fede cosa c’entra? Le reti sociali possono aiutare gli uomini a incontrare Cristo? La questione non va posta sul piano dell’adeguamento tecnologico della pastorale o nel pensare la rete come un “mezzo” di evangelizzazione. Invece è indispensabile poter presentare il Vangelo come risposta alle domande di senso e di fede, che anche dalla rete emergono e nella rete si fanno strada. “I credenti - scrive Benedetto XVI - avvertono sempre più che se la Buona Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale, potrebbe essere assente nell’esperienza di molti per i quali questo spazio esistenziale è importante”. Ai cristiani l’onere dell’autenticità che “nei network sociali - aggiunge il Pontefice - è messa in evidenza dalla condivisione della sorgente profonda della loro speranza e della loro gioia: la fede nel Dio ricco di misericordia e di amore rivelato in Cristo Gesù”. Come evangelizzare, allora, nella rete, come intrecciare la tensione dell’uomo alla verità? La sfida della testimonianza cristiana diventa tipicamente spirituale. Le reti sociali divengono “porte di verità e di fede e nuovi spazi di evangelizzazione” se i credenti sapranno rinnovare il proprio entusiasmo nel “donare se stessi agli altri attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana”. Insomma a credenti, ma anche a parrocchie, enti, organi d’informazione cattolica, università, gruppi e movimenti più o meno strutturati il compito di esserci, non affrontando il web come se il problema sia quello di come usare bene la rete, ma di come vivere bene al tempo della rete contribuendo a farvi incontrare Cristo. Ce lo chiede anche la fedeltà a Cristo e alla storia. D’altro canto “i nativi digitali sono vivi, noi, invece, stiamo... invecchiando” (Philip K.Dick).

Adriano Bianchi, SIR