domenica 12 febbraio 2012

I saluti del Papa nelle diverse lingue: testimoniare con entusiasmo la speranza cristiana. L'auspicio: la prossima domenica senza neve!

Nei saluti in varie lingue, in francese il Santo Padre ha invitato a “proclamare le meraviglie di Dio e a rispondere alla Buona Novella”. Ai pellegrini croati ha augurato che il pellegrinaggio all’Urbe e la visita alle tombe degli Apostoli “rafforzi” la loro fede, per testimoniare “con entusiasmo” la “speranza cristiana e amare gli altri”. Salutando gli ungheresi, e particolarmente il gruppo degli scolari del "Constantinum Intézmény", di Kiskunfélegyháza, Benedetto XVI ha evidenziato: “L’educazione nello spirito cristiano è un grande dono ed anche un obbligo per la trasmissione della fede tramite la testimonianza”. In polacco, riprendendo il dialogo di Cristo con un lebbroso nel Vangelo odierno, il Papa ha sottolineato: “È un quadro della delicatezza con la quale Dio si china sull’uomo, così spesso impotente di fronte alla sofferenza, al dolore, all’aggressione del male. Solo Lui ci può liberare dalla lebbra del peccato e dallo smarrimento nella vita. Abbiamo sempre fiducia nella sua potenza e nella sua misericordia! Lui è il Salvatore del mondo”. Dopo aver salutato i pellegrini italiani, in particolare alla comunità del seminario vescovile di Patti, in Sicilia, augurando a tutti “una buona domenica e una buona settimana” il Pontefice ha auspicato: "La prossima domenica senza neve!".

SIR

Benedetto XVI: porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue in Siria, urgente rispondere alle legittime aspirazioni della nazione



"Seguo con molta apprensione i drammatici e crescenti episodi di violenza in Siria. Negli ultimi giorni essi hanno provocato numerose vittime. Ricordo nella preghiera le vittime, fra cui ci sono alcuni bambini, i feriti e quanti soffrono le conseguenze di un conflitto sempre più preoccupante. Inoltre rinnovo un pressante appello a porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue". E' l'appello lanciato da Papa Benedetto XVI dopo la recita dell'Angelus. "Infine, invito tutti - e anzitutto le Autorità politiche in Siria - a privilegiare la via del dialogo, della riconciliazione e dell'impegno per la pace. E' urgente rispondere alle legittime aspirazioni delle diverse componenti della Nazione, come pure agli auspici della comunità internazionale, preoccupata del bene comune dell'intera società e della Regione", ha concluso il Pontefice.

TMNews

Il Papa: nel contatto tra la mano di Gesù e il lebbroso abbattuta ogni barriera tra Dio e l’impurità umana, il suo amore è più forte di ogni male

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. "Il Vangelo di questa domenica ci mostra Gesù a contatto con la forma di malattia considerata a quei tempi la più grave, tanto da rendere la persona ‘impura’ e da escluderla dai rapporti sociali: parliamo della lebbra”, ha esordito il Papa. Infatti, “una speciale legislazione riservava ai sacerdoti il compito di dichiarare la persona lebbrosa, cioè impura; e ugualmente spettava al sacerdote constatarne la guarigione e riammettere il malato risanato alla vita normale”. Il Pontefice ha richiamato il Vangelo di oggi: “Mentre Gesù andava predicando per i villaggi della Galilea, un lebbroso gli si fece incontro e gli disse: ‘Se vuoi, puoi purificarmi!’. Gesù non sfugge al contatto con quell’uomo, anzi, spinto da intima partecipazione alla sua condizione, stende la mano e lo tocca – superando il divieto legale – e gli dice: ‘Lo voglio, sii purificato!’”. “In quel gesto e in quelle parole di Cristo – ha chiarito il Santo Padre - c’è tutta la storia della salvezza, c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni. In quel contatto tra la mano di Gesù e il lebbroso viene abbattuta ogni barriera tra Dio e l’impurità umana, tra il Sacro e il suo opposto, non certo per negare il male e la sua forza negativa, ma per dimostrare che l’amore di Dio è più forte di ogni male, anche di quello più contagioso e orribile. Gesù ha preso su di sé le nostre infermità, si è fatto ‘lebbroso’ perché noi fossimo purificati”. “Uno splendido commento esistenziale a questo Vangelo – ha sostenuto Benedetto XVI - è la celebre esperienza di san Francesco d’Assisi, che egli riassume all’inizio del suo Testamento: ‘Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo’”. Il Papa ha osservato: “In quei lebbrosi, che Francesco incontrò quando era ancora ‘nei peccati’ come dice, era presente Gesù; e quando Francesco si avvicinò a uno di loro e, vincendo il proprio ribrezzo, lo abbracciò, Gesù lo guarì dalla sua lebbra, cioè dal suo orgoglio, e lo convertì all’amore di Dio”. “Ecco – ha sottolineato il Pontefice - la vittoria di Cristo, che è la nostra guarigione profonda e la nostra risurrezione a vita nuova!”. Il Santo Padre ha, quindi, invitato a rivolgerci “in preghiera alla Vergine Maria, che ieri abbiamo celebrato facendo memoria delle sue apparizioni a Lourdes. A santa Bernardetta la Madonna consegnò un messaggio sempre attuale: l’invito alla preghiera e alla penitenza. Attraverso sua Madre è sempre Gesù che ci viene incontro, per liberarci da ogni malattia del corpo e dell’anima. Lasciamoci toccare e purificare da Lui, e usiamo misericordia verso i nostri fratelli!”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Card. Romeo: fedeltà, gratitudine e vicinanza nella preghiera e nell'affetto al Papa. Aiutatemi ad invocare la misericordia di Dio sui miei limiti

“Manifesto al Santo Padre fedeltà, gratitudine e vicinanza nella preghiera e nell’affetto, per quanto ci dona attraverso il suo magistero”. Così l’arcivescovo Paolo Romeo (foto) ieri in Cattedrale ha ricordato Benedetto XVI, durante l'omelia in occasione del suo V anniversario del suo ingresso nella diocesi di Palermo. Un messaggio breve a cui pare non voglia aggiungere altro. Nessun accenno al terremoto che in questi giorni scuote la Chiesa e lui in prima persona, dopo le rivelazioni sollevate da Il Fatto Quotidiano. “Avverto tutta il vostro sostegno, di cui vi sono grato e di cui sento in questo momento ancor più la necessità. Che la vostra preghiera sostenga la fragilità del mio essere. Aiutatemi ad invocare la misericorda di Dio sui miei limiti e con il vostro impegno ecclesiastico fate sì che questa Santa Chiesa di Palermo risplenda lumisonamente in santità e giustizia e che possa illuminare il cammino di chi ha perduto la speranza”. Parole a cui i fedeli rispondono con un grande applauso. Ancora, di Benedetto XVI ricorda poi il momento “indimenticabile” come lo definisce, trascorso insieme il 3 ottobre 2010 durante la sua visita a Palermo: “Come dissi allora, la nostra fede ha bisogno di una radicalità di testimonianza dinnanzi ad una società che attraversa un momento storico di triste desacralizzazione. C’è la necessità di continuare a crescere in questa fede perchè in questo momento della storia la gente guarda alla Chiesa”.

Live Sicilia

Chiusa davanti alla Corte distrettuale del Wisconsin la vicenda del prete pedofilo Murphy: ritirate le denunce contro il Papa, Bertone e Sodano

È stato il caso più emblematico e doloroso, finito sulla prima pagina del New York Times nel marzo 2010, l’annus horribilis dello scandalo della pedofilia: il caso di padre Lawrence Murphy, un prete che dal 1950 al 1974 aveva lavorato in una scuola per bambini sordomuti di Milwaukee abusando di centinaia di ragazzi, si è concluso nell’indifferenza generale venerdì 10 febbraio davanti alla Corte distrettuale del Wisconsin. I denuncianti del caso "John Doe 16 v. Holy See" si sono ritirati e non hanno voluto che si arrivasse alla sentenza di assoluzione per il Papa e per i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano, coinvolti nella causa di risarcimento civile. È una vittoria importante per la Santa Sede, rappresentata dall’avvocato Jeffrey Lena, e una sconfitta per Jeff Anderson, il titolare dello studio legale che aveva tentato, in questo e in altri casi, di fare in modo che a risarcire le vittime degli abusi fosse il Vaticano. La causa, denunciando la copertura degli abusi, era intenzionata ad affermare la diretta responsabilità della Santa Sede sugli oltre 400mila sacerdoti sparsi nel mondo, quando questa, è noto, sottolinea in una dichiarazione l’avvocato della Santa Sede Jeffrey Leena, spetta ai rispettivi vescovi o superiori religiosi. Leena ricorda come Anderson abbia “orchestrato per la stampa un evento dai toni drammatici e ricco di ‘colpi di scena’ che mirava a provocare nei mass media un’attenzione smodata e frenetica per la questione”. Si ricorda l’enfatico annuncio di informazioni che avrebbero dimostrato l’esistenza di un’“azione congiunta a livello mondiale” collegata ad abusi sessuali e diretta dalla Santa Sede. “Su una teoria tanto datata quanto smentita – afferma Leena - è stata creata appositamente per i mass media una sequenza di eventi che ha trasformato un fatto gravissimo – la violenza sessuale perpetrata ai danni di un minore – in uno strumento di affermazioni mendaci circa presunte responsabilità della Santa Sede”. Leena sottolinea anche l’impegno della Chiesa nel contrasto degli abusi ricordando che “è stato il diritto canonico e non quello civile innanzitutto, a istituire per primo l’obbligo di denuncia” per queste vicende. Una causa come questa - prosegue l’avvocato Leena – “intentata contro la Santa Sede e tenuta insieme solo da una rete mendace di accuse infondate di complotti internazionali, in verità non è altro che una strumentalizzazione del sistema giudiziario ed uno spreco di risorse”. “Quello che non dobbiamo dimenticare – afferma ancora l’avvocato della Santa Sede - è il fatto che molti anni fa John Doe 16, un ragazzo solo e afflitto da disabilità, è stato oggetto di terribili abusi. Come Papa Benedetto XVI ha ripetutamente affermato, ogni abuso – sia esso perpetrato in istituzioni pubbliche o private, da qualunque persona, di qualunque credo o affiliazione religiosa – è un peccato e un crimine”. “È triste constatare – conclude Leena - come nelle mani di un avvocato troppo incline alle conferenze stampa e un altro che trascorre il proprio tempo a scrivere su Internet una rubrica faziosa con cui tenta di far passare per eroi se stesso e i suoi colleghi, la vera tragica situazione e la sofferenza di John Doe 16 siano diventate uno strumento di pubblico inganno”. Ritirando la denuncia, anche se questo caso è definitivamente chiuso, Anderson spera di poter continuare a presentare la sua tesi presso altre corti, come quella dell’Oregon, dove rimane aperto un altro procedimento. Tra pochi giorni l’avvocato deve consegnare alle corte tutte le ragioni per le quali anche quel caso non dovrebbe essere archiviato. La conclusione della vicenda giudiziaria non deve far dimenticare l’orrore per quanto accaduto, anche se, spiega a Vatican Insider l’avvocato Lena, sta a indicare che "la Santa Sede non può avere la responsabilità di controllare direttamente le azioni di più di 400.000 preti in giro per il mondo". Quando la storia venne alla ribalta, nel marzo di due anni fa, fu scritto l’allora card. Ratzinger, il suo vice alla Congregazione per la Dottrina della Fede, Bertone, e l’allora Segretario di Stato Sodano non avevano ridotto allo stato laicale "un prete che molestò circa duecento ragazzi sordi". Padre Murphy, cappellano alla "Saint John’s School", era stato rimosso nel 1974 ed era stato trasferito nella diocesi di Superior, dov’era rimasto sostanzialmente ritirato senza essere più accusato di altri abusi. "È evidente che la responsabilità di fare in modo che non potesse più nuocere ricadeva sui vescovi", commenta l’avvocato della Santa Sede, Jeffrey Lena. Solo nel 1996, l’arcivescovo di Milwaukee aveva investito del caso il card. Ratzinger, il cui dicastero all’epoca non era competente per tutti i casi di abusi (lo diventerà dopo il 2001), ma solo per quelli commessi durante il sacramento della confessione. Otto mesi dopo, Bertone, vice di Ratzinger, aveva chiesto ai vescovi del Wisconsin di istruire un processo canonico. Murphy, nel frattempo, aveva scritto a Roma, dichiarandosi pentito e chiedendo di evitare il processo a motivo delle sue condizioni di salute. La linea decisa dalle autorità vaticane al termine di un summit tenutosi il 30 maggio 1998 era stata di restringere le facoltà al sacerdote e di ammonirlo, minacciando, se non si fosse pentito, di dimetterlo dallo stato clericale. Murphy sarebbe morto il 21 agosto di quello stesso anno. Era già evidente dai fatti che nessuna responsabilità poteva essere attribuita a Ratzinger, Bertone e Sodano, dato che la storia di Murphy viene conosciuta a Roma soltanto nel 1996, poco prima che il sacerdote morisse. Eppure questa triste e orribile vicenda di abusi è diventata l’occasione per un attacco molto forte alla Santa Sede: l’avvocato Anderson, difensore di una delle vittime di padre Murphy, disse infatti due anni fa che sarebbe stato in grado di dimostrare in tribunale, come ricorda oggi Jeffrey Lena, l’esistenza di "un’azione congiunta a livello mondiale" collegata agli abusi sessuali e diretta dal Vaticano. "Su una teoria tanto datata quanto smentita – conclude Lena – è stata creata appositamente per i mass media una sequenza di eventi che ha trasformato un fatto gravissimo – la violenza sessuale perpetrata ai danni di un minore – in uno strumento di affermazioni mendaci circa presunte responsabilità della Santa Sede".

Andrea Tornielli, Vatican Insider - Radio Vaticana

Dichiarazione dell'avvocato Lena

Il Papa guarda agli Stati Uniti per metter pace a Roma. Sabato il Concistoro: a mons. Dolan la relazione introduttiva del summit a porte chiuse

Sabato prossimo Benedetto XVI imporrà la berretta cardinalizia a ventidue nuovi cardinali. Il giorno prima, venerdì, un summit a porte chiuse vedrà il Papa ascoltare le relazioni di alcuni porporati innanzi a tutto il Collegio cardinalizio. Si parlerà di nuova evangelizzazione, un tema caro al Pontefice tanto che ha recentemente affidato a mons. Rino Fisichella un nuovo "ministero" ad hoc, ma è evidente che il clima pesante di questi giorni influenzerà la discussione. L’aria, entro le mura leonine, è incandescente. Parte del Collegio cardinalizio vuole sapere cosa sta succedendo a Roma. A preoccupare non sono soltanto le divisioni tra porpore evidenziatesi, in maniera a tratti imbarazzante, dalla pubblicazione della lettera al Papa di mons. Carlo Viganò, nunzio a Washington, che accusando il Vaticano di essere un enclave di "corrotti" punta il dito contro la gestione della finanza d’Oltretevere, e dall’ultimo documento del card. Darío Castrillón Hoyos che profetizza un’imminente morte del Pontefice. C’è di più, in sostanza la sensazione che non tutti, a Roma, lavorino per il bene della Chiesa, quanto per se stessi. Quando lo scorso 6 gennaio il Papa annunciò il Concistoro, molti osservatori notarono lo sbilanciamento di porpore non soltanto italiane (sette su ventidue) ma soprattutto romane, nel senso di presuli già in forza alla curia romana (dieci in tutto). Insieme notarono che tra i 22 nuovi cardinali non c’era nessun cardinale africano, nessun vescovo residenziale dell’America Latina e nessun vescovo del Medio Oriente. Uno sbilanciamento significativo, già presente tra l’altro nel Concistoro del novembre del 2010 in occasione del quale in molti parlarono di "un nuovo partito romano" e dello "spostamento in Europa e in Italia dell’equilibro di un futuro conclave". Forse, anche per ovviare a questo dato di fatto, Papa Ratzinger ha deciso di affidare la relazione introduttiva del summit di venerdì a un presule esterno ai giochi di potere romani, l’arcivescovo di New York Timothy Dolan (nella foto con Benedetto XVI), già capo della Conferenza Episcopale statunitense. La sua relazione è attesa come una boccata d’aria fresca in un summit dove i rancori e le divisioni potrebbero prendere il sopravvento. Dolan, nella filiera di quei "conservatori creativi" che anche una rivista di tendenza progressista come il National Catholic Reporter elogia per la sua apertura di vedute e soprattutto di prospettive, è uno dei migliori interpreti del sogno ratzingeriano di una "nuova evangelizzazione" capace di espandersi soprattutto nell’occidente secolarizzato. Ha detto di lui il vaticanista americano John Allen: "Dolan è un comunicatore naturale, un uomo capace di proiettare un’immagine positiva del cattolicesimo nella pubblica piazza", in sostanza uno dei migliori "frontman" del cattolicesimo d’oltreoceano. È convinzione di molti, oggi, che a una certa stanchezza del cattolicesimo europeo potrà rispondere in modo positivo la vitalità statunitense. Non c’è soltanto Dolan. C’è anche Charles J. Chaput, arcivescovo di Filadelfia: nato in una famiglia contadina del Kansas, della tribù pellerossa dei Prairie Band Potawatomi, francescano cappuccino, era dal 1997 vescovo di Denver, nel Colorado. Fa parte della schiera dei vescovi "ortodossi affermativi", e cioè molto decisi nell’affermare la presenza della Chiesa Cattolica nella società, senza compromessi né annacquamenti. Di se stesso Chaput disse: "Vorrei riuscire a essere creativo e contemporaneo, applicando tuttavia quell’insegnamento e quella vita strutturale alla chiesa locale". Di presuli siffatti Benedetto XVI sta riempiendo le diocesi statunitensi. A Los Angeles ha mandato José H. Gómez. "A conservative bishop for Los Angeles", titolarono i giornali quando Gómez ad aprile 2010 venne indicato come futuro successore del card. Roger Mahony. Messicano, fa parte dell’Opus Dei. Leader dei cattolici ispanici americani, nel 2005, quando era arcivescovo di Sant’Antonio, venne nominato dal Time Magazine tra i più influenti ispanici degli Stati Uniti. È questa nuova leva la speranza di una Chiesa divisa al suo interno a livello gerarchico? Per molti sì. Per molti sono loro che potranno far sì che Papa Ratzinger non "fugga per paura dinanzi ai lupi", coma aveva detto nella Messa di inizio del suo Pontificato, prevedendo, forse, che molti di questi lupi li avrebbe trovati in casa.

Paolo Rodari, Il Giornale.it

Benedetto XVI contribuisce ai restauri della Basilica di Sant’Agostino ad Annaba, luogo-simbolo della fratellanza fra cristiani e musulmani

Anche Benedetto XVI tra quanti stanno finanziando i restauri della Basilica di Sant’Agostino ad Annaba (foto), in Algeria, iniziati un anno fa. Il luogo di culto, costruito sulla collina che sovrasta le rovine di Ippona, sede vescovile di Sant’Agostino, è stato consacrato nei primi del ‘900 e il suo stile arabo-moresco e romano-bizantino, creando un insieme armonioso, vuole essere segno della dimensione universale del noto padre della Chiesa, grande umanista e uomo di dialogo. Per questo del progetto di ristrutturazione hanno voluto farsi carico, autorità pubbliche algerine e francesi, diverse istituzioni, ordini religiosi, diocesi e svariati benefattori. Alla Radio Vaticana il vescovo di Costantina-Ippona, mons. Paul Desfarges, ha parlato di quale importanza riveste oggi la Basilica di Sant’Agostino e in che modo ha contribuito il Papa al suo restauro: "Il Santo Padre ha contribuito personalmente. La 'Papal Foundation' ha dato qualcosa, ma il Papa – sollecitato – ha a sua volta inviato un dono personale per questo restauro. Lei sa – tutti sappiamo – quanto Sant’Agostino sia caro al cuore del nostro Papa. La Nasilica di Sant’Agostino non è soltanto un luogo di culto, tutta la collina di Ippona – c’è la basilica ed i padri agostiniani che curano il servizio pastorale, poi ci sono le Piccole Sorelle dei Poveri, che hanno lì una casa dove accolgono gli anziani – è un luogo-simbolo, un simbolo forte di convivialità, di fratellanza umana e spirituale; è un luogo che supera le culture e le fedi religiose, attraverso la figura di Sant’Agostino che trascende con il suo umanesimo, la sua fede, la sua cultura e conduce ogni uomo all’essenziale. Il restauro della basilica è il restauro di un luogo-simbolo della convivialità e della fratellanza tra le due sponde del Mediterraneo, tra cristiani e musulmani, tra l’Occidente e l’islam, tra gli uomini che sono alla ricerca del senso e della verità".

Radio Vaticana