domenica 29 gennaio 2012

La morte dell'ex presidente della Repubblica Scalfaro. Il Papa: illustre uomo cattolico di Stato, si adoperò per la promozione del bene comune

E’ morto oggi a 93 anni Oscar Luigi Scalfaro (foto), politico e magistrato italiano, presidente della Repubblica dal 1992 al 1999, ha ricoperto tutte più alte cariche dello Stato. In un telegramma inviato alla figlia del presidente Scalfaro, Marianna, Papa Benedetto XVI ha scritto: ''Spiritualmente vicino in questo momento di dolore per la morte dell'amato genitore Senatore Oscar Luigi Scalfaro Presidente emerito della Repubblica Italiana, desidero porgere le mie piu' sentite condoglianze con l'assicurazione della mia sincera partecipazione al grave lutto che colpisce anche l'intera Nazione italiana". Il Papa ricordo "con vivo affetto e con speciale gratitudine questo illustre uomo cattolico di Stato integerrimo magistrato e fedelissimo servitore delle istituzioni che nelle pubbliche responsabilità ricoperte sempre si adoperò per la promozione del bene comune e dei perenni valori etico-religiosi cristiani propri della tradizione storica e civile dell'Italia", elevando "fervide preghiere di suffragio invocando per la sua anima dalla divina bontà per intercessione della Vergine Maria da lui particolarmente venerata la Pace Eterna e di cuore imparto a Lei e a tutti i familiari la confortatrice Benedizione Apostolica''.

Zenit

TELEGRAMMI DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL PRESIDENTE EMERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, SENATORE OSCAR LUIGI SCALFARO

Benedetto XVI e due bambini dell'Azione Cattolica liberano le colombe della pace, ma una rientra nello studio: vogliono stare nella casa del Papa!

Questa mattina numerosi ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma, accompagnati dal cardinale vicario Agostino Vallini, con i loro educatori e familiari, hanno partecipato in Piazza San Pietro alla recita dell'Angelus di Benedetto XVI. Alla destra del Papa, nella finestra dello studio del Palazzo Apostolico, un ragazzo, alla sua sinistra una ragazza, Noemi. “Cari ragazzi, anche quest’anno avete dato vita alla ‘Carovana della pace’. Vi ringrazio e vi incoraggio a portare dappertutto la pace di Gesù”, ha detto il Pontefice. Poi ha ceduto la parola alla piccola Noemi che ha letto il messaggio a nome dei ragazzi dell’Acr di Roma, annunciando che con i risparmi dei ragazzi dell’Acr sarà costruito un centro di detenzione alternativo al carcere per ragazze minorenni in Bolivia, vicino a La Paz. “Speriamo – ha detto Noemi leggendo il messaggio - che con il nostro aiuto le ragazze boliviane possano essere incoraggiate a riconquistare la dignità e la fiducia degli altri”. “Ti chiediamo - ha concluso Noemi - di pregare insieme con noi per i nostri genitori, educatori e sacerdoti, affinché ci formino ad essere testimoni ed operato di pace. Ricordati sempre che l’Acr di Roma ti vuole tanto bene”. "Grazie Noemi, hai fatto molto bene. Liberiamo le colombe, che i ragazzi hanno portato, come segno di pace per la città di Roma e per il mondo intero", ha detto il Papa. Quindi le colombe sono state liberate: la prima l'ha liberata personalmente Benedetto XVI, e quando si è poggiata sul davanzale della finestra, il Papa ha tamburellato leggermente le dita e la colomba ha preso il volo. La seconda, invece, liberata dal bambino, è subito rientrata nello studio privato di Papa Ratzinger che ha commentato: "Vogliono stare nella casa del Papa!".

SIR, Agi

Il Papa: lodiamo Dio per la bella testimonianza del Vangelo della Beata Hildegard Burjan. La Giornata dei malati di lebbra e della pace in Terra Santa

"Oggi, a Vienna, viene proclamata Beata Hildegard Burjan, laica, madre di famiglia, vissuta tra Ottocento e Novecento e fondatrice della Società delle Suore della Caritas socialis". Lo ha detto il Papa dopo la recita della preghiera dell'Angelus. "Lodiamo il Signore per questa bella testimonianza del Vangelo", ha esortato rivolto ai30 mila fedeli presenti in Piazza San Pietro. "In questa domenica ricorre la Giornata mondiale dei malati di lebbra: vorrei far giungere il mio incoraggiamento a tutte le persone affette da questa malattia, come pure a quanti li assistono e, in diversi modi, si impegnano per eliminare la povertà e l'emarginazione, vere cause del permanere del contagio", ha affermato Benedetto XVI salutando l'Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau. Il Santo Padre ha ricordato, inoltre, la Giornata internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa: “In profonda comunione con il patriarca latino di Gerusalemme e il custode di Terra Santa, invochiamo il dono della pace per quella Terra benedetta da Dio”, ha dichiarato. Nei saluti in varie lingue, in tedesco Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare a coloro che nel duomo di Santo Stefano a Vienna parteciperanno alla beatificazione di Hildegard Burjan, di cui ha ricordato le parole: “Io so con certezza che vi è una sola felicità, cioè l’amore di Dio. Tutto il resto può rallegrare, ma ha valore solo se viene da questo amore, è fondato in esso”. Di questo amore, ha evidenziato Benedetto XVI, la nuova beata “ha vissuto. E come fondatrice delle Suore della Caritas socialis ha raccolto intorno a sé delle donne che fino ad oggi vogliono essere fonte di questo amore e far giungere ai sofferenti conforto e aiuto”. Di qui l’auspicio: “Seguendo l’esempio di Hildegard Burjan siamo anche noi annunciatori del caritatevole amore di Dio”. In polacco, in occasione della prossima festa della Presentazione del Signore, in cui si celebra la Giornata della vita consacrata, il Papa ha voluto esprimere gratitudine “ai religiosi e alle religiose per il loro ministero di preghiera, per l’attività apostolica e caritativa nella Chiesa” e ha pregato “per le nuove vocazioni. Lo Spirito Santo susciti in tanti cuori il desiderio della totale dedizione a Cristo nella povertà, nell’obbedienza e nella castità”.

Agi, SIR

Il Papa: per Dio l’autorità significa servizio, umiltà, amore, entrare nella logica di Gesù che cerca il vero bene dell’uomo, che guarisce le ferite

A mezzogiorno, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Il Vangelo di questa domenica – ha ricordato il Papa - ci presenta Gesù che, in giorno di sabato, predica nella sinagoga di Cafarnao, la piccola città sul lago di Galilea dove abitavano Pietro e suo fratello Andrea. Al suo insegnamento, che suscita la meraviglia della gente, segue la liberazione di ‘un uomo posseduto da uno spirito impuro’, che riconosce in Gesù il ‘Santo di Dio’, cioè il Messia”. Così “in poco tempo, la sua fama si diffonde in tutta la regione, che Egli percorre annunciando il Regno di Dio e guarendo i malati di ogni genere: parola e azione”. Il Pontefice ha ripreso il commento di San Giovanni Crisostomo che fa osservare come il Signore “alterni il discorso a beneficio degli ascoltatori, procedendo dai prodigi alle parole e passando di nuovo dall’insegnamento della sua dottrina ai miracoli”. “La parola che Gesù rivolge agli uomini – ha osservato il Santo Padre - apre immediatamente l’accesso al volere del Padre e alla verità di se stessi. Non così, invece, accadeva agli scribi, che dovevano sforzarsi di interpretare le Sacre Scritture con innumerevoli riflessioni”. Inoltre, “all’efficacia della parola, Gesù univa quella dei segni di liberazione dal male”. Benedetto XVI ha ricordato le parole di Sant’Atanasio: “Comandare ai demoni e scacciarli non è opera umana ma divina”; infatti, il Signore “allontanava dagli uomini tutte le malattie e ogni infermità. Chi, vedendo il suo potere...avrebbe ancora dubitato che Egli fosse il Figlio, la Sapienza e la Potenza di Dio?”. “L’autorità divina – ha precisato il Papa - non è una forza della natura. È il potere dell’amore di Dio che crea l’universo e, incarnandosi nel Figlio Unigenito, scendendo nella nostra umanità, risana il mondo corrotto dal peccato”. Poi il richiamo a Romano Guardini, che scriveva: “L’intera esistenza di Gesù è traduzione della potenza in umiltà...è la sovranità che qui si abbassa alla forma di servo”. “Spesso per l’uomo – ha sostenuto il Pontefice - l’autorità significa possesso, potere, dominio, successo. Per Dio, invece, l’autorità significa servizio, umiltà, amore; significa entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi dei discepoli, che cerca il vero bene dell’uomo, che guarisce le ferite, che è capace di un amore così grande da dare la vita, perché è l’Amore”. Ancora un richiamo, stavolta a santa Caterina da Siena, che in una delle sue Lettere scrive: “E’ necessario che noi vediamo e conosciamo, in verità, con la luce della fede, che Dio è l’Amore supremo ed eterno, e non può volere altro se non il nostro bene”. Benedetto XVI ha ricordato poi che “giovedì prossimo 2 febbraio, celebreremo la festa della Presentazione del Signore al tempio, Giornata Mondiale della Vita Consacrata. Invochiamo con fiducia Maria Santissima, affinché guidi i nostri cuori ad attingere sempre dalla misericordia divina, che libera e guarisce la nostra umanità, ricolmandola di ogni grazia e benevolenza, con la potenza dell’amore”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Card. Kasper: attenzione a fare del Concilio qualcosa in cui ognuno proietta e trova i propri desideri. Una minoranza creativa il futuro della Chiesa

Il Concilio secondo Kasper. Con il Vaticano II, di cui si festeggia il 50° anniversario, "la Chiesa si rimise in cammino", evidenzia il card. Walter Kasper (nella foto con Benedetto XVI), ma "occorre entrare nel concetto di rinnovamento per una corretta interpretazione del Concilio". No, quindi, al "mito" del Concilio, la Chiesa è attesa da un futuro da "minoranza creativa" quindi ha bisogno di una nuova primavera spirituale. Il 26 gennaio a Roma, al "Centro Pro Unione" è stato presentato il libro "Chiesa Cattolica: essenza-realtà-missione" scritto dal presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il cardinale tedesco vede il futuro della Chiesa non nel mantenimento delle strutture della "Chiesa di popolo" ormai anacronistiche, ma condivide il parere del grande storico Arnold J.Toynbee, secondo il quale, nelle situazioni particolarmente difficili della storia dell’umanità, ad aver individuato una via d’uscita sono sempre state minoranze qualificate e creative a cui si è poi potuta unire anche la maggioranza. Ministro dell’ecumenismo ai tempi di Giovanni Paolo II e ancora, per qualche anno, con Benedetto XVI, solitamente avvezzo a suonare sui grandi temi della riforma della Chiesa un canto in parte differente da quello istituzionale della Curia romana, Kasper è uno dei cardinali di maggior peso della Curia romana. Nell’analisi che il porporato tedesco fa della crisi della Chiesa, la figura di Chiesa pienamente radicata nel popolo, che ha avuto il suo grande peso nella storia ed ha apportato il suo grande contributo, volge ormai al termine di fronte alla situazione pluralista di oggi e non può essere una figura della Chiesa orientata al futuro nel terzo millennio. "L’esperienza del Concilio Vaticano II divenne per me un’esperienza quanto mai incisiva della Chiesa e un permanente saldo punto di riferimento - rievoca Kasper -. Quando il 25 gennaio 1959 Giovanni XXIII annunciò il Concilio, la sorpresa fu enorme. Seguì un tempo mozzafiato, avvincente e interessante quale i giovani teologi odierni non riescono più a immaginare. Noi sperimentammo come la veneranda vecchia Chiesa mostrava una nuova vitalità, come spalancava porte e finestre ed entrava in un dialogo al suo interno nonché in dialogo con altre Chiese, altre religioni e con la cultura moderna". Era una Chiesa che si rimetteva in cammino, una Chiesa che non ripudiava e non rinnegava la sua antica tradizione, ma le rimaneva fedele, e che tuttavia raschiava via incrostazioni e cercava così di rendere la tradizione nuova, viva e feconda per il cammino verso il futuro. Sulla lettura del Concilio, Kasper è stato interprete negli anni del duo Wojtyla-Ratzinger di un contro-canto intelligente e puntuto all’interno della Curia romana. "Sono sempre convinto che i sedici principali documenti del concilio sono, nel loro complesso, la bussola per il cammino della Chiesa nel XXI secolo - sottolinea Kasper -. Il Concilio Vaticano II è già stato spesso definito come il Concilio della Chiesa sopra la Chiesa. La Chiesa, che era in cammino sulle strade della storia da duemila anni, prese nel corso di tale Concilio più profondamente coscienza della propria essenza, in virtù della quale era già fino ad allora vissuta e aveva agito". Già nel discorso di apertura, tenuto l’11 ottobre 1962, Giovanni XXIII disse che compito del Concilio sarebbe stato quello di conservare integralmente e senza falsificazioni il sacro patrimonio della dottrina cristiana e di insegnarlo in modo efficace. Paolo VI disse la stessa cosa il 21 novembre 1964, in occasione della solenne promulgazione della Costituzione sulla Chiesa "Lumen gentium", unitamente al decreto sull’ecumenismo "Unitatis redintegratio". Egli affermò: "Questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo anche noi. Ciò che era, resta. Ciò che per secoli la Chiesa ha insegnato, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto ora è espresso, ciò che era incerto è chiarito; ciò ch’era mediato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione". Il fascino e l’entusiasmo del Concilio sono nel frattempo svaniti. "È cominciato un tempo fatto di sobria considerazione dei fatti, in parte anche di valutazione critica degli eventi conciliari e soprattutto postconciliari - ammette il cardinale -. È succeduta una nuova generazione, per la quale il Concilio è un evento molto lontano e appartenente a un altro tempo, a un tempo nel quale essa non era ancor nemmeno nata e nei confronti del quale non ha alcun rapporto personale, come invece lo aveva la mia generazione. A questa nuova generazione occorre spiegare faticosamente quanto allora avvenne ed entusiasmarla nei suoi confronti. Per questo ci vuole una solida ermeneutica del Concilio". Non bisogna indubbiamente fare del Concilio un mito, nel quale ognuno "proietta e trova i propri pii desideri". Secondo Kasper, occorre piuttosto interpretare con accuratezza i testi conciliari secondo le regole universalmente valide dell’ermeneutica teologica. Nel farlo non bisogna separare "il cosiddetto reale o presunto spirito del Concilio dalla lettera del Concilio", ma occorre piuttosto desumere lo spirito del Concilio dalla sua storia e dai suoi testi. I testi del Concilio vanno compresi alla luce della sua storia e alla luce delle spesso controverse discussioni svoltesi nel suo corso. Poi bisogna interpretare ogni singola formulazione in seno al complesso di tutti i testi conciliari e tener conto, nel farlo, della gerarchia intrinseca dei diversi documenti conciliari. Infine, a giudizio di Kasper, occorre "reinterpretare i testi conciliari alla luce delle fonti, a cui lo stesso Concilio era vincolato e da cui attinse copiosamente". Per un’adeguata ermeneutica conciliare è importante tener conto della ricezione che le affermazioni conciliari hanno trovato nella dottrina e nella vita della Chiesa dopo il Concilio. "Rettamente intesa la ricezione non è un’adozione meccanica, ma un processo ecclesiale vivo guidato dallo Spirito Santo, che si svolge nella dottrina così come in tutta la vita della Chiesa - precisa il porporato -. Nel periodo postconciliare l’esperienza di tutta la storia del concilio ha trovato il suo seguito. Alla controversia attorno alla definizione segue sempre la controversia attorno alla sua ricezione". Già durante il Vaticano II si erano formate due fazioni, che furono presto dette "conservatrice" e, rispettivamente, "progressista". Questi termini ebbero inizialmente un significato diverso da quello che avrebbero assunto dopo il Concilio. "Quelli che allora furono detti progressisti erano infatti in realtà dei conservatori, che volevano riaffermare la tradizione grande e più antica della sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, mentre quelli che allora furono detti conservatori erano unilateralmente fissati sulla tradizione post-tridentina degli ultimi secoli - puntualizza Kasper -. Per tener conto delle giustificate istanze di ambedue le parti e per raggiungere, in corrispondenza a una buona tradizione conciliare, il consenso più ampio possibile, furono necessarie in molti casi delle formule di compromesso, pure questo un fenomeno niente affatto nuovo per chiunque conosca la storia dei Concili". La parola di Kasper ha una grande peso in Curia. Quando nel 2000 la Congregazione per la dottrina della Fede pubblicò la dichiarazione dogmatica "Dominus Iesus" per ribadire l’assoluta unicità di Gesù Cristo in ordine alla salvezza di tutti gli uomini, fu il card. Walter Kasper, che ancora guidava i rapporti ecumenici, a dire che "alcune formulazioni del testo non sono facilmente accessibili ai nostri partner". Tra questi gli ebrei. Joseph Ratzinger, all’epoca prefetto dell’ex Sant’Uffizio, dovette spiegarsi e dire che restava "evidente che il dialogo di noi cristiani con gli ebrei è su un piano diverso rispetto a quello con le altre religioni. La fede testimoniata nella Bibbia degli ebrei, l’Antico testamento dei cristiani, per noi non è un’altra religione, ma il fondamento della nostra fede".

Giacomo Galeazzi, Vatican Insider