martedì 30 giugno 2009

Visita apostolica alla congregazione dei Legionari di Cristo. I nomi e gli incarichi dell'ispezione che partirà il 15 luglio

Lo scorso marzo l’annuncio, il 15 luglio il via. I visitatori apostolici dei Legionari di Cristo interrogheranno le centinaia di sacerdoti e religiosi della congregazione fondata dal sacerdote messicano Marcial Maciel Degollado, sotto choc a causa dell’acclarata cattiva condotta del loro stesso fondatore, già messo da parte nel 2006 per abusi sessuali, e ora, un anno dopo la morte, scoperto colpevole d’aver avuto in Spagna un’amante e una figlia. Come visitatori, le autorità vaticane hanno nominato cinque vescovi di cinque paesi diversi, ciascuno con l’incarico di ispezionare i Legionari di una particolare area del mondo: Ricardo Watti Urquidi, vescovo di Tepic nel Messico, incaricato per il Messico e il Centroamerica, dove i Legionari hanno 44 case con 250 sacerdoti e 115-120 religiosi e aspiranti sacerdoti; Charles J. Chaput, arcivescovo di Denver, incaricato per Stati Uniti e Canada, dove i Legionari hanno 24 case con 130 sacerdoti e 260 religiosi e aspiranti sacerdoti; Giuseppe Versaldi, vescovo di Alessandria, incaricato per Italia, Israele (Gerusalemme), Filippine e Corea del Sud, dove i Legionari hanno 16 case con 200 sacerdoti e 420 religiosi e aspiranti sacerdoti (in Italia rispettivamente 13, 168 e 418); Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Concepción in Cile, incaricato per Cile, Argentina, Colombia, Brasile e Venezuela, dove i Legionari hanno 20 case con 122 sacerdoti e 120 religiosi e aspiranti sacerdoti; Ricardo Blázquez Pérez, vescovo di Bilbao, incaricato per Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Irlanda, Olanda, Polonia, Austria e Ungheria, dove i Legionari hanno 20 case con 105 sacerdoti e 160 religiosi e aspiranti sacerdoti. L’investitura dei cinque visitatori è avvenuta la mattina di sabato 27 giugno in Vaticano, in una riunione con i cardinali Tarcisio Bertone, William J. Levada, Franc Rodé e Stanislaw Rylko. Ai cinque è stata data lettura delle conclusioni dell’indagine della Congregazione per la Dottrina della Fede che portò alla condanna di Maciel nel 2006. Per gli spostamenti avranno a disposizione un budget di 10 mila euro ciascuno. In autunno depositeranno in Vaticano un rapporto. Il visitatore italiano, mons. Versaldi, 66 anni, è legatissimo al card. Bertone. È vescovo di Alessandria dal 2007. In precedenza è stato vicario generale della diocesi di Vercelli, nominato a questo incarico nel 1994 dal conterraneo Bertone, che all’epoca era il suo vescovo. È ferrato in diritto canonico e ha insegnato questa materia alla Pontificia Università Gregoriana. Ha il titolo di avvocato rotale ed è membro del supremo tribunale della segnatura apostolica. Lo scorso 26 aprile, in occasione delle festività della Madonna della Salve, patrona della diocesi di Alessandria, il card. Bertone si è recato in visita da lui, celebrando la Messa in cattedrale.
Ricade sotto la competenza di mons. Versaldi l’ispezione, a Roma, della casa generalizia dei Legionari e quindi dei loro massimi dirigenti, quelli che sono stati più in simbiosi col fondatore. Intanto, oggi sono stati ordinati a Roma 38 nuovi diaconi dei Legionari, la metà messicani, gli altri di altri otto paesi.

Sandro Magister, Settimo Cielo

Presentati i restauri della Cappella Paolina dopo cinque anni di lavori. Sabato verrà inaugurata dal Papa

La Cappella Paolina (foto), luogo di culto privato del Papa, torna a splendere. Oggi infatti, è stata presentata alla stampa la Cappella michelangiolesca, a conclusione dei lavori di restauro iniziati nel 2002 sotto la direzione dello storico dell'arte Arnold Nesselrath. "Il costo del restauro - ha spiegato il card. Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato vaticano - è stato più elevato del previsto, a motivo del protrarsi dei lavori, ma è stato completamente sostenuto da alcuni Patrons of the Arts in the Vatican Museums. Il costo complessivo è stato di 3.253.196 euro". "Sono molto lieto - ha aggiunto - che i lavori siano terminati in coincidenza quasi simbolica con la conclusione dell'Anno Paolino". La cappella privata del Papa - questa la funzione della Paolina - verrà inaugurata da Benedetto XVI sabato 4 luglio, con la celebrazione dei Vespri, insieme ai cardinali della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, ai superiori della Segreteria di Stato, della Curia Romana e ai Patrons che ne hanno sovvenzionato i lavori. "La Cappella Paolina, più ancora della Sistina - ha spiegato il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani - è il luogo identitario della Chiesa Cattolica. Infatti gli affreschi sulle pareti e nella volta - quelli di Michelangelo insieme agli altri di Lorenzo Sabatini e di Federico Zuccari - raccontano gli episodi salienti della vita dei santi Pietro e Paolo". Si può dire che la Cappella Paolina fu l'ultima fatica di Michelangelo. "E' una specie di testamento spirituale", ha aggiunto Paolucci. "Gli affreschi di Michelangelo sono arrivati a noi consumati e logorati in più punti, coperti da una scura camicia di sporco, di ravvivanti alterati, di incongrui ritocchi". Il restauro compiuto in questi anni ha portato alla luce le ultime pennellate di Michelangelo, nell'affresco raffigurante la crocifissione di Pietro. Così come alla luce sono venuti i chiodi della crocifissione. Altra novità: l'altare è stato riportato al suo assetto storicamente conosciuto, quello che aveva prima degli interventi degli Anni Settanta. L'operazione è stata compiuta secondo le indicazioni date dallo stesso Papa, che ha visitato il cantiere della Paolina il 25 febbraio scorso. Il prezioso altare marmoreo è stato così quasi addossato alla parete, rivolto verso i fedeli. La Cappella Paolina "non è destinata a visite museali, e sarà utilizzata solamente per la celebrazione della Messa mattutina", ha spiegato mons. Paolo De Nicolò, reggente della Casa Pontificia. "Anche se pensiamo che all'inizio ci sarà maggiore elasticità - ha aggiunto - e verranno concessi permessi per visite specifiche". "Tuttavia, non sarà mai uno spazio museale con il pagamento di un biglietto", ha ribadito Paolucci. "Il Papa ha chiaramente detto che la Cappella Paolina non è un luogo museale in più del Vaticano". Un'ultima curiosità. "Restaurando la Cappella Paolina - ha detto Paolucci - ci siamo interrogati sull'opportunità di rimuovere dall'affresco michelangiolesco della crocifissione di Pietro le due velature applicate sul sesso dell'Apostolo, una già nel '500 e l'altra negli anni '30, ma abbiamo deciso di lasciarle, perchè non si riporta indietro la ruota della storia". La Cappella si trova nei Palazzi Apostolici Vaticani e fu commissionata da Paolo III Farnese ad Antonio da Sangallo (1537-42); Michelangelo fu successivamente incaricato dell'esecuzione dei due affreschi raffiguranti la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro (1542-50). Il restauro ha avuto inizio nel 2002 e, diretto dallo storico dell'arte Arnold Nesselrath, è stato eseguito dallo staff dei Laboratori di Restauro Dipinti Vaticani per la direzione di Maurizio De Luca con il finanziamento dei Patrons of the Arts . Oltre al restauro pittorico, è stato eseguito il riordino della parte presbiterale ed è stato realizzato un nuovo impianto di illuminazione, che mette in risalto i dipinti presenti.

Apcom

Giovanni Maria Vian: Benedetto XVI ha ricordato che il rinnovarsi interiormente è l'unica via per cambiare il mondo senza conformarsi ad esso

“Per la festa dei santi patroni di Roma Benedetto XVI ha rivolto a tutti i cattolici parole che meritano ascolto anche oltre i confini visibili della Chiesa e che resteranno, meditando su ciò che è essenziale: la verità”. Lo afferma l’editoriale pubblicato oggi su L’Osservatore Romano, siglato dal direttore Gian Maria Vian. Il Papa, scrive Vian, ha ricordato come “con Cristo sia iniziato un nuovo modo di adorare Dio, un culto personale e profondamente vero perché si realizza con la vita. Con quel rinnovarsi interiormente che è l'unica via per cambiare il mondo senza conformarsi a esso. Per un nuovo modo di pensare e di essere, non da bambini ma da adulti”. “Sin dagli studi e dalle opere giovanili - osserva il direttore del quotidiano vaticano - Joseph Ratzinger, imbevuto della tradizione cristiana, si è prefisso il compito di spiegare ‘l'alfabeto della fede’ nel nostro tempo”, per “scendere nel profondo della verità testimoniata dagli apostoli e ripetere che - nonostante i conformismi del mondo e nonostante i nemici, ancora una volta chiamati evangelicamente ‘lupi’”, i “vescovi e i sacerdoti hanno soprattutto il compito di aprire i cuori e le anime a Dio. Perché soltanto così è possibile rendere presente Dio nel mondo e rinnovarlo”.

SIR

Anno Paolino. Le celebrazioni conclusive in Australia, a Bologna, in Bangladesh e nella diocesi di Oyo in Nigeria

Australia. Grazie al web e alle nuove tecnologie in tutta la nazione si è potuto seguire la riflessione di ampio respiro sulla missione e l’attualità dell’Apostolo Paolo, offerta oggi in occasione della conclusione dell’Anno Paolino, dalla Chiesa Cattolica australiana. La teleconferenza ha per titolo “Paolo, l’uomo, la missione e il messaggio per l’oggi” ed è organizzata dal Broken Bay Institute, con il concorso della Conferenza Episcopale australiana. L’iniziativa vede il coinvolgimento di oltre 120 siti dislocati non solo sull’intero territorio federale, ma anche in Nuova Zelanda, Perù e Malta. Ad aprire l’incontro è stato l’arcivescovo di Brisbane, mons. John Bathersby, che leggerà e mediterà alcuni versetti della Lettera ai Colossesi; le sei sessioni successive saranno introdotte dai biblisti padre Brendan Byrne, e suor Michele Connolly e dall’esperto di comunicazioni padre Richard Leonard. Le meditazioni porranno in rilievo la figura dell’Apostolo delle genti, la carità, il significato di grazia, spirito e speranza nella teologia paolina. Si parlerà inoltre dell’impatto degli scritti paolini sull’uomo di oggi e sulla comunicazione della Buona Novella alle società del nostro tempo, con un ultimo spazio di dibattito dedicato alle osservazioni e domande inviate per e-mail dai partecipanti “a distanza”.
Bologna. Nel concludere l’Anno Paolino nella Cattedrale di San Pietro, il card. Carlo Caffarra, arcivescovo della città, ha spiegato il significato della storia dei santi Pietro e Paolo e incoraggiato a pregare per i sacerdoti. Lo riferisce l'agenzia Zenit. Il porporato ha ricordato la storia di San Paolo, che era vissuto nelle tenebre fin quando non conobbe la fede e divenne “l’apostolo delle genti” nell’opera di conversione dei pagani. Ha poi precisato che prima dell’incontro con Gesù, Paolo non viveva da dissoluto. Al contrario, superava “nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito come era nel sostenere le tradizioni dei padri”. L’apostolo capì che la sua vita non era più sotto una legge sia pure religiosa, ma che la sua vita era semplicemente il rapporto con Gesù. Al punto tale che potrà scrivere ai cristiani della Galazia: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (2,20). Diversa la condizione di Pietro che veniva da un’esperienza terribile, perchè aveva tradito il Signore. Secondo il cardinale, “egli poteva pensare che tutto il progetto di Gesù su di lui era stato abbandonato: non meritava più fiducia”. Ma cosa chiede il Signore a Pietro? “Semplicemente se lo ama. Viene cioè interrogato sulla qualità del suo rapporto personale con Cristo. Non viene chiesto altro, perché questo è semplicemente tutto. Anzi più profondamente: Pietro ritrova pienamente se stesso nella certezza che Gesù sa, conosce il suo amore”. Per il cardinale Caffarra, alla luce di questa pagine si può comprendere “il ministero conferito a Pietro e nella sua persona ad ogni suo successore, fino a Benedetto XVI”. “È un servizio che nasce dall’amore per Cristo – ha sottolineato –, e quindi è un servizio di amore. Pietro ed ogni suo successore avrà solo la libertà dell’amore: andare solo là dove Cristo lo porta, fino a morire come è morto Cristo”. L’arcivescovo di Bologna ha concluso invitando alla riflessione sui due grandi apostoli per capire e vivere meglio la vita cristiana. In primo luogo, ha incoraggiato “a non dimenticare mai che la vita cristiana non è prima di tutto un comportamento, un modo di agire; non è prima di tutto una dottrina. È la vita vissuta con Gesù: è la sua Persona che sta al centro”. A proposito dell’Anno Sacerdotale, ha invece rivolto un appello ai fedeli: “Pregate, cari fedeli, perché l’intercessione e l’esempio dei santi apostoli ci rendano pastori delle vostre anime secondo il cuore di Cristo”.
Bangladesh. “Vi invito a meditare sul vostro rapporto con Cristo, che vi ha chiamato a partecipare alla sua vita, e a riflettere su come e quanto condividiate questa vita con gli altri”. Così mons. Joseph Marino, nunzio apostolico in Bangladesh, ha esortato un gruppo di missionari nel Paese asiatico in occasione di un seminario di formazione sulla figura di San Paolo. Al seminario hanno partecipato 75 religiosi, missionari del Pontificio Istituto per le Missioni Estero e dei Saveriani, suore dell’ordine di Nostra Signora delle missioni e di altre congregazioni. Al termine dell’Anno dedicato all’apostolo delle genti e con l’inizio dell’Anno Sacerdotale, la Chiesa del Bangladesh è tornata ancora una volta a riflettere sull’invito alla missione testimoniato da San Paolo. Nel Paese in cui oltre l’85% degli oltre 140milioni di abitanti si professa musulmano, i cristiani rappresentano una minoranza, circa il 3%. Per essi la missione non coincide solo con specifiche attività pastorali, piuttosto con la semplice vita quotidiana vissuta alla luce del Vangelo. Ai 75 religiosi che hanno partecipato al seminario, mons. Marino ha ricordato che “nel contesto del Bangladesh la condivisione non può sempre avvenire attraverso le parole, ma - cosa molto importante - attraverso la nostra testimonianza di amore gratuito verso gli altri”. Benedetto XVI, in occasione della visita ad limina dei vescovi del Paese, svoltasi a pochi giorni dall’inizio dell’Anno Paolino, aveva detto loro: “Come i primi cristiani siete una piccola comunità in una grande popolazione non cristiana. La vostra presenza è un segno del fatto che la predicazione del Vangelo, che è cominciata a Gerusalemme e in Giudea, continua a diffondersi fino agli estremi confini della terra secondo la destinazione universale che il Signore ha voluto per essa”.
Oyo (Nigeria). Con un ricco programma di celebrazioni ed eventi culturali, la diocesi di Oyo, in Nigeria, ha chiuso solennemente l’Anno Paolino. Durante questi ultimi dodici mesi, la diocesi di Oyo ha vissuto “un nuovo slancio nell’evangelizzazione - informa una nota –. Molte chiese sono state inaugurate e molti fedeli laici sono diventati più attenti alla realtà locale, così da essere più coinvolti nella missione evangelizzatrice”. Nel corso dell’Anno, inoltre, numerose parrocchie hanno organizzato seminari e dibattiti sulla vita e le opere di San Paolo, eventi che hanno visto la partecipazione attiva sia dei giovani che delle donne, in particolare della Catholic Women Organisation. A livello mediatico, infine, sono da segnalare alcune iniziative: la pubblicazione di numeri speciali del bollettino diocesano, “Akede Igbagbo”; la realizzazione di due cd audio sulla vita di San Paolo e l’Anno Paolino e l’edizione di un libro, intitolato “Nuova missione, nuova speranza”, scritto da un sacerdote locale, padre Thomas Kehinde Ajayi. Il volume raccoglie riflessioni e testimonianze sull’Apostolo delle Genti e le attività diocesane svolte dalle parrocchie nel corso del 2008.

SIR, Radio Vaticana

Anno Paolino. Il card. Montezemolo chiude la Porta Paolina nella Basilica ostiense: non terminano l'amore, la fede e la speranza generati

Un un’unica grande celebrazione in onore e nel nome di San Paolo: potrebbe definirsi così la serie di cerimonie liturgiche ed ecumeniche che ieri si sono svolte in molte città del mondo a conclusione dell’Anno Paolino. L’evento principale si è svolto nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, presieduto dall’arciprete, il card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo (nella foto con Benedetto ZVI). Celebrando i Secondi Vespri e la Messa vespertina della Solennità dei Santi Pietro e Paolo, il porporato ha portato a compimento, su incarico di Benedetto XVI, la giornata conclusiva dell’Anno Paolino, da lui avviata 24 ore prima con la celebrazione dei Primi Vespri. Momento culminante è stata la chiusura della Porta Paolina. Il Santo Padre l’aveva aperta il 28 giugno dell’anno scorso - avendo accanto il Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I - e l’ha riattraversata ancora ieri l’altro, ammirando le formelle in bronzo collocate pochi giorni prima. Da essa, sono passati centinaia di migliaia di pellegrini di tutto il mondo. Una chiusura tuttavia simbolica perché non essendo Porta Santa - e l’Anno Paolino non è stato un Anno Santo, ma "tematico" - questa mattina è stata di nuovo aperta e lo resterà per accogliere quanti in memoria della storica celebrazione del secondo millennio della nascita dell’Apostolo verranno a venerarne il Sepolcro. “Termina l’Anno Paolino”, ha detto nell’omelia il card. Montezemolo, “non terminano certo i benefici che ha generato, la ricchezza di fede, amore e speranza che ha suscitato o ravvivato in noi. E continuerà l’approfondimento delle ragioni fondamentali dell’Anno Paolino, indicate dal Santo Padre ed alimentate dal magistero delle sue catechesi: conoscere ancor di più e meglio San Paolo, tenere vivo l’impegno ecumenico, per la più sollecita ricomposizione dell’unità dei cristiani”. Come segno di questo fervore, ha aggiunto il cardinale, continuerà ad ardere nel Quadriportico della Basilica la Fiamma Paolina accesa dal Papa e contornata dalle fiammelle devozionali alimentate dai fedeli. E’ poi prevedibile una ulteriore crescita dei pellegrinaggi alla tomba di San Paolo, verso la quale si è accentrato l’interesse della cristianità, evidenziato dai mass media, in seguito all’annuncio di ieri l’altro del Santo Padre dei risultati dell’indagine scientifica compiuta all’interno del sarcofago: indagini che hanno confermato “l’unanime incontrastata tradizione” di custodire i resti mortali dell’Apostolo. A questa indagine ha accennato il porporato nell’omelia per passare ad illustrare la storia della Basilica e del suo altare eretto sopra il Sarcofago, riportato a visibilità nel 2006, e infine per soffermarsi sulle testimonianze della rivelazione di Gesù a Paolo, date da Anania a Damasco e da San Pietro nella sua seconda Lettera. Ha concluso poi con l’invocazione all’Apostolo e a Maria Madre di Dio, perché i benefici dell’Anno Paolino continuino in noi e nell’ecumene cristiano. Migliaia di fedeli hanno salutato con applausi il passaggio del cardinale per la navata centrale della Basilica mentre, accompagnato in processione dai monaci dell’Abbazia benedettina, si recava a chiudere la Porta Paolina e a nome del Papa li benediceva.

Radio Vaticana

Il Papa ai vescovi metropoliti: il Pallio vi ricorda di essere pastori secondo il cuore di Gesù. Rafforzate la comunione con il Successore di Pietro

Un’occasione per prolungare la gioia della comunione vissuta nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo: Benedetto XVI ha definito così l’udienza di stamani ai nuovi arcivescovi metropoliti ricevuti in Aula Paolo VI, assieme ai familiari e ai pellegrini delle proprie diocesi. Il Papa si è soffermato sul significato del Sacro Pallio, la stola imposta ai metropoliti, ieri nella Basilica Vaticana. Un simbolo di unità, ha detto il Papa, che lega i pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro. Provenienti da ogni continente, ha osservato Benedetto XVI, gli arcivescovi metropoliti mostrano “in modo significativo il volto della Chiesa Cattolica diffusa su tutta la terra”. Nel suo discorso in più lingue, rivolgendosi agli arcivescovi italiani, Benedetto XVI ha esortato i pastori a far fruttificare l’Anno Sacerdotale appena iniziato: “Siamo all’inizio dell’Anno Sacerdotale: sia pertanto vostra cura essere pastori esemplari, zelanti e ricchi di amore per il Signore e per le vostre comunità. Potrete così guidare e sostenere saldamente i sacerdoti, vostri primi collaboratori nel ministero pastorale, e cooperare in modo efficace alla diffusione del Regno di Dio nell’amata terra d’Italia”. E’ stata poi la volta dei saluti ai metropoliti e ai pellegrini di lingua francese. Il Papa ha ribadito che il Pallio è un segno di comunione non solo per i vescovi: “Che questo segno - ha affermato - sia anche per i sacerdoti e i fedeli delle vostre diocesi un appello a consolidare sempre più un’autentica comunione con i propri pastori e tra tutti i membri della Chiesa”. E parlando ai pellegrini anglofoni ha aggiunto: il Pallio ricorda ai vescovi la loro responsabilità di essere pastori secondo il cuore di Gesù. Le croci di seta nera del Pallio, ha proseguito in lingua spagnola, rammentano ai pastori che devono configurarsi ogni giorno di più a Gesù Cristo. “Seguendo le orme del Buon Pastore”, è stato il suo monito, i metropoliti siano sempre segno di unità in mezzo ai fedeli, consolidando i legami di comunione con il Successore di Pietro. Un pensiero speciale il Papa lo ha riservato a mons. Mieczyslaw Mokrzycki, arcivescovo di Lviv dei Latini, ringraziandolo per il servizio reso alla Chiesa, come suo collaboratore, e, prima, di Giovanni Paolo II. L’odierna memoria dei Protomartiri di Roma, ha concluso, sia stimolo per ognuno dei nuovi arcivescovi metropoliti “a un amore sempre più intenso verso Gesù Cristo e la sua Chiesa”.

Radio Vaticana


Tragico incidente alla stazione di Viareggio. Il Papa: profonda partecipazione al dolore. Preghiera per le vittime e conforto per i parenti

Benedetto XVI ''esprime profonda partecipazione al dolore che colpisce l'intera città''. Sono le parole del telegramma di cordoglio, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, con le quali Benedetto XVI si è rivolto oggi agli abitanti di Viareggio, la città toscana colpita poco prima della mezzanotte scorsa da un gravissimo incidente, costato la vita a 13 persone e il ferimento di altre 36, tra cui due bambini. Un treno merci che trasportava 14 cisterne piene di gas Gpl è deragliato nei pressi della stazione cittadina, per il cedimento di uno dei carrelli del convoglio. La violentissima esplosione seguita all’incidente ha investito i caseggiati circostanti, provocando il crollo di due palazzine e la morte di numerosi inquilini, molti dei quali vittime di ustioni. Subito è scattato il piano di soccorso per i sopravvissuti, costretti a sfollare a centinaia. Il Papa ha invocato il “conforto” della benedizione divina per i parenti delle vittime e preghiere di suffragio per i defunti. Il Papa ha invocato il ''conforto'' della benedizione divina per i parenti delle vittime e preghiere di suffragio per i defunti.

Il cordoglio del Papa per la sciagura aerea nelle Isole Comore: raccomando a Dio i defunti e prego per le persone duramente provate

Papa Benedetto XVI esprime le sue ''sincere condiglianze'' per le vittime del volo delle Yemenia Airways caduto questa notte con 153 persone a bordo. Lo fa con un telegramma inviato dal segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, al nunzio in Kuwait, mons. Mounged El-Hachem. ''Informato - così il testo del telegramma - della catastrofe in volo dell'aereo della Yemenia Airways che collegava Saana (Yemen) a Moroni (Comore), il Santo Padre esprime le sue sincere condoglianze alle famiglie in lutto. Egli raccomanda i defunti alla misericordia divina e prega Dio per tutte le persone duramente provate da questa tragedia''.

Asca

Il Papa a San Giovanni Rotondo. Padre Lombardi: la visita ha mostrato anche attraverso le testimonianze dei malati il senso del dolore

La visita di Benedetto XVI lo scorso 21 giugno a San Giovanni Rotondo, la cittadina in cui ha vissuto ed è morto San Pio da Pietrelcina, è servita a mostrare il senso del dolore, non solo attraverso le parole pronunciate dal Papa ma anche e soprattutto attraverso le testimonianze dei malati, ha affermato il portavoce vaticano. E' quanto ha detto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, nell'editoriale dell'ultimo numero di "Octava Dies", il rotocalco informativo del Centro Televisivo Vaticano. “I viaggi del Papa non sono importanti solo per quello che dice e fa il Papa, ma anche per i sentimenti e le parole che suscitano – ha detto – . La testimonianza di Anna, ammalata di cancro, davanti al Papa, alle porte della Casa Sollievo della Sofferenza è un momento da non dimenticare”. “Non mi sono chiesta 'Perché a me?' - aveva raccontato Anna al Santo Padre -, ma mi sono detta invece: 'Perché non a me?', 'Dio quale progetto hai tu su di me?', e allora - come la Vergine e tanti altri uomini degni e santi -, non ho voluto ribellarmi, ma ho voluto dire: 'Eccomi, sono pronta'”. “Come vivere l’attesa della morte, vivendo la quotidianità che rimane, in modo da offrire qualcosa di buono al Signore? Non è mai troppo tardi per entrare a lavorare nella sua vigna, dedicare la propria vita al bene, anche solo con la benevolenza delle parole e delle piccole azioni”, ha detto il portavoce vaticano. Anna, ha sottolineato padre Lombardi, si rivolge anche a noi: “Non ci lasciate soli con i nostri pensieri, le nostre paure, e quando non avete nulla da dire non vi preoccupate, basta che ci prendiate per mano e noi sentiremo che ci siete”. E conclude: “E’ vero una diagnosi di cancro è terribile, fa paura, ma è più terribile non essere amico di Dio, allontanarsi dal suo amore”. “Allora capiamo che la sofferenza può diventare un grande tesoro; capiamo che ci interpella tutti, e capiamo cosa intendeva Padre Pio quando – come ha ricordato il Papa – diceva che 'ricoverati, medici, sacerdoti, dovevano diventare “riserve di amore”, che tanto più sarà abbondante in uno, tanto più si comunicherà agli altri'”. “Non solo a San Giovanni Rotondo, ma in tutto il mondo ogni sofferenza, davanti al volto sofferente di Cristo, dovrebbe poter diventare amore”, ha poi concluso il sacerdote gesuita.

Zenit

lunedì 29 giugno 2009

Benedetto XVI ha imposto il Pallio all'arcivescovo di Firenze. Mons. Betori: mi ha chiesto come mi trovo nel nuovo incarico

Oggi in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, Papa Benedetto XVI ha imposto il Pallio all’arcivescovo di Firenze mons. Giuseppe Betori. Durante il gesto della consegna il Papa ha chiesto all’arcivescovo come si trovasse nel suo nuovo incarico. “Molto bene” è stata l’immediata risposta del presule. Mons. Betori Quelle ha rilasciato questa dichiarazione a Radio Toscana al termine della cerimonia nella Basilica di San Pietro. “Il Pallio che mi è stato consegnato oggi dal Papa è un simbolo che sta a significare il fatto che il vescovo deve farsi carico, mettere sulle proprie spalle il popolo di Dio che gli è stato affidato - ha detto il presule - ma rappresenta anche il segno di comunione con i vescovi del mio territorio e quindi con quelli di Arezzo, Pistoia, San Miniato e Fiesole che sono le diocesi suffraganee dell’arcidiocesi di Firenze. È un segno di comunione mia con loro e con il Papa, infatti nel ricevere il Pallio stamattina ho promesso fedeltà e obbedienza al Santo Padre e alla sede di Roma”.“Domani il Santo Padre – ha aggiunto Betori - compirà un gesto di amicizia verso tutti i vescovi che oggi hanno ricevuto il Pallio e li riceverà personalmente, con i loro familiari, in un’udienza privata. Mi attende dunque un altro incontro con il Papa che oggi, quando mi ha consegnato il paramento, mi ha chiesto come stavo a Firenze, manifestando così grande affetto verso di me e verso la città. Ho risposto al Santo Padre – ha concluso l’arcivescovo -. che mi trovo molto bene a Firenze, per questo ringrazio tutti i fiorentini”.

Toscana Oggi

Revoca della scomunica ai lefebvriani. Mons. Fellay: discussione profonda nella direzione giusta con serenità e calma

Il capo della Fraternità Sacerdotale Pio X, mons. Bernard Fellay (foto), si è detto ottimista sul dialogo aperto con il Vaticano, dopo la revoca della scomunica dei vescovi lefebvriani da parte di Benedetto XVI. "C'è una discussione profonda da fare in un clima di serenità, di calma e forse anche nel silenzio. Ma è un cammino intrapreso, che va nella giusta direzione", ha affermato Fellay, parlando con i giornalisti al termine della cerimonia di ordinazione di otto nuovi preti lefebvriani, stamani nel seminario-roccaforte di Econe, in Svizzera. "Noi abbiamo sempre detto che non abbiamo mai lasciato la Chiesa Cattolica e lo confermiamo fermamente - ha aggiunto -, ma la Chiesa vive uno stato di necessità e di disordine". "Per questo possiamo ritenere la legge sospesa, il diritto canonico ce lo consente, perché la legge suprema è solo quella dettata dalla nostra missione, la salvezza delle anime", ha detto ancora il vescovo tradizionalista, spiegando che lo stato di necessità consente quella deroga per cui, "con un ferito grave a bordo della tua macchina, passi con il semaforo rosso".

Il Sussidiario.net

Interrogativi e curiosità sull'anticipazione in alcuni quotidiani dell'Enciclica 'Caritas in veritate'

Venerdì pomeriggio messaggeri fidati hanno consegnato alle redazioni di alcuni quotidiani romani – non tutti – misteriose anonime buste dal contenuto “esplosivo”. Dentro, cinque cartelle, redatte con cura, che costituivano una sintesi e un’anticipazione, completa di brani virgolettati, della terza Enciclica di Benedetto XVI, la "Caritas in veritate". E’ capitato, in passato, che documenti pontifici, Encicliche comprese, siano stati anticipati; ma un’operazione come quella compiuta venerdì corso rappresenta un inedito nella storia dell’informazione vaticana. In precedenza le anticipazioni erano exploit personali del singolo giornalista, grazie alla complicità amichevole di qualche “gola profonda”. Qui invece l’impressione è di trovarsi davanti a un’operazione accuratamente preparata e organizzata. Infatti non è stato passato sottobanco il testo, ma qualcuno ha lavorato per preparare una sintesi, piuttosto lunga e calibrata; e poi l’ha fatta pervenire agli interessati; che forse erano e sono ignari del motore remoto della catena di distribuzione. E adesso le ipotesi. La più cattiva: qualcuno ha voluto abbassare l’interesse, che è molto alto, intorno al documento papale, ormai di imminente pubblicazione. E in questo caso, dal momento che è evidente che l’autore della sintesi deve essere in possesso del testo, la freccia sarebbe partita dall’interno del mondo vaticano. Non crediamo molto a questa eventualità. Anche perché difficilmente gli autori dell’operazione, che si è svolta a quanto pare grazie a messaggeri discreti, possono sperare di restare anonimi a lungo, in un mondo come quello dei giornalisti, non esattamente impermeabile alle fughe di notizie. Passiamo ora alla seconda ipotesi. Un’ipotesi “istituzionale”; e cioè qualcuno nei Sacri Palazzi ha pensato bene di cominciare a far montare l’interesse intorno alla “Caritas in veritate”, organizzando una piccola distribuzione ben guidata verso alcune testate giudicate degne di ricevere questa emarginazione, non si sa in base a quale criterio. Ma a quanto ci risulta non tutti dietro il Portone di Bronzo, anche a livelli molto alti, erano al corrente dell’iniziativa. Un dettaglio per specialisti. Se, come è probabile, nei prossimi giorni verrà annunciata la presentazione ufficiale dell’Enciclica in Sala Stampa, da quale momento il testo verrà considerato sotto embargo. Cioè chi ne rivelerà delle parti potrà essere punito. L’anticipazione quindi è avvenuta proprio nell’ultimo periodo utile a evitare violazioni formali. E anche questa accortezza non è un elemento da trascurare, nel valutare il caso. Infine una terza ipotesi. Si è molto parlato nei mesi e negli anni scorsi di un’eccessiva passività della gestione dell’informazione vaticana, spesso obbligata ad agire in risposta a critiche e problemi, più che in attacco. Può essere che qualcuno, avendo il testo a disposizione, abbia voluto mettere in pratica un’informazione “dinamica” e anticipare il senso dell’Enciclica, per dare una “linea” di interpretazione e prevenire letture parziali o frammentarie. Senza, necessariamente, informare dell’iniziativa i grossi papaveri. Un’operazione “corsara” dalle buone intenzioni. Resta il fatto che il modo in cui l’operazione è stata condotta costituisce un fatto inedito nella storia dell’informazione vaticana.

Marco Tosatti, San Pietro e dintorni

Anno Paolino. La chiusura a Tarso e Antiochia con il card. Tauran: i cristiani in Turchia siano testimoni credibili e coraggiosi di Gesù

"Siate cristiani coerenti. Siete una minoranza da cui tutti, in questo grande paese ricco di storia, si attendono qualcosa di diverso". E ancora: "Le nostre chiese non sono musei, i cristiani non sono pezzi di antiquariato". Sono alcune delle affermazioni che il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha pronunciato questa mattina nella città di Tarso, dove si è recato come inviato del Papa per le celebrazioni conclusive dell'Anno Paolino in Turchia. Per lo stesso motivo, ieri il porporato aveva presieduto una Messa ad Antiochia, durante la quale aveva esortato i cristiani a promuovere il dialogo e la comunione. Il Simposio su Paolo che si tiene in questi giorni in Turchia ha interrotto per un giorno i lavori per consentire ai professori di partecipare alla chiusura dell’Anno Paolino ad Antiochia e a Tarso. Ad Antiochia, tutto si è svolto con estrema semplicità nei luoghi di culto delle due confessioni religiose presenti in città, cioè il Cortile della Missione cattolica e la Chiesa ortodossa. Ad Antiochia, il card. Tauran ha preceduto la liturgia affiancato da cinque vescovi, da pastori dei maroniti e dei filocattolici e da 28 sacerdoti. Il porporato si è detto felice della comunione che i cattolici ortodossi trovano attorno alla Parola e al pane, invitando poi i cattolici che sono in Turchia a testimoniare coraggiosamente la propria fede. Quindi, il porporato si è poi trasferito, con i vescovi ed i sacerdoti, nella Chiesa Ortodossa, per partecipare al canto dei Vespri, presieduto dal Patriarca ecumenico ortodosso, Bartolomeo I. Solenne anche la cerimonia di Tarso, alla presenza di sette vescovi e 60 sacerdoti. Sulla cerimonia ha pesato tuttavia l’interrogativo sul futuro della Chiesa costruita in città in onore dell’Apostolo Paolo: sarà affidata al Vicariato apostolico di Anatolia, com’è stato promesso più volte dalle autorità nazionali e locali, o tornerà ad essere museo? “Lo chiediamo ancora una volta - ha detto mons. Luigi Padovese, vicario apostolico di Anatolia - perché Tarso è diventata, dopo il Santuario mariano di Meryem Ana di Efeso, il secondo luogo di pellegrinaggio in Turchia, ed un luogo di culto per i cattolici”. Se tornasse ad essere un museo, i pellegrini cristiani non avrebbero un loro luogo di culto e potrebbero cancellare da Tarso anche la loro presenza durante i pellegrinaggi. La risposta definitiva sul destino della Chiesa sarà data domani, ed i cattolici del mondo si augurano che essa sia positiva.

Radio Vaticana

L'Angelus. Il Papa: Roma mantenga viva la sua vocazione cristiana. Prossima la pubblicazione della mia Enciclica 'Caritas in veritate'

I cristiani restino sempre ''fedeli alla vocazione cristiana e non si conformino alla mentalità di questo mondo''. L'''esortazione'' è venuta questa mattina da Papa Benedetto XVI. Al termine della Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con la partecipazione di una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e con l'imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa ha guidato la recita dell'Angelus con i fedeli presenti in San Pietro e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. ''Prego costantemente affinchè Roma mantenga viva la sua vocazione cristiana non solo conservando inalterato il suo immenso patrimonio spirituale e culturale, - ha detto il Pontefice - ma anche perchè i suoi abitanti possano tradurre la bellezza della fede ricevuta in modi concreti di pensare e di agire, ed offrano così a quanti, per varie ragioni vengono in questa città, un'atmosfera carica di umanità e di valori evangelici''. "Come vostro pastore – le parole di Benedetto XVI ai fedeli romani – vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo – come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani di Roma – ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo".
Dopo la preghiera mariana, l'annuncio: "È ormai prossima la pubblicazione della mia terza Enciclica, che ha per titolo Caritas in veritate". "Riprendendo le tematiche sociali contenute nella 'Populorum progressio', scritta dal Servo di Dio Paolo VI nel 1967 - ha detto il Papa - questo documento, che porta la data proprio di oggi, 29 giugno, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, intende approfondire alcuni aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce della carità nella verità. Affido alla vostra preghiera - ha detto Benedetto XVI rivolto ai fedeli - questo ulteriore contributo che la Chiesa offre all'umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti". Benedetto XVI ha salutato con "viva cordialità" la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, ha detto, "come ogni anno, è giunta a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo". "La comune venerazione di questi Martiri sia pegno di comunione sempre più piena e sentita fra i cristiani di ogni parte del mondo", ha detto il Pontefice, che nello stringere le mani dei vescovi e sacerdoti ortodossi ha affidato loro il suo grazie per il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I che li ha inviati a Roma per questa circostanza. "L'odierna solennità - ha spiegato - riveste anche un carattere universale: esprime l'unità e la cattolicità della Chiesa. Ecco perchè ogni anno, in questa data, vengono a Roma i nuovi Arcivescovi Metropoliti a ricevere il Pallio, simbolo di comunione con il Successore di Pietro. Rinnovo pertanto - ha concluso il Pontefice - il mio saluto ai Fratelli nell'Episcopato per i quali ho compiuto questa mattina in Basilica tale gesto ed ai fedeli che li hanno accompagnati".

Asca, Apcom, Agi


Santi Pietro e Paolo. Il Papa: Il retto pastore deve saper resistere ai lupi. Deve nutrire il gregge con la Parola di Dio, conservare la sua unità

Stamane il Papa ha presiedito nella Basilica di San Pietro la Santa Messa nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma. Hanno concelebrato i 34 nuovi arcivescovi metropoliti, ai quali Benedetto XVI ha imposto il sacro Pallio, la stola di lana bianca, simbolo della potestà vescovile.
“Essere vescovo, essere sacerdote”, significa “assumere la posizione di Cristo”, cioè “pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata” e così “a partire da lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita”. Con queste parole il Papa ha riassunto il senso del ministero sacerdotale nell’omelia. Partendo dalla prima lettera di Pietro, Benedetto XVI ha ricordato che l’apostolo chiama Cristo “vescovo delle anime”, termine che indica “un vedere nella prospettiva di Dio”, che “è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso”. L’espressione “vescovo delle anime” significa dunque che Cristo “ci vede nella prospettiva di Dio”. “Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità”, ha spiegato il Santo Padre, perché “nella prospettiva di Dio si vede l’essenza, si vede l’uomo interiore”. “Se Cristo è il vescovo delle anime – ha detto il Papa - l’obiettivo è quello di evitare che l’anima nell’uomo s’immiserisca, è di far sì che l’uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l’amore”, che “venga a conoscere Dio”, che “non si smarrisca in vicoli ciechi; che non si perda nell’isolamento, ma rimanga aperto per l’insieme”. “La Parola di Dio è il nutrimento di cui l’uomo ha bisogno”. Il Papa ha ricordato che “è compito del pastore pascolare e custodire il gregge e condurlo ai pascoli giusti. Pascolare il gregge vuol dire aver cura che le pecore trovino il nutrimento giusto, sia saziata la loro fame e spenta la loro sete”. “Rendere sempre di nuovo presente la parola di Dio e dare così nutrimento agli uomini è il compito del retto pastore”, che “deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l’unità del gregge”, ha spiegato Benedetto XVI rivolgendosi in particolare ai 34 nuovi arcivescovi metropoliti.
Ma “non basta parlare”, ha aggiunto: “i pastori devono farsi modelli del gregge”, perché “la parola di Dio viene portata dal passato nel presente, quando è vissuta”. “È meraviglioso vedere come nei santi la parola di Dio diventi una parola rivolta al nostro tempo”, ha esclamato il Santo Padre, citando “figure come Francesco e poi di nuovo come Padre Pio e molti altri”, attraverso le quali “Cristo è diventato veramente contemporaneo della loro generazione, è uscito dal passato ed entrato nel presente”. “Questo significa essere pastore – modello del gregge: vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa”, ha sottolineato il Papa. “Fa parte dei nostri doveri come pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella disputa del nostro tempo”. Il Papa ha attualizzato il ministero episcopale e sacerdotale. Partendo dall’esortazione contenuta nella prima lettera di Pietro (3,15), a “rendere ragione della speranza che è in voi”, Benedetto XVI ha affermato: “La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbiamo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, così come l’amore vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione. Non la contraddice, ma va di pari passo con essa e, al contempo, conduce al di là di essa – introduce nella Ragione più grande di Dio”. “Come pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede”, l’esortazione papale, secondo il quale ai vescovi e ai sacerdoti spetta “il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande”. Tutto ciò, ha proseguito il Papa, partendo dalla consapevolezza che “la fede esige la nostra partecipazione razionale, che si approfondisce e si purifica in una condivisione d’amore”. Ma “il pensare, così necessario, da solo, non basta”, così come “parlare, da solo, non basta”, ha precisato il Santo Padre, perché tutti noi, come i discepoli di Emmaus, “al di là del pensare e del parlare, abbiamo bisogno dell’esperienza della fede; del rapporto vitale con Gesù Cristo”.
In altre parole, “la fede non deve rimanere teoria: deve essere vita”, perché Solo dalla “certezza vissuta” dell’incontro con Cristo “deriva poi la capacità di comunicare la fede agli altri in modo credibile”. “Il Curato d’Ars non era un grande pensatore”, ha fatto notare il Papa riferendosi al santo cui è dedicato l’Anno Sacerdotale: “Ma egli ‘gustava’ il Signore. Viveva con Lui fin nelle minuzie del quotidiano oltre che nelle grandi esigenze del ministero pastorale. In questo modo divenne ‘uno che vede’. Aveva gustato, e per questo sapeva che il Signore è buono”. “Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l’umanità”. “L’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme”, è la convinzione di fondo di Benedetto XVI, che ha ricordato come San Pietro qualifica “la vera malattia delle anime” come “ignoranza”, cioè come “non conoscenza di Dio”. “Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita”, ha affermato il Santo Padre, sottolineando che “è l’obbedienza alla verità che rende pura l’anima. Ed è il convivere con la menzogna che la inquina”. “L’obbedienza alla verità – ha spiegato il Pontefice - comincia con le piccole verità del quotidiano, che spesso possono essere faticose e dolorose”, e poi “si estende poi fino all’obbedienza senza riserve di fronte alla verità stessa che è Cristo”. Il Papa si è soffermato sul tema della “salvezza delle anime”, sempre rendendo spunto dalla prima lettera di San Pietro. “Nel mondo del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana, per alcuni forse addirittura scandalosa”, ha ammesso Benedetto XVI. “La parola ‘anima’ – ha proseguito - è caduta in discredito”, in quanto “porterebbe ad una divisione dell’uomo in spirito e fisico, in anima e corpo, mentre in realtà egli sarebbe un’unità indivisibile”. Inoltre “la salvezza delle anime” come mèta della fede “sembra indicare un cristianesimo individualistico, una perdita di responsabilità per il mondo nel suo insieme, nella sua corporeità e materialità”. “Ma di tutto questo non si trova nulla nella Lettera di san Pietro”, ha replicato il Papa: al contrario, “lo zelo per la testimonianza in favore della speranza, la responsabilità per gli altri caratterizzano l’intero testo”. Quanto al ruolo dei sacerdoti, Benedetto XVI lo ha riassunto nell’“obbedienza senza riserve alla verità stessa che è Cristo”, che “ci rende non solo puri, ma soprattutto anche liberi per il servizio a Cristo e così alla salvezza del mondo, che pur sempre prende inizio dalla purificazione obbediente della propria anima mediante la verità. Possiamo indicare la via verso la verità solo se noi stessi – in obbedienza e pazienza – ci lasciamo purificare dalla verità”.

Apcom, SIR


domenica 28 giugno 2009

Il Papa chiude l'Anno Paolino: la novità della fede cristiana rende davvero adulti senza seguire le mode. Nella tomba i resti mortali di San Paolo

Con “profonda emozione” Benedetto XVI ha annunciato che alcune analisi scientifiche confermano i dati della tradizione secondo cui nella tomba sotto l’altare papale nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura vi è il corpo dell’apostolo. L’annuncio è stato dato proprio nella stessa Basilica, durante l’omelia dei Primi vespri della solennità dei Santi Pietro e Paolo, che hanno concluso l’Anno Paolino, per celebrare i 2000 anni della nascita dell’apostolo di Tarso. Il Pontefice ha detto che la tomba è stata di recente “oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione”.
Nella Basilica gremita e alla presenza dei rappresentanti del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, Chiesa ortodossa sorella, il Papa ha poi tratteggiato alcune caratteristiche del messaggio dell’apostolo Paolo che devono diventare dimensioni quotidiane per l’esistenza cristiana. “L’Anno Paolino si conclude – ha detto - ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscere Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo – questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana”. Il primo elemento da lui sottolineato è la novità. Citando la Lettera di San Paolo ai Romani, il Papa afferma che “con Cristo è iniziato un nuovo modo di venerare Dio – un nuovo culto. Esso consiste nel fatto che l’uomo vivente diventa egli stesso adorazione, “sacrificio” fin nel proprio corpo. Non sono più le cose ad essere offerte a Dio. È la nostra stessa esistenza che deve diventare lode di Dio”.

“Dobbiamo - ha continuato - diventare uomini nuovi, trasformati in un nuovo modo di esistenza. Il mondo è sempre alla ricerca di novità, perché con ragione è sempre scontento della realtà concreta. Paolo ci dice: il mondo non può essere rinnovato senza uomini nuovi. Solo se ci saranno uomini nuovi, ci sarà anche un mondo nuovo, un mondo rinnovato e migliore”. E ha spiegato il contenuto di questa novità: “Egli è diventato nuovo, un altro, perché non vive più per se stesso e in virtù di se stesso, ma per Cristo ed in Lui. Nel corso degli anni, però, ha anche visto che questo processo di rinnovamento e di trasformazione continua per tutta la vita. Diventiamo nuovi, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo”. “Il pensiero dell’uomo vecchio, il modo di pensare comune è rivolto in genere verso il possesso, il benessere, l’influenza, il successo, la fama e così via. Ma in questo modo ha una portata troppo limitata. Così, in ultima analisi, resta il proprio ‘io’ il centro del mondo...Dobbiamo imparare a prendere parte al pensare e al volere di Gesù Cristo. È allora che saremo uomini nuovi nei quali emerge un mondo nuovo”. Questa novità significa avere una fede adulta e non infantile, un invito al non-conformismo alle mode e alla mentalità comune. “La parola “fede adulta” – ha spiegato Benedetto XVI - negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede ‘fai da te’, quindi. E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo ‘schema’ del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una ‘fede adulta’. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda”.
La fede adulta è quella che agisce “secondo verità nella carità”. Entrambe le cose sono necessarie perché Dio è entrambe le cose. “L’Apostolo ci dice che, agendo secondo verità nella carità, noi contribuiamo a far sì che il tutto – l’universo – cresca tendendo a Cristo.…Lo scopo ultimo dell’opera di Cristo è l’universo – la trasformazione dell’universo, di tutto il mondo umano, dell’intera creazione. Chi insieme con Cristo serve la verità nella carità, contribuisce al vero progresso del mondo. Sì, è qui del tutto chiaro che Paolo conosce l’idea di progresso. Cristo, il suo vivere, soffrire e risorgere è stato il vero grande salto del progresso per l’umanità, per il mondo. Ora, però, l’universo deve crescere in vista di Lui. Dove aumenta la presenza di Cristo, là c’è il vero progresso del mondo”. Perché questo rinnovamento avvenga è necessario che si rafforzi l’uomo interiore. “Gli uomini – ha spiegato il Pontefice - spesso restano interiormente vuoti e pertanto devono aggrapparsi a promesse e narcotici, che poi hanno come conseguenza un ulteriore crescita del senso di vuoto nel loro intimo. Il vuoto interiore – la debolezza dell’uomo interiore – è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Deve essere rafforzata l’interiorità – la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei Sacramenti. E non possiamo parlare a Dio nella preghiera, se non lasciamo che parli prima Egli stesso, se non lo ascoltiamo nella parola, che ci ha donato”. L’ultimo pensiero del Papa è sulle dimensioni cosmiche del mistero di Cristo, sulla sua “ampiezza, lunghezza, altezza e profondità”. “Il mistero di Cristo - ha concluso - ha una vastità cosmica: Egli non appartiene soltanto ad un determinato gruppo. Il Cristo crocifisso abbraccia l’intero universo in tutte le sue dimensioni. Egli prende il mondo nelle sue mani e lo porta in alto verso Dio....L'amore di Cristo ha abbracciato nella Croce la profondità più bassa – la notte della morte, e l’altezza suprema – l’elevatezza di Dio stesso. E ha preso tra le sue braccia l’ampiezza e la vastità dell’umanità e del mondo in tutte le loro distanze. Sempre Egli abbraccia l’universo – tutti noi”.

AsiaNews


Mons. Tomasi: nell'Enciclica 'Caritas in veritate' Benedetto XVI riflette sull'economia globale e chiede nuove regole

Nella sua Enciclica sociale, ''Caritas in veritate'', il Papa affronta il problema relativo alla necessità di costruire nuove regole per un'economia che si va sempre più globalizzando mentre gli aspetti normativi sono ancora legati alle realtà nazionali. Ancora, si tocca il problema del rapporto fra mercati finanziari e lavoro, quindi quello del rapporto fra lavoro e capitale. E' quanto ha detto ai microfoni della Radio Vaticana mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso la sede Onu di Ginevra. ''C'è grande attesa per l'Enciclica del Papa nella comunità internazionale'', ha rilevato mons. Tomasi, che poi ha aggiunto: ''La nuova Enciclica risponde alle nuove situazioni si sono sviluppate negli anni più recenti nei contesti sociali e dell'economia'', vale a dire ''le conseguenze della mondializzazione'', il problema delle ''nuove relazioni fra lavoro produttivo e gestione della finanza'' e ''la necessità delle regole perché nel mondo attuale le regole sono ancora legate ai contesti degli Stati''. ''In questo modo - ha spiegato - spero che la nuova enciclica sia un passo costruttivo dell'edificio già ben sviluppato della dottrina sociale della Chiesa''. Insomma, il tema della governance globale dell'economia, il problema di un'etica nell'attività finanziaria e quindi delle ricadute nella realtà e nella vita di tutti delle attività economiche: l'Enciclica di Benedetto XVI sarà un aggiornamento della dottrina sociale della Chiesa alla luce dei cambiamenti globali nell'economia e nella politica.

Adnkronos

Il Papa: l'Anno Paolino ha ravvivato la passione per Cristo e il Vangelo. San Paolo esempio di sacerdote totalmente identificato con il suo ministero

A conclusione dell’Anno Paolino, Benedetto XVI traccia un bilancio di questo anno dedicato alla riscoperta dell’apostolo Paolo e all'Angelus di oggi lo addita come modello anche per l’Anno Sacerdotale appena iniziato. L’Anno Paolino, voluto dal Papa a ricordo del 2 mila anni dalla nascita dell’apostolo di Tarso, “è stato un vero tempo di grazia in cui, mediante i pellegrinaggi, le catechesi, numerose pubblicazioni e diverse iniziative, la figura di San Paolo è stata riproposta in tutta la Chiesa e il suo vibrante messaggio ha ravvivato ovunque, nelle comunità cristiane, la passione per Cristo e per il Vangelo”.
"Il presbitero deve essere tutto di Cristo e tutto della Chiesa, alla quale è chiamato a dedicarsi con amore indiviso, come uno sposo fedele verso la sua sposa". "La divina Provvidenza - ha detto Benedetto XVI - ha disposto che proprio pochi giorni fa, il 19 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù, sia stato inaugurato un altro anno speciale, l'Anno Sacerdotale, in occasione del 150° anniversario della morte di Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d'Ars: esso intende contribuire a promuovere l'impegno di interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi". Secondo il Papa, "l'apostolo Paolo costituisce, in proposito, un modello splendido da imitare non tanto nella concretezza della vita, la sua infatti fu davvero straordinaria, ma nell'amore per Cristo, nello zelo per l'annuncio del Vangelo, nella dedizione alle comunità, nella elaborazione di efficaci sintesi di teologia pastorale". San Paolo - infatti - esempio di "sacerdote totalmente identificato col suo ministero" ed al contempo "consapevole di portare un tesoro inestimabile, cioè il messaggio della salvezza, ma di portarlo in un 'vaso di creta'", cioè con tutte le fragilità che sono proprie della condizione umana. "Perciò - ha spiegato Papa Ratzinger - egli è forte e umile nello stesso tempo, intimamente persuaso che tutto è merito di Dio, tutto e' sua grazia". Una consapevolezza che per il Pontefice "ha vissuto anche il Santo Curato d'Ars". "Cari amici, insieme con quella dei santi Apostoli Pietro e Paolo, invochiamo ora l’intercessione della Vergine Maria, perché ottenga dal Signore abbondanti benedizioni per i sacerdoti durante questo Anno Sacerdotale da poco iniziato. La Madonna, che san Giovanni Maria Vianney tanto amò e fece amare dai suoi parrocchiani - ha concluso il Papa - aiuti ogni sacerdote a ravvivare il dono di Dio che è in lui in virtù della santa Ordinazione, così che egli cresca nella santità e sia pronto a testimoniare, se necessario sino al martirio, la bellezza della sua totale e definitiva consacrazione a Cristo e alla Chiesa".

AsiaNews, Agi, Apcom


Si celebra oggi la Giornata per la Carità del Papa. Attraverso il sostegno economico alle attività si rinnova il legame con il Successore di Pietro

La Chiesa celebra oggi, vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo, la Giornata per la Carità del Papa, un’occasione preziosa per rinnovare l’espressione dei legami profondissimi che uniscono le Chiese particolari al Successore di Pietro, e che si concretizzano anche nel sostegno economico alle attività del suo ministero di pastore della Chiesa universale. Nell’occasione i fedeli sono invitati a dare le proprie offerte per l’obolo di San Pietro, che vengono raccolte in tutto il mondo. E’ stato lo stesso Benedetto XVI, nel primo anno del suo pontificato, a sottolineare il particolare significato di tale atto di carità. “L’obolo di San Pietro” - ha affermato il Papa - “è l’espressione più tipica della partecipazione di tutti i fedeli alle iniziative di bene del Vescovo di Roma nei confronti della Chiesa universale. E’ un gesto che ha valore non soltanto pratico, ma anche fortemente simbolico, come segno di comunione col Papa e di attenzione alle necessità dei fratelli; e per questo il vostro servizio possiede un valore squisitamente ecclesiale”. Questa raccolta di fondi, che richiama alla mente le prime collette di cui parlano gli Atti degli Apostoli, vede protagonisti tutti i cristiani, anche coloro che vivono in terre di missione e che, nonostante le difficoltà, vogliono comunque offrire la loro testimonianza in questa giornata. Spetta poi al Santo Padre ridistribuire quanto raccolto e le offerte vengono per lo più destinate alle opere ecclesiali, alle iniziative umanitarie e di promozione sociale, come anche al sostentamento delle attività della Santa Sede. Il Papa, come Pastore di tutta la Chiesa, si preoccupa anche delle necessità materiali di diocesi povere, istituti religiosi e fedeli in gravi difficoltà. A dare storicamente avvio a questa istituzione, sono stati, alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni che, dopo la loro conversione e manifestando un’attenzione assai concreta, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, da decidere di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Papa. Così nacque il "Denarius Sancti Petri" (Elemosina di San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei, i quali facilmente e liberamente accoglievano, con la fede, anche questa espressione di comunione col centro della cristianità. L’obolo come lo conosciamo oggi nasce per volere di Pio IX, con l’Enciclica “Saepe venerabilis” del 5 agosto 1871. I numeri: solo nel 2007 l’Obolo raccolto in tutto il mondo è stato di circa 80 milioni di dollari. Le offerte maggiori sono arrivate da Stati Uniti, Italia e Francia. L’Obolo di San Pietro è dunque un’opera di carità che manifesta l’affetto dei fedeli nei confronti del Sommo Pontefice ed è un atto di solidarietà ecclesiale con cui i cattolici partecipano ad iniziative di bene che li distinguono come seguaci del Vangelo. Atto di solidarietà che permette al Papa, segno visibile di unità nella Chiesa, di rispondere alle varie necessità con azioni tempestive ed efficaci.

Radio Vaticana

sabato 27 giugno 2009

Si lavora affinchè la 'Caritas in veritate' sia pubblicata prima del summit del G8. Chi ha collaborato con il Papa alla stesura del testo

L'obiettivo è che le prime copie siano pronte per essere messe sui tavoli dei ''Grandi' del mondo riuniti a L'Aquila per il G8 dall'8 al 10 luglio: la terza Enciclica di Papa Benedetto XVI, dedicata alle questioni sociali ed economiche e intitolata "Caritas in veritate", è oggetto in questi giorni dell'ultima revisione prima della pubblicazione. La firma definitiva al documento, il Pontefice dovrebbe apporla lunedì 29, festa dei Santi Pietro e Paolo, mentre la presentazione ufficiale del documento dovrà attendere il tempo necessario perchè sia stampato in tutte le otto lingue in cui è previsto il lancio; dovrebbero esserci anche l'arabo e il cinese, oltre al latino che è la lingua ufficiale della Santa Sede, anche se non quella della redazione originaria del documento. Per la presentazione si parla del 4 oppure del 6 o del 7 luglio, proprio a ridosso del summit globale chiamato a riscrivere le regole dell'economia e della finanza all'indomani della crisi. La sala stampa della Santa Sede, però, non ha ancora annunciato ufficialmente la data, e la prudenza e d'obbligo. Per la stesura di un documento la cui preparazione, invero complessa, è durata anni, Benedetto XVI ha consultato, oltre al dicastero 'di settore' della Curia, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace del card. Renato Raffaele Martino, economisti, accademici ed esperti, come il vescovo di Monaco di Baviera, mons. Reinhard Marx, l'economista esperto di 'terzo settore' Stefano Zamagni e il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, editorialista 'finanziario' de L'Osservatore Romano. Una battuta d'arresto nella preparazione dell'Enciclica, d'altra parte, è venuta proprio dalla crisi, che ha imposto di rivedere le parti dedicate all'economia globale. Lo stesso Papa Ratzinger, lo scorso 13 giugno, ha anticipato personalmente la prossima pubblicazione dell'Enciclica ''dedicata al vasto tema dell'economia e del lavoro''.

Asca

Revoca della scomunica ai lefebvriani. Il superiore tedesco della Fraternità: la Santa Sede considera di erigere per noi una prelatura personale

La Santa Sede sta considerando di erigere una ''Prelatura personale'' in stile Opus Dei per riaccogliere nel seno della Chiesa Cattolica la Fraternità Sacerdotale San Pio X. A dirlo, in un'intervista all'agenzia cattolica tedesca Kna, è il superiore della Fraternità in Germania, padre Franz Schmidberger, proprio nel giorno in cui i lefebvriani hanno ordinato tre nuovi preti nel seminario di Zaizkofen, nella diocesi di Ratisbona, sfidando l'opposizione del vescovo locale, mons. Gerhard Ludwig Mueller, e della stessa Santa Sede, che in un comunicato aveva avvertito che le ordinazioni erano ''illegittime''. Nessuna ''provocazione'', però, secondo padre Schmidberger, da parte dei lefebvriani nei confronti di Roma. Le ordinazioni rispondono alla ''legge suprema della Chiesa'' che è ''la salvezza delle anime'': ''I fedeli - spiega - hanno un diritto alla celebrazione della forma tradizionale della Messa. Il punto è ordinare preti che desiderano rendere disponibile il Vangelo. Le ordinazioni non intendono essere un affronto ad alcuno. Sono fatte in realtà per aiutare il Papa e i vescovi. Ma è come trattare con pazienti che non vedono quello che la medicina fa per la loro salute''. Nell'ampio colloquio con l'agenzia tedesca, padre Schmidberger ribadiscono tutte le affermazioni più controverse del suo gruppo. A due anni dall'emanazione del Motu Proprio "Summorum Pontificum" che ha liberalizzato l'uso dell'antico messale latino, mons. Schmidbergeri dà ragione a Papa Ratzinger: "Vecchio e nuovo rito possano continuare a coesistere a lungo termine". Sui colloqui dottrinali tra i lefebvriani e Roma, il superiore tedesco è convinto che debbano avvenire in forma ''scritta'': ''Abbiamo scelto i nostri rappresentanti e Roma anche ha scelto i suoi. Le discussioni riguarderanno: che cosa è ambiguo nel Concilio? Che cosa contraddice la dottrina tradizionale della Chiesa?''. ''Lo spirito del Concilio - conclude - è stato descritto come un cattivo spirito, persino da Papa Benedetto XVI. Ci sono affermazioni ambigue nei documenti, e molte altre che non collimano con la dottrina tradizionale''.

Asca

Benedetto XVI riceve i vertici della Rai. Il grazie per 'La Bibbia giorno e notte' e l'auspicio di una più stretta collaborazione con la Santa Sede

Il presidente della Rai Paolo Garimberti, il direttore generale Mauro Masi, il Direttore di Rai Uno Mauro Mazza, il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce, il direttore della Comunicazione e delle Relazioni esterne Guido Paglia, il direttore di Rai Educational Giovanni Minoli e il responsabile della struttura Rai Vaticano Giuseppe De Carli sono stati ricevuti oggi, a mezzogiorno, da Papa Benedetto XVI in udienza privata. A chiusura dell'anno di San Paolo - informa un comunicato aziendale -, il Santo Padre ha voluto ringraziare i vertici della Rai per l'iniziativa più incisiva a livello televisivo relativa alla lettura non stop della Bibbia dal 5 all'11 ottobre 2008 nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, aperta dallo stesso Pontefice con la prima lettura, quella della Genesi. I vertici Rai hanno consegnato al Pontefice il libro di Giuseppe De Carli ed Elena Balestri "La Bibbia giorno e notte, i mille volti di un'esperienza indimenticabile" e il Papa ha auspicato una collaborazione sempre più stretta tra Rai e Vaticano.

Il Sussidiario.net

DAL PAPA I VERTICI RAI - Comunicato dell'Ufficio Stampa Rai

Il Papa alla delegazione di Costantinopoli: contribuiamo in tutti i modi per ristabilire la piena unità. Spero possiate superare le incomprensioni

L’impegno deciso e convinto della Chiesa Cattolica per l’unità dei cristiani è stato ribadito questa mattina da Benedetto XVI durante il suo incontro con una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta in Vaticano in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Festa che coinciderà con la chiusura dell’Anno Paolino. Una presenza ormai tradizionale, quella della delegazione del Patriarcato di Costantinopoli per la Solennità dei Santi Pietro e Paolo, “segno – ha spiegato il Papa – di fraternità ecclesiale”, a evidenziare l’impegno comune delle due Chiese sorelle “nella ricerca della piena comunione”. "La Chiesa Cattolica – ha ribadito ancora una volta Benedetto XVI – intende contribuire in tutti i modi che le saranno possibili al ristabilimento della piena unità” secondo la volontà di Cristo e l’insegnamento di San Paolo che "ci ricorda che siamo stati chiamati ‘a una sola speranza’”. In questa prospettiva il Papa guarda “con fiducia al positivo proseguimento dei lavori della Commissione internazionale mista per il dialogo teologico tra ortodossi e cattolici”. “Il prossimo incontro si svolgerà ad ottobre a Cipro e affronterà – ha sottolineato il Papa – “un tema cruciale per le relazioni tra Oriente ed Occidente, ovvero il ‘ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel corso del primo millennio’. Lo studio di questo aspetto – ha aggiunto - è davvero indispensabile per poter approfondire globalmente tale questione nel quadro attuale della ricerca della piena comunione”. Quindi il Pontefice ha espresso l’auspicio “che le incomprensioni e le tensioni verificatesi tra i delegati ortodossi in occasione delle ultime sessioni plenarie di questa commissione siano superate nell’amore fraterno, in modo che il dialogo sia più pienamente rappresentativo dell’ortodossia”. Infine il Papa ha rivolto, attraverso la delegazione ortodossa, il suo “saluto caloroso e fraterno nel Signore” al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I.

Radio Vaticana

Il Papa ai vescovi del Vietnam: è possibile una collaborazione fra la Chiesa e lo Stato. Le religioni sono al servizio del prossimo, non un pericolo

Ricevendo stamane in Vaticano i vescovi del Vietnam, il Papa ha sottolineato l'importanza dell'anno giubilare che i cattolici del paese asiatico festeggeranno nel 2010 e ha esortato la Chiesa locale a collaborare con le autorità politiche del Vietnam. "La Chiesa del Vietnam si prepara attualmente alla celebrazione del cinquantesimo anniversario dell'erezione della gerarchia episcopale vietnamita", ha detto Benedetto XVI ai presuli raccolti nella sala del concistoro del Palazzo apostolico vaticano. "Questa celebrazione, che sarà sottolineata in modo speciale nell'anno giubilare del 2010, potrà permetterle di condividere con entusiasmo la gioia della fede con tutti i vietnamiti, rinnovando i suoi sforzi missionari. In questa occasione il popolo di Dio deve essere invitato a ringraziare per il dono della fede in Gesù Cristo. Questo dono è stato accolto generosamente, vissuto e testimoniato da molti martiri, che hanno voluto proclamare la verità e l'universalità della fede in Dio. In questo senso, la testimonianza a Cristo è un servizio supremo che la Chiesa può offrire al Vietnam e a tutti i popoli dell'Asia, poiché risponde alla ricerca profonda della verità e dei valori che garantiscono lo sviluppo umano integrale". Per il Papa è necessaria, in questo senso, "una più stretta collaborazione" tra le diocesi e tra le congregazioni religiose. Affrontando poi il tema dei rapporti con il governo della Repubblica socialista del Vietnam, il Papa ha detto ai vescovi: "Sapete come me che una sana collaborazione tra la Chiesa e la comunità politica è possibile. A questo proposito, la Chiesa invita tutti i suoi membri a impegnarsi lealmente per la costruzione di una società giusta e solidale. Non intende affatto sostituirsi ai responsabili governativi ma desidera solo poter partecipare nella collaborazione rispettosa alla vita della nazione, al servizio di tutto il popolo". “Partecipando attivamente, nella posizione che le è propria e secondo la sua vocazione”, la Chiesa - ha proseguito Benedetto XVI citando un passo della "Deus caritas est" - “non può mai essere dispensata dall'esercizio della carità come attività organizzata dei credenti e, d'altra parte, non ci sarà mai una situazione nella quale non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l'uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell'amore”. “Inoltre, mi sembra importante sottolineare che le religioni non rappresentano un pericolo per l'unità della nazione, in quanto esse mirano ad aiutare il singolo a santificare sé stesso e, attraverso le loro istituzioni, desiderano porsi in modo generoso e disinteressato al servizio al prossimo”. Perché ciò sia non solo un desiderio ma un fatto che incida nel tessuto sociale del Vietnam è necessario, ha indicato il Papa ai vescovi, porre “particolare attenzione ai fedeli laici”, specie ai giovani - molti dei quali lasciano le zone rurali per cercare un futuro nelle città - e alle famiglie”. “E' auspicabile che ogni famiglia cattolica insegni ai bambini a vivere in conformità con una retta coscienza, nella lealtà e nella verità, diventando una fonte di valori e virtù umane, una scuola di fede e di amore per Dio. Quanto a loro, i laici cattolici dovranno dimostrare, mediante la loro vita basata sulla carità, l'onestà, l'amore per il bene comune, che un buon cattolico è un buon cittadino”.

Apcom, Radio Vaticana

Ultimi ritocchi per la 'Caritas in veritate'. Tra il 6 e il 7 luglio la presentazione. Alcuni stralci della terza e attesa Enciclica di Benedetto XVI

Economia Globale: la Nuova Enciclica
di Gian Guido Vecchi
Corriere della Sera

"Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali". L’ultima revisione di Benedetto XVI è ormai pronta, in queste ore si stanno rivendendo le ultime pagine della "Caritas in veritate", la terza enciclica del Papa "dedicata al vasto tema dell’economia e del lavoro" che porterà la data del 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, e sarà presentata tra il 6 e il 7 luglio. Il Pontefice ha consultato una quantità di esperti, tra economisti e prelati, ma rispetto all’ultima bozza di aprile ha compiuto la stesura definitiva da solo, parola per parola. In Vaticano si dice ne abbia portata una copia con sé pure nel viaggio in Terra Santa, il mese scorso. L’Enciclica, rinviata per tener conto della crisi e "rispondere in base agli elementi reali", richiama la necessità di "una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini, nonché una revisione approfondita e lungimirante sul modello di sviluppo".
La globalizzazione non è il male ma neppure si regola da sé: se governata con "nuove regole" può diventare un’opportunità. E nel "nuovo contesto economico-commerciale e finanziario internazionale" che ha "modificato il potere politico degli Stati", il testo suggerisce "una rinnovata valutazione del loro ruolo e del loro potere", invita i sindacati a "instaurare nuove sinergie a livello internazionale" per affrontare "la riduzione delle reti di sicurezza sociale" e invoca "la presenza di una vera autorità politica mondiale", sulle tracce della "Pacem in terris" di Giovanni XXIII: non un super-Stato né semplicemente l’Onu, ma un modello internazionale di governo della globalizzazione, un’autorità "che dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune e impegnarsi nella promozione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità della verità". Caritas in veritate, appunto: "Il principio intorno a cui ruota la dottrina sociale della Chiesa". Benedetto XVI riconduce tutto ai suoi fondamenti teologici e teoretici.
Fin dall’incipit: "La carità della verità, che Gesù Cristo ci ha mostrato con tutta la sua vita terrena e, soprattutto, con la Sua morte e risurrezione, è la principale risorsa a servizio del vero sviluppo di ogni singolo uomo e dell’umanità intera". La crisi, ha osservato il Papa, "è nata da un deficit di etica nelle strutture economiche". Un sistema infettato dalla cupidigia. Ma l’economia "ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento", o è contro l’uomo o lo distrugge. Di qui la necessità di un codice etico comune: fondato sulla "verità ad un tempo della fede e della ragione", una verità che quindi è accessibile a tutti, "la luce attraverso cui l’intelligenza perviene alla verità naturale e soprannaturale della carità". La ricerca della "giustizia" e del "bene comune" derivano da qui. Benedetto XVI parla di "responsabilità sociale dell’impresa in senso ampio, che tenga conto di tutti gli impatti sociali del suo agire". Fermo restando che anzitutto c’è la responsabilità personale: "Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello al bene comune".
Tutto si tiene, lotta alla fame e difesa della vita e attenzione allo "stato di salute ecologica del pianeta", visto che "i doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i doveri verso la persona": perché "il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo nella sua integrità". Il Papa all’inizio richiama la "Populorum progressio" di Paolo VI, che nel ’67 denunciò la disuguaglianza tra Paesi ricchi e poveri, ma l’Enciclica recepisce anche la Humanae vitae, contro aborto e contraccezione. Così "l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo" e "se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono". Del resto sviluppo economico e crescita demografica corrispondono. E una "apertura moralmente responsabile" alla vita rappresenta "una ricchezza sociale ed economica". Detto questo, "la carità nella verità chiede urgenti riforme per affrontare con coraggio e senza indugio i grandi problemi dell’ingiustizia nello sviluppo dei popoli".
Dopo più di quarant’anni dalla "Populorum progressio" lo sviluppo che doveva essere "estensibile a tutti" è stato "e continua ad essere gravato da distorsioni e drammatici problemi". La fame, anzitutto: "Dare da mangiare agli affamati è un imperativo etico per la Chiesa". E "alimentazione e accesso all’acqua" sono "diritti universali". E i Paesi poveri devono essere sostenuti e coinvolti nei processi decisionali. La crisi preoccupa, ma "dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta dei valori di fondo su cui costruire un futuro migliore". 'Oikonomia' significa "legge" o "amministrazione" dell’oikos, la casa: "Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia".