giovedì 11 novembre 2010

'Verbum Domini'. Vian: la specificità cristiana è l'annuncio che la Parola eterna si è fatta carne, Parola viva da leggere nella Chiesa

“La specificità cristiana” è “l'annuncio che la Parola eterna si è fatta carne”. Lo scrive Gian Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, sul numero in uscita del quotidiano della Santa Sede, commentando la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica postsinodale di Papa Benedetto XVI “Verbum Domini” sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. “La Parola divina, rivelata nelle Scritture e soprattutto incarnata in Gesù di Nazaret, non è una parola del passato – osserva Vian –. Al contrario, è una Parola viva, da leggere secondo la tradizione e nella Chiesa”. E la Parola “torna a incarnarsi nel cuore di chi incontra Cristo” e “ascolta le sue parole. Per questo il cristianesimo non è una religione del libro. Anche se la necessità di comunicare e trasmettere la Parola (lògos) l'ha subito resa una tradizione religiosa legata ai libri”. A mostrarlo è, secondo Vian, “la storia delle numerosissime biblioteche cristiane, spesso fatalmente disperse, e in particolare quella dell'istituzione legata alla Chiesa di Roma, modernamente concepita e voluta da Niccolò V nello splendore dell'umanesimo e rinnovata per la contemporaneità da Pio XI, nella stagione d'oro dei cardinali Ehrle e Mercati”.

'Verbum Domini'. Mons. Ravasi: un trattato costruito come un trittico. La corretta interpretazione del testo sacro di fronte a vago allegorismo

Un “trattato” costruito “come un trittico”. Così il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Gianfranco Ravasi, ha definito questa mattina nell Sala stampa vaticana l’Esortazione Apostolica postsinodale di Benedetto XVI “Verbum Domini”, che ha come filo conduttore “quel capolavoro teologico e letterario che è il Prologo di San Giovanni” i cui versetti introducono ognuna delle tre sezioni che compongono il documento. “Tre orizzonti - ha spiegato -: la voce e il volto della Parola Dio per dire Cristo; la sua casa per dire la Chiesa; la strada per dire la missione evangelizzatrice nel mondo”. Secondo mons. Ravasi “la questione dominante” nel documento “è l’ermeneutica, ossia la corretta interpretazione del testo sacro” di fronte ai rischi di “vago allegorismo” o di “fondamentalismo” di chi “riduce la Bibbia ad un’espressione letteraria del Vicino Oriente” o di chi al contrario ne fa “una lettura esclusivamente spiritualista o, peggio, distorta”. La Bibbia è “simile” a Cristo: “come in Lui il Lògos diventa carne”, così nella Scrittura “la Parola diventa parole”. “Molto importanti – a giudizio dell’arcivescovo – le pagine” che rilanciano il concetto di Bibbia “come grande codice per le culture dell’Occidente, un’autentica stella polare senza la quale non siamo in grado di comprendere la nostra letteratura, la nostra arte e neppure il nostro ethos”. Ravasi ha confidato che moltissime lettere che riceve quotidianamente dai fedeli riguardano la giusta interpretazione delle Sacre Scritture. Domande, ha detto il prossimo cardinale, al quale bisogna rispondere evitando il pericolo di un certo dualismo: “E’ necessario evitare il pericolo del dualismo, cioè, di fare semplicemente della Bibbia un testo di letteratura dell’antico Vicino Oriente da analizzare semplicemente secondo i canoni della filologia, oppure di ridurlo soltanto a un testo che è solo 'spirito' e che richiede solo i canoni propri della teologia. E’ contemporaneamente l’una e l’altra cosa, se ne vogliamo salvaguardare l’incarnazione”. Il presule ha quindi messo l’accento sulla parola gioia che contraddistingue l’inizio e la conclusione della “Verbum Domini”. Una dimensione, ha detto, di cui abbiamo particolarmente bisogno in questo momento: “Sono giorni cupi in cui viviamo continuamente o nella polemica o nell’oscurità. La caduta dell’etica comporta la caduta anche dell’estetica, della dignità dello stile. Questo testo è un testo che si apre e si conclude con la gioia, col respiro. Abbiamo bisogno anche di questa dimensione di consolazione, di festa, persino”.

SIR, Radio Vaticana

'Verbum Domini'. Mons. Frezza: per il Papa ‘comprendere e vivere’ la Liturgia in vista della comprensione della Parola di Dio, stringente reciprocità

“Occorre comprendere e vivere il valore essenziale dell’azione liturgica per la comprensione della Parola di Dio”: questa affermazione di Benedetto XVI contenuta nell’Esortazione Apostolica postsinodale "Verbum Domini" non è “una semplice raccomandazione”, bensì “una vera e propria dichiarazione programmatica”; un principio “che governa non solo la comprensione come esclusiva attività intellettiva, ma soprattutto il ‘comprendere e vivere’ la liturgia in vista della comprensione della Parola di Dio”. Ne è convinto mons. Fortunato Frezza, sottosegretario del Sinodo dei vescovi. Intervenuto questa mattina alla presentazione del documento pontificio nella Sala stampa vaticana, il presule ha sottolineato la “stringente reciprocità” di liturgia e Parola. Soffermandosi su questo legame ha quindi evidenziato l’attenzione del Papa per la Celebrazione Eucaristica, l’amministrazione dei sacramenti e la liturgia delle ore. Diversi i suggerimenti e le proposte concrete dell’Esortazione per l’animazione liturgica. Tra questi la valorizzazione del silenzio dopo la proclamazione della Parola, “in quanto permette la migliore attitudine per un profondo ascolto del cuore”, e la necessità di un’adeguata “diffusione acustica delle letture bibliche” per renderne accessibile l’ascolto anche ai non vedenti e ai non udenti.

SIR

Il Papa: dai Congressi Eucaristici un contributo alla nuova evangelizzazione. La centralità dell'Eucaristia per un autentico cammino di rinnovamento

I Congressi eucaristici, nel contesto attuale, sono chiamati a dare un contributo alla nuova evangelizzazione. Lo ha affermato Benedetto XVI nel ricevere questa mattina i partecipanti alla plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici, presieduto dall’arcivescovo Piero Marini. Il Papa ha anche invitato a valorizzare le espressioni della devozione popolare dedicate al culto dell’Eucaristia. “Una festa di fede attorno al Cristo” del “sacrificio supremo per l’umanità”, una festa che può essere nazionale o mondiale e in questo secondo caso è detta Statio Orbis. Questa è per Benedetto XVI l’essenza di un Congresso Eucaristico. Il raduno della Chiesa “che si raccoglie attorno al suo Signore e suo Dio”. Mentre la galassia di fedeli che hanno particolarmente a cuore il culto dell’Eucaristia lavora per il prossimo Congresso su scala mondiale, in programma a Dublino nel giugno 2012, Benedetto XVI ha svolto alcune considerazioni sull’importanza spirituale di questi appuntamenti i quali, ha riconosciuto, “hanno ormai una lunga storia nella Chiesa”. “Mediante la comunione al Corpo di Cristo la Chiesa diventa sempre più se stessa: mistero di unità ‘verticale’ e ‘orizzontale’ per l’intero genere umano. Ai germi di disgregazione, che l’esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell’umanità a causa del peccato, si contrappone la forza generatrice di unità del Corpo di Cristo. L’Eucaristia, formando continuamente la Chiesa, crea anche comunione tra gli uomini”. Il Papa ha ricordato alcune “felici circostanze” che hanno reso ancor più significativi i lavori dell’attuale plenaria, in particolare il 50° anniversario del Congresso Eucaristico di Monaco di Baviera, al quale partecipò anche il giovante teologo Joseph Ratzinger, e che, ha affermato Benedetto XVI, “segnò una svolta nella comprensione di questi eventi ecclesiali elaborando l’idea di ‘statio orbis’”, poi ripresa da testi specifici del magistero. Inoltre, l'evento di Dublino avrà anche un carattere giubilare, perché cadrà a 50 dall'apertura del Concilio Vaticano II. “La vostra Assemblea – ha detto il Papa - ha dedicato grande attenzione a tale evento, che si inserisce anche nel programma di rinnovamento della Chiesa in Irlanda. Il tema, ‘L’Eucaristia, comunione con Cristo e tra noi’, ricorda la centralità del Mistero eucaristico per la crescita della vita di fede e per ogni autentico cammino di rinnovamento ecclesiale”. Quindi, il Pontefice ha messo in luce un obiettivo fondamentale di questi raduni: “Compito dei Congressi Eucaristici, soprattutto nel contesto attuale, è anche quello di dare un peculiare contributo alla nuova evangelizzazione, promuovendo l’evangelizzazione mistagogica, che si compie alla scuola della Chiesa in preghiera, a partire dalla liturgia e attraverso la liturgia. Ma ogni Congresso porta in sé anche un afflato evangelizzatore in senso più strettamente missionario, tanto che il binomio Eucaristia-missione è entrato a far parte delle linee guida proposte dalla Santa Sede. La Mensa eucaristica, mensa del sacrificio e della comunione, viene così a rappresentare il centro diffusore del fermento del Vangelo, forza propulsiva per la costruzione della società umana e pegno del Regno che viene”. Da Benedetto XVI è poi arrivata agli esperti una indicazione liturgico-pastorale. Poiché, ha osservato, “la Celebrazione Eucaristica è il centro e il culmine di tutte le varie manifestazioni e forme di pietà è importante che ogni Congresso eucaristico sappia coinvolgere ed integrare, secondo lo spirito della riforma conciliare, tutte le espressioni del culto eucaristico ‘extra missam’ che affondano le loro radici nella devozione popolare, come pure le associazioni di fedeli che a vario titolo dall’Eucaristia traggono ispirazione". "Anche in questo senso i Congressi eucaristici sono un aiuto al rinnovamento permanente della vita eucaristica della Chiesa”.

Radio Vaticana, SIR


Il Papa: la Biblioteca Vaticana mezzo prezioso del Ministero petrino per comprendere il tesoro di fede e cultura e di tutti i ricercatori della verità

“Luogo eminente della memoria storica” della Chiesa di ogni tempo e “mezzo prezioso” per lo svolgimento del ministero del Papa. Sono due delle principali caratteristiche della Biblioteca Apostolica Vaticana messe in risalto da Benedetto XVI nella Lettera inviata al card. Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa in occasione della riapertura poche settimane fa', Biblioteca che sarà visitata dal Pontefice il prossimo 18 dicembre. “Nulla di quanto è veramente umano è estraneo alla Chiesa” e a maggior ragione non lo è lo sterminato patrimonio letterario e umanistico prodotto dagli ingegni di ogni epoca. Ecco perché nel XV secolo, “nel cuore dell’umanesimo”, i Papi del tempo decisero di organizzare una raccolta sistematica di testi e documenti. Questa decisione tuttavia, afferma Benedetto XVI, non fu altro che la “realizzazione istituzionale ‘moderna’ di una realtà ben più antica”. Questo perché, scrive, “la Chiesa di Roma sin dai suoi inizi è legata ai libri”: quelli delle Sacre Scritture, prima, e poi quelli teologici e relativi al governo e alla disciplina. C’è quindi, osserva ancora Benedetto XVI, una “continuità” bimillenaria in questa concezione, che parte da Pietro e arriva fino alla Chiesa del XXI secolo. Tale “consapevolezza storica – prosegue il Papa - mi induce a sottolineare come la Biblioteca Apostolica, al pari del vicino Archivio Segreto, faccia parte integrante degli strumenti necessari allo svolgimento del Ministero petrino”. Lungi “dall’essere semplicemente il frutto della diuturna accumulazione di una bibliofilia raffinata e di un collezionismo dalle molte possibilità, la Biblioteca Vaticana è un mezzo prezioso al quale il Vescovo di Roma non può e non intende rinunciare, per avere, nella considerazione dei problemi, quello sguardo capace di cogliere, in una prospettiva di lunga durata, le radici remote delle situazioni e le loro evoluzioni nel tempo”. Inoltre, sottolinea il Pontefice, la Biblioteca Apostolica “conserva, fin dalle sue origini, l’inconfondibile apertura, veramente ‘cattolica’, universale, a tutto ciò che di bello, di buono, di nobile, di degno l’umanità ha prodotto nel corso dei secoli”, non solo quindi a ciò che riguarda la teologia o la religione. “Tale apertura all’umano – precisa Benedetto XVI – non è rivolta solo al passato ma guarda anche al presente” e per questo, ribadisce, nella Biblioteca Vaticana “tutti i ricercatori della verità sono sempre stati accolti con attenzione e riguardo, senza alcuna discriminazione confessionale o ideologica; ad essi è richiesta solo la buona fede di una ricerca seria, disinteressata e qualificata”. “La ricerca di Dio – scrive il Papa – richiede per intrinseca esigenza una cultura della parola”. La Biblioteca Vaticana, come “luogo in cui le più alte parole umane vengono raccolte e conservate” è allora “specchio e riflesso della Parola” di Dio. Che questa consapevolezza, chiosa Benedetto XVI, guidi la Biblioteca Vaticana perché pur “immersa nella pluralità delle lingue, delle scritture e delle parole”, guardi “sempre alla Parola” e “attraverso il provvisorio” cerchi “continuamente il definitivo”.

Radio Vaticana

Il Papa al presidente dell’Iran: cristiani del Medio Oriente costruttori di pace, pur soffrendo violenze e intolleranze. Dialogo percorso fondamentale

Il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il card. Jean-Louis Tauran, in visita a Teheran, ha incontrato martedì scorso il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad (foto), consegnandogli un messaggio di Benedetto XVI. Una importante delegazione del Vaticano si trova infatti a Teheran per il VII incontro bilaterale teologico fra Santa Sede e Iran. Nella lettera, il Papa ribadisce anche l'importanza che la religione deve avere nella vita pubblica e per costruire la pace e la convivenza fra i popoli. ''E' mia profonda convinzione - afferma Benedetto XVI - che il rispetto per la dimensione trascendente della persona umana è una condizione indispensabile per la costruzione di un ordine sociale giusto e una pace stabile. In effetti, il rapporto con Dio ''è il fondamento ultimo della dignità inalienabile e il carattere sacro di ogni vita umana''. ''Quando la promozione della dignità della persona umana - afferma ancora il Pontefice - è l'ispirazione principale del sociale e attività politica che si è impegnata a ricercare il bene, solido e duraturo basi comuni sono creati per costruire la pace e l'armonia tra i popoli''. Quindi Papa Ratzinger osserva che ''la pace è soprattutto un dono di Dio, che si chiede nella preghiera, ma è anche il risultato degli sforzi delle persone di buona volontà. In questa prospettiva, i credenti di ogni religione hanno una speciale responsabilità e può giocare un ruolo decisivo, collaborando in iniziative comuni. Il dialogo interreligioso e interculturale è un percorso fondamentale per la pace''. Il Pontefice si è poi soffermato sulla situazione dei cattolici in Medio Oriente: “In alcuni Paesi queste comunità affrontano difficili circostanze, discriminazione ed anche violenza, e non hanno la libertà di vivere e professare pubblicamente la loro fede”. “I cattolici presenti in Iran e quelli nel resto del mondo – conclude il Papa nel suo messaggio - si sforzano di collaborare con i loro concittadini per contribuire lealmente e onestamente al bene comune delle rispettive società in cui vivono, diventando costruttori di pace e riconciliazione”. Infine il Papa fa una proposta: ''In questo spirito, esprimo la speranza che le cordiali relazioni già felicemente esistenti tra la Santa Sede e l'Iran continuerà a progredire, come pure quelle della Chiesa locale con le autorità civili. Sono anche convinto che il lancio di una Commissione bilaterale sarebbe particolarmente utile per affrontare questioni di interesse comune, tra cui quella dello status giuridico della Chiesa cattolica nel Paese''. Il mese scorso, il vice presidente iraniano Mohammad Reza Mirtajoddini, in visita in Vaticano, aveva consegnato un messaggio di Ahmadinejad al Pontefice in cui il presidente iraniano chideva che la Santa Sede e la Repubblica islamica dell'Iran unissero i loro sforzi per fermare il secolarismo e ''cambiare le strutture tiranniche che governano il pianeta''. Ahmadinejad, durante l'incontro di martedì con il card. Tauran, ha ribadito che i religiosi cristiani e musulmani possono aprire la strada allo stabilimento della giustizia sul pianeta e che tutti i problemi umani nascono dall'allontanamento dalle ''religioni divine''. Secondo il Teheran Times, Tauran e la sua controparte, il direttore del Centro per il dialogo interreligioso, Mohammad-Baqer Khorramshad, avrebbero discusso ''la creazione di un fronte comune delle religioni monoteiste''. Secondo il quotidiano, Tauran avrebbe risposto alla proposta affermando che ''la fede in più divinità e l'appertenenza a sette politeistiche sono le principali piaghe delle società moderne''.

Adnkronos, Asca

'Verbum Domini'. Mons. Eterovic: bellissima Basilica della Parola di Dio per nutrire il popolo cristiano alla ricerca della bellezza e della verità

“Domenica scorsa il Papa ha consacrato a Barcellona la chiesa della Sagrada Familia; la pubblicazione della "Verbum Domini" potrebbe essere considerata una bellissima Basilica della teologia e della Parola di Dio”, costruita per “nutrire il popolo cristiano nel suo cammino alla ricerca della bellezza e della verità”. Mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, definisce in questi termini l’Esortazione Apostolica postsinodale presentata questa mattina nella Sala stampa vaticana. Questi, spiega, gli obiettivi del documento: “Comunicare i risultati dell’Assemblea sinodale”, riscoprire la Parola di Dio, “fonte di costante rinnovamento ecclesiale”, “promuovere l’animazione biblica della pastorale”, essere “testimoni della Parola”, intraprendere “una nuova evangelizzazione”, “favorire il dialogo ecumenico” e “amare la Parola di Dio”. Nel rilevare il “grande contributo” di Benedetto XVI all’Esortazione, mons. Eterovic sottolinea che “in essa è raccolto il suo ricco magistero sulla Parola di Dio, espresso anche durante la XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi”. Il documento, pertanto, “evidenzia ancora una volta la priorità della Parola di Dio” nel pontificato di Benedetto XVI. Per questo, conclude il segretario del Sinodo, “il Santo Padre può essere definito il Papa della Parola di Dio”. Nel suo intervento, mons. Eterovic ha ripercorso i passaggi e significati salienti del documento. Un’Esortazione, ha osservato, che riconosce il grande impulso offerto dalla Costituzione conciliare “Dei Verbum” per la “riscoperta della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Ed ha indicato i tanti frutti del documento che invita innanzitutto i cristiani ad amare la Bibbia e ad essere testimoni del Vangelo nel mondo. Tutti i battezzati, infatti, ha ricordato il presule, “sono responsabili dell’annuncio della Parola di Dio dalla quale proviene la missione della Chiesa”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Eterovic ha spiegato che nel documento sono presenti molte buone indicazioni per migliorare le omelie.

SIR, Radio Vaticana

'Verbum Domini'. Il card. Ouellet: rilancia la contemplazione personale ed ecclesiale della Parola di Dio, l'attività missionaria e l’evangelizzazione

Nella Sala Stampa vaticana, la presentazione dell’Esortazione apostolica "Verbum Domini" di Papa Benedetto XVI, alla quale sono intervenuti il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi e relatore del Sinodo 2008 sulla Parola di Dio, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi. L’Esortazione “Verbum Domini” risponde a ciò di cui la Chiesa ha bisogno in questo inizio di Millennio, ha sottolineato il card. Marc Ouellet, rilevando come nonostante nel secolo scorso “la conoscenza della Parola di Dio” sia progredita “in maniera notevole”, rimane ancora “un deficit da colmare in ciò che riguarda la vita spirituale del popolo di Dio”. Il porporato ha quindi messo l’accento sull’importanza che la "Verbum Domini" attribuisce alla “lettura orante e assidua dei testi sacri”. "Se è vero che occorre conoscere le Scritture per conoscere il Cristo, occorre soprattutto pregare con le Sacre Scritture per incontrarvi personalmente il Cristo". L’Esortazione, ha detto il porporato, accoglie tutte le 55 proposizioni approvate dai Padri sinodali, ma alcuni temi devono essere studiati ulteriormente. Si è così riferito in particolare alla Proposizione 17 sul Ministero della Parola e la donna. Il documento ricorda che mentre il Vangelo è proclamato dal sacerdote o dal diacono, la prima e seconda lettura è affidata ad un laico, uomo o donna. Ed ha ribadito l’esortazione dei vescovi a far sì che via sia una particolare cura nella formazione del lettorato, ministero laicale che viene particolarmente incoraggiato: “L’auspicio dei Padri sinodali che 'il ministero del lettorato sia aperto anche alle donne' è stato quindi preso in considerazione e il Santo Padre sta studiando attentamente la questione”. L’Esortazione, ha concluso il card. Ouellet, rilancia dunque la “contemplazione personale ed ecclesiale della Parola di Dio” nella vita personale e comunitaria dei credenti: “Essa rilancia altresì l’attività missionaria e l’evangelizzazione, dal momento che rinnova la coscienza della Chiesa d’essere amata e la sua missione di annunciare la Parola di Dio con audacia e confidenza nella forza dello Spirito Santo”. Da parte sua, mons. Ravasi ha confidato che moltissime lettere che riceve quotidianamente dai fedeli riguardano la giusta interpretazione delle Sacre Scritture. Domande, ha detto il prossimo cardinale, al quale bisogna rispondere evitando il pericolo di un certo dualismo: “E’ necessario evitare il pericolo del dualismo, cioè, di fare semplicemente della Bibbia un testo di letteratura dell’antico Vicino Oriente da analizzare semplicemente secondo i canoni della filologia, oppure di ridurlo soltanto a un testo che è solo 'spirito' e che richiede solo i canoni propri della teologia. E’ contemporaneamente l’una e l’altra cosa, se ne vogliamo salvaguardare l’incarnazione”. Il presule ha quindi messo l’accento sulla parola gioia che contraddistingue l’inizio e la conclusione della “Verbum Domini”. Una dimensione, ha detto, di cui abbiamo particolarmente bisogno in questo momento: “Sono giorni cupi in cui viviamo continuamente o nella polemica o nell’oscurità. La caduta dell’etica comporta la caduta anche dell’estetica, della dignità dello stile. Questo testo è un testo che si apre e si conclude con la gioia, col respiro. Abbiamo bisogno anche di questa dimensione di consolazione, di festa, persino”. Infine, il cardinale Ouellet ha ribadito che la “Verbum Domini” sottolinea il compito profetico dei laici, nella testimonianza della Parola di Dio. Una Proposizione, ha affermato, che ha ricevuto il 100% dei voti dai Padri sinodali.

Radio Vaticana

Esortazione Apostolica 'Verbum Domini' (3). Verbum mundo: l'annuncio della Parola, l'impegno per la pace, le culture e il dialogo interreligioso

Nella terza parte del documento, "Verbum mundo", c’è l’appello a “rinvigorire nella Chiesa la coscienza missionaria”, nella consapevolezza “che quanto è rivelato in Cristo è realmente la salvezza di tutte le genti”. “Non possiamo tenere per noi le parole di vita eterna...esse sono per tutti...Ogni persona del nostro tempo, lo sappia oppure no, ha bisogno di questo annuncio...A noi la responsabilità di trasmettere quello che a nostra volta, per grazia, abbiamo ricevuto” (91-92). “Non si tratta di annunciare una parola consolatoria, ma dirompente, che chiama a conversione” (93). Viene ribadito che la missione di annunciare la Parola di Dio è compito di tutti i battezzati. “Questa consapevolezza deve essere ridestata in ogni famiglia, parrocchia, comunità, associazione e movimento ecclesiale”. Il Sinodo riconosce “con gratitudine” l’impegno dei movimenti ecclesiali nell’evangelizzazione (94). “In nessun modo – si afferma - la Chiesa può limitarsi ad una pastorale di ‘mantenimento’, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale”. E’ necessario un “annuncio esplicito”: “La Chiesa deve andare verso tutti con la forza dello Spirito e continuare profeticamente a difendere il diritto e la libertà delle persone di ascoltare la Parola di Dio, cercando i mezzi più efficaci per proclamarla, anche a rischio della persecuzione”. Il Papa rivolge con commozione il suo pensiero a tutti i perseguitati a causa di Cristo. In particolare, scrive, “ci stringiamo con profondo e solidale affetto ai fedeli di tutte quelle comunità cristiane, in Asia e in Africa...che in questo tempo rischiano la vita o l’emarginazione sociale a causa della fede...Nel contempo non cessiamo di alzare la nostra voce perché i governi delle Nazioni garantiscano a tutti libertà di coscienza e di religione, anche di poter testimoniare la propria fede pubblicamente” (95-98). Benedetto XVI ricorda inoltre come l’ascolto della Parola conduca ad un forte impegno a “rendere il mondo più giusto...È la stessa Parola di Dio a denunciare senza ambiguità le ingiustizie e promuovere la solidarietà e l’uguaglianza”. “L’impegno per la giustizia e la trasformazione del mondo è costitutivo dell’evangelizzazione”. “Certo – si ribadisce - non è compito diretto della Chiesa creare una società più giusta, anche se a lei spetta il diritto ed il dovere di intervenire sulle questioni etiche e morali che riguardano il bene delle persone e dei popoli. È soprattutto compito dei fedeli laici...intervenire direttamente nell’azione sociale e politica”. "Tante testimonianze nel Sinodo - sottolinea il Pontefice - hanno documentato i gravi e sanguinosi conflitti e le tensioni presenti sul nostro pianeta. A volte tali ostilità sembrano assumere l'aspetto del conflitto interreligioso. Ancora una volta - ribadisce - desidero ribadire che la religione non può mai giustificare intolleranza o guerre". “Ancora una volta – afferma il Papa - desidero ribadire che la religione non può mai giustificare intolleranza o guerre. Non si può usare la violenza in nome di Dio! Ogni religione dovrebbe spingere verso un uso corretto della ragione e promuovere valori etici che edificano la convivenza civile". Benedetto XVI ricorda ai cattolici di tutto il mondo, con le parole di San Paolo, che "Cristo è la nostra pace, colui che abbatte i muri di divisione". "Fedeli all'opera di riconciliazione compiuta da Dio in Gesù Cristo, crocifisso e risorto, i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà si impegnino - chiede il Papa - a dare esempi di riconciliazione per costruire una società giusta e pacifica". "Non dimentichiamo mai - raccomanda - che là dove le parole umane diventano impotenti, perchè prevale il tragico rumore della violenza e delle armi, la forza profetica della Parola di Dio non viene meno e ci ripete che la pace è possibile, e che dobbiamo essere noi strumenti di riconciliazione e di pace" (99-103). L’attenzione al mondo giovanile “implica il coraggio di un annuncio chiaro”. L'Esortazione Apostolica dedica un capitolo anche al problema degli immigrati, pur senza entrare nelle "questioni assai delicate riguardanti la sicurezza delle nazioni e l'accoglienza da offrire a quanti cercano rifugio, condizioni migliori di vita, salute e lavoro". "Un grande numero di persone, che non conoscono Cristo o che ne hanno un'immagine inadeguata, si insediano in Paesi di tradizione cristiana" ed "hanno il diritto - afferma Ratzinger - di ascoltare l'annuncio della salvezza, che viene loro proposto, non imposto". "Se sono cristiani - continua Benedetto XVI - necessitano di assistenza pastorale adeguata per rafforzare la fede ed essere essi stessi portatori dell'annuncio evangelico". "Consapevoli della complessità del fenomeno, è necessario - ricorda la "Verbum Domini" - che le diocesi interessate si mobilitino affinche' i movimenti migratori siano colti anche come occasione per scoprire nuove modalità di presenza e di annuncio e si provveda, a seconda delle proprie possibilità, ad un'adeguata accoglienza ed animazione di questi nostri fratelli perchè, toccati dalla Buona Novella, si facciano essi stessi annunciatori della Parola di Dio e testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo". Infine, i poveri: “La diaconia della carità, che non deve mai mancare nelle nostre Chiese, deve essere sempre legata all’annuncio della Parola e alla celebrazione dei santi misteri. La Chiesa non può deludere i poveri: ‘I pastori sono chiamati ad ascoltarli, ad imparare da essi, a guidarli nella loro fede e a motivarli ad essere artefici della propria storia’”. Viene quindi espresso anche il legame tra ascolto della Parola e salvaguardia del Creato (104-108). Il documento lancia un appello a un “rinnovato incontro tra Bibbia e culture”. “Vorrei ribadire a tutti gli operatori culturali – scrive il Papa - che non hanno nulla da temere dall’aprirsi alla Parola di Dio; essa non distrugge mai la vera cultura, ma costituisce un costante stimolo per la ricerca di espressioni umane sempre più appropriate e significative”. Inoltre, “va pienamente ricuperato il senso della Bibbia come grande codice per le culture”. Si auspica anche la promozione della conoscenza della Bibbia nelle scuole e università, “vincendo antichi e nuovi pregiudizi”. Si esprime apprezzamento, stima e ammirazione di tutta la Chiesa per gli artisti “innamorati della bellezza”, che si sono lasciati ispirare dai testi sacri, aiutando “a rendere in qualche modo percepibile nel tempo e nello spazio le realtà invisibili ed eterne”. Si sollecita “un impegno ancora più ampio e qualificato” nel mondo dei media rilevando il ruolo crescente di internet, “che costituisce un nuovo forum in cui far risuonare il Vangelo, nella consapevolezza, però, che il mondo virtuale non potrà mai sostituire il mondo reale” (109-113). Parlando di inculturazione si osserva che “non va scambiata con processi di adattamento superficiale e nemmeno con la confusione sincretista che diluisce l’originalità del Vangelo per renderlo più facilmente accettabile”. “La Parola divina...trasfigura i limiti delle singole culture creando comunione tra popoli diversi” (114-116). D’altra parte, “la Chiesa riconosce come parte essenziale dell’annuncio della Parola l’incontro, il dialogo e la collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà, in particolare con le persone appartenenti alle diverse tradizioni religiose dell’umanità, evitando forme di sincretismo e di relativismo” (117). “Riconosciamo che nella tradizione dell’Islam vi sono molte fi gure, simboli e temi biblici”, scrive il Papa. “In continuità con l’importante opera del Venerabile Giovanni Paolo II, auspico che i rapporti di fiducia, instaurati da diversi anni, fra cristiani e musulmani, proseguano e si sviluppino in uno spirito di dialogo sincero e rispettoso. In questo dialogo, il Sinodo ha espresso l’auspicio che possano essere approfonditi il rispetto della vita come valore fondamentale, i diritti inalienabili dell’uomo e della donna e la loro pari dignità. Tenuto conto della distinzione tra l’ordine socio-politico e l’ordine religioso, le religioni devono dare il loro contributo per il bene comune” (118). Il Papa esprime quindi “il rispetto della Chiesa per le antiche religioni e tradizioni spirituali dei vari continenti” (119). Tuttavia, si sottolinea, “il dialogo non sarebbe fecondo se questo non includesse” il riconoscimento della “libertà di professare la propria religione in privato e in pubblico, nonché la libertà di coscienza” (120). La nostra epoca, conclude il Papa, “dev’essere sempre più il tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione”, perché “ancora oggi Gesù risorto ci dice ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura’” (122).

Radio Vaticana, Apcom, Agi

Esortazione Apostolica 'Verbum Domini' (2). Verbum in Ecclesia: la Parola nella Liturgia e nella vita della Chiesa, pastorale biblica e matrimonio

Il documento affronta, nella seconda parte denominata "Verbum in Ecclesia", il rapporto tra Parola di Dio e Liturgia. Il Papa torna a formulare la richiesta di “una maggior cura della proclamazione della Parola di Dio”: i lettori “siano veramente idonei e preparati con impegno” (58). C’è poi un nuovo richiamo a “migliorare la qualità” delle omelie: "Coloro che per ministero specifico sono deputati alla predicazione abbiano veramente a cuore questo compito", scrive Benedetto XVI. "Si devono evitare omelie generiche ed astratte, che occultino la semplicità della Parola di Dio, come pure inutili divagazioni che rischiano di attirare l'attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del messaggio evangelico". I preti devono conosce la Sacra Scrittura e predicare "con convinzione e passione" (59). Si ribadisce l’opportunità di un Direttorio omiletico (60). Il Papa auspica che si diffonda la 'Liturgia delle ore', che "non potrà che aumentare tra i fedeli la familiarità con la Parola di Dio", e sottolinea: "Il nostro tempo non favorisce il raccoglimento e a volte si ha l'impressione che ci sia quasi timore a staccarsi, anche per un momento, dagli strumenti di comunicazione di massa. Per questo è necessario oggi educare il Popolo di Dio al valore del silenzio. Riscoprire la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa vuol dire anche riscoprire il senso del raccoglimento e della quiete interiore" (66). Il Sinodo del 2008 sulla Bibbia, ricorda ancora il Papa, "ha vivamente ribadito quanto, peraltro, già stabilito dalla norma liturgica della Chiesa, che le letture tratte dalla sacra Scrittura non siano mai sostituite con altri testi, per quanto significativi dal punto di vista pastorale o spirituale". Si tratta "di una disposizione antica della Chiesa che va mantenuta. Di fronte ad alcuni abusi, già il Papa Giovanni Paolo II aveva richiamato l'importanza di non sostituire mai la sacra Scrittura con altre letture. Ricordiamo che anche il Salmo responsoriale è Parola di Dio, con la quale rispondiamo alla voce del Signore e per questo - scrive Papa Ratzinger - non deve essere sostituito da altri testi; mentre è assai opportuno poterlo eseguire in forma cantata" (69). Viene ricordata l’importanza del canto gregoriano (70) e si raccomanda “un’attenzione particolare” a non vedenti e non udenti (71). C’è poi la richiesta di incrementare la “pastorale biblica”, un'animazione che permetta ai fedeli cattolici di conoscere meglio la Bibbia "sarà anche il modo migliore per far fronte ad alcuni problemi pastorali emersi durante l'Assemblea sinodale legati, ad esempio, alla proliferazione di sette, che diffondono una lettura distorta e strumentale della sacra Scrittura". "Là dove non si formano i fedeli ad una conoscenza della Bibbia secondo la fede della Chiesa nell'alveo della sua Tradizione viva, di fatto si lascia un vuoto pastorale in cui realtà come le sette possono trovare terreno per mettere radici". Per questo "è necessario anche provvedere ad una preparazione adeguata dei sacerdoti e dei laici che possano istruire il Popolo di Dio nel genuino approccio alle Scritture" (73). E’ necessaria “un’adeguata formazione dei cristiani e, in particolare, dei catechisti”, riservando attenzione “all’apostolato biblico” (75). "Gesù stesso ha voluto inserire il matrimonio tra le istituzioni del suo Regno elevando a sacramento quanto iscritto originariamente nella natura umana". Il Papa rileva che "la fedeltà alla Parola di Dio porta anche a rilevare che questa istituzione oggi è posta per molti aspetti sotto attacco dalla mentalità corrente". "Di fronte al diffuso disordine degli affetti e al sorgere di modi di pensare che banalizzano il corpo umano e la differenza sessuale, la Parola di Dio - sottolinea Benedetto XVI - riafferma la bontà originaria dell'uomo, creato come maschio e femmina e chiamato all'amore fedele, reciproco e fecondo". “Il Sinodo auspica che ogni casa abbia la sua Bibbia e la custodisca in modo dignitoso, così da poterla leggere e utilizzare per la preghiera”. Viene quindi evidenziato il contributo del “genio femminile” negli studi biblici, nonché il “ruolo indispensabile delle donne nella famiglia, nell’educazione, nella catechesi e nella trasmissione dei valori”. Il documento invita alla pratica della lectio divina (85-87).

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Esortazione Apostolica 'Verbum Domini' (1). Verbum Dei: il Dio che parla, la risposta dell'uomo, l'ermeneutica biblica e il dialogo con gli ebrei

“Riscoprire la centralità della Parola di Dio” nella vita personale e della Chiesa e “l’urgenza e la bellezza” di annunciarla per la salvezza dell’umanità come “testimoni convinti e credibili del Risorto”: è questo, in sintesi, il messaggio di Benedetto XVI nell’Esortazione Apostolica postsinodale “Verbum Domini”, che raccoglie le riflessioni e le proposte emerse dal Sinodo dei vescovi svoltosi in Vaticano nell’ottobre 2008 sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Il documento, lungo quasi 200 pagine e diviso in tre parti, che porta la firma del 30 settembre, memoria di San Girolamo, è un appassionato appello rivolto dal Papa ai pastori, ai membri della vita consacrata e ai laici a “diventare sempre più familiari con le Sacre Scritture”, non dimenticando mai “che a fondamento di ogni autentica e viva spiritualità cristiana sta la Parola di Dio annunciata, accolta, celebrata e meditata nella Chiesa” (121). “In un mondo che spesso sente Dio come superfluo o estraneo – afferma il Papa - non esiste priorità più grande di questa: riaprire all’uomo di oggi l’accesso a Dio, al Dio che parla e ci comunica il suo amore perché abbiamo vita in abbondanza” (2). Nell prima parte, "Verbum Dei", Benedetto XVI sottolinea con forza che “Dio parla e interviene nella storia a favore dell’uomo”. “La Parola di Dio, infatti non si contrappone all’uomo, non mortifica i suoi desideri autentici, anzi li illumina, purificandoli e portandoli a compimento...Nella nostra epoca purtroppo si è diffusa, soprattutto in Occidente, l’idea che Dio sia estraneo alla vita ed ai problemi dell’uomo e che, anzi, la sua presenza possa essere una minaccia alla sua autonomia”. In realtà, “solo Dio risponde alla sete che sta nel cuore di ogni uomo!”. Per il Papa “è decisivo, dal punto di vista pastorale, presentare la Parola di Dio nella sua capacità di dialogare con i problemi che l’uomo deve affrontare nella vita quotidiana” (22-23). In questo senso è importante educare i fedeli a riconoscere “la radice del peccato nel non ascolto della Parola del Signore” (26). Ricordando “il grande impulso” dato dal Concilio Vaticano II per la riscoperta della Parola di Dio nella vita della Chiesa (3), si ribadisce la grande venerazione per le Sacre Scritture, “pur non essendo la fede cristiana una ‘religione del Libro’: il cristianesimo è la ‘religione della Parola di Dio’, non di ‘una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente’” (7) alla cui luce “si chiarisce definitivamente l’enigma della condizione umana” (6). Infatti, Gesù Cristo è la “Parola definitiva di Dio”: per questo “non è da aspettarsi alcun’altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore”. In questo contesto occorre “aiutare i fedeli a distinguere bene la Parola di Dio dalle rivelazioni private”, il cui ruolo “non è quello...di ‘completare’ la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica”. La rivelazione privata è “un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso” (14). Il Papa analizza lo stato attuale degli studi biblici, rilevando l’importante apporto dato “dall’esegesi storico critica” (32) ma lancia l'allarme di una "ermeneutica secolarizzata" della Bibbia e avverte che la tentazione di 'umanizzare' la Sacra Scrittura attecchisce anche all'interno della Chiesa. "La mancanza di un'ermeneutica della fede nei confronti della Scrittura - scrive il Papa nella "Verbum Domini" - non si configura poi unicamente nei termini di un'assenza; al suo posto inevitabilmente subentra un'altra ermeneutica, un'ermeneutica secolarizzata, positivista, la cui chiave fondamentale è la convinzione che il Divino non appare nella storia umana. Secondo questa ermeneutica, quando sembra che vi sia un elemento divino, lo si deve spiegare in altro modo e ridurre tutto all'elemento umano. Di conseguenza, si propongono interpretazioni che negano la storicità degli elementi divini". "Si deve inoltre segnalare - precisa il Papa - che tale dualismo produce a volte incertezza e poca solidità nel cammino formativo intellettuale anche di alcuni candidati ai ministeri ecclesiali". Per Benedetto XVI, più in generale, "da una parte, occorre una fede che mantenendo un adeguato rapporto con la retta ragione non degeneri mai in fideismo, il quale nei confronti della Scrittura diverrebbe fautore di letture fondamentaliste. Dall'altra parte, è necessaria una ragione che indagando gli elementi storici presenti nella Bibbia si mostri aperta e non rifiuti aprioristicamente tutto ciò che eccede la propria misura" (33-36). Benedetto XVI esprime, quindi, l’auspicio che nell’ambito dell’interpretazione dei testi sacri “la ricerca...possa progredire” (19) e nello stesso tempo che si possa ampliare il dialogo tra pastori, esegeti e teologi (45) nella consapevolezza che spetta al Magistero “d’interpretare autenticamente la Parola di Dio, scritta o trasmessa” (33). Osservando che “la rivelazione dell’Antico Testamento continua a valere per noi cristiani”, il Papa ribadisce che “la radice del Cristianesimo si trova nell’Antico Testamento e il Cristianesimo si nutre sempre a questa radice” (40). Sarebbe "sbagliato", per il Papa, "non considerare quei brani della Scrittura che ci appaiono problematici". "La rivelazione si adatta al livello culturale e morale di epoche lontane e riferisce quindi fatti e usanze, ad esempio manovre fraudolente, interventi violenti, sterminio di popolazioni". Il Papa scrive che, piuttosto, "si deve essere consapevoli che la lettura di queste pagine richiede l'acquisizione di un'adeguata competenza, mediante una formazione che legga i testi nel loro contesto storico-letterario e nella prospettiva cristiana, che ha come chiave ermeneutica ultima 'il Vangelo e il comandamento nuovo di Gesù Cristo compiuto nel mistero pasquale'. Perciò - conclude - esorto gli studiosi e i Pastori ad aiutare tutti i fedeli ad accostarsi anche a queste pagine mediante una lettura che faccia scoprire il loro significato alla luce del mistero di Cristo" (42). “Agli ebrei Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato: siete i "nostri ‘fratelli prediletti’ nella fede di Abramo, nostro patriarca. Certo, queste affermazioni non significano misconoscimento delle rotture affermate nel Nuovo Testamento nei confronti delle istituzioni dell’Antico Testamento e meno ancora dell’adempimento delle Scritture nel mistero di Gesù Cristo, riconosciuto Messia e Figlio di Dio. Tuttavia, questa differenza profonda e radicale non implica affatto ostilità reciproca". “Traiamo, quindi, il nostro nutrimento dalle medesime radici spirituali. Ci incontriamo come fratelli, fratelli che in certi momenti della loro storia hanno avuto un rapporto teso, ma che adesso sono fermamente impegnati nella costruzione di ponti di amicizia duratura”, scrive Benedetto XVI. “E’ bene che dove se ne veda l’opportunità si creino possibilità anche pubbliche di incontro e confronto che favoriscano l’incremento della conoscenza reciproca, della stima vicendevole e della collaborazione anche nello studio stesso delle sacre Scritture”. “Desidero riaffermare ancora una volta - scrive - quanto prezioso sia per la Chiesa il dialogo con gli ebrei” (43). “Il ‘letteralismo’ propugnato dalla lettura fondamentalista in realtà rappresenta un tradimento sia del senso letterale che spirituale – scrive ancora il Papa nella "Verbum domini" – aprendo la strada a strumentalizzazioni di varia natura, diffondendo, ad esempio, interpretazioni antiecclesiali delle Scritture stesse”. (44) Il documento sottolinea anche “la centralità degli studi biblici nel dialogo ecumenico” (46).

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