sabato 6 agosto 2011

Riscoprire Paolo VI: trentatré anni fa moriva Giovanni Battista Montini, un Papa che merita di essere conosciuto restituendo a tutti la sua figura

Trentatré anni dopo la sua morte, avvenuta nella solitudine di un’afosa estate a Castel Gandolfo, la figura di Paolo VI (nella foto con l'allora card. Ratzinger), al secolo Giovanni Battista Montini, appare lontana, sconosciuta alle nuove generazioni, quelle che sono cresciute con Giovanni Paolo II. E bisogna ammettere che non hanno certo giovato al grande Pontefice bresciano taluni gelosissimi custodi della memoria, i quali, sentendosi gli unici autorizzati a tramandarne l’insegnamento, hanno finito più o meno inconsapevolmente per rendere elitario finanche il ricordo. Certo, Paolo VI è una figura complessa, che ha tenuto la barra a dritta guidando la Chiesa cattolica in anni difficili: eletto dopo la prima sessione del Concilio aperto dal suo predecessore Giovanni XXIII, si è trovato a doverlo condurre in porto tra tante difficoltà ed è riuscito nel miracolo di concluderlo avendo i documenti votati praticamente all’unanimità. Ha dovuto poi gestire la fase ardua dell’applicazione delle riforme conciliari, che ha coinciso con la crisi del Sessantotto e con una contestazione corrosiva anche all’interno della Chiesa, dove in tanti, invece di applicare la lettera del Vaticano II, in nome dello "spirito del Concilio", si volevano spingere oltre i suoi documenti mettendo in discussione tutto e tutti compresi i fondamenti stessi della fede. In questa fase, Papa Montini è stato un testimone sofferente e al contempo fermo, che con interventi ed encicliche ha ribadito ciò che la Chiesa aveva sempre creduto e continuava a credere. E al contempo non ha mai fatto passi indietro rispetto alla via segnata dal Concilio. Anche per questo Paolo VI si è trovato ad essere criticato da destra e da sinistra. Certo mondo tradizionalista non gli ha mai perdonato la riforma liturgica, le aperture ecumeniche, il dialogo con le religioni. Mentre, dall’altra parte, certo mondo progressista, anche sulla base del mito costruito sulla figura di Papa Giovanni, ha considerato Montini come il Papa che ha "frenato" la riforma della Chiesa. Leggendo il Magistero di Paolo VI, i suoi discorsi, i suoi interventi, il suo epistolario, ci si imbatte in un testimone straordinario, che già dagli anni dell’episcopato milanese, quando ancora la Chiesa in Italia dava l’impressione di essere fenomeno radicatissimo a livello popolare, come testimoniavano certe adunate oceaniche convocate a Roma, si era reso conto che alcuni mondi iniziavano ad essere impermeabili all’annuncio evangelico. Non di per sé avversari o nemici dichiarati. Ma indifferenti. Erano i mondi della finanza milanese, della moda, di certa cultura e anche del mondo operaio, che a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con la grande immigrazione, aveva trasformato le periferie della metropoli milanese. Non si può comprendere Paolo VI se non si parte dall’ansia evangelizzatrice che lo mosse soprattutto dopo l’impatto con Milano. Montini, che ha regnato dal giugno 1963 all’agosto 1978, è stato il Papa del dialogo. Ma non del dialogo fine a se stesso. Per Paolo VI, infatti, il dialogo è sempre stato un mezzo, non un fine. Un mezzo per far conoscere il Vangelo all’uomo moderno, un mezzo per essere più vicini alle angosce dei contemporanei. Ha mostrato il volto di una Chiesa che propone e non impone, che sa essere vicina a chi soffre, che considera il mondo come "un campo di messe e non come un abisso di perdizione", parole di don Battista Montini. Vittima di due interpretazioni opposte ed entrambe negative, Paolo VI è stato abbandonato dai suoi stessi amici, sottoposto agli attacchi più duri, soprattutto in occasione della pubblicazione dell’ultima sua Enciclica, "Humanae vitae" (1968), dopo la quale, per un decennio, non volle più pubblicarne per non sottoporre documenti così autorevoli ad attacchi così feroci. Eppure bisognerebbe ricordare che la sofferenza e la fermezza di Paolo VI hanno permesso il pontificato itinerante di Giovanni Paolo II. Bisognerebbe ricordare che molti testi di Papa Montini, riletti ora, mostrano tutta la loro attualità e il loro carico di profezia. La conoscenza della sua figura e del suo pontificato è decisiva per comprendere quella che Benedetto XVI, nel famoso discorso alla Curia romana per gli auguri del Natale 2005 ha definito ermeneutica della riforma nella continuità, cioè di quella chiave interpretativa del Concilio Vaticano II che legge l’evento più significativo per la Chiesa cattolica del Novecento nell’alveo della tradizione, senza nostalgie per il passato e senza ingiustificate fughe in avanti. Anche per questo vale la pena riscoprire Paolo VI, farlo conoscere alle giovani generazioni, raccontare la sua testimonianza, allargando l’orizzonte degli studi e della divulgazione, restituendo finalmente la sua figura a tutti. Papa Montini, del quale è in corso il processo di Beatificazione, non merita dunque di rimanere confinato nel recinto elitario creato da coloro che si sono attribuiti il compito di gestirne la memoria e che ben poco lo hanno fatto conoscere. C’è una ricchezza di Magistero e di esempio che risulta attualissima e che aiuta a comprendere la situazione della Chiesa oggi e l’insegnamento dei successori di Montini, a cominciare da quello di Benedetto XVI, che Paolo VI volle nominare, appena cinquantenne, arcivescovo di Monaco creandolo subito cardinale.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Festa della Trasfigurazione del Signore. Il Papa: manifesta agli Apostoli la sua gloria perché abbiano la forza di affrontare lo scandalo della croce

Oggi la Chiesa celebra la Festa della Trasfigurazione del Signore. Un evento, ha affermato Benedetto XVI, che ci ricorda come "le gioie seminate da Dio nella vita" non siano "punti di arrivo", ma "luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno", perché solo Gesù sia "il criterio che guida la nostra esistenza". Sul Tabor, Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano la gloria del Figlio di Dio, pregustano un pezzetto di Paradiso. “Si tratta in genere di brevi esperienze – afferma il Papa - che Dio a volte concede, specialmente in vista di dure prove”: “A nessuno, però, è dato di vivere ‘sul Tabor’ mentre si è su questa terra. L'esistenza umana infatti è un cammino di fede e, come tale, procede più nella penombra che in piena luce, non senza momenti di oscurità e anche di buio fitto. Finché siamo quaggiù, il nostro rapporto con Dio avviene più nell'ascolto che nella visione; e la stessa contemplazione si attua, per così dire, ad occhi chiusi, grazie alla luce interiore accesa in noi dalla Parola di Dio" (Angelus, 12 marzo 2006).
Pietro vorrebbe restare a lungo sul Tabor. Ma la strada che indica Gesù è un’altra.
"Qui è il punto cruciale: la trasfigurazione è anticipo della risurrezione, ma questa presuppone la morte. Gesù manifesta agli Apostoli la sua gloria, perché abbiano la forza di affrontare lo scandalo della croce, e comprendano che occorre passare attraverso molte tribolazioni per giungere al Regno di Dio” (Angelus, 17 febbraio 2008).
Ma cos’è la trasfigurazione di Gesù?
“La Trasfigurazione non è un cambiamento di Gesù, ma è la rivelazione della sua divinità, l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce” (Angelus, 20 marzo 2011).
Dall’alto della nube luminosa la voce del Padre invita ad ascoltare il Figlio. Ascoltarlo per mettere in pratica quello che dice: “Ascoltare Cristo, come Maria. Ascoltarlo nella sua Parola, custodita nella Sacra Scrittura. Ascoltarlo negli eventi stessi della nostra vita cercando di leggere in essi i messaggi della Provvidenza. Ascoltarlo, infine, nei fratelli, specialmente nei piccoli e nei poveri, in cui Gesù stesso domanda il nostro amore concreto. Ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce: è questa la via maestra, l'unica, che conduce alla pienezza della gioia e dell'amore” (Angelus, 12 marzo 2006).

Radio Vaticana

Benedetto XVI nomina mons. Bruno Musarò, finora nunzio in Perù, nuovo nunzio apostolico a Cuba. Succede a mons. Becciu

Il Papa ha nominato nunzio apostolico a Cuba mons. Bruno Musarò (foto), arcivescovo titolare di Abari, finora nunzio in Perú. Il presule, nato 63 anni fa ad Andrano, nell'arcidiocesi di Otranto, in Puglia, e ordinato sacerdote a 22 anni, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1977, lavorando nelle rappresentanze pontificie di Corea, Italia, Repubblica Centroafricana, Panama, Bangladesh e Spagna. Consacrato vescovo a 46 anni, è stato nominato nunzio apostolico a Panama, e poi in Madagascar, Mauritius e nelle Seychelles e delegato apostolico nelle Isole Comore e a La Réunion. Dal 2004 ha guidato la nunziatura in Guatemala e dal 2009 quella del Perù. Mons. Musarò succede all’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, nominato dal Papa, nel maggio scorso, nuovo sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.

Radio Vaticana

RINUNCE E NOMINE

GMG 2011-Il Papa a Madrid. Le meditazioni della Via Crucis per le vie della città sulle sofferenze degli uomini dalla mancanza di lavoro ai genocidi

Nel programma della Giornata Mondiale della Gioventù c’è una tappa che è sempre molto attesa dai giovani: la Via Crucis. Ogni nazione che ha ospitato questo evento ha dato alla pia pratica che ricorda la passione di Gesù una caratteristica culturale locale con un profondo senso religioso. Basta ricordare, una per tutti, la Via Crucis della GMG di Roma 2000 al Colosseo con la riflessione sui martiri del XX secolo. Non è da meno Madrid 2011 che ha scelto le meravigliose opere d’arte delle processioni del Venerdì Santo. Ognuna delle stazioni è rappresentata da un carro della Settimana Santa spagnola, impreziosite da antichi gruppi scultorei dell'arte spagnola degli ultimi quattro secoli, di incalcolabile valore artistico e devozionale. Parrocchie e confraternite di tutto il Paese hanno cedute generosamente per questo rito i carri, che mostrano diversi modi in cui la Settimana Santa viene celebrata nel Paese; come la fede si è fatta arte in Spagna. Così l’Ultima cena viene da Murcia, il Bacio di Giuda da Málaga, il Tradimento di San Pietro da Orihuela (Alicante), Gesù condannato a morte e Gesù caricato della Croce da Madrid, Gesù cade sotto il peso della Croce da Úbeda (Jaén), Il Cireneo aiuta a portare la Croce da León, La Veronica asciuga il volto di Gesù da Jerez de la Frontera; Gesù spogliato delle vesti da Granada, Gesù inchiodato sulla Croce da Zamora, Gesù muore sulla Croce da Málaga, La deposizione da Cuenca, Gesù nelle braccia di sua madre da Valladolid, Gesù è posto nel sepolcro da Segovia, e un ultimo particolare quadro della Madonna addolorata da Sevilla. Significative in questa GMG 2011 le meditazioni sulla Via della Croce, composte dalle Hermanas de la Cruz, le suore figlie di Angela de la Cruz, Santa dal 2003 e beatificata a Sevilla da Giovanni Paolo II nel 1982. Una congregazione fondata nel 1875 che prosegue anche oggi il servizio ai più poveri. Nell’omelia della Beatificazione Giovanni Paolo II tracciò così la personalità della Santa: “Ella si chiamava Angela della Croce. Come se volesse dire che, secondo le parole di Cristo, ha preso la sua croce per seguirlo La nuova Beata comprese perfettamente questa scienza della croce e la espose alle sue figlie con un’espressione plastica di grande forza. Ella immagina che sul Calvario esista, accanto al Signore inchiodato alla croce, un’altra croce “alla stessa altezza, non a destra o a sinistra, ma di fronte e molto vicino”. Questa croce vuota la vogliono occupare suor Angela e le sue sorelle, che desiderano “vedersi crocifisse di fronte al Signore”, con “povertà, distacco e santa umiltà”. Unite al sacrificio di Cristo, suor Angela e le sue sorelle potranno realizzare la testimonianza dell’amore ai bisognosi”. Da questa spiritualità nascono le meditazioni che il 19 agosto seguiranno centinaia di migliaia di giovani guidati dal Papa. Si riflette sulla necessità della pace, per la unità dei cristiani, per coloro che vengono traditi, per chi soffre per le lotte fratricide, per le vittime innocenti delle guerre, per la difesa della vita. Ad esempio nella stazione del rinnegamento di Pietro: “Con lo sguardo a Pietro il Signore ha posato il suoi occhi sui cristiani che si vergognano della propria fede...ai quali manca il coraggio per difendere la vita dal suo inizio fino al suo termine naturale”. E ancora si prega per gli immigrati e coloro che lavorano senza dignità: “Cristo ha fatto sua la stanchezza e la disperazione di coloro che non trovano lavoro così come degli immigrati che ricevono offerte di lavoro indegne o disumane, che soffrono per il razzismo o muoiono nel tentativo di avere una vita più giusta e degna”. Nella sesta stazione la riflessione è su coloro che “cadono senza forza vittime dell’alcol, della droga, e di altri vizi che rendono schiavi, perchè appogiandosi a Cristo che si soccorre possano rialzarsi”. E si parla della sofferenza di coloro che sono stati “sfigurati dai regimi atei che distruggono la persona e li privano della dignità”. La nona stazione, Gesù spogliato dalle vesti, è una accorata riflessione sulla dignità e l’intimità di cui l’essere umano viene spogliato tragicamente. “Gesù condivide la sofferenza delle vittime dei genocidi umani, quando l’uomo si scatena con brutale violenza, nelle violazioni e gli abusi sessuali, nei crimini contro bambini e adulti. Quante persone denudate della loro dignità e della loro innocenza, delle loro fiducia nell’uomo!”. La croce sarà portata da giovani del Ruanda e del Burundi. E la riflessione mariana nella XIII stazione è per il dolore dei genitori che hanno perso i figli per la fame mentre società opulente inghiottite dal drago del consumismo, dalla perversione materialista, sprofondano nel nichilismo del vuoto della loro vita”. I dolori e i peccati del mondo che Gesù carica su se stesso con la croce trovano però conforto anche attraverso i buoni samaritani che “in ogni angolo della terra appaiono per condividere le conseguenze dei disastri naturali: terremoti, uragani, maremoti”. In questa stazione saranno i giovani di Haiti e del Giappone a portare la croce. Un corteo di ragazzi porterà la Croce della GMG da un gruppo scultoreo all'altro, mentre vengono recitate meditazioni. Il corteo è composto da due fiaccole per ogni Confraternità e da dieci giovani di diversa provenienza. Parteciperanno anche, grazie a un permesso concesso dalle Autorità carcerarie di Madrid, alcuni giovani detenuti di un carcere nella periferia di Madrid. Il Santo Padre, dopo aver pronunciato la preghiera Introduttiva, dal palco allestito in Plaza de Cibeles seguirà lo svolgimento della Via Crucis, che partendo da Plaza de Cibeles si snoderà lungo il Paseo de Recoletos per poi concludersi in Plaza de Colón. Al termine, il Papa pronuncia il discorso e presiede l'ultima preghiera dedicata alla Madonna.

Angela Ambrogetti, Il Portone di Bronzo