martedì 30 marzo 2010

'Avvenire': i credenti si uniranno al vociare vigliacco contro un Papa che spende energie per rialzare l'uomo o staranno con Cristo e la sua Chiesa?

Il giornale della Conferenza Episcopale italiana Avvenire, con un editoriale firmato da Francesco Ognibene, condanna oggi ''il vociare vigliacco contro un Papa che spende ogni energia per rialzare l'uomo, la sua anima, la sua ragione''. ''E' chiaro - scrive il quotidiano dei vescovi - che più d'uno desideri di sporcare la veste bianca di questo testimone limpido e forte, e allestisca con ogni cura progetti di rovina''. Per Avvenire, ''sarebbe più sorprendente - però - se al coro degli accusatori si aggiungesse il silenzio dei credenti, la loro condiscendenza all'urlo del 'crucifige!' che in realtà non s'è mai spento''. ''La scelta - prosegue l'articolo - è sempre quella: unirsi agli instancabili giudici di mille processi sommari, consumati a mezzo stampa, oppure stare con Cristo e la sua Chiesa, col Papa, fino in fondo? Ora che la Pasqua si approssima, sappiamo almeno di non poterci confinare tra i folti ranghi del pubblico indifferente, che sta lì a vedere 'come va a finire'. Si prende campo. L'Uomo della Croce, ancora una volta, ci guarda - conclude Avvenire - per vedere se lo accompagniamo almeno per qualche passo''.

Asca

Telegramma di Benedetto XVI per gli attacchi terroristici a Mosca: profondo dolore e ferma riprovazione per gli efferati atti di violenza

''Profondo dolore e ferma riprovazione per gli efferati atti di violenza''. Li esprime Papa Benedetto XVI in un telegramma inviato al presidente della Federazione Russa, Dmitri Medvedev, dopo gli attacchi terroristici nella metropolitana di Mosca. ''Appresa la notizia degli attentati verificatisi nella metropolitana di Mosca, dove numerose persone hanno perso la vita - si legge nel testo pubblicato da L'Osservatore Romano -, esprimo profondo dolore e ferma riprovazione per gli efferati atti di violenza, desiderando far pervenire i sentimenti della mia solidarietà, vicinanza spirituale e le mie condoglianze ai familiari delle vittime''. Il Pontefice assicura ''fervide preghiere di suffragio per le vite stroncate'' e rivolge un ''particolare pensiero a quanti sono rimasti feriti''.

Asca

Il card. Ruini: un momento di sofferenza, si vuole sradicare la fiducia nella Chiesa e la fede in Dio. Dal Papa l'interpretazione giusta sugli abusi

Lo ''spirito'' con cui sono stati mossi i recenti 'attacchi' alla Chiesa sullo scandalo pedofilia vorrebbe in realtà ''sradicare la fiducia nella Chiesa''. Ne è convinto il card. Camillo Ruini (nella foto con Benedetto XVI), cui sono state affidate dal Papa le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. ''E' un momento di sofferenza - ha detto l'ex-presidente della CEI in un'intervista alla Radio Vaticana - anche per lo spirito col quale spesso viene posta all'attenzione: uno spirito non solo polemico, ma che vorrebbe sradicare la fiducia nella Chiesa - e io temo, alla fine, la fede in Cristo, la fede in Dio, dal cuore degli uomini''. ''Questo - ha concluso - è un altro motivo di sofferenza. Ci sono due motivi di sofferenza che stanno insieme: sofferenza per le colpe dei figli della Chiesa, in particolare dei sacerdoti, e sofferenza per questa volonta' ostile alla Chiesa''. In un'intervista a L'Osservatore Romano il card. Ruini afferma che "sulla gravissima questione degli abusi sui minori, l'interpretazione giusta, e vorrei dire completa, l'ha data lo stesso Benedetto XVI nella recentissima Lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda". Il porporato spiega che pur senza alludere ad alcuna questione specifica, i testi preparati "mettono in luce quei tradimenti che hanno particolarmente pesato sulle spalle e sul cuore di Cristo mentre portava la croce, nei quali ciascuno di noi è chiamato a guardare in faccia con sincerità anzitutto i propri peccati".

Asca, Agi

Comunicato della CEI: sui casi di abuso il Papa senza incertezze o minimizzazioni invita ad accertare la verità dei fatti e ad assumere provvedimenti

Papa Benedetto, di fronte allo scandalo pedofilia nella Chiesa, ''senza lasciare margini di incertezza nè indulgere a minimizzazioni, invita la comunità ecclesiale ad accertare la verità dei fatti, assumendo nel caso i provvedimenti necessari''. Lo scrivono i vescovi italiani, nel comunicato diffuso al termine della riunione del Consiglio Permanente della CEI che si è svolto la settimana scorsa. ''A lui - si legge nel testo - va la piena ed affettuosa solidarietà dell'Episcopato italiano, che si stringe intorno a Pietro, grato per la cristallina testimonianza di fede e l'appassionato magistero''. "Sgomento, senso di tradimento e rimorso per ciò che è stato compiuto da alcuni ministri della Chiesa": i vescovi italiani riaffermano la loro ''vicinanza alle vittime di abusi e alle loro famiglie, parte vulnerata e offesa della Chiesa stessa'' e concordano sul fatto che ''il rigore e la trasparenza nell'applicazione delle norme processuali e penali canoniche sono la strada maestra nella ricerca della verità e non si oppongono, ma anzi convergono, con una leale collaborazione con le autorità dello Stato, a cui compete accertare la consistenza dei fatti denunciati''. “Condividendo la sensibilità” manifestata dal Papa nella Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda, i presuli ribadiscono che la pedofilia è “un crimine odioso, ma anche peccato scandalosamente grave che tradisce il patto di fiducia inscritto nel rapporto educativo”, come si legge nella prolusione del card. Bagnasco. ''Ancora una volta - prosegue il comunicato dei presuli -, è stata confermata l'esigenza di un'accurata selezione dei candidati al sacerdozio, vagliandone la maturità umana e affettiva oltre che spirituale e pastorale''. Per la CEI è sbagliato imputare i numerosi casi di pedofilia nella Chiesa al celibato sacerdotale, che ''non costituisce affatto un impedimento o una menomazione della sessualità, ma rappresenta, specialmente ai nostri giorni, una forma alternativa e umanamente arricchente di vivere la propria umanità in una radicale donazione a Cristo e alla Chiesa''. D'altra parte, ''il peccato di alcuni non cancella però l'abnegazione di cui danno prova tantissimi sacerdoti'' di cui ''fanno esperienza quotidiana le nostre comunita'''. Per questo, i vescovi confermano loro ''piena fiducia e sincera gratitudine''. Sono i preti, conclude infatti il comunicato della CEI, che ''si dedicano nel nascondimento e con spirito di abnegazione all'annuncio del Vangelo e all'opera educativa, costituendo spesso l'unico punto di riferimento in contesti sociali frammentati e sfilacciati''.

Asca, SIR

Il card. Schoenborn: il card. Ratzinger voleva punire un vescovo pedofilo ma Giovanni Paolo II fu persuaso da ambienti di Curia a bloccare l'indagine

Fu l'allora Papa Giovanni Paolo II a bloccare le indagini su un caso di pedofilia nel 1995 e non il card. Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. E' quanto sostiene il card. Christoph Schoenborn in un'intervista alla televisione austriaca Orf, ripresa dalla Bbc. Il Vaticano - spiega il cardinale - aveva paura, con l'istituzione di una commissione di inchiesta, di danneggiare la propria immagine. Il card. Schoenborn prende autorevolmente le difese del Pontefice: "Accusarlo di essere qualcuno che vuole insabbiare le cose - conoscendolo da molti anni - posso dire che certamente non è vero". Nella sua intervista, Schoenborn ha ricordato gli eventi del 1995, quando l'allora arcivescovo di Vienna, il card. Hans Hermann Groer, fu accusato dai media e dalle sue vittime di aver ripetutamente compiuto abusi sessuali su giovani in un monastero negli anni Settanta. Ma fu solo tre anni dopo le accuse, cioè nel 1998, che Groer, per ordine della Santa Sede, si dimise da ogni incarico. Annunciò il suo ritiro in pubblico chiedendo perdono, non ammise nessuna colpa, e si ritirò in Germania, dove morì nel 2003. All'epoca, il Vaticano si attirò aspre critiche in Austria per aver atteso tre anni prima di agire contro il card. Groer. Secondo la ricostruzione attribuita del card. Schoenborn, il caso divise la Curia. Alcuni suoi esponenti, è dato di capire, avrebbero persuaso Giovanni Paolo II, che comunque non viene nominato da Schoenborn, che le accuse contro Groer erano esagerate e che l'inchiesta voluta dal card. Ratzinger avrebbe esposto la Chiesa a una pericolosa pubblicità negativa. Joseph Ratzinger la pensava diversamente, ma non riuscì a spuntarla. "Ricordo ancora molto chiaramente - ha detto Schoenborn - il momento in cui il card. Ratzinger mi disse con tristezza che l'altro campo aveva avuto il sopravvento... accusarlo di essere una persona che copre gli scandali vuol dire sostenere cose assolutamente non vere, e io lo affermo perché lo conosco da molti anni".

Apcom, La Repubblica