giovedì 24 gennaio 2013

Mons. Celli: sull'account Twitter del Papa ci sono stati messaggi splendidi ma anche offese, non sono state una sorprese. Abbiamo provato disagio e dispiacere, ma il dialogo con l’uomo di oggi non può prescindere da questi ambienti

“Non siamo stati colti di sorpresa”. Così mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, ha commentato questa mattina i messaggi di offesa ricevuti dal Papa sul suo profilo Twitter. Durante la conferenza stampa di presentazione del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, mons. Celli ha spiegato che “quando si entra in questi ambienti, innegabilmente si trova di tutto. Su Twitter ci sono stati messaggi splendidi ma anche offese. Per queste abbiamo provato disagio e dispiacere, ma il dialogo con l’uomo di oggi non può prescindere da questi ambienti. Le offese non sono state una sorpresa per noi. Twitter è una realtà laica. Certe riflessioni vengono accolte e altre no. Questo è il rischio che si corre. E noi preferiamo essere presenti che non esserlo per evitare un rischio”. Anche per mons. Paul Tighe, segretario del dicastero, “abbandonare la presenza su Twitter sarebbe stato uno sbaglio. È importante essere presenti con contenuti seri e positivi che aiutano le comunità a crescere”. Ad oggi, ha fatto sapere mons. Celli, “l’account Twitter del Papa ha superato i 2 milioni e mezzo di followers. Per il profilo in latino sono 10mila i followers”. Facebook "è uno strumento troppo personale, abbiamo pensato che non è adatto a una personalità e a un ruolo così importanti", ha spiegato Celli. "Inoltre - ha aggiunto Tighe - tutti i tweet che inviamo dell'account @Pontifex sono approvati personalmente del Papa, ciò sarebbe più arduo per un profilo su Facebook". "Invito a 'retwittare' i messaggi del Santo Padre", ha concluso Celli, sottolineando che "la meta non è sapere a che quota siamo arrivati con i follower , ma vedere in che misura gli amici del Papa ne sanno rilanciare i messaggi e fare in modo che arrivino anche là dove c'è oscurità su questi temi. E in questo clima di desertificazione spirituali, anche una goccia di rugiada fa bene al cuore". "Mi augurerei - ha concluso infine il capo del dicastero - che piano piano questo aumentasse, perche la parola del Pontefice arrivi a più persone nel cammino della vita".

SIR, Agi

Presentazione del Messaggio del Papa: valutazione positiva dei social network, anche se non ingenua. Opportunità di dialogo e di dibattito e con la riconosciuta capacità di rafforzare i legami di unità tra le persone e di promuovere efficacemente l’armonia della famiglia umana

Un testo che “presenta una valutazione positiva dei social media, anche se non ingenua”. Così mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, sintetizza il messaggio del Papa per la 47° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sul tema “Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione”. Intervenendo questa mattina, nella Sala Stampa vaticana, alla conferenza stampa di presentazione del mMssaggio, mons. Celli ha spiegato che “il Papa è consapevole dei rischi e dei pericoli dei social media. La sua valutazione, però, è positiva, anche se non ingenua. Essi sono visti come opportunità di dialogo e di dibattito e con la riconosciuta capacità di rafforzare i legami di unità tra le persone e di promuovere efficacemente l’armonia della famiglia umana. Questa positività esige, però, che si agisca nel rispetto della privacy con responsabilità e dedizione alla verità, e con autenticità dato che non si condividono solo informazioni e conoscenze ma in sostanza si comunica una parte di noi stessi”. Al riguardo, il prelato ha sottolineato che “la dinamica dei social media è inserita in quella ancor più ricca e profonda della ricerca esistenziale del cuore umano. C’è un intrecciarsi di domande e di risposte che dà un senso al cammino dell’uomo”. “In questo contesto - ha aggiunto mons. Celli - il Papa tocca un aspetto delicato della vicenda, quando cioè il mare delle eccessive informazioni sovrasta ‘la voce discreta della ragione’”. C’è “un interrogativo che ci riguarda, pensando in particolare ai giovani: come educarli a saper discernere nell’insieme di messaggi che vengono ricevuti?”. Per questo, come Pontificio Consiglio, ha annunciato il presidente, “stiamo organizzando un congresso in campo psicologico ed educativo per vedere cosa la Chiesa può fare in tale contesto”. Soffermandosi sul tema del messaggio della Giornata, mons. Celli ha evidenziato che “si parla di nuovi spazi di evangelizzazione. Occorre però ricordare, a questo proposito, quanto già Benedetto XVI scriveva nel Messaggio del 2011, quando sottolineava che non si tratta solo di un’espressione esplicita della fede ma sostanzialmente di un’efficace testimonianza”. Per l’arcivescovo, “nell’attuale contesto multiculturale e multireligioso della nostra società chi vuole coinvolgersi nel dialogo e nel dibattito anche nell’agorà originata dalle reti sociali trova nel Magistero di Papa Benedetto” un’indicazione fondamentale: “Il nostro atteggiamento non deve essere fatto di aggressività, ma di ascolto e di dialogo rispettoso dell’altro. La nostra presenza nel mondo delle reti sociali deve essere guidata da un dialogo rispettoso della verità degli altri”. “La stessa cultura delle reti sociali è generata dagli utenti” ha ricordato da parte sua mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. “Negli ultimi cinque anni - ha detto mons. Tighe - Papa Benedetto ha mostrato una grande attenzione alla realtà in evoluzione dei media digitali e al loro significato per l’umanità e per la Chiesa. Quest’anno, la sua attenzione si focalizza sui social network e la sua preoccupazione consiste nell’invitare le persone ad apprezzare il potenziale di queste reti per contribuire alla promozione dello sviluppo umano e della solidarietà”, delineando “alcuni degli atteggiamenti fondamentali e degli impegni” chiesti “a coloro che sono attivi nei social network”. Inoltre, durante quest’Anno della fede, il Papa “si rivolge ai credenti impegnati nelle reti sociali e chiede loro di riflettere su come la loro presenza può contribuire a far conoscere il messaggio evangelico dell’amore di Dio per tutti gli uomini”. Ecco, dunque, che “se le reti sono intese come spazi in cui buone comunicazioni positive possono contribuire a promuovere il benessere individuale e sociale”, allora gli utenti “devono essere attenti al tipo di contenuti che stanno creando e condividendo”. “È evidente - ha aggiunto il segretario del dicastero - che le reti possono essere veramente sociali se gli utenti eviteranno tutte le forme antisociali di comportamento e di espressione”. Da qui la richiesta “di essere rispettosi nelle nostre modalità espressive” e “impegnarci per l’onestà e l’autenticità dei nostri contributi”, per aiutare “le persone a crescere nella conoscenza e nella verità”. “In un ambiente che permette alle persone di essere presenti in forma anonima - ha precisato - dobbiamo essere attenti a non perdere mai il senso della nostra responsabilità personale”. Tra le sfide da affrontare “se vogliamo che la nostra presenza risulti efficace”, Benedetto XVI - ha quindi ribadito mons. Tighe - nel messaggio individua la necessità di “migliorare la nostra conoscenza del linguaggio dei social network”. “A questo proposito - ha spiegato - il Papa ci esorta ad attingere al nostro patrimonio cristiano, che è ricco di segni, simboli ed espressioni artistiche. Abbiamo bisogno di ricordare una verità fondamentale della comunicazione: la nostra testimonianza - le nostre azioni e i nostri modelli di comportamento - è spesso più eloquente delle nostre parole e dichiarazioni per esprimere chi siamo e ciò in cui crediamo”.

SIR

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA 47° GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Il Papa: la capacità di utilizzare i nuovi linguaggi dei social network è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti

Pubblicato questa mattina il Messaggio del Papa per la 47° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebrerà domenica 12 maggio sul tema "Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione".“Una nuova ‘agorà’, una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità”. È quanto “stanno contribuendo a far emergere” le “reti sociali digitali”. Gli “spazi” digitali, scrive il Papa nel testo, “quando sono valorizzati bene e con equilibrio, contribuiscono a favorire forme di dialogo e di dibattito che, se realizzate con rispetto, attenzione per la ‘privacy’, responsabilità e dedizione alla verità, possono rafforzare i legami di unità tra le persone e promuovere efficacemente l’armonia della famiglia umana”. Al riguardo, seguendo la linea di pensiero dei precedenti messaggi, il Pontefice ribadisce che “lo sviluppo delle reti sociali richiede impegno” perché esse “sono alimentate da aspirazioni radicate nel cuore dell’uomo”. “La cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della comunicazione - prosegue il Santo Padre -, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e di valori”. Per questo, “i social media hanno bisogno dell’impegno di tutti coloro che sono consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato, dell’argomentazione logica; di persone che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo. Dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre”. Per il Papa, “la sfida che i network sociali devono affrontare è quella di essere davvero inclusivi: allora essi beneficeranno della piena partecipazione dei credenti che desiderano condividere il messaggio di Gesù e i valori della dignità umana, che il suo insegnamento promuove”. Infatti, “i credenti avvertono sempre più che se la Buona Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale, potrebbe essere assente nell’esperienza di molti per i quali questo spazio esistenziale è importante”, in particolare i giovani. Da qui l’invito a “una comprensione attenta di questo ambiente”, “prerequisito per una significativa presenza all’interno di esso”. “La capacità di utilizzare i nuovi linguaggi - precisa Benedetto XVI - è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti”. Per quanto riguarda la presenza dei “credenti nei network sociali”, il Papa spiega che la loro “autenticità è messa in evidenza dalla condivisione della sorgente profonda della loro speranza e della loro gioia”, che “consiste non soltanto nell’esplicita espressione di fede, ma anche nella testimonianza”. E aggiunge: “Un modo particolarmente significativo di rendere testimonianza sarà la volontà di donare se stessi agli altri attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana. L’emergere nelle reti sociali del dialogo circa la fede e il credere conferma l’importanza e la rilevanza della religione nel dibattito pubblico e sociale”. In tutto ciò non bisogna dimenticare che “anche nell’ambiente digitale, dove è facile che si levino voci dai toni troppo accesi e conflittuali, e dove a volte il sensazionalismo rischia di prevalere, siamo chiamati a un attento discernimento”. I cristiani sono dunque chiamati a portare nei social network la “luce gentile della fede”, come diceva il Beato Newman. “I social network - prosegue il Papa -, oltre che strumento di evangelizzazione, possono essere un fattore di sviluppo umano. Ad esempio, in alcuni contesti geografici e culturali dove i cristiani si sentono isolati, le reti sociali possono rafforzare il senso della loro effettiva unità con la comunità universale dei credenti. Le reti facilitano la condivisione delle risorse spirituali e liturgiche, rendendo le persone in grado di pregare con un rinvigorito senso di prossimità a coloro che professano la loro stessa fede”. Inoltre, “esistono reti sociali che nell’ambiente digitale offrono all’uomo di oggi occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio. Ma queste reti possono anche aprire le porte ad altre dimensioni della fede”. Infatti, “molte persone stanno scoprendo, proprio grazie a un contatto avvenuto inizialmente on line, l’importanza dell’incontro diretto, di esperienze di comunità o anche di pellegrinaggio, elementi sempre importanti nel cammino di fede. Cercando di rendere il Vangelo presente nell’ambiente digitale, noi possiamo invitare le persone a vivere incontri di preghiera o celebrazioni liturgiche in luoghi concreti quali chiese o cappelle”. Tenendo ben presente, però, che “non ci dovrebbe essere mancanza di coerenza o di unità nell’espressione della nostra fede e nella nostra testimonianza del Vangelo nella realtà in cui siamo chiamati a vivere, sia essa fisica, sia essa digitale”. A tutti, infine, l’invito e l’impegno a “essere davvero araldi e testimoni del Vangelo”.  

SIR

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 47° GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

La morte del card. Jozef Glemp. Il Papa: l’amore di Dio e della Chiesa, la premura per la vita e la dignità di ogni uomo, hanno fatto di Lui un apostolo dell’unità contro la divisione, della concordia davanti allo scontro

Si è spento ieri, in un ospedale di Varsavia, il card. Jozef Glemp (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo emerito di Varsavia, già Primate di Polonia. Operato nel marzo scorso per un tumore al polmone, aveva 83 anni. Il Papa ha espresso il suo cordoglio in un lungo messaggio in cui ha definito il porporato un difensore della dignità di ogni uomo in un'epoca difficile. Nel telegramma al card. Kazirnierz Nycz, arcivescovo metropolita di Varsavia, il Pontefice esprime il proprio dolore per la morte del porporato, unendosi alla Chiesa in Polonia “nella preghiera di ringraziamento per la vita e l'impegno pastorale di questo benemerito Ministro del Vangelo”. “'Caritati in iustitia' – per la carità nella giustizia – questo motto episcopale – sottolinea Benedetto XVI - lo ha accompagnato durante tutta l’esistenza ed ha indirizzato il suo modo di pensare, di valutare, di fare le scelte, di prendere le decisioni e di offrire le linee dell’azione pastorale. Era un uomo ‘giusto’, nello spirito di San Giuseppe suo Patrono e di coloro che nella tradizione biblica hanno saputo ascoltare la voce della chiamata di Dio indirizzata non solo personalmente a loro, ma anche alle comunità, alle quali erano inviati. Tale giustizia – scrive il Papa - ricca dell’umile adesione alla volontà di Dio, è stata la base del suo profondo amore per Dio e per l’uomo, che era la luce, l’ispirazione e la forza nel difficile ministero di guida della Chiesa in un’epoca, in cui significative trasformazioni sociali e politiche interessarono la Polonia e l’Europa”. Il Santo Padre ricorda, poi, che “l’amore di Dio e della Chiesa, la premura per la vita e la dignità di ogni uomo, hanno fatto di Lui un apostolo dell’unità contro la divisione, della concordia davanti allo scontro, della comune costruzione di un futuro felice sulla base delle passate, gioiose e dolorose esperienze della Chiesa e del popolo”. E continuando l’opera del card. Wyszynski, in costante comunione e legame spirituale con Giovanni Paolo II, “con grande prudenza, risolveva tante questioni e problemi nella vita politica, sociale e religiosa dei Polacchi. Fidandosi della Provvidenza Divina – nota Benedetto XVI - guardava con ottimismo verso il nuovo millennio, nel quale gli è stato dato di introdurre la comunità dei credenti in Polonia”. “Nell’ultima tappa della sua vita ricorda - era provato dalla sofferenza che sopportava con serenità di spirito. Anche in questa prova è rimasto testimone dell’affidamento alla bontà e all’amore di Dio onnipotente”. “Personalmente – conclude il Papa - ho sempre apprezzato la sua sincera bontà, la semplicità, l’apertura e la cordiale dedizione alla causa della Chiesa in Polonia e nel mondo. Così rimarrà nella mia memoria e nella preghiera. Che il Signore lo accolga nella sua gloria!”. I funerali dell’arcivescovo emerito di Varsavia si svolgeranno lunedì prossimo alle 11.00 nella Cattedrale della capitale polacca.

Radio Vaticana

TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL CARD. JOZEF GLEMP

Telegramma del Papa a dieci anni dalla morte del senatore Giovanni Agnelli: una personalità che, per oltre mezzo secolo, si impose all’attenzione nazionale e internazionale per le sue notevoli qualità di imprenditore

In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, Benedetto XVI esprime la “sua sentita partecipazione e la sua preghiera” nel decimo anniversario della morte del senatore Giovanni Agnelli (foto). “Una personalità che, per oltre mezzo secolo, si impose all’attenzione nazionale e internazionale per le sue notevoli qualità di imprenditore”. Richiamando “la sua fede che ne ha coronato la lunga e feconda esistenza”, il Papa affida la sua anima alla materna intercessione della Vergine, aggiungendo il suo “personale orante ricordo”. L’Italia ha ricordato Agnelli con una Messa solenne, questa mattina, nel Duomo di Torino, presieduta dall’arcivescovo Cesare Nosiglia. Erano resenti alla celebrazione, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, familiari, politici, esponenti della Fiat e della Juventus e tanta gente che ha potuto seguirla attraverso un maxi-schermo montato all’esterno della Cattedrale.

Radio Vaticana

TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE ALL’ARCIVESCOVO DI TORINO IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE IN SUFFRAGIO DEL SENATORE GIOVANNI AGNELLI, A DIECI ANNI DALLA SUA SCOMPARSA

Quaresima 2013. Quelli che fanno la predica al Papa: sono i prescelti a predicare gli Esercizi spirituali al Pontefice e alla Curia romana. Rassegna ragionata di tutti quelli che hanno avuto questo incarico prima del card. Ravasi

Dopo già averlo chiamato nel 2007, quando era ancora semplice sacerdote, a scrivere le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, Benedetto XVI ha ora scelto Gianfranco Ravasi, divenuto cardinale presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, come predicatore degli Esercizi spirituali al Papa e alla Curia romana all'inizio della prossima Quaresima. Finora questa doppia chiamata era toccata solo ad altri due ecclesiastici: il card. Angelo Comastri, che predicò gli Esercizi nel 2003 e scrisse le meditazioni nel 2006, e lo stesso Joseph Ratzinger, che Giovanni Paolo II chiamò a predicare gli Esercizi nel 1983 e a comporre le meditazioni della Via Crucis nel 2005, pochi mesi prima di essere eletto al soglio di Pietro come Benedetto XVI. Questo raro privilegio, che associa la figura di Ravasi a quella di Ratzinger, probabilmente aumenterà il suo punteggio di “papabile” nel circo mediatico, più che nel Collegio cardinalizio. Ma nel frattempo, la notizia offre l’occasione per gettare uno sguardo retrospettivo sull’istituto stesso delle prediche quaresimali in Curia, che ormai sono una tradizione, anche se non molto antica. La loro istituzione come appuntamento fisso risale al 1929. Pur esistendo dal XVI secolo la figura del predicatore apostolico, oggi chiamato predicatore della Casa pontificia, incarico che dal 1743 è riservato all'ordine dei francescani cappuccini, è solo con Pio XI che in Vaticano cominciano ad essere predicati degli Esercizi spirituali secondo lo stile ignaziano. Papa Achille Ratti era un convinto ammiratore di Sant'Ignazio di Loyola tanto che nel luglio 1922, pochi mesi dopo la sua elezione, lo proclamò "patrono degli Esercizi spirituali e di tutte le istituzioni che in qualunque modo vi prestano la loro opera". Il 20 dicembre 1929 Pio XI pubblicò un'Enciclica dedicata agli esercizi spirituali, la "Mens nostra", nella quale, tra l'altro, comunicò "urbi et orbi" la sua decisione di tenere in Vaticano ogni anno un corso di Esercizi. In precedenza il Pontefice milanese aveva già promosso corsi di esercizi nel Palazzo Apostolico, nel 1925 e nel 1928 ad esempio, ma fu solo con la "Mens nostra" che gli Esercizi spirituali diventarono un appuntamento fisso per il Papa e i suoi più stretti collaboratori. Un appuntamento, inizialmente stabilito nella prima settimana di Avvento, che è venuto meno pochissime volte, per motivi ben determinati. Nel 1950 Pio XII li rinviò all'inizio dell'anno seguente per non interrompere le manifestazioni e le udienze, praticamente quotidiane, previste per l'Anno Santo in corso. E così nel 1951 gli Esercizi furono predicati due volte: in gennaio, quelli rinviati l'anno prima, e in dicembre. Nel 1962 Giovanni XXIII li sostituì con un ritiro personale di una settimana nella Torre di San Giovanni, in preparazione dell'imminente Concilio ecumenico. E anche nel 1963 essi non ebbero luogo perché Paolo VI, eletto nel giugno di quell'anno, li ritenne un impedimento alla celebrazione della seconda sessione del Concilio e decise di trasferirli al febbraio successivo, all'inizio della Quaresima. Lo stesso avvenne per le sessioni conciliari del 1964 e 1965. E così da temporaneo questo spostamento divenne definitivo. Dal 1964 gli Esercizi vengono abitualmente celebrati in Vaticano non più in Avvento ma nella prima settimana di Quaresima. Ma chi sono stati in questi ottant'anni e più gli uomini scelti dal Papa a predicare gli esercizi alla Curia? Il registro è tenuto dalla Prefettura della Casa Pontificia, che ne ha pubblicato un elenco quasi completo. Con Pio XI i prescelti sono soprattutto gesuiti (i padri Galileo Venturini, Giovanni Oldrà, Alessio Magni, Giuseppe Filograssi, Agostino Garagnani, Giuseppe Golia, Antonio Savani, Ottavio Marchetti, Pietro Righini, Giuseppe Maria de Giovanni), ma anche oblati di Rho (il vescovo di Ascoli Piceno Ludovico Cattaneo e padre Giustino Borgonovo), cappuccini (il vescovo Luca Ermenegildo Pasetto e padre Leone da Caluso) e redentoristi (il vescovo di Aversa Carmine Cesarano e padre Michele Mazzei). Pio XII concentra la scelta sui gesuiti (i padri Filograssi, Giuseppe Messina, Paolo Dezza, futuro cardinale, Ambrogio Fiocchi, Venturini, Giuseppe Massaruti, Vittorio Genovesi, Luigi de Poletti, Righini, Luigi Celebrini, de Giovanni, Antonio Tucci, Luigi Ambruzzi, Maurice Flick, Giorgio Lojacono, Anselmo Arù), con la sola eccezione del 1941 quando chiama un oblato di Rho (padre Borgonovo). Giovanni XXIII nel 1958 sceglie un gesuita (padre Carlo Messori Roncaglia), nel 1959 il vescovo di Casale Monferrato Giovanni Angrisani, nel 1960 il parroco romano monsignor Pirro Scavizzi (di cui è in corso la causa di beatificazione) e nel 1961 il predicatore apostolico padre Ilarino da Milano. Paolo VI inaugura le sue scelte, nel 1964, con il padre redentorista tedesco Bernard Häring, rompendo così la consuetudine di chiamare solo ecclesiastici italiani. Ed è sempre Papa Giovanni Battista Montini a chiamare per la prima volta un cardinale a predicare gli esercizi. Il prescelto, nel 1976, è Karol Wojtyla che due anni dopo sarà eletto Papa. A parte il caso eclatante appena citato, più volte, a partire dal 1973, è capitato che alla predicazione degli esercizi spirituali sia seguito un avanzamento nel "cursus honorum" ecclesiastico. Basta scorrere gli elenchi dei predicatori riprodotti più sotto per verificarlo. Molti dei predicatori sono poi diventati cardinali: Dezza, Javierre Ortas, Pironio, Anastasio Ballestrero, Carlo Maria Martini, Lucas Moreira Neves, James A. Hickey, Georges M. Cottier, Ersilio Tonini, Jorge A. Medina Estevez, Tomas Spidlik, Christoph Schonborn, Francois-Xavier Nguyen van Thuan, Angelo Comastri. Altri, in tempi brevissimi, sono stati elevati all’episcopato, come Mariano Magrassi con Paolo VI, Bruno Forte con Giovanni Paolo II ed Enrico dal Covolo con Benedetto XVI. All'inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI ha chiamato a predicare gi esercizi dei cardinali a fine carriera: Marco Cè, emerito di Venezia, nel 2006, Giacomo Biffi, emerito di Bologna, nel 2007, il gesuita ultraottantenne Albert Vanhoye nel 2008, e Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino, nel 2009. Poi però ha cambiato criteri di scelta. Sono pochi coloro che hanno avuto il privilegio di predicare gli Esercizi più di una volta. Tra questi spiccano i nomi del gesuita Dezza (nel 1942 con Pio XII e nel 1967 con Paolo VI) e del card. Biffi (scelto anche nel 1989 con Giovanni Paolo II). Una curiosità riguarda l'attuale Pontefice. In una intervista al mensile 30 Giorni dell'agosto del 2003, l'allora card. Ratzinger ha rivelato che alcuni anni prima della sua nomina nel 1977 ad arcivescovo di Monaco e Frisinga, "forse nel 1975", Paolo VI lo aveva invitato a predicare gli Esercizi spirituali in Vaticano. "Ma non mi sentivo sufficientemente sicuro né del mio italiano né del mio francese per preparare e osare una tale avventura, e così avevo detto di no". Si trattò comunque di un "no" provvisorio. Nel 1983 infatti, meno di due anni dopo essere stato chiamato a Roma da Giovanni Paolo II a presiedere la Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Ratzinger viene chiamato a predicare gli Esercizi. Come già detto, Ratzinger è stato anche l’autore delle meditazioni dell’ultima Via Crucis di Giovanni Paolo II al Colosseo, quella del 2005, passata alla storia per il riferimento alla "sporcizia nella Chiesa". La tradizione di assegnare le meditazioni della Via Crucis a personalità esterne è piuttosto recente, essendo stata introdotta da Giovanni Paolo II nel 1985. Ma mentre le prediche quaresimali sono state sempre tenute da chierici, le meditazioni sono state affidate anche a laici, compresi un gruppo di giornalisti e una coppia di coniugi focolarini, e a rappresentanti di altre confessioni cristiane, come il patriarca ortodosso Bartolomeo I o la monaca protestante Minke de Vries. Oltre al teologo Hans Urs von Balthasar, l’unico altro caso di promozione susseguente alla scrittura delle meditazioni è quello che riguarda Ravasi, che pochi mesi dopo, da prefetto qual era della Biblioteca Ambrosiana di Milano, fu chiamato a Roma come arcivescovo e presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Per il prossimo 29 marzo, Venerdì Santo, il compito di scrivere le meditazioni per la Via Crucis al Colosseo è stato affidato ad alcuni giovani libanesi che parteciparono alla veglia di preghiera celebrata a Beirut durante il viaggio di Benedetto XVI in Libano dello scorso settembre.

Sandro Magister, www. chiesa

Diario Vaticano. Quelli che fanno la predica al Papa

Il superiore generale dei Redentoristi richiama all'obbedienza padre Flannery, a cui la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva imposto misure disciplinari per alcuni suoi scritti ambigui su questioni cattoliche fondamentali

Giunge a una svolta significativa il caso di padre Tony Flannery, il sacerdote redentorista che nei giorni aveva annunciato sui giornali e in pubblica conferenza l’intenzione di sottrarsi alle misure disciplinari disposte per lui dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il canadese Michael Brehl, Superiore generale della Congregazione del Santissimo Redentore, ha diffuso una dichiarazione in cui esprime profondo rammarico rispetto alle azioni intraprese di recente dal suo confratello Flannery. Nel suo breve intervento, l’attuale Superiore dell’Ordine religioso fondato da Sant’Alfonso Maria del Liguori ripercorre brevemente la vicenda: "A gennaio 2012 - scrive Brehl - la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva manifestato il proprio allarme su alcuni scritti di padre Flannery che risultavano ambigui su questioni fondamentali della dottrina cattolica, come il sacerdozio, la natura della Chiesa e l'Eucaristia". Al religioso era stato chiesto di iniziare un periodo di preghiera e riflessione teologica per chiarificare le sue posizioni, astenendosi nel contempo da interviste o dichiarazioni pubbliche. Durante il periodo di preghiera e riflessione, Flannery avrebbe dovuto auto-sospendersi temporaneamente dall’esercizio del ministero sacerdotale e anche dalla dirigenza della Association of Catholic Priests in Ireland, il gruppo di pressione sacerdotale aggregatosi spontaneamente sull’onda dello scandalo pedofilia che ha travolto la Chiesa in Irlanda. Nel suo intervento, padre Brehl invita ancora caldamente il suo confratello a "rinnovare i suoi sforzi per trovare una soluzione concordata" rispetto alle preoccupazioni espresse dal dicastero vaticano. Rivolto in particolare ai redentoristi della Provincia irlandese, li invita a pregare e a operare insieme con lui "nello spirito di Sant'Alfonso, per mantenere e rafforzare la comunione con la Chiesa universale". L’intervento del Superiore generale segue altri pronunciamenti, provenienti soprattutto dai suoi confratelli irlandesi, che sembravano esprimere un certo grado di solidale comprensione nei confronti di padre Flannery.

Gianni Valente, Vatican Insider 

Slitta la Beatificazione di Giovanni Paolo I: la 'positio' non è ancora completa, alla Congregazione delle Cause dei Santi consegnata solo una parte. Prima di concludere l’iter di Papa Luciani si vuole terminare quello di Paolo VI

Sconta qualche ritardo la causa di Beatificazione di Albino Luciani (nella foto con l'allora card. Ratzinger), in particolare nella “positio”, ovvero la documentazione sulla vita e l’opera di Giovanni Paolo I, passo preliminare al riconoscimento ufficiale del miracolo e alla proclamazione delle virtù eroiche del candidato agli onori degli altari. Senza la chiusura di questa procedura da parte della Congregazione delle Cause dei Santi, non vi potrà essere l’attesa autorizzazione del Papa alla Beatificazione. Il 2 e 3 febbraio sarà a Belluno mons. Enrico Dal Covolo per la festa di San Giovanni Bosco nella comunità salesiana. Dal Covolo è il postulatore della causa di Beatificazione, oltre che il rettore della Pontificia Università Lateranense. In occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, l’anno scorso ad Agordo, a fine giugno, Dal Covolo aveva annunciato, a sorpresa, che la “positio” di Luciani sarebbe stata consegnata in occasione del centenario della nascita, il 17 ottobre, a Roma. In quella circostanza, invece, è stata depositata solamente una parte dei documenti e si è detto che il completamento sarebbe avvenuto da lì a poche settimane di distanza. Ma quanto preventivano nei fatti non è ancora accaduto. Stefania Falasca e don Davide Fiocco, già parroco di Cortina, stanno ultimando alcuni lavori, in particolare quello relativo alla biografia di Luciani. E per quest’opera delicata hanno tutto il tempo necessario; la Congregazione non fa fretta. A Belluno si ha la sensazione che prima di concludere l’iter di Luciani, Roma voglia terminare quello di Paolo VI, al quale si deve la conclusione del Concilio Vaticano II. Mons. Dal Covolo, dunque, è atteso a Belluno per fare il punto della situazione. Intanto qualche ritardo lo stanno scontando anche il museo dedicato a Luciani dal Comune di Canale e dalla Fondazione, nonché il centro diurno per gli anziani. "Mi auguro che l’inaugurazione possa avvenire con le celebrazioni dell’anniversario dell’elezione a Pontefice in agosto", anticipa il sindaco De Rocco, che l’anno scorso si era battuto per accelerare i tempi, "fallito l’obiettivo nel 2012, avevo fissato il traguardo nella primavera di quest’anno - spiega ancora il primo cittadino -ma ritengo che ancora una volta non ce la faremo ad essere puntuali;e non certo per nostra responsabilità, ma per quella delle imprese che inspiegabilmente non sono così rapide come speravamo". In questi giorni un progettista sta concludendo lo studio sull’arredamento del museo, un passaggio molto delicato. Gli infissi, invece, sono già al loro posto. Nei prossimi giorni il sindaco ed il parroco don Mariano si incontreranno per ipotizzare il programma dell’estate, fino al 17 ottobre, quando si concluderà l’anno del centenario della nascita di Luciani. Lo stesso sindaco, intanto, sta verificando con la famiglia Luciani come potrà essere utilizzata la casa natale del pontefice. Anche qui ci sono diverse idee sul tappeto; si cerca quella migliore.

Francesco Dal Mas, Corriere delle Alpi

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Mostra al Museo Nazionale delle Belle Arti di Rio de Janeiro dall'11 giugno al 15 settembre che porterà per la prima volta in Brasile capolavori dell'arte mondiale provenienti dai Musei Vaticani e da alcuni musei italiani

In occasione della Giornata Mondiale della Gioventù che sarà presieduta in luglio da Papa Benedetto XVI, si terrà a Rio de Janeiro la più importante mostra mai realizzata in America Latina. "In occasione della GMG arriveranno per la prima volta in Brasile capolavori dell'arte mondiale provenienti dai Musei Vaticani e da alcuni musei italiani". Si tratterà, rivela il quotidiano Avvenire, di "una selezione di opere originali di Michelangelo, Pinturicchio, Perugino, Caravaggio, Leonardo da Vinci, Bernini e di altri autori decisivi per la cultura dell'umanità". La mostra sarà allestita al Museo Nazionale delle Belle Arti (foto) di Rio de Janeiro dall'11 giugno al 15 settembre. Di certo lascerà senza fiato i visitatori, per i pellegrini iscritti alla GMG l'ingresso sarà gratuito, il percorso immaginato dal curatore, il professor Giovanni Morello, in dialogo con il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci. Il viaggio "Sulle orme del Signore", articolato sulla scia del tema della GMG "Andate e fate discepoli tutti i popoli", permetterà di partecipare a una speciale catechesi. I colori e le immagini sbocciati dalle tavolozze del Beato Angelico, di Melozzo da Forlì, di Correggio rievocheranno il Volto di Cristo (come ad esempio il Mandylion di Edessa, conservato nella Sacrestia Pontificia), la sua Passione e Risurrezione, ma anche l'Incredulità di Tommaso, la parabola del Figliol Prodigo e l'incontro di Gesù con l'adultera. Nella seconda sezione saranno presenti opere legate alla "Chiamata degli apostoli" e alla "Consegna delle Chiavi", tra cui l'eccezionale "Dittico con Pietro e Paolo" del III-IV secolo. Immancabili le opere d'Oriente e d'Occidente a tema mariano e i dipinti raffiguranti i Santi più conosciuti. Ad arricchire la mostra una serie di croci processionali di particolare interesse storico-artistico e alcuni preziosi reliquiari. L'allestimento, organizzato in collaborazione con il Pontificio Consiglio per i Laici, l'Instituto Brasileiro de Museus, il Museo Nazionale delle Belle Arti di Rio e con il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Cultura, è stato uno dei punti all'ordine del giorno degli incontri della delegazione del Comitato organizzatore locale della GMG con le istituzioni vaticane a Roma. A finanziare l'operazione saranno sponsor privati in collaborazione con la Fondazione vaticana Giovanni Paolo II per la Gioventù, presieduta dal dottor Marcello Bedeschi, personalità nota per la sua esperienza nella preparazione dei grandi eventi ecclesiali. Bedeschi, sottolinea Avvenire, "ha voluto che anche stavolta ci fosse un'iniziativa culturale di altissimo livello ad accompagnare il raduno mondiale".

Agi