lunedì 30 maggio 2011

Convegno internazionale in Vaticano su 'La centralità della persona nella prevenzione e nel trattamento dell’Hiv/Aids: esplorando nuove frontiere'

Più solidarietà da parte dei Paesi ricchi nei confronti dei più poveri che non hanno accesso ai farmaci, assunzione di responsabilità di ciascuno nei rapporti di natura sessuale e maggiore vicinanza ai malati di Aids che vivono l'onta della stigmatizzazione. A chiederlo durante il Convegno internazionale promosso dalla Fondazione "Il Buon Samaritano", istituita da Giovanni Paolo II, sul tema “La centralità della persona nella prevenzione e nel trattamento dell’Hiv/Aids: esplorando le nuove frontiere”, il 27 e 28 maggio presso il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, esperti, medici e rappresentanti ecclesiastici che hanno discusso di Hiv, della sua diffusione nel mondo e delle ipotesi di lotta adottate nei cinque continenti. Sessanta milioni i contagiati dal virus negli ultimi trent'anni, oltre 30 milioni di morti riferibili alla malattia nello stesso periodo, 2 milioni e 600 mila gli infettati nel 2009 e un milione e 800 mila i deceduti. Sono le cifre sulla diffusione dell'infezione, segno di un'emergenza davanti alla quale la Chiesa ha fatto e continua a fare molto cercando di rispondere attraverso una rete capillare di 117 mila strutture sanitarie che vanno da uno scarno dispensario nella giungla al policlinico d’avanguardia nelle grandi città. "Sarebbe tuttavia riduttivo limitarci a considerare gli aspetti "numerici", pur rilevantissimi, di tale opera di assistenza", ha spiegato nel corso del convegno il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano. "Una parte essenziale del contributo offerto dalle strutture della Chiesa in questa lotta, infatti, si colloca sul piano della costruzione di quel "capitale invisibile", senza il quale rimarrebbe priva di durevole efficacia anche la migliore rete di assistenza sanitaria". Il riferimento è all’importanza che riveste l’educazione, impartita proprio dalla Chiesa cattolica, nel superamento dei pregiudizi perché ci si possa relazionare ai contagiati dal virus "come a persone dotate di una dignità inalienabile". "L'infezione Hiv/Aids – gli ha fatto eco mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari - non può essere infatti ridotta solo ad una patologia somatica immunitaria, da trattare con antiretrovirali. È una malattia sociale e morale che richiede una cura a tutti i livelli". "L'Aids rivela un disordine profondo, antropologico e morale, che riguarda non solo l'atteggiamento sessuale della persona che trasmette il virus – ha chiarito Zimowski -, ma anche il tipo di relazioni interpersonali coinvolte nella diffusione dell’epidemia". Un atteggiamento, quello tenuto dalle persone che trasmettono l’infezione, caratterizzata cioè da "irresponsabilità". "Finché questo disordine non riceve attenzione da parte dei responsabili delle lotte contro l'epidemia di Aids", sostenendo la tesi che si è dinanzi ad una scelta privata e, in quanto tale non soggetta a giudizi altrui, "l'epidemia – ha ricordato il presidente del dicastero vaticano - rimarrà nella popolazione". Al contrario, la prevenzione della trasmissione sessuale del virus "va effettuata nell’ottica e nel contesto di una lotta totale ed olistica – ha concluso -, non limitata dunque al pur importante aspetto medico-sanitario". Dello stesso avviso è Stefano Vella, direttore del dipartimento del Farmaco all’Istituto Superiore di Sanità: "Il futuro è nell’integrazione delle cure - ha spiegato -. Occorre pensare alla salute in termini globali, alla cui base deve esserci la volontà di combattere le diseguaglianze nei trattamenti". Perché se è vero, come ricorda anche il responsabile europeo per la Sanità e la Politica dei Consumatori John Dalli, che oggi più di 6 milioni di persone ricevono il trattamento con antiretrovirali per l’infezione da Hiv è altrettanto vero che la lotta non è finita. "Ci sono 10 milioni di persone in attesa del trattamento – ha chiarito Michael Sidibè, Segretario generale aggiunto dell'Onu e Direttore esecutivo di UnAids - e la loro vita è appesa ad un filo". Certo, un declino di contagi c'è stato ma "non è il momento, dell'autocompiacimento, e se stiamo spezzando la traiettoria dell'epidemia lo si deve ad un cambiamento nell’approccio alla diffusione della malattia", puntando adesso "alla valorizzazione delle prassi sociali e al ruolo dei valori e della famiglia". Attori di questo cambiamento sono soprattutto i giovani, in grado di "negoziare la loro sessualità in maniera responsabile", come pure la ricerca scientifica oltre ad un maggiore investimento finanziario. "Meno di 10 anni fa – ha spiegato Sidibè - potevamo contare su 400 milioni di dollari, oggi parliamo di 70 miliardi di dollari". Ecco allora sollecitare, dal tavolo del convegno, i Paesi industrializzati ad un rinnovato slancio di solidarietà verso quegli Stati nei quali popolazione non riesce ad eccedere nemmeno alle cure primarie, necessarie ad avere salva la vita e non morire invece, per quei pochi dollari mancanti, di malaria o di tubercolosi. Su questa dolente nota il card. Bertone ha ricordato un passaggio del telegramma che il Beato Giovanni Paolo II rivolse ai partecipanti al Convegno "La Chiesa Cattolica e la sfida dell'Hiv/Aids" del 1999, là dove Wojtyla parlando della solitudine delle vittime dell'infezione fece appello "alla fraterna generosità di tanti uomini e donne di buona volontà mossi dall'esempio del buon Samaritano a soccorrere, con mezzi adeguati, questi malati facendosene carico" nel modo migliore e più umano possibile.

Mariaelena Finessi, Zenit

I vescovi del Belgio: coscienti della responsabilità morale sulla pedofilia ci impegnamo ad adottare misure riparatrici delle sofferenze delle vittime

La Chiesa Cattolica belga riconosce la sua ''responsabilità morale'' nello scandalo dei preti pedofili e si impegna a risarcire le vittime. ''Coscienti della loro responsabilità morale e dell'attenzione della società nei loro confronti, i vescovi e le autorità religiose si impegnano ad assicurare un riconoscimento delle vittime e ad adottare delle misure riparatrici delle loro sofferenze'', si legge in un comunicato dei vescovi del Belgio. ''Si impegnano inoltre a restituire alle vittime la loro dignità e a conceder loro degli indennizzi finanziari a seconda dei loro bisogni''. La nota dei vescovi arriva dopo l'annuncio di circa 80 vittime dei preti pedofili che intendono querelare il Vaticano davanti alla giustizia belga per ''negligenza colposa''.

Asca

Il Papa: la Parola di Dio non è solo parola che consola ma sfida i credenti a promuovere la giustizia, la pace tra loro stessi e in tutta la società

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Benedetto XVI ha incontrato il terzo gruppo di presuli della Conferenza Episcopale dell’India, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".
Benedetto XVI ha invitato i cattolici indiani a “continuare ad assistere le persone bisognose nelle comunità in cui vivono, senza distinzioni di razza, etnia, religione o stato sociale”, perché “tutti sono stati creati ad immagine di Dio e a tutti è dovuto pari rispetto”. Il Papa è andato al cuore dell’insegnamento di Cristo: “Dopo tutto l’amore è il dono di Dio per l’umanità, la sua promessa e la nostra speranza”. E dunque ha ricordato che “i cristiani di tutti i tempi e di tutti i luoghi sono chiamati a servire il prossimo e ad amarlo”. Benedetto XVI ha sottolineato che tra tutte le importanti responsabilità del vescovo c’è quella preminente della proclamazione della Parola di Dio che porta in ogni comunità frutti spirituali. "I fedeli si ritrovano insieme per la preghiera, la riflessione sulle Sacre Scritture e per il sostegno dei fratelli". Il Papa ha chiesto “che ci si impegni in ogni modo a incoraggiare i singoli così come i gruppi alla preghiera” che porta alla grazia dei Sacramenti e della vita liturgica. “Attraverso la testimonianza di carità cristiana – ha aggiunto il Papa -, le scuole cattoliche preparano giovani di tutte le fedi a costruire una società più giusta e pacifica. Le agenzie della Chiesa hanno anche contribuito alla promozione del microcredito, aiutando i poveri ad aiutare se stessi. Inoltre, promuovono la missione caritativa e di cura della Chiesa attraverso cliniche, orfanotrofi, ospedali e innumerevoli altri progetti, allo scopo di promuovere la dignità e il benessere, assistendo i poveri e i deboli, le persone sole e gli anziani, gli abbandonati e i sofferenti”. "La Parola di Dio - ha spiegato il Papa – non è solo parola che consola ma sfida i credenti a promuovere la giustizia, la riconciliazione, la pace tra loro stessi e in tutta la società in cui vivono”. Benedetto XVI ha poi esortato le famiglie cattoliche indiane ad “essere esempio di amore reciproco, rispetto e sostegno”, a porre attenzione “alla preghiera, alla meditazione delle Scritture”, partecipando “pienamente alla vita sacramentale della Chiesa”. “Molti di voi – ha proseguito il Papa – mi hanno parlato delle gravi sfide che minacciano l’unità, l’armonia e la santità della famiglia, e del lavoro necessario per costruire una cultura di rispetto nei confronti del matrimonio e della vita familiare”. “Una sana catechesi – ha sottolineato –, rivolta specialmente alle coppie che si preparano al matrimonio, nutrirà molto la fede delle famiglie cristiane e le assisterà, offrendo una testimonianza vita e vitale della saggezza antica della Chiesa a proposito del matrimonio, della famiglia e dell’uso responsabile della sessualità in quanto dono di Dio”.

SIR, Radio Vaticana

Ai vescovi della Conferenza Episcopale dell'India in Visita "ad Limina Apostolorum" (30 maggio 2011) - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa: l’essere cristiano non è un abito da vestire in particolari occasioni ma qualcosa di vivo e totalizzante che assume il buono della modernità

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
In apertura del suo discorso Benedetto XVI ha affermato che “quando lo scorso 28 giugno...annunciai di voler istituire un dicastero per la promozione della nuova evangelizzazione, davo uno sbocco operativo alla riflessione che avevo condotto da lungo tempo sulla necessità di offrire una risposta particolare al momento di crisi della vita cristiana, che si sta verificando in tanti Paesi, soprattutto di antica tradizione cristiana. Oggi, con questo incontro, posso costatare con piacere che il nuovo Pontificio Consiglio è diventato una realtà”. Nel ringraziare il presidente del nuovo organismo, l’arcivescovo mons. Salvatore Fisichella, il Papa ha ricordato che la XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in programma nell’ottobre 2012, affronterà proprio il tema “Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana”. “Il termine ‘nuova evangelizzazione’ richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana”. “Il Vangelo - ha continuato il Pontefice - è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla ad un futuro di speranza affidabile e forte. Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore”. “Il Concilio Vaticano II - ha proseguito - ricordava che ‘i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, così che possono scaturire situazioni del tutto nuove’. Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile”. Il Papa ha poi notato che “proprio questa mutata situazione, che ha creato una condizione inaspettata per i credenti, richiede una particolare attenzione per l’annuncio del Vangelo”, in quanto “la crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell’esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica”. Mentre nei decenni passati era ancora possibile “ritrovare un generale senso cristiano che unificava il comune sentire di intere generazioni”, oggi si assiste al dramma della frammentarietà, che non consente di avere più un riferimento unificante: “Inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede”. “Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato”. Ma il nostro compito, ha sottolineato il Santo Padre, è lo stesso degli albori della nostra storia: “La missione non è mutata, così come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori, è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo”. Per convincere l’uomo contemporaneo, spesso “distratto e insensibile”, ha aggiunto il Papa, c’è bisogno di “nuovi evangelizzatori” e di un “rinnovato vigore” per rendere maggiormente efficace l’annuncio della salvezza: “Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità”. L’urgenza per un rinnovato annuncio non può prescindere dalla formazione per le nuove generazioni. Lo stile di vita dei credenti ha anche bisogno di “una genuina credibilità, tanto più convincente quanto più drammatica è la condizione di coloro a cui si rivolgono”. E’ mediante la sua condotta, ha concluso il Pontefice ricordando le parole di Papa Paolo VI, che la Chiesa evangelizzerà il mondo, vale a dire mediante “la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità”.

SIR, Radio Vaticana

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa in Croazia. Tutte le dirette televisive

Questo è il calendario completo delle dirette televisive del Viaggio Apostolico di Papa Benedetto XVI in Croazia in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate. Tv2000 (SKY canale 801) e Telepace (SKY canale 802) trasmetteranno tutti gli atti e gli eventi, grazie al Centro Televisivo Vaticano. Rai Uno trasmetterà la Messa della domenica. I siti www.vatican.va e www.radiovaticana.org trasmetteranno in streaming.

Sabato 4 giugno
ore 11.00 CERIMONIA DI BENVENUTO

ore 18.15 INCONTRO CON ESPONENTI DELLA SOCIETA’ CIVILE , DEL MONDO POLITICO, ACCADEMICO, CULTURALE E IMPRENDITORIALE, CON IL CORPO DIPLOMATICO E I CON LEADERS RELIGIOSI

ore 19.30 VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI

Domenica 5 giugno
ore 9.30 SANTA MESSA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE DELLE FAMIGLIE CATTOLICHE CROATE E RECITA DEL REGINA CAELI
Diretta su Rai Uno dalle 9.55

ore 17.00 CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON VESCOVI, SACERDOTI, RELIGIOSI, RELIGIOSE E SEMINARISTI, PREGHIERA PRESSO LA TOMBA DEL BEATO ALOJZIJE VIKTOR STEPINAC

ore 19.15 CERIMONIA DI CONGEDO