domenica 19 agosto 2012

Il Papa: per ritrovare veramente la propria identità, per vivere all’altezza del proprio essere, l’uomo deve tornare a riconoscersi creatura di Dio

In occasione della 33° edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si è aperta questa mattina a Rimini sul tema "La natura dell'uomo è rapporto con l'infinito", il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato al vescovo di Rimini un Messaggio. Il tema scelto quest'anno dalla manifestazione risulta secondo il Papa "particolarmente significativo in vista dell'ormai imminente inizio dell'Anno della fede', che ho voluto indire in occasione del cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II". Per questo il Santo Padre invita a ricordare il messaggio di Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, che intendeva "la vita come vocazione. Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà - scrive quindi il Pontefice - trova la sua ragione ultima nell'essere occasione di rapporto con l'Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell'adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità". "Parlare dell'uomo e del suo anelito all'infinito - si legge nel messaggio del Papa - significa innanzitutto riconoscere il suo rapporto costitutivo con il Creatore. L'uomo è una creatura di Dio. Oggi questa parola, 'creatura', sembra quasi passata di moda: si preferisce pensare all'uomo come ad un essere compiuto in se stesso e artefice assoluto del proprio destino. La considerazione dell'uomo come creatura appare 'scomoda', poiché implica un riferimento essenziale a qualcosa d'altro o meglio, a Qualcun altro che entra a definire in modo essenziale la sua identità; un'identità relazionale, il cui primo dato è la dipendenza originaria e ontologica da Colui che ci ha voluti e ci ha creati". "Eppure - scrive Papa Benedetto - questa dipendenza, da cui l'uomo moderno e contemporaneo tenta di affrancarsi, non solo non nasconde o diminuisce, ma rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità suprema dell'uomo, chiamato alla vita per entrare in rapporto con la Vita stessa, con Dio". Dire quindi che "la natura dell'uomo è rapporto con l'infinito significa dire che ogni persona è stata creata perché possa entrare in dialogo con Dio, con l'Infinito". Ancora, Benedetto XVI sottoliena che "la tensione verso Dio è incancellabile nel cuore dell'uomo: anche quando si rifiuta o si nega Dio - scrive il Papa - non scompare la sete di infinito che abita l'uomo. Inizia invece una ricerca affannosa e sterile, di 'falsi infiniti' che possano soddisfare almeno per un momento". "La sete dell'anima e l'anelito della carne - dice ancora il Santo Padre - non si possono eliminare, così l'uomo, senza saperlo, si protende alla ricerca dell'Infinito, ma in direzioni sbagliate: nella droga, in una sessualità vissuta in modo disordinato, nelle tecnologie totalizzanti, nel successo ad ogni costo, persino in forme ingannatrici di religiosità. Anche le cose buone, che Dio ha creato come strade che conducono a Lui, non di rado corrono il rischio di essere assolutizzate e divenire così idoli che si sostituiscono al Creatore". "Riconoscere di essere fatti per l'infinito - spiega il Papa - significa percorrere un cammino di purificazione da quelli che abbiamo chiamato 'falsi infiniti', un cammino di conversione del cuore e della mente. Occorre sradicare tutte le false promesse di infinito che seducono l'uomo e lo rendono schiavo. Per ritrovare veramente se stesso e la propria identità, per vivere all'altezza del proprio essere, l'uomo deve tornare a riconoscersi creatura, dipendente da Dio. Al riconoscimento di questa dipendenza è legata la possibilità di una vita veramente libera e piena". "A questo punto però sorge una domanda. Non è forse strutturalmente impossibile - si chiede il Papa - all'uomo vivere all'altezza della propria natura? E non è forse una condanna questo anelito verso l'infinito che egli avverte senza mai poterlo soddisfare totalmente? Questo interrogativo ci porta direttamente al cuore del cristianesimo. L'Infinito stesso, infatti, per farsi risposta che l'uomo possa sperimentare, ha assunto una forma finita. Dall'Incarnazione, dal momento in cui in Verbo si è fatto carne, è cancellata l'incolmabile distanza tra finito e infinito: il Dio eterno e infinito ha lasciato il suo Cielo ed è entrato nel tempo, si è immerso nella finitezza umana. Nulla allora è banale o insignificante nel cammino della vita e del mondo. L'uomo è fatto per un Dio infinito che è diventato carne, che ha assunto la nostra umanità per attirarla alle altezze del suo essere divino". "Scopriamo così - scrive ancora il Pontefice - la dimensione più vera dell'esistenza umana, quella a cui il Servo di Dio Luigi Giussani continuamente richiamava: la vita come vocazione. Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà, trova la sua ragione ultima nell'essere occasione di rapporto con l'Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell'adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità". Per papa Benedetto, quindi "non dobbiamo avere paura di quello che Dio ci chiede attraverso le circostanze della vita, fosse anche la dedizione di tutto noi stessi in una forma particolare di seguire e imitare Cristo nel sacerdozio o nella vita religiosa. Il Signore, chiamando alcuni a vivere totalmente di Lui, richiama tutti a riconoscere l'essenza della propria natura di essere umani: fatti per l'infinito. E Dio ha a cuore la nostra felicità, la nostra piena realizzazione umana. Chiediamo - conclude quindi il Papa - di entrare e rimanere nello sguardo della fede che ha caratterizzato i Santi, per poter scoprire i semi di bene che il Signore sparge lungo il cammino della nostra vita e aderire con gioia alla nostra vocazione".

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL XXXIII MEETING PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI (RIMINI, 19-25 AGOSTO 2012)

Benedetto XVI: saluto il Patriarca russo Kirill I, ospite della Chiesa ortodossa in Polonia. Visita evento importante che suscita speranza per futuro

"In questi giorni è ospite della Chiesa ortodossa in Polonia il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill I. Saluto cordialmente Sua Santità, nonché tutti i fedeli ortodossi". Così il Papa rivolgendosi, in lingua, ai pellegrini polacchi presenti a Castel Gandolfo per la recita dell'Angelus. "Il programma di questa visita ha compreso anche incontri con i vescovi cattolici e la comune dichiarazione del desiderio di far crescere l'unione fraterna e di collaborare nel diffondere i valori evangelici nel mondo contemporaneo, nello spirito della stessa fede in Cristo Gesù. E' questo un evento importante, che suscita speranza per il futuro. Affido i suoi frutti alla benevolenza di Maria, implorando la benedizione di Dio. Sia lodato Gesù Cristo".
Affacciandosi poi sulla Piazza antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre ha invitato a vivere bene questo tempo che per molti è di calma e di riposo "perché ci aiuta a vedere le cose che normalmente non vediamo, la bellezza della creazione, la bellezza del Creatore, che ci conosce e ci ama; quindi ad essere consapevoli che dietro le cose sta un cuore, il cuore del Creatore. Impariamo questo in queste settimane. - ha continuato il Santo Padre - Il Signore vi benedica. Buone vacanze e buona domenica! Auguri!".


TMNews

Il Papa: pani spezzati preannunciano sacrifico della Croce, in cui Gesù diventò Pane spezzato per la moltitudine, in espiazione per la vita del mondo

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. “Il Vangelo di questa domenica – ha ricordato il Papa - è la parte finale e culminante del discorso fatto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, dopo che il giorno precedente aveva dato da mangiare a migliaia di persone con soli cinque pani e due pesci. Gesù svela il senso di quel miracolo, e cioè che il tempo delle promesse è compiuto: Dio Padre, che con la manna aveva sfamato gli Israeliti nel deserto, ora ha mandato Lui, il Figlio, come Pane di vita eterna, e questo pane è la sua carne, la sua vita, offerta in sacrificio per noi”. Si tratta dunque, ha spiegato il Pontefice, “di accoglierlo con fede, non scandalizzandosi della sua umanità; e si tratta di ‘mangiare la sua carne e bere il suo sangue’, per avere in se stessi la pienezza della vita”. Secondo il Santo Padre, “è evidente che questo discorso non è fatto per attirare consensi. Gesù lo sa e lo pronuncia intenzionalmente; e infatti quello fu un momento critico, una svolta nella sua missione pubblica. La gente, e gli stessi discepoli, erano entusiasti di Lui quando compiva segni prodigiosi; e anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci era una chiara rivelazione del Messia, tant’è che subito dopo la folla avrebbe voluto portare in trionfo Gesù e proclamarlo re d’Israele”. Ma, ha avvertito Benedetto XVI, “non era certo questa la volontà di Gesù, che proprio con quel lungo discorso smorza gli entusiasmi e provoca molti dissensi”. Egli, infatti, “spiegando l’immagine del pane, afferma di essere stato mandato ad offrire la propria vita, e chi vuole seguirlo deve unirsi a Lui in modo personale e profondo, partecipando al suo sacrificio d’amore”. Per questo “Gesù istituirà nell’ultima Cena il Sacramento dell’Eucaristia: perché i suoi discepoli possano avere in se stessi la sua carità e, come un unico corpo unito a Lui, prolungare nel mondo il suo mistero di salvezza”. “Ascoltando questo discorso – ha sottolineato il Papa - la gente capì che Gesù non era un Messia che aspirasse ad un trono terreno. Non cercava consensi per conquistare Gerusalemme; anzi, alla Città santa voleva andarci per condividere la sorte dei profeti: dare la vita per Dio e per il popolo. Quei pani, spezzati per migliaia di persone, non volevano provocare una marcia trionfale, ma preannunciare il sacrifico della Croce, in cui Gesù diventò Pane spezzato per la moltitudine, corpo e sangue offerti in espiazione per la vita del mondo”. Gesù dunque “fece quel discorso per disilludere le folle e, soprattutto, per provocare una decisione nei suoi discepoli. Infatti, molti tra questi, da allora, non lo seguirono più”. Il Pontefice ha, quindi, esortato: “Lasciamoci nuovamente stupire dalle parole di Cristo: Egli, chicco di grano gettato nei solchi della storia, è la primizia dell’umanità nuova, liberata dalla corruzione del peccato e della morte. E riscopriamo la bellezza del sacramento dell’Eucaristia, che esprime tutta l’umiltà e la santità di Dio: il suo farsi piccolo, frammento dell’universo per riconciliarlo interamente nell’amore. La Vergine Maria, che ha dato al mondo il Pane della vita, ci insegni a vivere sempre in profonda unione con Lui”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS