giovedì 15 dicembre 2011

Il Papa: nella grotta di Betlemme solitudine dell’uomo è vinta, la casa può essere costruita sulla roccia. Non siamo noi da soli a costruire la storia

Incontro questo pomeriggio di Benedetto XVI con la comunità universitaria di Roma. Il Papa ha presieduto la celebrazione dei Vespri con gli studenti degli Atenei romani nella Basilica Vaticana. L’evento, nel giovedì della terza settimana di Avvento, ha avuto per tema “Il Tuo Volto, Signore, io cerco (Sal 27,8). La questione di Dio oggi”. L’incontro, organizzato dall’Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria, giunge al culmine delle cerimonie per il ventennale dell’istituzione, creata da Giovanni Paolo II nel 1991. Per l’occasione è giunta in Basilica l’Icona di Maria Sede della Sapienza, dopo la visita nelle università spagnole in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Al termine della liturgia, la delegazione universitaria spagnola ha consegnato l’Icona agli studenti dell’Università di Roma La Sapienza, che ospiterà per prima la “Peregrinatio Mariae” nelle cappellanie universitarie della città, itinerario che si concluderà con il Simposio Internazionale dei docenti, previsto nel giugno 2012 a Roma. La cerimonia è stata accompagnata dal Coro della Cappella Sistina e dall’Orchestra del Conservatorio di Santa Cecilia.
San Giacomo, ha esordito il Papa nella sua omelia commentando il brano evangelico odierno, esorta ad imitare l’agricoltore, che “aspetta con costanza il prezioso frutto della terra”. “A voi che vivete nel cuore dell’ambiente culturale e sociale del nostro tempo, che sperimentate le nuove e sempre più raffinate tecnologie, che siete protagonisti di un dinamismo storico che talvolta sembra travolgente – ha detto Benedetto XVI rivolgendosi agli studenti – l’invito dell’apostolo può sembrare anacronistico, quasi un invito ad uscire dalla storia, a non desiderare di vedere i frutti del vostro lavoro, della vostra ricerca”. "Sono molte nella nostra epoca - ha osservato Benedetto XVI - le persone, specialmente nelle aule universitarie, che danno voce alla domanda se dobbiamo attendere qualcosa o qualcuno; se dobbiamo attendere un altro messia, un altro dio; se vale la pena di fidarci di quel Bambino che nella notte di Natale troveremo nella mangiatoia tra Maria e Giuseppe". In realtà, l’esortazione dell’apostolo “alla paziente costanza, che nel nostro tempo potrebbe lasciare un po’ perplessi, è la via per accogliere in profondità la questione di Dio, il senso che ha nella vita e nella storia, perché proprio nella pazienza, nella fedeltà e nella costanza della ricerca di Dio, dell’apertura a Lui, Egli rivela il suo Volto”. “Non abbiamo bisogno di un dio generico, indefinito, ma del Dio vivo e vero – le parole del Papa – che apra l’orizzonte del futuro dell’uomo ad una prospettiva di ferma e sicura speranza, una speranza ricca di eternità e che permetta di affrontare con coraggio il presente in tutti i suoi aspetti”. Agli universitari di Roma, il Papa ha suggerito allora di chiedersi "dove trova la miaricerca il vero Volto di questo Dio? O meglio ancora: dove Dio stesso mi viene incontro mostrandomi il suo Volto, rivelandomi il suo mistero, entrando nella mia storia?". "L’invito di San Giacomo 'Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore' ci ricorda che la certezza della grande speranza del mondo ci è donata e che non siamo soli e non siamo noi da soli a costruire la storia. Dio non è lontano dall’uomo, ma si è chinato su di lui e si è fatto carne, perché l’uomo comprenda dove risiede il solido fondamento di tutto, il compimento delle sue aspirazioni più profonde: in Cristo". La pazienza è “la virtù di coloro che si affidano a questa presenza nella storia, che non si lasciano vincere dalla tentazione di riporre tutta la speranza nell’immediato, in prospettive puramente orizzontali, in progetti tecnicamente perfetti, ma lontani dalla realtà più profonda, quella che dona la dignità più alta alla persona umana: la dimensione trascendente, l’essere creatura ad immagine e somiglianza di Dio, il portare nel cuore il desiderio di elevarsi a Lui”. "San Giacomo - ha detto Benedetto XVI - ci ha detto: 'Guardate l'agricoltore: egli aspetta con costanza'. Dio, nell'incarnazione del Verbo, nell'incarnazione del suo Figlio, ha sperimentato il tempo dell'uomo, della sua crescita, del suo farsi nella storia. Quel bambino è il segno della pazienza di Dio, che per primo è paziente, costante, fedele al suo amore verso di noi; Lui è il vero 'agricoltore' della storia, che sa attendere. Quante volte gli uomini hanno tentato di costruire il mondo da soli, senza o contro Dio!”, ha esclamato il Santo Padre: “Il risultato è segnato dal dramma di ideologie che, alla fine, si sono dimostrate contro l’uomo e la sua dignità profonda”. “La costanza paziente nella costruzione della storia, sia a livello personale che comunitario – ha puntualizzato il Papa – non si identifica con la tradizionale virtù della prudenza, di cui certamente si ha bisogno, ma è qualcosa di più grande e più complesso. Essere costanti e pazienti significa imparare a costruire la storia insieme con Dio, perché solo edificando su di Lui e con Lui la costruzione è ben fondata, non strumentalizzata per fini ideologici, ma veramente degna dell’uomo”. “Nella grotta di Betlemme – ha proseguito il Papa – la solitudine dell’uomo è vinta, la nostra esistenza non è più abbandonata alle forze impersonali dei processi naturali e storici, la nostra casa può essere costruita sulla roccia: noi possiamo progettare la nostra storia, la storia dell’umanità non nell’utopia ma nella certezza che il Dio di Gesù Cristo è presente e ci accompagna”. Nell’omelia, il Santo Padre ha ricordato i 20 anni dall’istituzione dell’Ufficio di pastorale universitaria, per volontà di Giovanni Paolo II: “Il lavoro svolto – ha affermato – ha promosso la nascita e lo sviluppo delle Cappellanie per giungere ad una rete ben organizzata, dove le proposte formative dei diversi atenei, statali, privati, cattolici e pontifici possono contribuire all’elaborazione di una cultura al servizio della crescita integrale dell’uomo”. Infine, facendo riferimento alla consegna dell’icona di Maria Sede della Sapienza che a cominciare dall’Università di Roma verrà portata nelle diverse Cappellanie, Benedetto XVI ha rivelato ai giovani “di confidare nella loro testimonianza di fedeltà e impegno apostolico”. "E’ l’augurio che rivolgo alla comunità accademica romana: portate a tutti l’annuncio che il vero volto di Dio è nel Bambino di Betlemme, così vicino a ciascuno di noi che nessuno può sentirsi escluso, nessuno deve dubitare della possibilità dell’incontro, perché Lui è il Dio paziente e fedele, che sa attendere e rispettare la nostra libertà".

SIR, Radio Vaticana

CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON GLI UNIVERSITARI DEGLI ATENEI ROMANI - il testo integrale dell'omelia del Papa

Il Papa: una concezione positiva della solidarietà, leva concreta dello sviluppo umano integrale. Preoccuparsi per le sorti delle generazioni future

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, gli ambasciatori di Trinidad e Tobago, Guinea Bissau, Svizzera, Burundi, Thailandia, Pakistan, Mozambico, Kyrgyzstan, Andorra, Sri Lanka, Burkina Faso, e ha rivolto loro un discorso. L’interdipendenza che viviamo nell’era della globalizzazione, deve “essere vista come un vantaggio, non una minaccia”: è quanto sottolineato dal Papa che ha innanzitutto messo l’accento sulla necessità di “lavorare gli uni con gli altri, gli uni per gli altri”. “Noi – ha avvertito – siamo tutti responsabili di tutti ed è importante avere una concezione positiva della solidarietà”. E’ questa, ha aggiunto, la vera leva “dello sviluppo umano integrale che permette all’umanità di avanzare” verso nuovi risultati. Ha così rivolto un pensiero particolare alla presa di coscienza, che si fa sempre più forte, “di una solidarietà tra le generazioni”. Una solidarietà che, ha osservato, “trova il suo radicamento naturale nella famiglia” che va sostenuta nella sua “missione essenziale nella società”. “In questo ambito – ha detto – incoraggio ognuno, quale che sia il suo livello di responsabilità e in particolare i governanti” a “investire i mezzi necessari per donare alla gioventù le basi etiche fondamentali” specialmente “aiutandoli nella formazione e nella lotta contro i mali sociali come la disoccupazione, la droga, la criminalità” e ancora la mancanza di rispetto della persona. Proprio “la preoccupazione per le sorti delle generazioni future – ha soggiunto – porta ad un significativo progresso nella percezione dell’unità del genere umano”. Non ha quindi mancato di evidenziare il ruolo positivo del pluralismo delle culture e delle religioni che “non si oppone alla ricerca comune del vero, del buono e del bello”. “Illuminata e sostenuta dalla Rivelazione – ha affermato – la Chiesa incoraggia gli uomini a confidare nella regione che se è purificata dalla fede” è capace di “sorpassare i condizionamenti di parte” per riconoscere “quei beni universali”, come la pace e l’armonia sociale e religiosa, “di cui tutti gli uomini hanno bisogno”. Il Papa è quindi tornato a riflettere sul ruolo della solidarietà nell’ambito della coscienza di una responsabilità comune: “Le nuove sfide che i vostri Paesi si trovano oggi ad affrontare richiedono certamente una mobilitazione di intelligenze e della creatività dell’uomo per combattere la povertà e per una più efficace e più corretta utilizzazione delle energie e risorse disponibili”. Tanto sul piano individuale che su quello politico, ha detto ancora, “c’è bisogno di incamminarsi risolutamente verso un impegno più concreto e più largamente condiviso” per il “rispetto e la protezione del Creato”. Ha così concluso il suo discorso ribadendo la necessità “di una vigilanza attiva ed efficace per il rispetto e la promozione della dignità umana” contro ogni tentativo di negarla a strumentalizzarla. A tal riguardo, ha detto, non solo le religioni ma anche gli Stati sono chiamati a salvaguardare il primato dello spirito. Il Papa ha invocato dunque “una politica culturale che favorisca l’accesso di ognuno ai beni spirituali, valorizzi la ricchezza del tessuto sociale e non scoraggi mai l’uomo nella sua libera ricerca” della dimensione spirituale.

Radio Vaticana

Ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede in occasione della presentazione collettiva delle Lettere Credenziali (15 dicembre 2011) - il testo integrale del discorso del Papa

Lombardi: per semplicità e uniformità con usi diplomatici correnti il Papa non rivolgerà più un discorso singolare ai nuovi ambasciatori in Vaticano

Cambia l'etichetta diplomatica in Vaticano. Per "motivi di semplicità e uniformità con gli usi diplomatici correnti", il Papa non rivolgerà più un discorso singolare ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede al momento della presentazione delle lettere credenziali. Lo ha reso noto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, in occasione dell'odierna udienza a undici nuovi ambasciatori ai quali Benedetto XVI ha rivolto, per la prima volta da Paolo VI, solo un discorso collettivo. Il Papa, 84 anni, riceve oggi i nuovi ambasciatori di Trinidad e Tobago, Guinea Bissau, Svizzera, Burundi, Thailandia, Pakistan, Mozambico, Kyrgyzystan, Andorra, Sri Lanka, Burkina Faso presso la Santa Sede e "rivolge ad essi un discorso comune", ha spiegato il portavoce vaticano. Il discorso pronunciato dal Papa al nuovo ambasciatore è tradizionalmente l'occasione nella quale la Santa Sede esprime periodicamente il proprio punto di vista sulla vita del paese e sui rapporti bilaterali. "A differenza del passato non vi è un testo di indirizzo di saluto da parte dei singoli ambasciatori, né un testo specifico del Papa per ognuno di essi. In realtà la prassi dei discorsi - che prima non esisteva come tale, a parte alcune occasioni eccezionali, come durante la Seconda guerra mondiale - risaliva agli anni del Pontificato di Paolo VI, e i discorsi erano testi scritti che venivano scambiati e poi pubblicati, ma non venivamo di fatto pronunciati. E' anche da notare che alla fine del Pontificato di Paolo VI agli ambasciatori accreditati erano circa 90, mentre oggi sono circa 180, cioè praticamente il doppio". "Nei diversi paesi del mondo la prassi non prevede discorsi in occasione di presentazione delle lettere credenziali. Si trattava quindi di una particolarità della Santa Sede negli anni recenti. Ciò che è essenziale è che il nuovo ambasciatore presenti personalmente al Capo di Stato - nel nostro caso al Papa - le sue lettere credenziali e possa incontrarsi con lui personalmente, in modo di esserne conosciuto e conoscerlo. Si prevede che ora questa sia anche nuovamente la prassi della Santa Sede, per motivi di semplicità e uniformità con gli usi diplomatici correnti. L'incontro personale con il Santo Padre potrà naturalmente essere più ampio nel caso degli ambasciatori residenti, per cui la consegna delle credenziali prevede un'udienza particolare e non collettiva. Inoltre - ha concluso Lombardi - è giusto osservare che il Papa, come di fatto già avviene, ha molte occasioni per manifestare la sua vicinanza e la sua sollecitudine per i diversi popoli, con messaggi specifici per alcune ricorrenze o in circostanze particolarmente importanti. Ad esempio, viene inviato ogni anno un messaggio in occasione della festa nazionale di ogni paese, o in occasione di grandi anniversari o di eventi dolorosi per la comunità nazionale".

TMNews

Il Papa: chiedo a Dio la conversione dei rapitori e che si aprano cammini di dialogo per arrivare alla pace cui il popolo della Colombia tanto anela

In questi giorni che ci avvicinano al Natale, Benedetto XVI rivolge il suo pensiero e la sua preghiera alla Colombia e in modo speciale alle tante persone in ostaggio di rapitori, ai militari e ai poliziotti. Il Papa assicura loro che "la Chiesa continuerà ad elevare a Dio la sua fervente supplica e ad operare in favore della loro libertà". In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato al segretario generale dell’episcopato colombiano, mons. Juan Vicente Córdoba, il Papa chiede al Signore "la conversione dei rapitori e che si aprano cammini di dialogo affinché si possa arrivare alla pace cui il popolo colombiano tanto anela". Il Pontefice esprime, inoltre, a tutte le famiglie dei sequestrati la sua "vicinanza di fronte all’angustia dovuta a questa iniqua sofferenza, che nessuna autentica rivendicazione politica o sociale giustifica". Nell’impartire a tutti, la sua benedizione apostolica di conforto, li raccomanda alla protezione della Vergine Maria, Madre della speranza, e li incoraggia, confermati in questa virtù, affinché possano "affrontare con eroico coraggio le difficili prove del tempo presente". In risposta a questo messaggio del Papa, i vescovi colombiani hanno chiamato tutti i fedeli e le persone di buona volontà a dedicare la Novena di Natale alla liberazione degli ostaggi.

Radio Vaticana

I giovani della GMG di Madrid protagonisti della festa della Sacra Famiglia, che si svolgerà il 30 dicembre nella capitale spagnola

I giovani della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata a Madrid lo scorso agosto, saranno i protagonisti della festa della Sacra Famiglia che si svolgerà nella capitale spagnola il prossimo 30 dicembre. Scenario della celebrazione eucaristica sarà Plaza de Colón che quattro mesi fa, durante la GMG, accolse lo svolgimento della Via Crucis. “In questa occasione - si legge in un comunicato dell’arcidiocesi di Madrid - si vuole proporre la famiglia cristiana come una risposta alla crisi sociale ed economica che si vive in questi tempi. Per questo, il tema scelto per l’evento, ‘Grazie alla famiglia cristiana in cui nasciamo!’, vuole rimandare ai contenuti della GMG come ringraziamento dei giovani ai loro genitori”. Ma la festa non avrà solo una dimensione madrilena, bensì europea: saranno migliaia, infatti, i giovani di tutto il continente che si preparano a recarsi in pellegrinaggio a Madrid insieme ai loro vescovi. E molti di loro, si legge ancora nella nota, hanno già deciso di trascorrere il Capodanno nelle parrocchie e insieme alle famiglie spagnole che li ospiteranno. Molto sentito, naturalmente, l’auspicio di un messaggio di Benedetto XVI. La festa avrà inizio con la presentazione dei giovani e delle famiglie di tutta Europa che saluteranno i presenti con le loro bandiere. La festa proseguirà con una processione durante la quale un’immagine della Vergine Maria sarà trasportata da numerosi ragazzi; seguirà un’originale recita del Rosario, nel quale si alterneranno preghiere, canti e testimonianze. Quindi l’arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza Episcopale spagnola, card. Antonio Maria Rouco Varela, presiederà la Messa; insieme con lui concelebreranno molti vescovi delle diocesi spagnole presenti all’incontro. Due le orchestre che, con i rispettivi cori, accompagneranno la festa: l’Orchestra sinfonica e della GMG, che continua il suo percorso crescendo sempre più di numero, e l’Orchestra sinfonica del Cammino neocatecumenale. Tutto l’evento si svolgerà in uno scenario moderno, ma semplice, ovvero un palco lungo 62 metri e largo 13, opera dell’architetto Antonio Alabos. Sul portare www.porlafamiliacristiana.com sarà possibile seguire in diretta, via streaming, tutto l’avvenimento. In questo modo, dunque, la Chiesa spagnola, e non solo, si prepara al VII Incontro Mondiale delle Famiglie con il Papa, dal 30 maggio al 3 giugno 2012 a Milano.

SIR

Il Papa dona un ambone e altri elementi per la Messa alla Cappella del CampusX di Tor Vergata a Roma. Il cappellano: ci stringiamo intorno a lui

Un ambone, con lo stemma personale, e altri elementi per la Celebrazione Eucaristica, sono stati donati dal Papa alla Cappella dell'Università degli studi di Roma "Tor Vergata", ospitata all'interno delle strutture di recente costruzione del CampusX, e intitolata al Beato Giovanni Paolo II e a Santa Maria di Guadalupe. Un dono non solo per l'Ateneo ma per tutti gli studenti e ricercatori del Campus, i quali si impegnano dal canto loro ad offrire l'ascolto della Parola di Dio, l’Adorazione eucaristica e la Santa Messa perpetuamente per il Papa e per le sue intenzioni. In mezzo ai circa 1000 studenti che popolano le nuove costruzioni di Tor Vergata, in alcuni casi, si tratta di giovani provenienti da tutto il mondo, incluso da paesi non cristiani, come Cina, Iran, Iraq, Afghanistan, dunque, un segno importante, che rimanda tutti quelli che frequentano la Cappella ad elevare il loro pensiero verso il vicario di Cristo, il Papa Benedetto XVI, che è tanto amato dall'Università e tanto ama l'Università, quando questa è vissuta secondo la verità. "Io e tutti gli universitari vogliamo stringerci intorno al Papa, Vescovo della Chiesa di Roma e successore dell'Apostolo Pietro - dice don Fabio Iodice, cappellano presso il CampusX dell'Università romana "Tor Vergata" - e ricordarlo sempre nella preghiera, specialmente nell'Adorazione eucaristica, per esprimere tutto il nostro affetto, e pregare per lui, sicuri delle parole di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, il quale ci dice che 'Chi prega, si salva'". Gli operatori di pastorale universitaria attestano da qualche tempo che, contrariamente a quanto riportano alcuni media, gli studenti universitari accolgono molto volentieri, con gioia ed entusiasmo le indicazioni magisteriali e pastorali del Papa.Esse offrono, infatti, alla comunità universitaria nuove prospettive di impegno culturale, per il rilancio della sua vocazione specifica, in quanto l’esperienza universitaria non può ridursi a semplice formazione professionale, e la trasmissione del sapere non può tradursi in una mera comunicazione di informazioni. "Gli studenti universitari hanno oggi la percezione che quella di Pietro è divenuta, ancor più negli ultimi anni, una cathedra fidei per i cattolici di tutto il mondo e per gli uomini di buona volontà, pur essendo collocata purtroppo su una barca un po' sgangherata e in mezzo ad un mare in tempesta" ha aggiunto don Fabio. Da parte loro gli universitari assicurano di impegnarsi maggiormente nell'Anno della fede appena annunciato dal Santo Padre "per elaborare una rinnovata sintesi tra fede e ragione intesa, quest'ultima, come una finestra aperta sulla realtà e non come misura del reale"; per l'Unità della Chiesa "affinché essa sia sempre casa di preghiera per tutti i popoli" e per vivere la Vita Nuova in Cristo risorto "che incontriamo vivo nella Domenica, sine qua, non possumus (Martiri di Abitene)". Gli studenti hanno inviato, inoltre, i loro affettuosi saluti al Papa, pregando la Madonna di Guadalupe, San Giuseppe e San Michele Arcangelo, affinché intercedano presso Dio e augurandosi che il Pontefice possa presto visitarli nelle strutture dell'Università "in un'occasione che la Divina Provvidenza – siamo fiduciosi – vorrà riservarci come splendido dono".

Zenit

Benedetto XVI intende proclamare nell'ottobre 2012 la mistica medievale Ildegarda Bingen dottore della Chiesa, la quarta donna a ricevere il titolo

Ha paragonato le sue visioni a quelle dei profeti dell’Antico Testamento, la cita spesso e le ha dedicato due catechesi all’Udienza generale del mercoledì. L’ha additata come esempio di donna teologa, ne ha lodato i componimenti musicali tutt’oggi eseguiti, come pure il coraggio che le faceva tener testa a Federico Barbarossa al quale comunicava ammonimenti divini. Benedetto XVI è molto legato alla figura di Santa Ildegarda di Bingen (foto) e intende proclamarla, nell’ottobre 2012, "dottore della Chiesa": un titolo raro e solenne, attribuito a Santi che grazie alla loro vita e ai loro scritti sono stati illuminanti per la dottrina cattolica. La Chiesa ha riconosciuto fino ad oggi 33 "dottori", trenta dei quali uomini. Le donne nell’elenco sono soltanto tre: Teresa d’Avila, Caterina da Siena e Teresina di Lisieux, le prime due proclamate da Paolo VI nel 1970, l’ultima da Giovanni Paolo II nel 1997. Ora Papa Ratzinger vuole aggiungerne una quarta all’elenco, invitando così le donne a seguire l’esempio della mistica renana e a contribuire alla riflessione teologica. Ildegarda, ultima di dieci fratelli della nobile famiglia dei Vermessheim, nacque nel 1098 a Bermersheim, in Renania, e morì ottantunenne nel 1179. L’etimologia del suo nome significa "colei che è audace in battaglia", una prima profezia che si sarebbe pienamente realizzata. Votata dai suoi genitori alla vita religiosa fin da quando aveva otto anni, si fece benedettina nel monastero di San Disibodo, quindi divenne priora (magistra) della comunità femminile e, visto il numero sempre crescente di aspiranti che bussavano al suo convento, decise di separarsi dal complesso monastico maschile trasferendo la sua comunità a Bingen, dove trascorse il resto della sua vita. Fin da giovane aveva ricevuto visioni mistiche, che faceva mettere per iscritto da una consorella. Temendo che fossero soltanto illusioni, chiese consiglio a San Bernardo di Chiaravalle, che la rassicurò. E nel 1147 ottenne l’approvazione di Papa Eugenio III, che mentre presiedeva un Sinodo a Treviri, lesse un testo di Ildegarda. Il Pontefice la autorizzò a scrivere le sue visioni e a parlare in pubblico. La sua fama si diffuse presto: i suoi contemporanei le attribuirono il titolo di "profetessa teutonica" e "Sibilla del Reno". La mistica, santa per il popolo ma mai ufficialmente canonizzata, alla cui figura è dedicato il film Vision di Margarethe von Trotta, nella sua opera più nota, Scivias ("Conosci le vie"), riassume in trentacinque visioni gli eventi della storia della salvezza, dalla creazione del mondo fino alla fine dei tempi. "Con i tratti caratteristici della sensibilità femminile – ha detto di lei Benedetto XVI – Ildegarda sviluppa il tema del matrimonio mistico tra Dio e l’umanità realizzato nell’incarnazione. Sull’albero della croce si compiono le nozze del Figlio di Dio con la Chiesa, sua sposa, resa capace di donare a Dio nuovi figli". Per Papa Ratzinger, che nel ricordarla un anno fa aveva incoraggiato le teologhe, è evidente proprio da esempi come quello di Ildegarda che la teologia può "ricevere un contributo peculiare dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità". Non mancano nelle sue visioni profezie a breve termine, come quella sull’affermazione dell’eresia catara, ma anche squarci apocalittici, come quella sull’Anticristo che seminerà morte tra le genti "quando sul trono di Pietro siederà un Papa che avrà preso i nomi di due apostoli". O quella in cui fa balenare la possibilità che un musulmano convertito al cristianesimo, divenuto cardinale, uccida il Papa legittimo perché vuole il suo trono e non riuscendo a ottenerlo, si proclami antipapa. La storia di Ildegarda attesta la vivacità culturale dei monasteri femminili dell’epoca e contribuisce a sfatare certi pregiudizi sul Medioevo. Era una monaca, teologa, cosmologa, botanica, musicista: è considerata la prima donna compositrice della storia cristiana. Sapeva governare, condannava le immoralità dei sacerdoti che con i loro peccati facevano "restare aperte le ferite di Cristo", teneva testa agli stessi vescovi tedeschi. Come pure a Federico Barbarossa, al quale fece arrivare un messaggio da parte di Dio, dopo che l’imperatore aveva nominato per la seconda volta un antipapa: "Io posso abbattere la malizia degli uomini che mi offendono. O re, se ti preme vivere, ascoltami o la mia spada ti trafiggerà».La monaca tedesca è anche patrona dei cultori dell’esperanto, in quanto autrice di una delle prime lingue artificiali, la Lingua ignota, un idioma segreto che utilizzava per scopi mistici e si componeva di 23 lettere. È lei stessa a descriverla in un codice che contiene anche un glossario di 1011 parole in "lingua ignota". La Congregazione per le cause dei Santi, guidata dal card. Angelo Amato, sta concludendo lo studio dei documenti su Ildegarda. Anche se i Papi avevano permesso il suo culto in Germania, l’ultimo a esprimersi in questo senso era stato Pio XII, la mistica renana non è mai stata veramente canonizzata, perché il processo apertosi mezzo secolo dopo la sua morte venne interrotto. Si prevede perciò che Papa Ratzinger, che l’ha già più volte definita "Santa" nei suoi discorsi, la canonizzi ufficialmente prima di inscriverla nell’esclusivo albo dei dottori la cui vita e le cui opere sono state illuminanti per la dottrina cattolica.

Andrea Tornielli, La Stampa

Ci sarebbe un documento segreto dei vescovi austriarci sulla comunione ai divorziati risposati. Il pensiero del Papa per cercare nuove soluzioni

E’ stato il teologo Paul Zulehner, docente di Teologia pastorale all’Università di Vienna e amico del card. Christoph Schönborn, a tornare all’interno della prestigiosa rivista cattolica nordamericana U.S. Catholic sulla questione del divieto per i divorziati risposati di accedere alla comunione. “A porte chiuse - dice - i vescovi austriaci hanno lavorato su un nuovo documento pastorale sul divorzio”. Il testo “non è stato reso pubblico ma sembra sia stato spedito a Roma per approvazione. Quale sarà il risultato finale?”. Zulehner non sa rispondere, ma dice: “La Chiesa Cattolica universale dovrebbe imparare dalle Chiese Ortodosse” che hanno la potestà di togliere l’impedimento di legame, “come raccomandava il card. Franz König", arcivescovo di Vienna dal 1965 al 1985, "quasi 50 anni fa”. Zulehner dice che in Austria la situazione è drammatica: i consigli pastorali delle parrocchie sono pieni di laici separati divorziati che spingono per accedere all’Eucaristia. E dice che oggi anche Joseph Ratzinger sarebbe vicino a un ripensamento (secondo Zulehner dello stesso avviso sarebbero anche i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehmann) almeno per i “casi limite”. Ovvero per quei casi che più di trenta anni fa dettagliò in un documento il vescovo ausiliare di Vienna, Helmut Krätzl: quando il matrimonio è stato sciolto da un tempo abbastanza lungo da rendere irrealistica una riconciliazione, quando chi ha contribuito allo scioglimento del primo matrimonio si è pentito e ha cercato di fare ammenda delle sue azioni, quando il secondo matrimonio è vissuto in un regime di integrità morale certa. Il “documento Krätzl” venne firmato anche da König e inviato all’ex Sant’Uffizio. Per anni König ricevette pressioni dalle anime conservatrici del Vaticano perché lo ritirasse. Ma, disse, “anche se lo ritirassi ciò che abbiamo scritto continua a rimanere vero”. Non ci sono prove per dire che Papa Ratzinger sia in sintonia con Krätzl e con le sue richieste. Ma ciò non significa che il Papa non stia pensando a nuove soluzioni: “Il problema è difficile e deve essere approfondito” ha detto più volte Joseph Ratzinger il quale, durante il viaggio in Germania, nonostante la richiesta di molti fedeli di avere parole in merito, non ha detto nulla. Lo scorso 30 novembre però è stato L’Osservatore Romano a dire qualcosa rilanciando un suo scritto del 1998, con in calce una nota che riporta le parole da lui dette in merito ai preti aostani nel 2005. “Una nota importante - dice Sandro Magister - perché riguarda proprio un punto sul quale Benedetto XVI ritiene si possa aprire un varco al generale divieto della comunione”. Il Papa ammette che ci sono matrimoni che i tribunali ecclesiastici non riconoscono come nulli seppure sia ferma convinzione di uno dei due coniugi che quel matrimonio sia oggettivamente nullo. In questi casi occorrerebbe un ripensamento, dice il Papa. Poi il secondo varco: quello del matrimonio contratto tra battezzati non credenti. E’ il loro matrimonio davvero sacramentale? Disse il Papa ad Aosta che è “dolorosa” la condizione di coloro che non credenti si sono sposati in chiesa e che poi, trovandosi in un nuovo matrimonio non valido, si convertono e sono esclusi dall’Eucaristia. Se davvero si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento manca una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma il problema deve essere ancora approfondito”.

Poalo Rodari, Il Foglio